Sommario

Preghiera e riflessione iniziale

 

Chiedo anzitutto luce a Dio perché la sua sapienza mi guidi in tutto ciò che sto per dire.

“Dio dei padri e Signore di misericordia,  …  dammi la sapienza, che siede accanto a te in trono  … . Anche il più perfetto tra gli uomini,  privo della tua sapienza,  sarebbe stimato un nulla. Con te è la sapienza che conosce le tue opere,  che era presente quando creavi il mondo; essa conosce che cosa è gradito ai tuoi occhi  e ciò che è conforme ai tuoi decreti. Mandala dai cieli santi,  dal tuo trono glorioso, perché mi assista e mi affianchi nella mia fatica  e io sappia che cosa ti è gradito. Essa tutto conosce e tutto comprende:  mi guiderà con prudenza nelle mie azioni   e mi proteggerà con la sua gloria.” (Sap 9, 1-6. 9-11)

Faccio una brevissima riflessione introduttiva a ciò che sto per dire e che mi pare fondamentale: il tema dei fattori che possono attenuare o escludere la responsabilità circa gli atti è di estrema importanza nella teologia morale e va trattato con somma attenzione per non cadere in colossali errori per cui peccati gravissimi vengono considerati lievi o peccati lievi vengono considerati gravissimi; alterare la dottrina su tali fattori significa alterare radicalmente la morale stessa.

Il mio studio in questo capitolo è appunto orientato anzitutto a precisare la sana dottrina cattolica riguardo al peccato e ai fattori che possono attenuare o annullare la responsabilità di un soggetto in relazione ai suoi atti e quindi a vedere gli errori che attraverso l’Amoris Laetitia si stanno diffondendo  su questo aspetto della dottrina cattolica; tali errori sono alla base dell’azione del Papa per la sovversione della sana dottrina e sono estremamente gravi e dannosi in ordine alla salvezza delle anime. Come scrissi nella presentazione del primo volume di questo libro:

“… per far passare una falsa morale come teologicamente accettabile, Papa Francesco e i suoi sostenitori, hanno sfruttato in particolare 2 strade :

– quella per la quale, con astuzia, praticamente hanno messo da parte, per certi aspetti, la Legge divina rivelata e con essa l’obbligatorietà assoluta dei precetti negativi del decalogo, servendosi anche di una concezione deviata della coscienza morale; in questa linea il prof. Seifert affermò che il n° 303 di Amoris Laetitia è “una bomba atomica teologica che minaccia di abbattere l’intero edificio morale dei 10 comandamenti e dell’insegnamento morale cattolico”[1] ;

– quella per cui hanno diffuso un impreciso ed erroneo discernimento di casi particolari e quindi un’ambigua, imprecisa e deviante presentazione delle circostanze attenuanti degli atti umani; tali circostanze vengono infatti, dal Papa e da alcuni suoi collaboratori, astutamente, ampliate e vengono rese capaci praticamente di abbattere i precetti divini portando a considerare veri peccati gravi come peccati veniali o imperfezioni; in questa linea il Vescovo Schneider ha affermato: “i nuovi discepoli di Mosè ed i nuovi farisei hanno mascherato la loro negazione dell’indissolubilità del matrimonio nella prassi e la sospensione del sesto Comandamento in base al “caso per caso”, sotto le mentite spoglie del concetto di misericordia, usando espressioni come: “cammino di discernimento”, “accompagnamento” … insinuando una possibile soppressione dell’imputabilità per i casi di coabitazione nelle unioni irregolari …”[2]

Nel testo appena presentato io ho sottolineato gli errori del Papa e dei suoi collaboratori riguardo alle circostanze attenuanti dell’atto umano perché soprattutto di queste parla l’Amoris Laetitia ma più generalmente, come vedremo, i loro errori riguardano i fattori che possono attenuare o annullare la responsabilità di un soggetto in relazione ai suoi atti.

Possiamo dire, più a fondo, che la perversa dottrina bergogliana sui fattori che possono attenuare o azzerare la responsabilità per gli atti è la leva fondamentale di cui si è servito Papa Francesco per sovvertire la sana morale cattolica.

Pitagora chiedeva una leva per sollevare il mondo, l’attuale Pontefice si è servito della dottrina appena citata come di una leva per abbattere la sana morale cattolica.

Preciso subito che in questo mio testo per parlare dei fattori che diminuiscono o escludono la responsabilità del soggetto per i suoi atti uso i termini di attenuanti e scusanti; le attenuanti sono circostanze che attenuano la responsabilità per gli atti, scusanti invece sono quei fattori che escludono la responsabilità del soggetto per il compimento di un atto.

Dio ci aiuti, nelle prossime pagine, a ribadire nella maniera migliore la Verità che la Chiesa ha sempre diffuso su questi argomenti e a smascherare fino in fondo gli errori di Papa Francesco e dei suoi collaboratori.

 

 

Premessa: la Legge di Dio può essere osservata.

 

 

Nella Veritatis Splendor leggiamo: “L’osservanza della legge di Dio, in determinate situazioni, può essere difficile, difficilissima: non è mai però impossibile. È questo un insegnamento costante della tradizione della Chiesa … “(VS, n. 102)  Dio ci chiama a vivere i 10 comandamenti, Dio ci dona di poter vivere secondo i comandamenti.

I Sacramenti sono speciali strumenti che Dio ci dona per vivere secondo i comandamenti.

La Veritatis Splendor cita, nel testo appena presentato (VS 102) un passo del Concilio di Trento, tale Concilio infatti ha condannato la dottrina per cui sarebbe impossibile vivere i 10 comandamenti con queste parole:

“ Nemo autem, quantumvis iustificatus, liberum se esse ab observatione mandatorum (can. 20) putare debet; nemo temeraria illa et a Patribus sub anathemate prohibita voce uti, Dei praecepta homini iustificato ad observandum esse impossibilia (can. 18 et 22). ‘Nam Deus impossibilia non iubet, sed iubendo monet, et facere quod possis, et petere quod non possis’, et adiuvat ut possis; ‘cuius mandata gravia non sunt’ (I Jo 5, 3), cuius ‘iugum suave est et onus leve’ (cf. Mt 11, 30). Qui enim sunt filii Dei, Christum diligunt: qui autem diligunt eum, (ut ipsemet testatur) servant sermones eius (Jo 14, 23), quod utique cum divino auxilio praestare possunt.

…  Can. 18. Si quis dixerit, Dei praecepta homini etiam iustificato et sub gratia constituto esse ad observandum impossibilia: an. s. .”[3]

Mia traduzione: nessuno, poi, per quanto giustificato, deve considerarsi libero dall’osservanza dei comandamenti (can. 20), nessuno deve usare quell’espressione, temeraria e proibita dai Padri sotto pena di anatema, per cui è impossibile per l’uomo giustificato osservare i comandamenti di Dio (can. 18 e 22). “Dio, infatti, non comanda l’impossibile; ma quando comanda ti ammonisce di fare quello che puoi  e di chiedere quello che non puoi”[4], e ti aiuta perché tu possa; i suoi comandamenti non sono gravosi (1 Gv. 5,3), il suo giogo è soave e il peso leggero (Mt.11,30). I figli di Dio amano Cristo e quelli che lo amano (come lui stesso afferma) osservano i suoi comandi (Gv. 14,23), questa osservanza può essere certamente attuata con il suo aiuto.

Se qualcuno dice che anche per l’uomo giustificato e costituito in grazia i comandamenti di Dio sono impossibili da osservarsi, sia scomunicato.

Queste affermazioni magisteriali appaiono luminosa interpretazione delle parole di Gesù (Mc 10,17-27) “Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile presso Dio».”

La grazia di Cristo ci divinizza e ci rende capaci di ciò che alle nostre sole forze umane è impossibile:

i comandamenti non sono impossibili da attuare, Dio ci aiuta con la sua grazia ad osservarli.

S. Giovanni Paolo II affermò: “In merito non sarà fuori luogo ricordare che la fede insegna la possibilità di evitare il peccato con l’aiuto della grazia[5][6]

Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma al n. 2068 “ Il Concilio di Trento insegna che i dieci comandamenti obbligano i cristiani e che l’uomo giustificato è ancora tenuto ad osservarli (Cf Concilio di Trento, Sess. 6a, Decretum de iustificatione, canoni 19-20: DS 1569-1570.)”. Il Concilio Vaticano II afferma: « I Vescovi, quali successori degli Apostoli, ricevono dal Signore […] la missione di insegnare a tutte le genti e di predicare il Vangelo ad ogni creatura, affinché tutti gli uomini, per mezzo della fede, del Battesimo e dell’osservanza dei comandamenti, ottengano la salvezza ».[7]

S. Giovanni Paolo II ha affermato: “Sappiamo che Gesù Cristo ha riconfermato pienamente i comandamenti divini del monte Sinai. Ha incaricato gli uomini di osservarli. Ha indicato che l’osservanza dei comandamenti è la condizione fondamentale della riconciliazione con Dio, la condizione fondamentale del raggiungimento della salvezza eterna.”[8]

Ancora s. Giovanni Paolo II insegna : “Il Maestro parla della vita eterna, ossia della partecipazione alla vita stessa di Dio. A questa vita si giunge attraverso l’osservanza dei comandamenti del Signore, compreso dunque il comandamento «non uccidere». Proprio questo è il primo precetto del Decalogo che Gesù ricorda al giovane che gli chiede quali comandamenti debba osservare: «Gesù rispose: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare…”«(Mt 19, 18).”[9]

Lo stesso santo Pontefice afferma: “La carità costituisce l’essenza del ‘comandamento’ nuovo insegnato da Gesù. Essa in effetti è l’anima di tutti comandamenti, la cui osservanza viene ulteriormente ribadita e anzi diviene la dimostrazione palese dell’amore verso Dio: “In questo consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti” (1 Gv 5, 3). Questo amore, che è insieme amore per Gesù, rappresenta la condizione per essere amati dal Padre: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Gv 14, 21) …. Questa mediazione si concretizza soprattutto nel dono che egli ha fatto della sua vita, dono che da un lato testimonia il più grande amore, dall’altro esige l’osservanza di ciò che Gesù comanda: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando” (Gv 15, 13-14).” [10]

S. Tommaso afferma: “ .. dicendum quod implere mandata legis contingit dupliciter.”(I-II q. 109 a.4)

Cioè i precetti della legge si possono adempiere in due modi:

1) quanto alla sola sostanza delle opere, cioè in quanto uno compie le azioni stabilite dai comandamenti;

2)  quanto alla sostanza delle opere e quanto al modo di compierle, cioè facendole mossi dalla carità.

1) Per quanto riguarda il primo modo s. Tommaso afferma:

“Uno modo, quantum ad substantiam operum, prout scilicet homo operatur iusta et fortia, et alia virtutis opera. Et hoc modo homo in statu naturae integrae potuit omnia mandata legis implere, alioquin non potuisset in statu illo non peccare, cum nihil aliud sit peccare quam transgredi divina mandata.  Sed in statu naturae corruptae non potest homo implere omnia mandata divina sine gratia sanante.”(I-II q. 109 a.4)

Il che significa essenzialmente che i precetti della legge si possono adempiere quanto alla sostanza delle opere, cioè in quanto uno compie azioni giuste, forti, e tutte le altre azioni virtuose; in questo modo nello stato di natura integra l’uomo ha potuto compiere tutti i comandi della Legge, altrimenti non avrebbe potuto evitare il peccato che è trasgressione dei comandi divini, ma nello stato di natura corrotta l’uomo non può adempiere tutti i divini precetti, senza la grazia sanante.

Per quanto riguarda il secondo modo, lo stesso santo Dottore afferma: “Alio modo possunt impleri mandata legis non solum quantum ad substantiam operis, sed etiam quantum ad modum agendi, ut scilicet ex caritate fiant. Et sic neque in statu naturae integrae, neque in statu naturae corruptae, potest homo implere absque gratia legis mandata. Unde Augustinus, in libro de Corrept. et Grat., cum dixisset quod sine gratia nullum prorsus bonum homines faciunt, subdit, non solum ut, monstrante ipsa quid faciendum sit, sciant; verum etiam ut, praestante ipsa, faciant cum dilectione quod sciunt. Indigent insuper in utroque statu auxilio Dei moventis ad mandata implenda, ut dictum est.” (I-II q. 109 a.4)

I precetti della legge possono essere attuati non solo quanto alla sostanza dell’opera, ma anche quanto al modo di compierli, cioè realizzandoli mossi dalla carità; in tal senso l’uomo non è in grado di adempiere i precetti della legge, senza la grazia, né nello stato di natura integra, né in quello di natura corrotta, perciò, aggiunge s. Tommaso, s. Agostino afferma che la grazia è necessaria non solo perché gli uomini sappiano ciò che devono fare ma anche perché facciano con carità quanto sanno.

Inoltre in entrambi gli stati, conclude il s. Dottore, gli uomini hanno bisogno che Dio li muova ad adempiere i precetti.

Sempre i comandamenti hanno richiesto la grazia perché li si potesse attuare nella carità.

Il precetto dalla carità non può essere adempiuto con le sole forze naturali dell’uomo ma è possibile con l’aiuto di Dio, che ci vuole salvare e quindi ci vuole aiutare.

Dio è come un amico che rende possibile ciò che a noi soli non lo è.

Con la preghiera, con l’elemosina e con il digiuno  noi in modo particolare ci apriamo ad accogliere l’aiuto che Dio ci vuole donare.

Abbiamo sempre bisogno dell’aiuto divino e perciò occorre pregare continuamente, come dice la s. Scrittura “Pregate incessantemente …”(1 Ts. 5,17),  … “ pregate incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi” (Ef 6,18).

Il Catechismo della Chiesa Cattolica sulla base della Parola di Dio afferma al n. 2742 con le parole di Evagrio Pontico: “la preghiera incessante è una legge per noi ».(Evagrio Pontico, Capita practica ad Anatolium, 49: SC 171, 610 (PG 40, 1245).”

Pregare per noi è una necessità vitale che rende possibile l’impossibile come dice giustamente il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2744

S. Tommaso afferma: “ Post Baptismum autem necessaria est homini iugis oratio, ad hoc quod caelum introeat, licet enim per Baptismum remittantur peccata, remanet tamen fomes peccati nos impugnans interius, et mundus et Daemones qui impugnant exterius.” (III, q. 39 a. 5 co.)

Per l’uomo anche dopo il Battesimo è necessaria una continua preghiera per vivere i comandamenti e trionfare sui nemici spirituali che non vogliono farceli vivere. La preghiera deve servirci per ottenere la grazia e per vivere in essa.

Con la preghiera apriamo il cuore a Dio e quindi alla grazia e, come spiega S. Tommaso, la più piccola grazia può resistere ad ogni concupiscenza ed evitare ogni peccato mortale: “… minima gratia potest resistere cuilibet concupiscentiae, et vitare omne peccatum mortale, quod committitur in transgressione mandatorum legis, minima enim caritas plus diligit Deum quam cupiditas millia auri et argenti.”(IIIª q. 70 a. 4 n c.)

S. Alfonso de Liguori afferma: “ … chi prega, certamente si salva; chi non prega, certamente si danna. Tutti i Beati (eccettuati i Bambini) si son salvati col pregare. Tutt’i Dannati si son perduti per non pregare; se pregavano, non si sarebbero perduti. E questa è, e sarà la loro maggior disperazione nell’Inferno, l’aversi potuto salvare con tanta facilità, quant’era il domandare a Dio le di Lui grazie, ed ora non essere i miseri più a tempo di domandarle. “[11]

La preghiera ci apre all’aiuto divino, ci rende capaci di vivere secondo la Legge di Dio e quindi di tiene lontani dal peccato.

Uniti alla preghiera sono l’elemosina e il digiuno, cioè più generalmente le opere di misericordia e la penitenza; tutta la Bibbia parla di queste tre efficaci attività dell’uomo che gli attirano la misericordia divina, si pensi al digiuno di Mosè per 40 giorni sull’Oreb, (Es 34,28; Dt 9,9) al digiuno di Davide (2Sam 12,17.20.23),  al digiuno di Ester (Est 4,16); si pensi ai tanti Salmi  e alle innumerevoli preghiere che la Bibbia riporta; si pensi alle tante affermazioni bibliche che invitano alle opere di misericordia (Is 58,6s; Gb 31,16-23; Sir 7,35; Sir 48,24; Tb 1,16-18) e alle benedizioni divine che scendono su coloro che le praticano, tra le beatitudini proclamate da Gesù troviamo quella della misericordia e con le “opere di misericordia” si chiude l’ultimo discorso di Cristo ( Mt 25,31-46) prima della Passione ( Mt 26,2-7).

Gesù nel capitolo 6 del Vangelo di Matteo ricorda la preghiera, l’elemosina e il digiuno sottolineando che vanno fatte con umiltà, senza orgoglioso esibizionismo.

In un illuminante testo di s. Pietro Crisologo leggiamo: “Tre sono le cose, tre, o fratelli, per cui sta salda la fede, perdura la devozione, resta la virtù: la preghiera, il digiuno, la misericordia. Ciò per cui la preghiera bussa, la ottiene il digiuno, lo riceve la misericordia. Queste tre cose, preghiera, digiuno, misericordia, sono una cosa sola, e ricevono vita l’una dall’altra. Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno. Nessuno le divida, perché non riescono a stare separate. Colui che ne ha solamente una o non le ha tutte e tre insieme non ha niente. Perciò chi prega, digiuni. Chi digiuna abbia misericordia.”[12]

Sottolineo: queste tre cose, preghiera, digiuno, misericordia, sono una cosa sola, e ricevono vita l’una dall’altra.

 

 

1) Precisazioni fondamentali sul peccato.

 

 

a) Indicazioni bibliche sul peccato.

 

 

“La Scrittura e la Tradizione della Chiesa richiamano continuamente la presenza e l’universalità del peccato nella storia dell’uomo.” ( Catechismo della Chiesa Cattolica n. 401)

La realtà del peccato è fortemente presente in tutta la Bibbia, dall’inizio alla fine.[13]

I termini biblici dell’ A.T. per indicare il peccato sono soprattutto 3:

ḥă·ṭā·’āh: mancanza, sbaglio, tradotto in greco, nella LXX, con ἁμαρτία (amartia);

‘ă·wōn: iniquità, perversione; tradotto in greco, nella LXX, con ἀνομία (anomia);

p̄e·ša‘ : ribellione, delitto [14], variamente tradotto in greco con termini corrispondenti ad ἀνομία, ἁμαρτία, ἀσέβεια etc.

Il Nuovo Testamento fa propri i termini greci appena visti (ἁμαρτία e ἀνομία)  e ne aggiunge altri.

Il termine con cui più frequentemente viene indicato il peccato è ἁμαρτία (amartìa) che indica in particolare uno sbaglio, una deviazione dal vero[15]; s. Paolo distingue l’ ἁμαρτία (amartìa) cioè più propriamente il peccato, dagli atti peccaminosi indicati con παράπτωμα (paràptoma) che significa colpa, e con  παράβασις  (paràbasis) che significa trasgressione della Legge, del giuramento.[16]

Con ἀνομία (anomia) o παρανομία (paranomia) si indica più precisamente il peccato come disprezzo e violazione della Legge[17].

Il peccato come disobbedienza alla voce divina è indicato con  παρακοή (paracoè) [18]mentre il peccato come ignoranza è indicato con ἀγνόημα (agnòema)[19]; il peccato come grande imperferzione, cioè come mancanza di ciò che avrebbe dovuto essere reso in piena misura è indicato con  ἥττημα (éttema) [20].

Spiega la Commissione Teologica Internazionale “Il messaggio dell’Antico e del Nuovo Testamento, che supera ampiamente ogni attesa dell’uomo, è fondamentalmente teocentrico. Il suo contenuto è che siano rivelati l’essere-Dio di Dio e la sua gloria, che venga il Regno, che la sua volontà si compia e che il suo nome sia glorificato (Mt 6, 9 s.; Lc 11, 2). A ciò corrisponde l’inizio del Decalogo: «Io sono il Signore, Dio tuo…» (Es 20, 2; Dt 5, 6).  …  Il peccato, al contrario, è l’atteggiamento e l’azione dell’uomo che non riconosce Dio e il suo Regno. Perciò nella Sacra Scrittura esso viene descritto come disobbedienza, idolatria e assolutizzazione dell’autonomia dell’uomo nella sua pretesa all’autosufficienza. …  Rivolgendosi di nuovo, mediante la conversione, a Dio suo principio e fine, l’uomo ritrova con ciò stesso il senso della propria esistenza.”[21]

Il peccato, è dunque l’atteggiamento e l’azione dell’uomo che non riconosce Dio e il suo Regno ed è rottura dell’Alleanza con Dio che è Padre pieno di bontà, sposo amante, come spiega qui di seguito la stessa Commissione Teologica:

“Nell’Antico Testamento l’idea di Dio è determinata dalla idea dell’Alleanza. Dio vi viene descritto quale sposo amante, Padre pieno di bontà; egli è dives in misericordia (ricco in misericordia), sempre disposto al perdono e alla riconciliazione, sempre pronto a rinnovare la sua Alleanza…. In questa prospettiva il peccato è descritto come una rottura dell’Alleanza e viene paragonato all’adulterio. Nei profeti, la esperienza nella grazia e la fedeltà di Dio costituiscono la prima e l’ultima parola dell’Alleanza.”[22] Il peccato è un’infedeltà nei confronti di Dio che è Sposo amante e quindi è adulterio che Dio stesso è sempre pronto a perdonare.  Sottolineo che Dio è sempre pronto a perdonare il peccatore che si pente.

Occorre notare che: “Nell’Antico e nel Nuovo Testamento, sia il peccato sia la conversione dell’uomo non s’intendono in modo puramente individualistico. Al contrario, proprio nei profeti dell’Antico Testamento Dio condanna, in nome dell’Alleanza, i peccati contro la giustizia sociale. L’Antico e il Nuovo Testamento considerano l’uomo come inserito nella solidarietà del popolo e di tutta l’umanità (cf. Gn 3; Rm 5), vale a dire nella solidarietà del nuovo popolo di Dio. D’altro canto, già i profeti del VII e VI secolo a.C. scoprono la responsabilità personale d’ogni uomo. Infine la conversione a Gesù Cristo invita l’individuo a liberarsi dai propri affetti nazionali e l’introduce nel nuovo popolo di Dio che abbraccia tutti i popoli. D’altro canto, già i profeti del VII e VI secolo a.C. scoprono la responsabilità personale d’ogni uomo. … ”[23]

La buona vita dell’uomo e il suo peccato vanno considerati tenendo conto del fatto che egli è inserito nel Popolo di Dio e nella società umana.

La Scrittura, che appunto considera l’uomo inserito nella più ampia società umana e nel Popolo di Dio, parla ampiamente del peccato a partire dal primo peccato, che è il peccato degli angeli. ( 2 Pt 2,4.) “Troviamo un riflesso di questa ribellione nelle parole rivolte dal tentatore ai nostri progenitori: “Diventerete come Dio” (Gn 3,5). “Il diavolo è peccatore fin dal principio” (1 Gv 3,8), “padre della menzogna” (Gv 8,44).” (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 392)

Con il termine diavolo si intendono gli angeli ribelli.

La Scrittura attesta la nefasta influenza del diavolo che Gesù chiama “omicida fin dal principio” (Gv 8,44), e che ha perfino tentato di distogliere Gesù dalla missione affidatagli dal Padre. ( Mt 4,1-11);

la Parola di Dio è molto netta nell’affermare: “Il Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo” (1 Gv 3,8); di queste opere, la più grave nelle sue conseguenze è stata la seduzione menzognera che ha indotto l’uomo a disobbedire a Dio. (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 394)

Dietro la scelta disobbediente dei nostri progenitori c’è la voce seduttrice, che si oppone a Dio, del diavolo ( Gn 3,1-5) la quale, li fa cadere appunto nel peccato e quindi nella morte. ( Catechismo della Chiesa Cattolica n. 394)

Il peccato, fin dall’inizio è consistito in una mancanza di fiducia in Dio e in una disobbedienza a Dio ( Rm 5,19; Gn 3,1-11); ogni peccato è appunto una mancanza di fiducia in Dio e una disobbedienza a Lui. ( Catechismo della Chiesa Cattolica n. 397)

Sedotto dal diavolo, l’uomo, con il peccato, “ha voluto diventare « come Dio » (Gn 3,5), ma « senza Dio e anteponendosi a Dio, non secondo Dio ».[24]  ( Catechismo della Chiesa Cattolica n. 398) In ogni peccato c’è nel fondo questa superbia dell’uomo che vuole mettersi, in certo modo al posto di Dio e comandare da sé la propria vita.[25]

Il peccato ha, nelle sue profondità le caratteristiche di un no demoniaco “La presenza dell’amore assoluto di Dio nel mondo dà al « no » colpevole dell’uomo l’ulteriore dimensione di un « no » demoniaco, più negativo di quanto l’uomo non possa comprendere e che lo trascina nel baratro dell’anticristiano (cf. le bestie dell’Apocalisse e ciò che afferma Paolo delle potenze del cosmo; 1 Gv, ecc.). L’elemento demoniaco si manifesta soprattutto in una gnosi presuntuosa e senza amore, che si gonfia di se stessa ed è coestesa quanto l’agape sottoposta a Dio (Gn 3, 5). Essa « gonfia », invece di edificare come l’amore (1 Cor 8, 1; 13, 4).” [26]

Ogni peccato ha un riferimento misterioso ma reale a Cristo “Il carattere unico e concreto della regola morale personale comporta come conseguenza che ogni colpa morale, che lo si voglia o no, si riferisce a Cristo, rende responsabili nei suoi confronti e deve essere portata da lui sulla croce. …  La caratteristica di opposizione a Cristo che vi è in ogni peccato, aggredisce direttamente il centro stesso della norma personale: trafigge il cuore del Crocifisso che concretizza nel mondo l’amore trinitario che si offre a noi.”[27]

Tutti peccatori di tutti i tempi sono stati causa della Passione di Cristo. (  Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1851)

La Scrittura mostra, in particolare nei capp. 3 e seguenti della Genesi le conseguenze drammatiche della prima disobbedienza a Dio ( Catechismo della Chiesa Cattolica n. 398) ma occorre dire che non solo il peccato originale ma anche ogni peccato attuale specie se grave porta grandi danni all’uomo e più generalmente all’umanità.

Riguardo al peccato originale san Paolo afferma: “Per la disobbedienza di uno solo, tutti sono stati costituiti peccatori” (Rm 5,19); dice ancora il s. Apostolo  “Come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato…” (Rm 5,12).

Queste affermazioni significano che tutti gli uomini sono misteriosamente coinvolti nel peccato di Adamo.

S. Paolo però precisa immediatamente che all’universalità del peccato si contrappone l’universalità della Redenzione di Cristo: “Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita” (Rm 5,18) ( Catechismo della Chiesa Cattolica n. 402)

Dopo questo primo peccato, il mondo è inondato da una vera « invasione » del peccato: il fratricidio commesso da Caino contro Abele; ( Gn 4,3-15) la corruzione universale quale conseguenza del peccato e causa del terribile castigo ai tempi di Noè ( Gn 6,5.12) ;  nella storia d’Israele, il peccato si manifesta frequentemente soprattutto come infedeltà al Dio dell’Alleanza e come trasgressione della Legge di Mosè, particolarmente significativo è a questo riguardo il racconto del cammino d’ Israele nel deserto fatto nel Pentateuco, il popolo di Dio, messo in vario modo alla prova da Dio, frequentemente cade nel peccato. ( Catechismo della Chiesa Cattolica n. 401)

Particolarmente significativo appare a questo riguardo l’episodio del “vitello d’oro” (Es. 32) in cui il popolo d’ Israele, evidentemente privo di fede, chiede ad Aronne di costruire un dio che cammini alla sua testa, cioè un dio che cammini con il popolo, che “segua” il popolo, che vada dove il popolo vuole andare, mentre il Dio di Mosè è il Dio che chiama il popolo a seguirlo, a fare quello che Lui vuole; il peccato d’ Israele è in questa linea un peccato che implica mancanza di fede e di abbandono al vero Dio e quindi disobbedienza a Lui [28].

I profeti continuamente smascherano il peccato e chiamano alla conversione; significativo a questo riguardo è l’inizio del libro del profeta Isaia: “ Udite, o cieli, ascolta, o terra,

così parla il Signore:

“Ho allevato e fatto crescere figli,

ma essi si sono ribellati contro di me.

… “.

Guai, gente peccatrice,

popolo carico d’iniquità!

Razza di scellerati,

figli corrotti!

Hanno abbandonato il Signore,

hanno disprezzato il Santo d’Israele,

si sono voltati indietro.” (Is. 1)

All’inizio del libro del profeta Geremia leggiamo: “Così dice il Signore:

Quale ingiustizia trovarono in me i vostri padri

per allontanarsi da me

e correre dietro al nulla,

diventando loro stessi nullità? …

Due sono le colpe che ha commesso il mio popolo:

ha abbandonato me,

sorgente di acqua viva,

e si è scavato cisterne,

cisterne piene di crepe,

che non trattengono l’acqua.” (Ger. 2)

Dio attraverso i profeti denunzia il peccato (1 Sam 3,11; 13,13s; 2 Sam 12, 1-15; Ger. 22,13), sottolinea che il peccato offende Dio(2 Sam 12,9s), e offre rimedi per il peccato (Os 2,8s;  Ez 14,11) . [29]

Il Nuovo Testamento vede il peccato con più grande profondità e presenta la Redenzione operata da Cristo. [30]

S. Giovanni Battista prepara il terreno a Cristo annunciando la necessità della conversione dal peccato (Mt. 3,2).

Gesù sta in mezzo ai peccatori, presenta la misericordia divina verso i peccatori (in particolare Lc 15) e li invita alla conversione, il perdono che Cristo offre è legato appunto alla conversione del peccatore (Mc 1,15); d’altra parte Gesù si oppone al peccato, denuncia il peccato, lo smaschera nelle profondità del cuore umano precisando che appunto il peccato scaturisce dal cuore. (Mc 7,21s)[31]

S. Giovanni nei suoi scritti presenta Cristo come Agnello di Dio che si carica del “peccato del mondo”, che “toglie” il “peccato del mondo” (Gv. 1,29); al di là degli atti s. Giovanni va all’origine del peccato e mette in evidenza come tale origine risiede in una potenza ostile al Regno di Cristo, potenza che Cristo è venuto a sconfiggere; questa potenza si manifesta nel rifiuto ostinato della Luce, cioè in un accecamento (Gv. 3,19s) che ha evidentemente alla sua radice satana (Gv. 8,34). [32]

Il peccato rende appunto schiavi e figli di satana; come il cristiano è figlio di Dio , il peccatore è figlio di satana (1 Gv 3,8-10) [33]

Il peccato è l’opera satanica che si oppone a Cristo e Cristo è venuto a distruggere; s. Giovanni menziona in particolare tra le opere del diavolo l’omicidio (Gv. 8), la menzogna (Gv. 8,44) e l’odio (Gv. 8,37), queste opere si possono vedere come chiaramente presenti nel Vangelo di Giovanni e attuate contro Cristo. [34]

Gesù trionfa sul peccato (Gv. 12,31; 16,33) e fa trionfare noi su di esso (Gv. 1,12; 1 Gv. 3,9)  in particolare attraverso i Sacramenti che sgorgano dal suo costato trafitto.[35]

Cristo ha trionfato già sul peccato, dunque, ma la vittoria definitiva si compirà alla fine della storia. Nell’Apocalisse leggiamo significativamente nel cap. 21 “Ma per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i maghi, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. Questa è la seconda morte”.

Queste parole dell’Apocalisse indicano la definitiva condanna del peccato e di coloro che precipitano in esso senza uscirne e d’altra parte indicano la definitiva vittoria di Cristo e di coloro che sono con Lui.

Come spiega ancora Lyonnet nell’opera appena citata[36] s. Paolo parla abbondantemente del peccato e presenta delle liste di peccati precisando quelli che escludono dal Regno di Dio (1 Cor 5; 6,9s; 2 Co 12,20; Ga 5, 19-21; Rm 1,29-31; Col 3,5-8; Ef 5,3; 1 Tm I,9; Tt 3,3; 2 Tm 3,2-5.). (p. 944).

L’ Apostolo delle genti descrive l’origine del peccato in ciascuno di noi e gli effetti di esso così da offrire il profilo di una vera teologia del peccato; per s. Paolo il peccato introdottosi attraverso la tentazione del diavolo con il peccato di Adamo si è diffuso in tutti orientando tutti, in certo modo, verso la dannazione, l’ umanità forma in certo modo una “massa dannata” (p. 944s).

In s. Paolo il peccato appare come una potenza personificata che diffonde i suoi effetti nefasti anche nel creato (Rm 8,20; si veda su questo punto Gn 3,17) (p. 944s)

S. Paolo parla di una corruzione universale causata appunto dal peccato (Rm 1,18-32)

L’ apostolo delle genti presenta la situazione dell’uomo che pur essendo venduto al potere del diavolo può ancora desiderare il bene ma è incapace di compierlo ed è votato alla morte eterna, che è il salario o il compimento definitivo del peccato (Rm 6-7). (p. 944s).

S. Paolo mette in evidenza la diffusione del peccato da Adamo(Rm 5,12-19) e la redenzione compiuta da Cristo (Rm 5) nonché la condizione del cristiano che appunto grazie a Cristo può vincere il peccato (Rm.6; 7,5; 8,9) e quindi entrare nella beatitudine del Cielo. (p. 945).

La teologia paolina mostra infine che Dio nella sua sapienza (1 Cor 1,21-24; Rm 11,33) non solo trionfa sul peccato ma anche servendosi del peccato e così la durezza di cuore degli ebrei che non hanno creduto a Cristo ha permesso un più forte annuncio ai pagani e una loro più ampia conversione a Cristo (Rm 11), e così nella Passione Dio permette agli uomini di compiere l’atto più grave ma ciò “permette” a Cristo di realizzare appunto attraverso la Croce e la morte, la redenzione dell’umanità (Rm. 8; 2 Cor. 5). (p. 945s).

 

 

b) Cristo Redentore dell’uomo dal peccato.

 

 

Dio ci illumini sempre meglio.

All’universalità del peccato e della morte, effetto del peccato, l’Apostolo s. Paolo contrappone l’universalità della salvezza in Cristo: « Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita » (Rm 5,18).” (  Catechismo della Chiesa Cattolica n. 402)

Cristo è venuto a redimere l’uomo, è venuto a salvarlo dagli effetti del peccato e a renderlo capace di non peccare.

Appunto per salvare l’uomo Dio si è fatto uomo e Cristo si offerto sulla Croce : “Questo disegno divino di salvezza attraverso la messa a morte del « Servo Giusto » ( Is 53,11; At 3,14.) era stato profeticamente annunziato nelle Scritture come un mistero di redenzione universale, cioè di riscatto che libera gli uomini dalla schiavitù del peccato. (Cf Is 53,11-12; Gv 8,34-36) San Paolo professa, in una confessione di fede che egli dice di avere « ricevuto », (Cf 1 Cor 15,3.) che « Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture » (1 Cor 15,3). (Cf anche At 3,18; 7,52; 13,29; 26,22-23.)” ( Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1851)

Precisa lo stesso Catechismo “È proprio nella passione, in cui la misericordia di Cristo lo vincerà, che il peccato manifesta in sommo grado la sua violenza e la sua molteplicità.” ( Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1851)

Tutti i peccatori sono stati e sono autori della Passione di Cristo: “La Chiesa, nel magistero della sua fede e nella testimonianza dei suoi santi, non ha mai dimenticato che « ogni singolo peccatore è realmente causa e strumento delle […] sofferenze » del divino Redentore. [37]” ( Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1851)

Più precisamente riguardo alla Redenzione occorre considerare quello che afferma la Commissione Teologica Internazionale in un importante documento per cui: “Già nella sua legislazione civile, Israele manifestava la consapevolezza di un «redentore» (go’el) … La legge ebraica permette che una persona condannata possa essere riscattata[38]. Il pagamento del kofer libera la persona colpevole, la di lui o di lei famiglia, la famiglia offesa e l’intera comunità, in quanto il conflitto è risolto. … La religione ebraica sviluppò una liturgia dell’espiazione. Essa era l’atto simbolico di omaggio attraverso il quale la persona colpevole soddisfaceva e ripagava un debito nei confronti di YHWH  … Gli uomini santi, e specialmente Mosè e i profeti che vennero dopo di lui, avevano grande valore davanti a Dio. Questo controbilanciava il disvalore del male e del peccato degli altri. Perciò essi attribuivano grande importanza all’intercessione per il perdono del peccato[39] … I racconti dell’opera di Dio nell’Esodo[40] e l’amore redentore di Esther e Ruth[41] mostrano come la libertà derivi dal dono disinteressato di sé per una nazione o una famiglia. … Questi antichi temi della liberazione e redenzione vengono messi a fuoco con maggiore nitidezza in Gesù Cristo. …  Gesù di Nazareth indica la strada per una libertà autentica e duratura. Nella sua persona, nelle sue parole e nelle sue azioni, egli ha dimostrato che la presenza del regno di Dio era vicina e ha chiamato tutti alla conversione, in modo che potessero essere parte di questo regno[42].  … Un Redentore autentico, dunque, doveva essere divino. Tuttavia era molto opportuno che l’umanità svolgesse un ruolo nel riparare per la sua colpa collettiva…. La redenzione … è un processo che coinvolge sia la divinità sia l’umanità di Cristo. … Con le parole di Tommaso d’Aquino: «Un puro uomo non avrebbe potuto soddisfare per tutto il genere umano; Dio, d’altra parte, non doveva soddisfare; era quindi necessario (oportebat) che Gesù Cristo fosse Dio e uomo»[43]. … In quanto opera di Dio ad extra, la redenzione è attribuibile a tutte e tre le persone divine, ma è attribuita a ognuna di loro per aspetti diversi.  … Attraverso l’incarnazione del Verbo, l’unicità del Redentore diviene discernibile per noi già nella sua forza redentrice. Nel mistero pasquale il Redentore ha reso la salvezza disponibile per tutti: «Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me»[44]. … noi, in quanto esseri umani, possiamo conoscere chi è il Redentore, ma solo all’interno della comunità ecclesiale e attraverso di essa. Cristo non può essere isolato dalla Chiesa. … La Chiesa rende presente il solo e unico Redentore in quanto, come comunità (koinonia) che vive del mistero pasquale, essa accoglie tutti coloro che sperimentano la giustificazione in Cristo nel Battesimo o nel sacramento della riconciliazione e vogliono vivere la redenzione. Benché qui noi dobbiamo anche tenere conto che la comunione nel sacrificio di Cristo (prosphora) implica pure una condivisione delle sue sofferenze[45], questa sofferenza con Cristo, che si esprime sia sacramentalmente sia efficacemente nella vita cristiana, contribuisce all’edificazione della Chiesa e di conseguenza è redentrice. … L’associazione della Chiesa nell’opera redentrice di Cristo è eminentemente verificata nella persona di Maria, Madre della Chiesa. … Il Padre ci ha reso suoi figli redimendoci attraverso la volontà umana di Cristo.  … La concezione del dono di sé per tutti da parte del Redentore dipende indubitabilmente dal mistero pasquale, ma dipende in non minor misura dal mistero dell’Incarnazione e dai misteri della vita di Cristo, che rappresentano per i cristiani un invito e un esempio per vivere la loro vita come filii in Filio[46]. … La prima luce che la redenzione di Cristo getta sull’umanità è che Egli la rivela a sé stessa come al tempo stesso destinata alla salvezza [1] e in grado di accettarla [2]. … La redenzione di Cristo ci offre un secondo punto di vista sull’umanità nella sua condizione storica: gli aspetti negativi che la segnano [1] sono anche il risultato del peccato umano [2], ma questo non mette in dubbio la fedeltà di Dio al suo amore creatore e salvatore … L’opera redentrice di Cristo influenza tutti gli esseri umani nella loro relazione al destino ultimo, poiché tutti sono chiamati alla vita eterna. … Ognuno è chiamato a condividere mediante l’adozione a figlio la filiazione di Cristo. Dio non fa questa chiamata senza rendere capaci di risponderle.” [47]

Attraverso la Redenzione, realizzata da Cristo in particolare attraverso la sua morte, siamo stati riscattati dalla schiavitù del peccato[48] e siamo stati liberati, ora possiamo dunque, in Cristo, vivere una vita simile a quella di Adamo ed Eva, una vita nella grazia, cioè nella vita divina, una vita trinitaria, una vita di partecipazione alla Redenzione per la salvezza nostra e del mondo.

Nell’opera di liberazione dal peccato è di particolare importanza l’azione con cui lo Spirito Santo illumina la mente dell’uomo perché egli riconosca il peccato. S. Giovanni Paolo II ha detto: “Allorché Gesù, durante il discorso nel Cenacolo, annuncia la venuta dello Spirito Santo «a prezzo» della propria dipartita e promette: «Quando me ne sarò andato, ve lo manderò», proprio nello stesso contesto aggiunge: «E quando sarà venuto, egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio». … Nel pensiero di Gesù il peccato, la giustizia, il giudizio hanno un senso ben preciso, diverso da quello che forse qualcuno sarebbe propenso ad attribuire a queste parole indipendentemente dalla spiegazione di chi parla. Questa spiegazione indica, altresì, come sia da intendere quel «convincere il mondo», che è proprio dell’azione dello Spirito Santo … nel contesto del «peccato» e della «giustizia» … «il giudizio» significa che lo Spirito di verità dimostrerà la colpa del «mondo» nella condanna di Gesù alla morte di Croce. Tuttavia, il Cristo non è venuto nel mondo solamente per giudicarlo e condannarlo: egli è venuto per salvarlo. Il convincere del peccato e della giustizia ha come scopo la salvezza del mondo, la salvezza degli uomini. Proprio questa verità sembra essere sottolineata dall’affermazione che «il giudizio» riguarda solamente il «principe di questo mondo», cioè Satana colui che sin dall’inizio sfrutta l’opera della creazione contro la salvezza, contro l’alleanza e l’unione dell’uomo con Dio: egli è «già giudicato» sin dall’inizio. Se lo Spirito consolatore deve convincere il mondo proprio quanto al giudizio, e per continuare in esso l’opera salvifica di Cristo.”[49]

Anche dopo la redenzione di Cristo, fra i cristiani, il peccato si manifesta in svariati modi. ( 1 Cor 1-6; Ap 2-3.), ma l’uomo ha, ora, in Cristo la possibilità di essere liberato da tale peccato e di vivere in pienezza, come i nostri progenitori, la propria vita in Dio, una vita trinitaria[50].

 

 

c) Precisazioni teologiche sul peccato e sui vari tipi di peccati.

 

 

Dio ci illumini sempre meglio.

L’insegnamento biblico, visto finora, ha permesso alla Chiesa di formulare una definizione precisa di peccato.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica, basandosi appunto sui dati biblici e tradizionali riguardo al peccato afferma, al n. 1849: “Il peccato è una mancanza contro la ragione, la verità, la retta coscienza; è una trasgressione in ordine all’amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a causa di un perverso attaccamento a certi beni. … ”

S. Agostino e nella sua scia s. Tommaso hanno definito il peccato: “una parola, un atto o un desiderio” contrario alla Legge eterna; e quindi un’offesa a Dio.[51]

S. Alfonso affermò riguardo al peccato : “ Est transgressio legis, sive (ut ait Toletus) est voluntarius recessus a regula divina: per quam regulam intelligitur praeceptum tam naturale et humanum quam divinum. –

« Per recessum intelligitur actus (vel ejus omissio) qui sit non tantum voluntarius, sed etiam liber cum aliqua actuali advertentia malitiae.”[52] Il peccato è una trasgressione della legge cioè un volontario recesso dalla regola divina che si manifesta nei precetti divini, naturali e umani; tale recesso deve essere volontario e libero.

Il peccato è violazione della Legge, dice s. Giovanni (1Gv. 3,4); la Legge Eterna, di cui parlano s. Agostino e s. Tommaso, è Dio stesso, come diceva il Dottore Angelico (I-II q. 93 a.4 in c.); il peccato si oppone dunque a Dio, alla regola che Lui ci ha donato per amore, e Dio è Padre, Creatore, Amore,  Vita, Bene … e Fonte di ogni bene, quindi il peccato ha questa profonda dimensione, drammatica, di ripudio del Bene e della Fonte di ogni bene , ha una profonda, drammatica dimensione satanica, come visto.

Il peccato offende e danneggia anzitutto l’uomo (Gb 35,6; Ger. 7,18s); ma il peccato offende anche Dio.

S. Tommaso precisa, nella linea delle affermazioni bibliche (Gb 35,6; Ger. 7,18s), che in realtà l’uomo con il peccato non può nuocere effettivamente a Dio, che è impassibile e immutabile[53] ma peccando l’uomo agisce contro Dio nel senso che disprezza i suoi comandamenti e arreca danno a qualcuno, vale a dire a sé o ad altri, e costoro sono sotto la protezione della divina Provvidenza ( I-II q. 47 a.1 ) e in questo senso il peccato è un’offesa a Dio.

Il Salmista afferma in questa linea “Contro di te, contro te solo ho peccato. Quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto” (Sal 50,6), cioè ho peccato contro Dio.

Pio XII affermò: “Non è forse vero che la fede e la teologia insegnano che ogni peccato è un’offesa di Dio e mira ad offenderlo, perché l’intenzione insita nella colpa grave è contro la volontà di Dio espressa nel comandamento di Lui che si viola? Quando l’uomo dice sì al frutto proibito, dice no a Dio proibente; quando antepone sé stesso e la sua volontà alla legge di Dio, allontana da sé Dio e il divino volere: in ciò consiste l’aversione da Dio e l’intima essenza della colpa grave.” [54]

Ha scritto s. Giovanni Paolo II a questo riguardo: “La Chiesa ispirandosi alla Rivelazione, crede e professa che il peccato è offesa di Dio. Che cosa nell’imperscrutabile intimità del Padre, del Verbo e dello Spirito Santo corrisponde a questa «offesa», a questo rifiuto dello Spirito che è amore e dono? La concezione di Dio, come essere necessariamente perfettissimo, esclude certamente da Dio ogni dolore, derivante da carenze o ferite; ma nelle «profondità di Dio» c’è un amore di Padre che dinanzi al peccato dell’uomo, secondo il linguaggio biblico, reagisce fino al punto di dire: «Sono pentito di aver fatto l’uomo».  … Ma più spesso il Libro sacro ci parla di un Padre, che prova compassione per l’uomo, quasi condividendo il suo dolore. In definitiva, questo imperscrutabile e indicibile «dolore» di padre genererà soprattutto la mirabile economia dell’amore redentivo in Gesù Cristo, affinché, per mezzo del mistero della pietà, nella storia dell’uomo l’amore possa rivelarsi più forte del peccato.”[55]

Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma al n. 1850: “Il peccato è un’offesa a Dio …  Come il primo peccato, è una disobbedienza, una ribellione contro Dio …”

Il peccato offende Dio in sé stesso in quanto è una ribellione al suo Amore ma il peccato ha anche offeso e danneggiato Dio nella sua Incarnazione, Cristo, Dio-uomo, è stato offeso, danneggiato, colpito e ucciso dai nostri peccati; tutti i peccatori sono stati e sono autori della Passione di Cristo: “La Chiesa, nel magistero della sua fede e nella testimonianza dei suoi santi, non ha mai dimenticato che « ogni singolo peccatore è realmente causa e strumento delle […] sofferenze » del divino Redentore.” ( Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1851)

Qui occorre considerare che secondo s. Tommaso la nozione di peccato è più ampia di quella di colpa ( Iª-IIae q. 21 a.2) infatti secondo s. Tommaso il peccato è un atto compiuto per un fine, e che manca del debito ordine rispetto a quel fine ( Iª-IIae q. 21 a.1). Ci può essere peccato anche nei fenomeni naturali ma in essi non c’è colpa (  Iª-IIae q. 21 a. 2 ad 1).

Spiega s. Tommaso che il debito ordine al fine viene misurato da una certa regola, questa regola in coloro che agiscono secondo natura è la virtù stessa della natura, che inclina verso quel fine, perciò quando l’atto procede dalla virtù naturale secondo la naturale inclinazione verso il fine, allora viene ad essere osservata la rettitudine nell’atto, invece quando un atto si scosta da tale rettitudine si verifica il peccato; nelle azioni che vengono compiute dalla volontà, regola prossima è la ragione umana, regola suprema è la legge eterna; perciò, quando l’atto umano tende verso il fine secondo l’ordine della ragione e della legge eterna, allora l’azione è retta: quando invece si scosta da questa rettitudine, o direzione, allora si ha il peccato. Ora, è evidente che ogni atto volontario è malvagio perché recede dall’ordine della ragione e della legge eterna: ed ogni atto buono concorda con la ragione e con la legge eterna, da ciò consegue che l’ azione umana, per il fatto che è buona o malvagia, sia retta o peccaminosa. ( I-II q. 21 a. 1)

Come il male è categoria più ampia del peccato, così il peccato è categoria più ampia della colpa. Peccato ci può essere anche in esseri non intelligenti e non volenti ma in essi non c’è colpa, la colpa è solo negli esseri razionali, infatti si dice che un atto è colpevole, o lodevole, perché viene imputato a chi lo compie: lodare o incolpare qualcuno non è altro che imputare a lui la bontà o la malizia del suo atto, ma allora l’atto è imputato all’agente quando è in potere dell’agente stesso, sicché costui abbia il dominio sul proprio atto; questo dominio è in tutte le azioni volontarie degli esseri intellettuali e attraverso la volontà l’uomo, in particolare, ha il dominio sul proprio atto; quindi nelle sole azioni volontarie il bene e il male costituiscono ragione di lode o di colpa e in tali azioni volontarie il male, il peccato e la colpa sono la stessa cosa.[56]

Detto in modo semplice: il peccato, per l’uomo, è nelle sole azioni volontarie; laddove non c’è volontarietà nell’atto non c’è peccato!

Quello che ha detto s. Tommaso in questo testo è di particolare importanza e lo ritroviamo ancora più precisato nelle affermazioni di s. Alfonso per cui: “Ad peccatum requiruntur tres conditiones, ut patet ex prima responsione: l°. Ut sit voluntarium, id est ut fiat a voluntate consentiente. 2°. Ut sit liberum, id est ut sit e in potestate voluntatis facere vel non. 3°. Ut advertatur malitìa”[57]

Perché si abbia il peccato occorre che l’atto sia volontario, sia libero e che il soggetto ne avverta la malizia.

Più precisamente: perché si abbia il peccato occorre che l’atto sia volontario, sia libero e che il soggetto ne avverta la malizia in relazione con la legge divina.

Varie sono le distinzioni possibili tra i peccati, tra esse mi sembra importante menzionarne alcune.

1)“Originale e attuale: Il peccato originale è quello commesso dai progenitori e trasmesso per generazione a tutti gli uomini … Peccato attuale è quello commesso dal soggetto stesso e di cui egli è pienamente responsabile.”[58]

2) “Di commissione e di omissione: Ogni peccato comporta la realizzazione di un atto volontario disordinato: se esso si traduce in un’azione, si chiama peccato di commissione; se invece l’atto volontario si traduce nell’omettere qualcosa di dovuto, si chiama di omissione” [59]

La distinzione per certi versi più importante è quella tra peccati mortali e peccati veniali. Di essa tratteremo ampiamente nei prossimi paragrafi.

 

 

2) Indicazioni bibliche e tradizionali riguardo a peccati più gravi e meno gravi.

 

 

a) I dati biblici

 

 

Nella Reconciliatio et Paenitentia, in un testo di notevole importanza s. Giovanni Paolo II afferma al n.17.  “Già nell’Antico Testamento, per non pochi peccati – quelli commessi con deliberazione, le varie forme di impudicizia, di idolatria, di culto dei falsi dèi – si dichiarava che il reo doveva essere «eliminato dal suo popolo», ciò che poteva anche significare condannato a morte. Ad essi si contrapponevano altri peccati, soprattutto quelli commessi per ignoranza, che venivano perdonati mediante un sacrificio.  …. Che se pecca per debolezza o per ignoranza, c’è in lui la speranza della remissione, anche per il sostegno che gli proviene dalla preghiera congiunta dei fratelli.”[60]

Quello che ha appena detto il Papa si può vedere in Levitico 4,13s: “Se tutta la comunità d’Israele ha commesso una inavvertenza, senza che tutta l’assemblea la conosca, violando così un divieto della legge del Signore e rendendosi colpevole, quando il peccato commesso sarà conosciuto, l’assemblea offrirà come sacrificio espiatorio un giovenco, un capo di grosso bestiame senza difetto e lo condurrà davanti alla tenda del convegno.”

Ulteriormente, quello che ha detto il Papa polacco si può vedere in Levitico 4,22ss.: “Se è un capo chi ha peccato, violando per inavvertenza un divieto del Signore suo Dio e così si è reso colpevole, quando conosca il peccato commesso, porterà come offerta un capro maschio senza difetto. Poserà la mano sulla testa del capro e lo immolerà nel luogo dove si immolano gli olocausti davanti al Signore: è un sacrificio espiatorio.” …. si può vedere ancora in Levitico 4,27ss.: “Se chi ha peccato è stato qualcuno del popolo, violando per inavvertenza un divieto del Signore, e così si è reso colpevole, quando conosca il peccato commesso, porti come offerta una capra femmina, senza difetto, in espiazione del suo peccato.”

La differenza di trattamento tra colui che pecca con deliberazione e colui che pecca per inavvertenza emerge chiaramente in Numeri 15,27ss: “Se è una persona sola che ha peccato per inavvertenza, offra una capra di un anno come sacrificio espiatorio. …

Ma la persona che agisce con deliberazione, nativo del paese o straniero, insulta il Signore; essa sarà eliminata dal suo popolo. Poiché ha disprezzato la parola del Signore e ha violato il suo comando, quella persona dovrà essere eliminata; porterà il peso della sua colpa».”

Si noti bene qui come la Scrittura Santa porti a distinguere peccato da peccato non solo sulla base dell’azione ma anche sulla base della situazione soggettiva dell’agente, infatti sono trattati ben diversamente gli atti compiuti per ignoranza da quelli compiuti per deliberazione. Tra i fattori aggravanti dell’atto occorre certamente indicare l’ostinazione, di cui parla qui di seguito lo stesso testo del Papa polacco: “In un’altra pagina del Nuovo Testamento, nel Vangelo di Matteo (Mt 12,31s), Gesù stesso parla di una «bestemmia contro lo Spirito Santo», la quale è «irremissibile», poiché essa è nelle sue manifestazioni un ostinato rifiuto di conversione all’amore del Padre delle misericordie. ” [61]

La S. Scrittura ci invita dunque a distinguere bene peccato da peccato e quindi a tenere conto anche dei fattori attenuanti e di quelli aggravanti per capire con precisione la responsabilità dell’agente  riguardo a certi atti.

Più precisamente, il termine ebraico che viene utilizzato normalmente per indicare inavvertenza è, secondo la traslitterazione fonetica, sheg-aw-gaw ‘ e si trova in parecchi testi (Lv. 4, 2.22.27; 5,15.18;  22,14 Numeri 15,24-30 etc.) questo termine indica appunto ignoranza, errore o trasgressione non volontari ; il termine greco con cui nella LXX è tradotta questa parola ebraica è in alcuni casi ἀκουσίως (avverbio che significa senza volerlo), in un caso troviamo l’espressione περὶ τῆς ἀγνοίας αὐτοῦ ἧς ἠγνόησεν  (Lv. 5,18) che indica  ignoranza.

Inoltre nella Scrittura alcuni peccati sono paragonati a cose grandi (trave, cammello) altre a cose piccole (pagliuzza, zanzara) (Mt. 23,24; Lc. 9,41); alcuni peccati sono indicati come escludenti dal Regno di Dio, altri no (1 Cor. 6-910; Gal. 5,19-21); quelli che non escludono dal Regno di Dio sono anch’essi puniti con il fuoco ma solo per un certo tempo (1 Cor. 3,11.15) e si trovano anche nei giusti che nonostante essi restano giusti. (Sir. 7,21; Gc. 3,2; 1Gv. 1,8) [62]

Nel Nuovo Testamento, in particolare, si distingue chiaramente un peccato che conduce alla morte da un peccato che non ha tale effetto: “Se uno vede il proprio fratello commettere un peccato che non conduce alla morte, preghi, e Dio gli darà la vita: a coloro, cioè, il cui peccato non conduce alla morte. C’è infatti un peccato che conduce alla morte; non dico di pregare riguardo a questo peccato. Ogni iniquità è peccato, ma c’è il peccato che non conduce alla morte.” (1Gv 5,16-17)

Il testo greco è il seguente: “ἐάν τις ἴδῃ τὸν ἀδελφὸν αὐτοῦ ἁμαρτάνοντα ἁμαρτίαν μὴ πρὸς θάνατον, αἰτήσει, καὶ δώσει αὐτῷ ζωήν, τοῖς ἁμαρτάνουσιν μὴ πρὸς θάνατον. ἔστιν ἁμαρτία πρὸς θάνατον· οὐ περὶ ἐκείνης λέγω ἵνα ἐρωτήσῃ. πᾶσα ἀδικία ἁμαρτία ἐστίν, καὶ ἔστιν ἁμαρτία οὐ πρὸς θάνατον.”

I Padri della Chiesa hanno interpretato in vario modo questo passo[63].

L’interpretazione più precisa e perfettamente calzante nella luce della fede è quella di s. Agostino il quale, nelle Ritrattazioni (1,18,7) spiega che l’Apostolo nel testo in oggetto invita a non pregare per i dannati, cioè per quelli che sono nella morte eterna per avere commesso appunto un peccato che conduce alla dannazione[64].

Il famoso biblista P. M. Sales commentando questo testo giovanneo affermava: “Parla ora in modo speciale della preghiera fatta per la conversione dei peccatori. Chi sa (greco chi vede) che il proprio fratello, cioè un

cristiano, pecca di peccato (ebraismo) che non mena a morte, spirituale ed eterna, chieda la conversione di questo peccatore a Dio, e Dio gli darà la vita, ossia lo convertirà (Vedi note I Tess. V, 25; Ebr. XIII, 18-19; Giac. V, 14-20, ecc., dove è pure raccomandata la preghiera per i peccatori). Havvi un peccato a morte, che separa completamente il colpevole da Gesù Cristo fonte dì ogni vita (14; III, 14; Giov. V, 24). Non si accordano gli interpreti nel determinare di quale peccato si tratti. Alcuni hanno pensato al peccato mortale in genere, altri al peccato contro lo Spirito Santo (Matt. XII, 31-32); altri in maggior numero e con più probabilità, ritengono che l’Apostolo parli del peccato di pubblica apostasia dalla Chiesa e dalla fede in Gesù Cristo ( Ebr. VI, 4-8). Non dico che uno preghi per questo. S. Giovanni non proibisce assolutamente di pregare Dio per gli apostati ( II, 2; I Tim. II, I). e neppure dice che tali preghiere non saranno mai esaudite (la Chiesa infatti prega per essi nel Venerdì Santo), ma fa notare che la sua raccomandazione non riguarda tali peccatori, e lascia capire che le preghiere fatte per essi più difficilmente saranno esaudite, a motivo senza dubbio dell’induramento nel male che si verifica in coloro che abbandonano Gesù Cristo e la sua Chiesa, “il peccato di apostasia può giustamente essere stato chiamato da S. Giovanni peccato che mena a morte, perchè questi sovente inculca che Gesù Cristo è la vita per quelli che credono in lui ; la separazione adunque da Cristo e dal corpo di Cristo, che è la Chiesa, è un peccato che direttamente conduce a morte” Martini. 17. Ogni iniquità, ossia ogni trasgressione (greco ἀδικία III, 4) della legge di Dio, è peccato, e quindi la si deve evitare, ma non ogni peccato è tale che meni alla morte, ossia non ogni peccato importa la perdita della fede e la separazione dalla Chiesa e da Gesù Cristo. Nel greco si legge: e vi ha peccato che non mena a morte. Per il senso il greco si accorda colla Volgata. L’Apostolo aggiunge queste parole affinchè i cristiani non vengano a scoraggiarsi qualora venissero a cadere in peccato.”[65]

Più recentemente P. Bellon in una sua risposta riguardo a questo passo spiegava, dopo uno studio di vari esegeti degli ultimi decenni che : “3. Gli interpreti (esegeti) non hanno un parere unanime su questo punto.

Alcuni dicono che il peccato che non conduce alla morte è il peccato veniale, mentre quello che conduce alla morte sarebbe il peccato mortale. …  Altri pensano che il peccato che non conduce alla morte eterna comprenda tutti i peccati anche gravi e mortali, ma che sono remissibili mentre il peccato che conduce alla morte sarebbe il peccato contro lo Spirito Santo di cui parla il Signore nel Vangelo (Mt 12,31-32). Secondo altri, e questi sono il maggior numero, San Giovanni parlerebbe del peccato di pubblica apostasia dalla Chiesa e dalla fede in Gesù Cristo.”[66]

Questo peccato che conduce alla morte è quindi un peccato particolarmente grave che si distingue per tale sua gravità da altri peccati.

S. Giovanni Paolo II affermava riguardo a tale peccato che conduce alla morte: “Ovviamente, qui il concetto di morte è spirituale: si tratta della perdita della vera vita o «vita eterna», che per Giovanni è la conoscenza del Padre e del Figlio, la comunione e l’intimità con loro. Il peccato che conduce alla morte sembra essere in quel brano la negazione del Figlio, o il culto di false divinità. Comunque, con tale distinzione di concetti Giovanni sembra voler accentuare l’incalcolabile gravità di ciò che è l’essenza del peccato, il rifiuto di Dio, che si attua soprattutto nell’apostasia e nell’idolatria, cioè nel ripudiare la fede nella verità rivelata e nell’equiparare a Dio certe realtà create, erigendole a idoli o falsi dèi. Ma l’apostolo in quella pagina intende anche mettere in luce la certezza che viene al cristiano dal fatto di essere «nato da Dio» per la venuta del Figlio: c’è in lui una forza che lo preserva dalla caduta nel peccato; Dio lo custodisce, «il maligno non lo tocca». Che se pecca per debolezza o per ignoranza, c’è in lui la speranza della remissione, anche per il sostegno che gli proviene dalla preghiera congiunta dei fratelli.” [67]

Umilmente mi permetto di ribadire che l’interpretazione che a me pare più precisa e perfettamente calzante nella luce della fede è quella di s. Agostino il quale, nelle Ritrattazioni (1,18,7) spiega che l’Apostolo nel testo in oggetto invita a non pregare per i dannati, cioè per quelli che sono nella morte eterna per avere commesso appunto un peccato che conduce alla dannazione[68]. Il testo di s. Giovanni quindi sottolinea, in questa luce, due verità importanti:

1) c’è un peccato che conduce alla dannazione, cioè ci sono peccati che portano alla dannazione;

2) non bisogna pregare per i dannati.

 

 

b) Elaborazione patristica dei dati biblici.

 

 

Diceva s. Giovanni Paolo II “Alla luce di questi e altri testi della Sacra Scrittura, i dottori e i teologi, i maestri spirituali e i pastori hanno distinto i peccati in mortali e veniali.” [69]

Edotti dalla Scrittura e illuminati dallo Spirito Santo i Padri hanno quindi sviluppato una solida ma embrionale dottrina indirizzata in modo particolare a conoscere la responsabilità del soggetto rispetto ai suoi atti e quindi la gravità dei vari peccati.

L’autore che può essere considerato l’iniziatore della dottrina del peccato mortale è Origene che partendo da 1 Gv. 5, 16-17 parla di peccato mortale; dopo di lui gli autori cattolici hanno sviluppato e precisato sempre meglio tale dottrina e hanno fatto una distinzione sempre più precisa tra peccati mortali e peccati veniali. [70]

S. Agostino in vari testi parla di peccato che si commette per inavvertenza e più generalmente della distinzione dei peccati: “Alcuni sono peccati di debolezza, altri di inavvertenza, altri di malizia. La debolezza è contraria alla fortezza, l’inavvertenza alla sapienza, la malizia alla bontà. Chi è in grado di conoscere cos’è la potenza e la sapienza di Dio può discernere quali sono i peccati veniali; chi è in grado di conoscere cos’è la bontà di Dio può valutare quali peccati meritano una determinata pena sia in terra che nel secolo futuro. E dopo aver ben valutato tutto ciò, si può giudicare, con probabilità, chi non deve essere sottoposto alla penitenza luttuosa e lacrimevole, sebbene confessi i suoi peccati, e chi invece non può sperare salvezza, a meno che non offra a Dio come sacrificio uno spirito contrito dalla penitenza.”[71]

Ancora s. Agostino afferma “ … commettere un peccato per inavvertenza sottraendo ai beni sacri del Signore significa: ” appropriarsi inavvertitamente di qualcosa ” destinato alle cose sacre o ai sacerdoti o alle offerte delle primizie o di qualsiasi altra cosa simile.”[72]

Nel libro terzo delle “Questioni sul Levitico” s. Agostino parla molte altre volte di questi peccati di inavvertenza che il libro sacro indica.

Al peccato di inavvertenza, cui fa seguito la penitenza si contrappone in maniera radicale il peccato di ostinazione e in particolare l’ostinata impenitenza circa peccati gravi: “La stessa impenitenza è la bestemmia contro lo Spirito che non sarà perdonata né in questa vita né in quella futura. … contro lo Spirito dice una parola molto perversa e molto empia, sia col pensiero sia anche con la propria lingua, colui che, mentre la pazienza di Dio lo chiama alla penitenza, con l’ostinazione e con il cuore contrario al pentimento accumula su se stesso la collera per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio …  ”[73]

Pecca più gravemente, precisa ancora s. Agostino, chi lo fa sapendo e volendo: “Se infatti si obbedisce al comando, esso è sicuramente vita. Ma è diventato motivo di morte quando si agisce contro il comando: allora non solo si commette peccato – il che accadeva anche prima del comando -, ma si pecca in modo più grave e colpevole, perché si pecca sapendo e volendo.” [74]

Dice s. Giovanni Paolo II riguardo alla dottrina di s. Agostino su questo argomento: “Sant’Agostino, fra gli altri, parla di «letalia» o «mortifera crimina», opponendoli a «venialia», «levia» o «quotidiana». Il significato che egli attribuisce a questi qualificativi influirà nel magistero successivo della Chiesa.” [75]

S. Basilio precisa che ciò che sta attorno (le circostanze stanno “attorno” all’atto) può aggravare o attenuare i peccati che commettiamo. (Omelie sui Salmi, PG 29,240)

S. Gregorio Magno spiega che i peccati possono essere divisi in tre gruppi: peccati fatti per ignoranza, peccati fatti per debolezza e peccati fatti di proposito; il peccato di debolezza è più grave di quello che si compie per ignoranza ma molto più grave di questi due è il peccato fatto di proposito.[76]Spiega il s. Pontefice che Paolo peccò per ignoranza, Pietro per debolezza; Paolo con la conoscenza corresse ciò che ignorava, Pietro con le lacrime rese solida la radice della fede scossa e quasi inaridita dal peccato compiuto. Peccarono di proposito coloro di cui Cristo disse: “Se io non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato; ma ora non hanno scusa per il loro peccato. Chi odia me, odia anche il Padre mio. Se non avessi compiuto in mezzo a loro opere che nessun altro ha mai compiuto, non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto e hanno odiato me e il Padre mio.” (Gv. 15, 22ss) [77]

Altro è non fare il bene, precisa il s. Pontefice Gregorio Magno, altro è odiare chi insegna il bene; altro è peccare per precipitazione e altro è peccare per determinazione. Ovviamente il peccato fatto per determinazione è più grave, la determinazione a peccare è un’aggravante.  Peccare di proposito, continua s. Gregorio, significa non fare né amare il bene. Peggio è odiare la giustizia che disattenderla; ci sono nella Chiesa alcuni che non solo non fanno il bene ma lo detestano, essi commettono peccato non per debolezza o ignoranza ma per intenzione, cioè di proposito, e detestano negli altri ciò che essi trascurano di fare.  [78] Ci sono quelli che non vogliono conoscere le vie di Dio, cioè non vogliono conoscere ciò che non vogliono fare, considerano l’ignoranza come una scusa per commettere peccati; non sapere è ignoranza, non voler sapere è superbia; la Sapienza si vuole far conoscere e chiama, ma ci sono quelli che appunto non vogliono conoscere … la Sapienza si è mostrata in Cristo, ci ha fatto conoscere come dobbiamo agire ma i superbi disprezzano le norme di Cristo.[79]

Come spiegavano Zalba e Regatillo la distinzione tra peccati veniali e peccati gravi è stata indicata già da Tertulliano e s. Cipriano ma è stata esplicitamente affermata dall’inizio del IV secolo nei testi di s. Ambrogio, s. Basilio, s. Gregorio Nazianzeno e soprattutto in quelli di s. Agostino; a partire dal secolo VI vengono vagliate regole per discernere i peccati mortali dai veniali e queste regole sono applicate soprattutto nei libri penitenziali.[80]

 

 

c) La dottrina magisteriale e tradizionale della Chiesa Cattolica sulla distinzione dei peccati per la loro gravità.

 

 

S. Tommaso afferma che essendo il peccato una specie di malattia dell’anima, un peccato si dice mortale per analogia con le malattie, le quali si dicono mortali quando causano danni irreparabili, e in particolare la morte, producendo disordine e quindi la distruzione di un qualche principio vitale. Trasponendo appunto in campo spirituale quanto appena detto occorre precisare che la vita spirituale ha un profondo ordine al fine ultimo. Quando tale ordine viene distrutto e subentra appunto il disordine, la vita spirituale santa cessa e solo Dio, non l’uomo, può ripristinare l’ordine, il principio vitale distrutto, e far ripartire tale vita. ( Iª-IIae q. 88 a. 1 co.) Il s. Dottore Angelico aggiunge che la distinzione tra peccato in mortale e veniale non è divisione di un genere nelle sue specie, che ugualmente partecipano della ragione del genere; ma è la divisione tra realtà analoghe, sicché la ragione perfetta di peccato si ha nel peccato mortale mentre il peccato veniale è peccato secondo una ragione imperfetta, e in ordine al peccato mortale; il peccato veniale, infatti, non è contro la legge di Dio: poiché chi pecca venialmente non fa quello che la legge proibisce, e non tralascia quello a cui la legge obbliga attraverso il precetto; ma agisce al di fuori della legge, cioè non osserva la misura della regola che la legge indica. (I-II q. 88 a.1)

Lo stesso s. Dottore precisa che sono veniali i peccati che implicano un disordine relativo a ciò che è in ordine al fine, restando salvo l’ordine all’ultimo fine, il peccato veniale non causa la morte dell’anima alla vita di grazia e quindi non produce un danno irreparabile come il peccato mortale (I-II q. 88 a.2). I peccati veniali si rimettono attraverso azioni del penitente e non richiedono l’intervento divino attraverso il Sacramento della Riconciliazione.

Diceva s. Giovanni Paolo II riguardo alle affermazioni di s. Tommaso su questo argomento che, dopo s. Agostino: “ … sarà san Tommaso d’Aquino a formulare nei termini più chiari possibili la dottrina divenuta costante nella Chiesa. Nel definire e distinguere i peccati mortali e veniali, non poteva essere estraneo a san Tommaso e alla teologia del peccato, che si rifà a lui, il riferimento biblico e, quindi, il concetto di morte spirituale. Secondo il Dottore Angelico, … quando, «per mezzo del peccato, l’anima commette un disordine che va fino alla separazione dal fine ultimo – Dio -, al quale essa è legata per la carità, allora si ha il peccato mortale; invece, ogni volta che il disordine rimane al di qua della separazione da Dio, allora il peccato è veniale». Per questa ragione, il peccato veniale non priva della grazia santificante, dell’amicizia con Dio, della carità, né quindi della beatitudine eterna, mentre siffatta privazione è appunto conseguenza del peccato mortale. Considerando, inoltre, il peccato sotto l’aspetto della pena che include, san Tommaso con altri dottori chiama mortale il peccato che, se non rimesso, fa contrarre una pena eterna; veniale il peccato che merita una semplice pena temporale (cioè parziale ed espiabile in terra o nel purgatorio).” [81]

Zalba e Regatillo precisavano molto bene [82] che il Magistero ecclesiastico distingue chiaramente o suppone la distinzione tra peccati veniali e mortali quando insegna la pena eterna per i peccati mortali e la pena temporale per i veniali[83], quando riporta i dati biblici circa i peccati veniali dei giusti [84], quando afferma che i fedeli possono peccare gravemente in vario modo [85], quando afferma la necessità di confessare i peccati mortali [86] che si possono evitare con l’aiuto della grazia divina [87] mentre i veniali possono essere espiati con altri mezzi. [88]

Merkelbach ha affermato che la distinzione tra peccati mortali e veniali è parte della fede cattolica essendo stata ribadita in molti testi magisteriali di primaria importanza ed essendo stata affermata dalla predicazione universale della Chiesa. [89]

Melina, Noriega  e Pérez Soba ribadiscono la sana dottrina che stiamo vedendo e sviluppano una storia della dottrina sulla distinzione tra peccato veniale e peccato mortale: partono dalla prima lettera di Giovanni (1 Gv. 5,16-17) quindi proseguono con le affermazioni di Origene[90] , mettono in evidenza gli insegnamenti di s. Agostino a riguardo e quindi evidenziano prima le affermazioni di Riccardo di s. Vittore e quindi quelle di s. Tommaso; questa dottrina sarà ratificata dal Concilio di Trento[91].

Il Catechismo Romano parla di peccato mortale in vari passi, allorché tratta della remissione dei peccati e del Sacramento della Confessione.[92]

Il Catechismo di s. Pio X afferma al n. 951s:

“D. Qual’è il peccato mortale? R. Il peccato mortale è una trasgressione della divina legge, per la quale si manca gravemente ai doveri verso Dio, verso il prossimo, verso noi stessi.

  1. Perché si dice mortale?
  2. Si dice mortale perché dà morte all’anima, col far perdere la grazia santificante, che è la vita

dell’anima, come l’anima è la vita dal corpo.

953 D. Quali danni fa all’anima il peccato mortale?

  1. 1. Il peccato mortale priva l’anima della grazia e dell’amicizia di Dio;
  2. le fa perdere il paradiso;
  3. la priva dei meriti acquistati, e la rende incapace di acquistarne dei nuovi;
  4. la fa schiava del demonio;
  5. le fa meritare l’inferno, ed anche i castighi di questa vita.”

Il peccato veniale fa morire in noi la grazia santificante e la carità ma le indebolisce.

Nella Veritatis Splendor al n. 70 viene affermata: “… la permanente attualità della distinzione tra peccati mortali e veniali, secondo la tradizione della Chiesa” e viene precisato che tale distinzione è stata adeguatamente definita già nel Concilio di Trento e poi nel Sinodo dei Vescovi del 1983.

Da tale Sinodo è scaturita l’Esortazione post-sinodale “Reconciliatio et Paenitentia” di s. Giovanni Paolo II che al n. 17 parla di tale distinzione con una certa ampiezza.

Dopo aver offerto alcuni dati biblici che formano la base dottrinale per tale distinzione e dopo avere indicato le affermazioni di s. Agostino e s. Tommaso riguardo a tale argomento, l’Esortazione citata al n. 17 precisa che il peccato mortale è il peccato grave. Nel I volume di questo libro misi in evidenza un errore del prof. Buttiglione[93] il quale diceva che il peccato grave è specificato dalla materia grave mentre “il peccato mortale è specificato dall’effetto sul soggetto (fa morire l’anima)” e continuava affermando che tutti i peccati mortali sono gravi ma non tutti i peccati gravi sono mortali perché un peccato grave può essere commesso senza piena avvertenza o deliberato consenso; l’Esortazione che stiamo vedendo appunto ribadisce la sana dottrina per cui il peccato mortale è peccato grave e il peccato grave è peccato mortale.

Successivamente l’Esortazione in oggetto sempre al n. 17 precisa che “è peccato mortale quello che ha per oggetto una materia grave e che, inoltre, viene commesso con piena consapevolezza e deliberato consenso.”

Tale peccato per lo stesso documento e per lo stesso numero di tale documento è un: “… atto, per il quale un uomo, con libertà e consapevolezza, rifiuta Dio, la sua legge, l’alleanza di amore che Dio gli propone, preferendo volgersi a se stesso, a qualche realtà creata e finita, a qualcosa di contrario al volere divino («conversio ad creaturam»). Il che può avvenire in modo diretto e formale, come nei peccati di idolatria, di apostasia, di ateismo; o in modo equivalente, come in tutte le disubbidienze ai comandamenti di Dio in materia grave.”

Questa dottrina, spiega tale documento allo stesso numero, è “fondata sul Decalogo e sulla predicazione dell’Antico Testamento, ripresa nel kerigma degli apostoli e appartenente al più antico insegnamento della Chiesa” ed è affermata da “tutta la tradizione della Chiesa”.

Sempre al n.17 tale documento precisa che “alcuni peccati, quanto alla loro materia, sono intrinsecamente gravi e mortali. Esistono, cioè, atti che, per sé stessi e in sé stessi, indipendentemente dalle circostanze, sono sempre gravemente illeciti, in ragione del loro oggetto. Questi atti, se compiuti con sufficiente consapevolezza e libertà, sono sempre colpa grave.”

Il Catechismo della Chiesa Cattolica ribadisce queste verità ai nn. 1854-1864 e al n. 1756; esso precisa in questa linea che il peccato mortale annienta la carità nell’anima (n. 1855), distoglie l’uomo dall’ultimo fine cioè da Dio e dalla beatitudine proprio perché annienta la carità che appunto ci indirizza a tale fine.

Unitamente alla carità tale peccato annienta la grazia santificante, perciò, se non è cancellato dalla vera conversione e quindi dalla Confessione, esso: “…  provoca l’esclusione dal Regno di Cristo e la morte eterna dell’inferno” (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1861).

Nel Catechismo si precisa anche che il peccato veniale è un peccato lieve, cui manca almeno uno dei tre elementi necessari per il compimento del peccato mortale (materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso) (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1862) tuttavia su questo punto occorre fare importanti precisazioni, che rimandiamo ad uno dei prossimi paragrafi, per spiegare che un peccato che sembra grave può essere in realtà veniale e che un peccato che sembra veniale può essere, in realtà, grave .

Il peccato veniale, per sé stesso, non conduce all’inferno chi lo compie infatti merita pene temporali e non pene eterne; esso lascia sussistere nell’anima la grazia santificante, l’amicizia con Dio, la carità e non priva della beatitudine eterna[94] ma offende, indebolisce e ferisce la carità e, se deliberatamente scelto, predispone al peccato mortale. (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1863).

 

 

c,1) Materia grave, elemento fondamentale del peccato grave.

 

 

Vediamo meglio le tre condizioni del peccato grave: materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso.

Diciamo anzitutto che una di esse è una condizione oggettiva dell’atto (materia grave) mentre le altre due sono condizioni soggettive dell’atto.

La materia grave è l’oggetto dell’atto con il suo fine e con le sue circostanze concrete; tale materia è gravemente difforme dall’ordine retto[95].

Vedremo meglio più avanti che oggetto dell’atto è il fine prossimo (finis operis) dello stesso, mentre le circostanze sono elementi secondari, alcune di esse possono aggravare oppure ridurre la bontà o la malizia morale dell’atto (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1754); tra le circostanze rientra il fine remoto dell’atto (finis operantis).

Il Catechismo Maggiore di s. Pio X afferma in questa linea che nel peccato: “Vi ha materia grave quando si tratta di una cosa notabilmente contraria alla legge di Dio e della Chiesa.”[96]

Il famoso moralista Merkelbach affermava: “Malitia obiecti, cuius gravitatem advertere debemus, intelligitur vel gravis in se i. e. ex obiecto, vel ex circumstantiis, ut ex fine, scandalo, periculo adiuncto.”[97]

La malizia dell’oggetto può essere grave in sé, cioè per la gravità dell’oggetto dell’atto (finis operis) o per le circostanze cioè per il fine (finis operantis), per lo scandalo, per il pericolo che l’accompagna.

La materia grave è un bene verso cui la volontà si orienta e che la ragione riconosce e giudica come gravemente non conforme al vero bene dell’uomo.

La materia del peccato è precisata dai 10 comandamenti, proprio riferendosi a questa materia grave del peccato Gesù nel Vangelo diceva, a chi lo interrogava sulla strada da percorrere per giungere al Cielo: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre. ( Mt. 19,16-30; Mc 10,17-27; Lc 18,18-30). ( Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 1858)

Più generalmente possiamo dire che i criteri attraverso cui possiamo distinguere i peccati oggettivamente gravi da quelli lievi vanno tratti dalla S. Scrittura, dal Magistero, dalla natura dell’oggetto dell’atto con le circostanze e il fine. [98]

Esiste una graduazione tra peccati gravi già per quanto riguarda la materia: un omicidio è oggettivamente più grave di un furto etc. ( Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 1858)

Riguardo ai peccati “carnali”, va notato che la Congregazione per la Dottrina della Fede nella Dichiarazione: “Persona humana” (29.12.1975) ha affermato: “Ora, secondo la tradizione cristiana e la dottrina della chiesa, e come riconosce anche la retta ragione, l’ordine morale della sessualità comporta per la vita umana valori così alti, che ogni violazione diretta di quest’ordine è oggettivamente grave. [99][100] La violazione diretta dell’ordine morale della sessualità è oggettivamente grave; i peccati di adulterio e più generalmente tutti quelli che riguardano relazioni sessuali violano proprio questo ordine e sono oggettivamente gravi.

Le relazioni sessuali tra divorziati risposati e tutti gli atti omosessuali violano tale ordine morale della sessualità e sono dunque oggettivamente gravi.

Aggiungiamo che secondo s. Caterina da Siena nessun peccato è tanto abominevole e toglie tanto il lume dell’intelletto quanto il peccato carnale: “Veruno peccato è che tanto sia abominevole e tanto tolga il lume de l’intelletto all’uomo quanto questo.”[101]

 

 

c,2) Piena avvertenza, fattore necessario perché il peccato sia grave.

 

 

Dio ci illumini.

Oltre alla materia grave, per aversi un peccato mortale occorre che un atto sia compiuto con piena avvertenza e deliberato consenso. Esamineremo in questo paragrafo e nel prossimo la piena avvertenza.

Abbiamo visto già più sopra che per  il s. Dottore Angelico la distinzione tra peccato mortale e veniale non è distinzione di un genere nelle sue specie, che ugualmente partecipano della ragione del genere, ma è la distinzione tra realtà analoghe, sicché la ragione perfetta di peccato si ha nel peccato mortale mentre il peccato veniale è peccato secondo una ragione imperfetta, e in ordine al peccato mortale; il peccato veniale, infatti, non è contro la legge di Dio: chi pecca venialmente non fa quello che la legge proibisce, e non tralascia quello a cui  la legge obbliga attraverso il precetto, ma agisce al di fuori della legge, cioè non osserva la misura della regola che la legge indica; i peccati veniali sono riparabili, implicano un disordine relativo ai mezzi, mentre resta salvo l’ordine dell’atto all’ultimo fine. (I-II q. 88 a.1)

Nei testi di s. Tommaso appare evidente che il peccato grave implica un’azione che “perfecte pertingit ad rationem actus moralis” cioè un’azione che raggiunge perfettamente le caratteristiche dell’atto morale, perché ciò si realizzi occorre che l’atto sia posto con la deliberazione della ragione, non è peccato grave un atto non deliberato ma compiuto senza piena volontà (subitus) (Iª-IIae q. 88 a. 6 co.).

In particolare, quest’azione che raggiunge perfettamente le caratteristiche dell’atto morale e questa deliberazione della ragione implicano per il soggetto agente, secondo s. Tommaso, una certa avvertenza del male che si sta per compiere e un certo consenso a tale male avvertito[102].

S. Tommaso afferma anche: “qui aliquid committit vel omittit, in quo dubitat esse mortale peccatum, pec-cat mortaliter, discrimini se committens.” (In IV Sent. d. 21 q.2 a.3) Il che significa che chi commette o omette qualcosa in cui dubita che sia peccato grave, pecca mortalmente, cioè chi avverte che un’azione potrebbe essere un peccato grave e lo compie ugualmente pecca gravemente.

S. Alfonso, nella linea di s. Tommaso, afferma: “È certo poi da quel che si è detto di sovra al num. 2., che il peccato per esser imputabile dev’esser volontario, e per esser volontario il peccato mortale, dev’essere pienamente acconsentito. Sicché per 1. vi si richiede la piena e perfetta avvertenza della malizia dell’oggetto; poiché i moti della concupiscenza chiamati primo primi, che affatto prevengono la ragione, questi sono esenti da ogni colpa. I moti secundo primi, che si fanno con semipiena avvertenza da’ semidormienti, o da quei che stanno distratti ecc., questi non sono più che veniali. I moti poi deliberati, di cui già pienamente l’intelletto avverte la grave malizia, almeno in confuso, e la volontà vi consente, questi sono colpe gravi; così comunemente tutti i teologi con s. Tommaso (De malo q.7, a. 6. per tot., et I-II q. 88. a. 6.), il quale dice, che ‘l peccato mortale di suo oggetto può diventar veniale, ob imperfectionem actus moralis, cum non sit deliberatus, sed subditus( Vide lib. 5. n. 3.).

Se poi al peccato mortale si richieda l’avvertenza attuale ed espressa della malizia dell’atto, o basti la virtuale, ed interpretativa. …. il mio sentimento è, che parlando tra’ limiti del giusto le accennate due sentenze facilmente possono conciliarsi. Poiché il dire, che ad ogni peccato grave si richieda necessariamente l’attuale ed espressa avvertenza, ciò senza dubbio è falso; mentre in più modi può accadere, che alcuni mali benché attualmente non si avvertano, ben nondimeno s’imputano a colpa, secondo insegna s. Tommaso, se l’ignoranza in qualche modo è volontaria, o per negligenza, o per passione, o per mal abito, o per volontaria inconsiderazione nell’operare … 28. All’incontro in ogni conto dee tenersi, che se l’ignoranza in niuno de’ predetti modi è stata volontaria, e l’uomo non ha avuta alcuna avvertenza attuale della malizia dell’atto, o del suo pericolo, né direttamente, né indirettamente, né in sé, né nella sua causa, allora non gli si debbono imputare gli errori che non avverte. …  Un tale studio poi, o sia diligenza per toglier l’ignoranza …. non ha da esser somma, ma basta che sia morale, cioè quella che suol comunemente usarsi da’ prudenti nelle cose gravi. Sopravvenendo il dubbio, l’ignorante dee consigliarsi co’ periti; il dotto poi dee consigliarsi co’ libri, o pure con altri dotti.”[103]

La stessa dottrina s. Alfonso presenta nella Theologia Moralis[104]

Occorre l’avvertenza della malvagità morale dell’oggetto o almeno il dubbio circa tale malvagità perché si abbia un vero peccato mortale; senza avvertenza l’atto non è volontario perché non è conosciuto.

Come spiega lo stesso s. Dottore napoletano, il modo con cui il peccato è perfezionato è infatti questo:

1) l’oggetto è presentato ai sensi ed essendo fisicamente attraente muove a sé l’appetito sensitivo;

2) l’intelletto avverte la malizia di tale oggetto; tale avvertenza può essere di tre tipi:

a)piena, quando il soggetto con mente libera discerne;

b)semipiena, quando il soggetto conosce con mente non del tutto libera perché è semidormiente o distratto etc.;

c) assente, infatti in alcuni casi l’intelligenza è talmente rapita dalla bellezza dell’oggetto che è incapace di avvertire la malvagità di esso;

3) la volontà consente a orientarsi verso tale oggetto;

ai tre tipi di conoscenza appena visti corrispondono tre moti:

1) i moti “primo primi” che anticipano ogni tipo di avvertenza e quindi non sono colpevoli;

2) i moti “secundo primi” che si attuano con avvertenza semipiena, e non superano la colpa veniale;

3) i moti deliberati che si compiono con piena avvertenza che pienamente riconosce la malizia morale almeno in confuso e con deliberato consenso, questi sono peccati gravi se l’oggetto di essi è malvagio. [105]

Il Catechismo di s. Pio X afferma al n. 954 “D. Oltre la gravità della materia che cosa si richiede per costituire un peccato mortale? Oltre la gravità della materia per costituire un peccato mortale si richiede la piena avvertenza di tale gravità e la deliberata volontà di commettere il peccato.”

Il Catechismo della Chiesa Cattolica, sulla linea del Catechismo di s. Pio X,  al n. 1859  ci dona delle importanti precisazioni sulle circostanze interiori della persona che si richiedono perché un atto sia veramente peccato grave: il soggetto deve conoscere l’opposizione dell’atto alla Legge di Dio e deve avere sufficiente libertà di consenso; la volontarietà dell’atto è accresciuta dall’ignoranza simulata e dalla durezza del cuore.

La piena avvertenza di cui stiamo parlando è appunto la conoscenza che il soggetto ha dell’opposizione dell’atto che sta per compiere rispetto alla Legge di Dio.

L’Esortazione Reconciliatio et Paenitentia, vista poco più sopra, al n. 17 precisa che “è peccato mortale quello che ha per oggetto una materia grave e che, inoltre, viene commesso con piena consapevolezza e deliberato consenso.”

Tale peccato mortale è quindi un: “… atto, per il quale un uomo, con libertà e consapevolezza, rifiuta Dio, la sua legge, l’alleanza di amore che Dio gli propone, preferendo volgersi a se stesso, a qualche realtà creata e finita, a qualcosa di contrario al volere divino («conversio ad creaturam»).”[106]

La piena avvertenza è dunque piena consapevolezza della malvagità dell’azione che si sta per compiere.

Principi morali sull’avvertenza che traggo dal testo E. Colom e A. Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, ed. Edusc 2003:

1)“Un’azione è moralmente imputabile se realizzata almeno con avvertenza virtuale, poiché essa è sufficiente per garantire la libertà dell’atto. … L’avvertenza virtuale è pure sufficiente per il peccato mortale e per un atto virtuoso eroico. …” (p. 213)

Precisiamo che l’avvertenza attuale è “conoscenza dell’atto e della sua moralità nel momento in cui il soggetto lo compie” (p. 212); avvertenza virtuale: “ … si ha quando precedentemente c’è stata un’avvertenza attuale che ancora influisce sull’atto, però non è presente nel momento di agire”(p. 212)

2) “L’avvertenza generica della moralità è sufficiente per l’atto morale: sebbene essa non sia una conoscenza della moralità specifica dell’azione, è una conoscenza che distingue nettamente il bene dal male.”(p. 213)

Precisiamo che si ha “avvertenza distinta (o chiara): quando si avvertono in modo preciso i particolari etici dell’atto”(p. 212) si ha invece : “avvertenza generica (o confusa): quando si avverte soltanto la bontà o malizia, senza distinguere esattamente la moralità specifica …”(p. 212)

3)“L’avvertenza semipiena diminuisce la libertà, e pertanto diminuisce l’imputabilità dell’atto.”

Perché si abbia peccato mortale occorre piena avvertenza; più concretamente: perché ci sia peccato grave è sufficiente avvertire pienamente, anche se in modo confuso, che quell’azione è cattiva, che non è bene farla, che non è congruente con gli insegnamenti del Signore, ecc.(p. 213)

Precisiamo che si ha:

a) avvertenza piena: quando il soggetto si rende chiaramente conto sia di ciò che sta facendo sia della moralità di tale atto;

b) avvertenza parziale o semipiena: quando ci sono ostacoli che non annullano ma rendono difficoltosa la piena consapevolezza;

c) inavvertenza: quando qualcosa impedisce totalmente la consapevolezza. (p. 212)

Dio ci illumini sempre meglio.

 

 

c,2,1) Il caso del soggetto che ha un dubbio pratico.

 

 

Nel caso che la persona dubiti che un’azione che sta per compiere sia peccato grave occorre che tale persona si accerti a riguardo, e chi nonostante tale dubbio compie tale atto, pecca gravemente, infatti s. Tommaso afferma: “qui aliquid committit vel omittit, in quo dubitat esse mortale peccatum, peccat mortaliter, discrimini se committens.” (In IV Sent. d. 21  q.2  a.3) Il che significa appunto che chi commette o omette qualcosa in cui dubita che sia peccato grave, pecca mortalmente.

S. Alfonso nella linea di s. Tommaso insegna che: “La coscienza dubbia è quella che rimane irresoluta, e sospende l’assenso per l’una e per l’altra parte. Ma bisogna qui distinguere per 1. il dubbio negativo dal positivo. Il negativo è quando manca il motivo sufficiente ad assentire ad alcuna delle parti, e quest’è quello che propriamente s’intende per dubbio, il quale si definisce: Suspensio assensus circa aliquod obiectum. Il positivo poi è quando v’è grave ragione per dar l’assenso ad ambe le parti, o almeno ad una di esse, benché con formidine dell’opposto; sicché il dubbio positivo è lo stesso che l’opinione probabile di cui parleremo nel punto seguente.

Bisogna distinguere per 2. il dubbio speculativo dal pratico. Lo speculativo è quando si dubita della verità della cosa, v. gr. se la guerra sia giusta; se il dipingere sia opera servile; se vaglia il battesimo con acqua distillata, e simili. Il dubbio pratico poi è quando si dubita dell’onestà dell’azione, se per esempio è lecito in pratica il dipingere nella festa, o il militare nella guerra dubbiamente giusta. Sicché bisogna sempre distinguere il vero dal lecito; poiché il dubbio speculativo riguarda il vero, il pratico riguarda il lecito. Posto ciò, diciamo, che col dubbio pratico non è mai lecito operare, perché l’uomo operando dee esser moralmente certo dell’onestà della sua azione; altrimenti, perché s’espone al pericolo di peccare, già pecca, secondo il detto dell’Ecclesiastico, Qui amat periculum, peribit in illo (Eccli. 3,27), e commette quello stesso peccato di cui dubita. Onde se dubita che sia furto, commette furto; se dubita che sia mortale, fa mortale. Chi poi sa, che un’azione è peccato, ma ignora s’è mortale o veniale; altri dicono, che sempre pecca mortalmente; ma più probabilmente dicono Navarro, Valenzia, Granado, e La-Croix, che pecca solo venialmente, purché non avverta al pericolo di peccar gravemente, né all’obbligo di esaminar l’azione; e purché l’azione non sia in sé certo peccato mortale, e la sua malizia non si apprenda almeno in confuso (L. 1. n. 22. et 23).

Col dubbio all’incontro speculativo è lecito operare, quando l’operante per altre ragioni praticamente giudica esser lecita l’azione … ” [107]

Nella Theologia Moralis lo stesso s. Dottore afferma le stesse cose: “… nunquam esse licitum cum conscientia practice dubia operari. Et casu quo aliquis operatur, peccat, et quidem peccato ejusdem speciei et gravitatis, de quo dubitat; quia qui se exponit periculo peccandi, jam peccat; juxta illud Eccli III, 27: Qui amat periculum, in illo peribit. – Quare, si dubitat an illud sit mortale, mortaliter peccat.”

Cioè con la coscienza praticamente dubbia non è mai lecito operare, e nel caso in cui una persona agisca con tale coscienza, tale persona compie un peccato della stessa specie e gravità di quello del quale dubita; chi si espone al pericolo di peccare già pecca secondo le affermazioni bibliche per cui: “chi ama il pericolo in esso si perderà.” (Sir 3,26) Perciò se una persona dubita che un’azione sia peccato mortale e la compie, compie un peccato mortale

Egli poi aggiunge: “ Dicimus II licitum esse operari cum conscientia speculative dubia, semper

ac operans per alias rationes sive principia reflexa, judicat practice actionem suam esse certe moraliter honestam. Qui igitur est practice dubius circa aliquam actionem, debet utique prius dubium deponere per principium certum, vel reflexum, de honestate actionis illius (juxta id quod exponemus in Dissertatione de usu opinionis probabilis): modo homo ille sit sufficiens ad formandam sibi conscientiam practice certam; et deinde potest operari.”

Col dubbio speculativo è lecito operare, quando l’operante per altre ragioni praticamente giudica esser moralmente lecita l’azione.

Nella Veritatis Splendor, al n. 60, possiamo leggere: “Come la stessa legge naturale e ogni conoscenza pratica, anche il giudizio della coscienza ha carattere imperativo: l’uomo deve agire in conformità ad esso. Se l’uomo agisce contro tale giudizio, oppure, anche in mancanza di certezza circa la correttezza e la bontà di un determinato atto, lo compie, egli è condannato dalla sua stessa coscienza, norma prossima della moralità personale.”

In questa stessa linea leggiamo in un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede: “Ora, dal punto di vista morale, questo è certo: anche se ci fosse un dubbio concernente il fatto che il frutto del concepimento sia già una persona umana, è oggettivamente un grave peccato osare di assumere il rischio di un omicidio.” [108].

È necessario adoperarsi perché la pienezza della Luce di Cristo entri nella nostra coscienza sicché essa sia corretta dai suoi errori, sia cancellata l’ignoranza in noi e possiamo agire sempre mossi dalla Verità, avvertendo il male che stiamo per compiere così da evitarlo.

Spiega il s. Dottore Angelico, il Signore ha purificato la nostra coscienza con il suo Sangue (Super Heb., cap. 9 l.3)  Accogliendo il dono di Dio in Cristo la nostra  coscienza è illuminata dalla salvezza portata da Cristo, è una coscienza morale cristiana, cioè una coscienza rettificata sotto la guida dello Spirito Santo; s. Tommaso dice a riguardo: ” Testis infallibilis sanctorum est eorum conscientia, unde (Apostolus n.d.r.) subdit “testimonium mihi perhibente conscientia mea” II Cor.1,12 “Gloria nostra haec est, testimonium conscientiae nostrae”. Et quia interdum  conscientia errat nisi per Spiritum Sanctum rectificetur, subdit “in Spiritu Sancto”. Supra 8,16 “Ipse Spiritus testimonium reddit spiritui nostro.” ( In Rom. c.9 lec.1.)

Cioè: la testimonianza infallibile dei santi è la loro coscienza, donde l’Apostolo Paolo aggiunge: “La mia coscienza mi è testimone” (2 Cor 1,12) e ancora lo stesso Apostolo afferma: “Questa è la nostra gloria, la testimonianza della nostra coscienza”. E poiché la coscienza a volte sbaglia se non è corretta dallo Spirito Santo, aggiunge “nello Spirito Santo” laddove afferma “Lo Spirito stesso rende testimonianza al nostro spirito” (Rom. 8,16).

La coscienza dei santi è un testimone rettificato, attraverso la grazia, dallo Spirito Santo che è Dio; è, quindi, un testimone pienamente affidabile perché guidato e regolato da Dio: Prima Regola, Legge eterna ( S.Th.II-IIae q.23 a. 3 in c. e a.6 in c.).

Attraverso la fede e la grazia, Dio Verità rettifica la coscienza morale del fedele, facendola partecipare alla sapienza di Cristo, come confermato da s. Tommaso in questo testo che segue: “…“nos autem”, scilicet spirituales viri, “sensum Christi habemus” idest recipimus in nobis sapientiam Christi ad iudicandum.”.( In 1Cor. c.2 lec.3.). Noi , cioè gli uomini spirituali abbiamo il pensiero di Cristo cioè abbiamo ricevuto la sapienza di Cristo per giudicare. In Cristo possiamo accogliere il dono della coscienza morale soprannaturale che in quanto illuminata dallo Spirito Santo cancella la nostra ignoranza e ci permette di emettere giudizi veri e santi e quindi di avvertire il male che stiamo per fare, così da evitarlo. Una coscienza ben formata, illuminata da Cristo attraverso la fede e la grazia, è veramente retta e veritiera, essa formula i suoi giudizi seguendo, in Cristo, la fede, in conformità al vero bene voluto dalla sapienza del Creatore.

Perché la coscienza sia retta e veritiera è necessario educarla, appunto nella fede e nella grazia; l’educazione della coscienza, nella fede e nella grazia, è indispensabile per esseri umani esposti a influenze negative e tentati dal peccato a preferire il loro proprio giudizio e a rifiutare gli insegnamenti certi. ( Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1783)

Perché si possa realizzare questa formazione della coscienza nella fede e nella grazia è importante che la persona legga e mediti la S. Scrittura, specialmente la Passione del Signore[109], viva nell’attuazione della Parola meditata e quindi preghi intensamente, faccia penitenza, compia opere di misericordia e sviluppi una seria vita sacramentale; attraverso questi canali, infatti, in modo particolare lo Spirito Santo può prendere possesso completo e può illuminare pienamente la mente dell’uomo.

 

 

c,2,2) Precisazioni riguardo alle persone scrupolose.

 

 

Importante è offrire qui alcune precisazioni anche riguardo alla condizione dei soggetti scrupolosi sulla base delle affermazioni di s. Alfonso e di qualche altro autore importante.

Lo scrupolo è  un vano timore di peccare, nato da false apprensioni, che non han fondamento di ragione, lo scrupolo fa “vedere” il peccato laddove esso non c’è.

Dice appunto s. Alfonso parlando in particolare delle monache ma più generalmente di tutti i fedeli: “Lo scrupolo non è che un vano timore di peccare, nato da false apprensioni, che non han fondamento di ragione.

Or questi scrupoli per altro sogliono esser giovevoli in principio della conversione …

All’incontro gli scrupoli son dannosi a quelle persone che attendono alla perfezione, e da molto tempo si son date a Dio. …

Bisogna non però distinguere le coscienze scrupolose. …

I segni dell’anima scrupolosa son questi: per 1. temere nelle sue confessioni di non aver mai vero dolore e proposito: per 2. temer di peccare in ogni cosa, per motivi frivoli e insussistenti, come, per esempio, chi teme di far sempre giudizi temerari o d’acconsentire ad ogni mal pensiero che s’affaccia alla mente: per 3. essere incostante ne’ suoi dubbi, ora stimando lecita un’azione, ora illecita, con gran timori ed angustie: per 4. non acquietarsi al parere del confessore, e cose simili.

Del resto il decidere se una persona sia scrupolosa o no, spetta a’ confessori, non a’ penitenti … 4. Per l’anime che camminano alla perfezione, ordinariamente il demonio è quello che le riempie di scrupoli e d’angustie, acciocché finalmente per liberarsene o lascino la buona vita o si abbandonino alla disperazione e si diano volontariamente la morte.  …

I Maestri di spirito danno molti rimedi contra gli scrupoli, ma tutti poi comunemente, così i Teologi come gli Ascetici, concludono che il principale, anzi l’unico rimedio è che il penitente si metta in mano del suo padre spirituale e gli ubbidisca alla cieca, diffidando affatto del giudizio proprio.

  1. Ma veniamo alla pratica. –

Ordinariamente parlando, due sono i capi degli scrupoli, da cui per lo più son tormentati gli scrupolosi. Un capo è in quanto al passato, che non si sieno confessati bene.

L’altro capo è in quanto al presente, ch’essi facciano peccato in ogni cosa, nella quale operano con timore.

In quanto al primo capo del passato, le monache scrupolose non vorrebbero far altro che fare e ripetere sempre confessioni generali, sperando così di quietare le loro angustie; ma che fanno? sempre fan peggio, perché sempre di nuovo si svegliano altre apprensioni e scrupoli di aver lasciati peccati o di non essersi abbastanza spiegate; onde quante più confessioni moltiplicano, tanto più raddoppiano le loro inquietitudini….

Ma chi già una volta s’ha fatta la confessione generale, non serve che se la faccia più; e se mai le sovviene poi alcun dubbio, ordinariamente parlando, e precisamente se la penitente non si ricorda di aver mai lasciato alcun peccato a posta nelle sue confessioni, non è obbligata a confessarsi più di alcuna cosa, se non sa certo che quella per lei è stata colpa grave; e di più se non sta certa che non mai l’ha nominata al confessore.

… 3. Ciò in quanto alla confessione generale; in quanto poi alle confessioni ordinarie, parlando per le religiose che attendono alla perfezione e si comunicano spesso, non è necessario che si confessino ogni volta che prendono la comunione; basta che ricevano l’assoluzione una volta o due volte la settimana, e quando commettessero qualche colpa veniale avvertita. …

Parlando poi del secondo capo di coloro che in ogni cosa fanno scrupolo di peccare o pure temono di acconsentire ad ogni mal pensiero che loro sorge in mente, bisogna intendere due cose.

La prima si è che altro è il senso, altro il consenso. Tutti i movimenti di senso, che naturalmente avvengono, non sono mai peccati, sempreché la volontà li ributta. Né dee la persona farvi scrupolo per avervi data causa, quando la causa si è posta per buon fine di utilità spirituale o temporale.

La seconda cosa che dee intendersi è che a commettere il peccato mortale si richiede così la piena avvertenza della mente, come il pieno consenso della volontà: l’una o l’altro che manchi, non v’è colpa grave. Ed in dubbio, come già si disse nel § antecedente al n. 13 in fine, le persone timorate di Dio, e specialmente poi le scrupolose, debbono star certe di non aver peccato gravemente, sempreché non possono certamente affermarlo. …

Due sono dunque i privilegi circa l’operare dell’anima scrupolosa, che le vengono accordati comunemente da’ Dottori, S. Antonino, Navarro, Suarez e da molti altri

Il primo ch’ella non pecca operando col timore dello scrupolo, sempre che opera secondo l’ubbidienza. … basta che operi in virtù del giudizio già prima fatto di non far conto di tali timori. – Né questo è operare col dubbio pratico …  Sicché quando la persona sta colla volontà ferma di non voler offendere Dio, ed opera secondo l’ubbidienza di superar lo scrupolo, ella non pecca, ancorché operi con timore ed ancorché attualmente non rifletta al precetto datole dal suo direttore.

Il secondo privilegio degli scrupolosi è che, dopo di aver operato, debbon tenere di non aver mai dato consenso ad alcuna tentazione, se non son certi d’aver pienamente avvertita e voluta la malizia del peccato. Ond’è che quando ne dubitano, lo stesso dubitarne dà segno certo che v’è mancato o il pieno conoscimento della malizia o il pieno consenso: perché se vi fossero stati l’uno e l’altro, essi non ne sarebber dubbiosi, ma certi del peccato. ”[110]

Aggiunge s. Alfonso sempre su questo argomento dello scrupolo: “ Per 5. Alcuni altri poi temono di peccare in ogni azione che fanno: a costoro bisogna imporre, che operino liberamente e che vincano, anzi che sono tenuti a vincere lo scrupolo, sempreché non vedono evidentemente, che quell’azione è peccato. Così col p. Segneri insegnano i dottori. E non importa, che operino coll’attuale timore (senza depor lo scrupolo, il che è quasi impossibile sperare dagli scrupolosi); poiché tal timore non è vero dettame  di coscienza, o sia coscienza formata, come ben distingue Gersone, né vero dubbio pratico, né toglie il giudizio prima fatto, il quale (virtualmente persevera, benché allora non s’avverta per l’impeto del timore), cioè che, facendo qualunque azione che non conoscono certamente per male, essi non peccano; mentre allora non operano contra la coscienza, ma contro quel vano timore. Ingiunga dunque il confessore ad un tal penitente per ubbidienza, che disprezzi e vinca lo scrupolo, con fare liberamente ciò che lo scrupolo gl’impedisce; e di più gl’imponga che appresso affatto non se ne confessi”.[111]

Quindi gli scrupolosi che temono di peccare in ogni azione, che fanno, devono, sotto l’obbedienza del Confessore, agire liberamente sempreché non vedano evidentemente che quell’azione è peccato.

Sulla linea di s. Alfonso il famoso testo di J. Aertnys e C. A. Damen afferma che la coscienza scrupolosa è quella per cui un soggetto sulla base di lievi motivi giudica che un’azione sia cattiva e spiega che le regole da osservare riguardo agli scrupoli sono anzitutto 2:

1) opporsi allo scrupolo;

2) sottomettersi in profonda obbedienza al padre spirituale o al Confessore. [112]

Segni di coscienza scrupolosa, secondo J. Aertnys e C. A. Damen sono:

1) pertinacia di giudizio;

2) frequente cambiamento di giudizio circa le azioni in base a ragioni futili;

3) frequente perturbazione di mente nell’agire;

4) fermarsi su circostanze piccole riguardanti l’azione;

5) timore di peccare in tutto ed esitazione nell’agire;

6) nella Confessione il soggetto si sofferma su cose molto piccole o insane;

7) mancanza di sottomissione al giudizio del Confessore;

8) preghiera ansiosa ripetendo le preghiere già fatte ritenendo di non averle dette.

Cause degli scrupoli sono:

1) interne: naturali o viziose;

2) esterne. [113]

Gli scrupoli portano grossi danni, spiega il testo appena indicato, possono infatti produrre agitazione, stanchezza, pazzia e anche la morte per suicidio.

Mezzi per vincere gli scrupoli:

1) obbedienza al Confessore o padre spirituale;

2) preghiera per guarire dagli scrupoli,

3) fuga dall’ozio;

4) allontanare subito dalla mente lo scrupolo appena si presenta;

5) deporre subito il dubbio causato dallo scrupolo;

6) evellere lo scrupolo dalle radici. [114]

In questo stesso testo si ribadisce la regola alfonsiana per cui: gli scrupolosi che temono di peccare in ogni azione che fanno devono, sotto l’obbedienza del Confessore, agire liberamente sempreché non vedono evidentemente, che quell’azione è peccato. Spiega infatti il libro di J. Aertnys, C. A. Damen che chi procede in buona fede con l’animo di servire Dio se applica a ciò una diligenza mediocre praticamente non sbaglia; nelle cose morali, infatti, non va ricercata la certezza assoluta; il dubbio che negli altri è razionale nello scrupoloso va stimato come un nulla. [115]

Dio ci illumini sempre meglio.

 

 

c,3) Deliberato consenso.

 

 

Già vedemmo come nei testi di s. Tommaso appare evidente che il peccato grave implica un’azione che “perfecte pertingit ad rationem actus moralis” cioè un’azione che raggiunge perfettamente le caratteristiche dell’atto morale, perché ciò si realizzi occorre che l’atto sia posto con la deliberazione della ragione, non è peccato grave un atto non deliberato ma compiuto senza piena volontà (subitus) (Iª-IIae q. 88 a. 6 co.).

In particolare, quest’azione che raggiunge perfettamente le caratteristiche dell’atto morale e questa deliberazione della ragione implicano per il soggetto agente, secondo s. Tommaso, una certa avvertenza del male che si sta per compiere e un certo consenso a tale male avvertito[116].

Più generalmente s. Tommaso parla ampiamente del consenso nelle sue opere e in particolare in I-II q. 15; già nel I articolo di tale questione egli precisa che “consentire è atto della facoltà appetitiva” cioè della volontà; il consenso è l’applicazione del moto appetitivo alla determinazione del consiglio e riguarda quelle cose che sono in ordine al fine (I-II q. 15 a. 3)

In ordine a ciò che si deve fare occorre:

1) anzitutto l’apprensione del fine;

2) poi il desiderio del fine,

3) quindi il consiglio circa le cose che sono necessarie per giungere al fine;

4) quindi il desiderio o appetito di ciò che è necessario per giungere al fine.

Il consenso è appunto l’applicazione del desiderio o appetito a ciò che il consiglio ha stabilito come necessario per giungere al fine.

Occorre precisare bene che:

a) riguardo all’appetito circa il fine, l’appetito o desiderio tende naturalmente al fine ultimo, l’applicazione del moto appetitivo al fine appreso non è un consenso ma una semplice volontà;

b) il consiglio presuppone l’appetito del fine e si applica a tale moto precisando le cose che sono necessarie per giungere al fine;

c) l’appetito o desiderio circa le cose ordinate al fine presuppone la determinazione del consiglio;

d) il consenso è appunto l’applicazione del moto appetitivo alla determinazione del consiglio, perciò poiché il consiglio è di quelle cose che sono in ordine al fine, il consenso, propriamente parlando, è di quelle cose che sono in ordine al fine (I-II q. 15 a. 3).

Il consenso, quindi, è l’applicazione del desiderio o appetito a ciò che il consiglio ha stabilito come necessario per giungere al fine.

S. Alfonso, nella linea di s. Tommaso, afferma: “È certo poi da quel che si è detto di sovra al num. 2., che il peccato per esser imputabile dev’esser volontario, e per esser volontario il peccato mortale, dev’essere pienamente acconsentito … Per 2. acciocché il peccato sia mortale, si richiede il pieno consenso della volontà, come insegnano comunemente tutti i dd. cattolici, Contensone, Tournely, Genetto, Wigandt, Gotti, Concina, Sanchez, Salmatic., Cardenas, ecc. La ragione è, perché al peccato consumato vi bisogna il perfetto volontario, ch’è il pieno consenso(Lib. 5. n. 5.). Può bensì la volontà acconsentire alla colpa grave col consenso indiretto, cioè quando vuole la causa prevedendo già l’effetto, come di sovra poco fa si è detto; ma ciò s’intende quando v’è obbligo d’impedire l’effetto, poiché se in qualche caso non v’è tal obbligo, ben sarà scusata la persona (mettendo la causa) dalla malizia dell’effetto, allorché positivamente non lo vuole, benché lo preveda(Ibid. v. Praenot. II.).

Si noti per I. che dopo l’avvertenza dell’intelletto in tre modi può la volontà portarsi circa l’oggetto peccaminoso a lei proposto: 1. positivamente consentendo in quello: 2. positivamente resistendo: 3. non consentendo, né resistendo, ma negative se habendo. Quindi si questiona, se pecca gravemente chi negative se habet, e non resiste positivamente a’ moti dell’appetito sensitivo circa un oggetto gravemente malo. Generalmente parlando, secondo la sentenza più vera di Gersone, Sanchez, Castropal., e de’ Salmatic. con s. Tommaso ed altri, costui pecca bensì leggermente, ma non mortalmente; poiché il pericolo del consenso che vi può essere non resistendo, non è prossimo, ma solamente rimoto(N. 6.).

Ma altrimenti corre nelle dilettazioni carnali, a cui siamo (secondo la sentenza comune de’ dd.) obbligati sotto colpa grave a resistere positivamente; perché queste, quando son veementi, facilmente posson tirarsi il consenso della volontà, s’ella positivamente non vi resiste(N. 7.).”[117]

La stessa dottrina s. Alfonso presenta nella Theologia Moralis[118]: per il peccato mortale occorre il consenso perfetto.

Il Catechismo di s. Pio X afferma, in questa linea, al n. 954 “D. Oltre la gravità della materia che cosa si richiede per costituire un peccato mortale? Oltre la gravità della materia per costituire un peccato mortale si richiede la piena avvertenza di tale gravità e la deliberata volontà di commettere il peccato.”

Il Catechismo della Chiesa Cattolica, sulla linea del Catechismo di s. Pio X,  al n. 1859  precisa che per aversi un vero peccato grave: il soggetto deve avere sufficiente libertà di consenso; la volontarietà dell’atto è accresciuta dall’ignoranza simulata e dalla durezza del cuore.

L’Esortazione Reconciliatio et Paenitentia, vista poco più sopra, al n. 17 precisa che “ … è peccato mortale quello che ha per oggetto una materia grave e che, inoltre, viene commesso con piena consapevolezza e deliberato consenso.”

La stessa Esortazione allo stesso numero aggiunge: “… l’uomo sa pure, per dolorosa esperienza, che con atto consapevole e libero della sua volontà può fare un’inversione di marcia, camminare nel senso opposto al volere di Dio e così allontanarsi da lui («aversio a Deo»), rifiutando la comunione di amore con lui, staccandosi dal principio di vita che è lui, e scegliendo, dunque, la morte. Con tutta la tradizione della Chiesa noi chiamiamo peccato mortale questo atto, per il quale un uomo, con libertà e consapevolezza, rifiuta Dio, la sua legge, l’alleanza di amore che Dio gli propone, preferendo volgersi a se stesso, a qualche realtà creata e finita, a qualcosa di contrario al volere divino («conversio ad creaturam»).”

La libertà di cui parla questo testo è il deliberato consenso che troviamo in altri testi, è la libertà di consenso di cui parla il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 1859.

I professori Colom e Rodriguez Luño affermano in questa linea: “Si intende qui per consenso l’elemento essenziale della volontarietà: il libero volgersi della volontà (approvazione, acquiescenza) verso il bene (reale o apparente) presentato dall’intelligenza.”(p. 215)

Il consenso è in chiara relazione con l’avvertenza ma ne è, in certo modo, indipendente: la volontà può scegliere tra diversi beni e può scegliere più o meno intensamente il bene conosciuto; dinanzi all’ avvertenza per cui un certo atto è peccato grave, la volontà può consentire o non consentire a compiere tale atto. Il consenso, secondo i professori Colom e Rodriguez Luño, riguarda sia l’orientamento al fine, sia la scelta dei mezzi in ordine al fine (p. 215).

Ricordo che: “Attraverso l’atto personale e libero del reciproco consenso viene fondata per diritto divino un’istituzione stabile, ordinata al bene dei coniugi e della prole, e non dipendente dall’arbitrio dell’uomo.”[119] … cioè attraverso il consenso libero viene costituito il matrimonio.

Dio ci illumini sempre meglio.

Distinzioni importanti riguardo al consenso.

Distinguiamo anzitutto in base al grado di consenso:

1) consenso perfetto, per cui la volontà aderisce pienamente all’atto, almeno nei suoi aspetti essenziali;

2) consenso imperfetto, per cui vi è adesione parziale della volontà all’atto: sia perché la volontà non aderisce pienamente all’oggetto, sia perché segue un’avvertenza semipiena. Avvertenza semipiena è quella per cui ci sono ostacoli che rendono difficoltosa, senza annullarla, la piena consapevolezza.

Poi è importante distinguere, in base al grado di attualità del consenso: il consenso attuale e il consenso virtuale; questa distinzione è analoga a quella che facemmo più sopra in base all’attualità dell’avvertenza.[120] Quindi il consenso attuale è consenso all’atto e alla sua moralità nel momento in cui il soggetto lo compie; consenso virtuale si ha quando precedentemente c’è stato un consenso attuale che ancora influisce sull’atto, però non è presente nel momento di agire. Il consenso può riferirsi anche agli effetti indiretti della volontà.

Passiamo ora ad esaminare i principi morali sul consenso.

1) Perché un atto sia da considerarsi volontario e imputabile moralmente è sufficiente il consenso imperfetto che segue ad un’avvertenza semipiena, oppure ad una piena avvertenza, però con acquiescenza incompleta della volontà, acquiescenza incompleta della volontà significa che la volontà non aderisce pienamente all’oggetto. Nel caso del consenso imperfetto infatti: ” … la volontà ha dominio sul proprio agire e pertanto, se c’è avvertenza e non esiste violenza, l’atto si deve considerare volontario e imputabile. Certamente il consenso imperfetto diminuisce la moralità positiva o negativa dell’atto.”[121]

Ricordiamo che si ha: a) avvertenza piena: quando il soggetto ha piena consapevolezza sia dell’atto che compie sia della moralità di tale atto; b) avvertenza parziale o semipiena: quando ci sono ostacoli che rendono difficoltosa, senza annullarla, la piena consapevolezza … c) inavvertenza: quando la consapevolezza è totalmente impedita dall’ostacolo (ibid. p. 212)

2) “Per il peccato mortale, che ha una malizia e delle conseguenze gravissime, occorre un consenso perfetto; esso, tuttavia … è compatibile con una certa riluttanza e con la volontarietà mista.”[122]

Ricordo che il consenso perfetto è quello in cui la volontà aderisce pienamente all’atto, almeno nei suoi aspetti essenziali. Come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 1860 “ … Il peccato commesso con malizia, per una scelta deliberata del male, è il più grave.” … e la malizia evidentemente si accresce se c’è premeditazione.

3) “La realtà della nostra natura libera implica che, con la normale avvertenza e se non esiste coazione esterna, si può dire che il consenso è perfetto quando l’atto si realizza esternamente.”[123]  Quando il soggetto ha avvertenza semipiena, il consenso si presume imperfetto, anche se l’atto è esterno[124]  Negli atti che rimangono interiori è più difficile stabilire la perfezione o meno del consenso, alcuni criteri sono utili per risolvere alcuni casi di dubbio.

Sono segni di consenso imperfetto quelli che seguono nel caso di dubbio circa il consenso dato:

1) se la persona è di coscienza delicata e abitualmente aborrisce il peccato;

2) se il soggetto sente il desiderio di fare del male e nondimeno si astiene dall’atto esteriore anche se potrebbe peccare facilmente;

3)  se il soggetto che sente la tentazione è subito preso da tristezza e angoscia.

Per il resto nella prassi, riguardo al consenso vale la stessa regola che si applica per l’avvertenza, nel dubbio si deve stare per ciò per cui sta la presunzione: l’uomo di coscienza timorata se è dubbio che abbia dato sufficiente consenso al peccato, si deve ritenere che non abbia consentito pienamente; l’uomo di coscienza lassa, nel dubbio che abbia dato sufficiente consenso al peccato, si deve ritenere che abbia consentito pienamente[125].

 

 

c,4) Il peccato mortale è il peccato grave e il peccato grave è il peccato mortale.

 

 

Nell’Esortazione Apostolica di s. Giovanni Paolo II Reconciliatio et Paenitentia al n. 17 si afferma: “Se poi si guarda alla materia del peccato, allora le idee di morte, di rottura radicale con Dio, sommo bene, di deviazione dalla strada che porta a Dio o di interruzione del cammino verso di lui (tutti modi di definire il peccato mortale) si congiungono con l’idea di gravità del contenuto oggettivo: perciò, il peccato grave si identifica praticamente, nella dottrina e nell’azione pastorale della Chiesa, col peccato mortale.”

Il peccato grave è, dunque, peccato mortale e il peccato mortale è peccato grave; il peccato grave non c’è senza materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso, perciò esso è un vero e proprio peccato mortale; se invece è commesso senza piena avvertenza e/o senza deliberato consenso un peccato avente materia grave, tale peccato è veniale; qui di seguito mostreremo con altri testi magisteriali o di importanti teologi che le cose stanno precisamente così.

Partiamo da un testo particolarmente illuminante su questo tema, è una catechesi di s. Giovanni Paolo II: “Di qui anche proviene la differenza tra peccato “grave” e peccato “veniale”. Se il peccato grave è contemporaneamente “mortale”, è perché causa la perdita della grazia santificante in colui che lo commette. … Ma come abbiamo detto, anche nel peccato attuale, quando si tratta di peccato grave (mortale), l’uomo sceglie se stesso contro Dio, sceglie la creazione contro il Creatore, respinge l’amore del Padre così come il figlio prodigo nella prima fase della sua folle avventura.”[126] Il peccato grave è dunque il peccato mortale.

Il peccato grave è tale perché è una violazione grave dell’ordine morale, è una violazione grave della Legge di Dio, ed è mortale perché toglie la grazia che è la vita divina dell’anima.

Qui sotto metto, con un mio breve commento, dei testi che traggo dal Catechismo della Chiesa Cattolica e che mostrano come non esiste un peccato mortale che non sia grave né un peccato grave che non sia mortale.

1) N. 1385 “Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione.” Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere la Riconciliazione appunto perché un tale peccato è mortale e l’anima ha perso, con esso, la vita della grazia! Il peccato grave esclude dalla Comunione sacramentale … perché è mortale e fa morire l’anima alla grazia santificante e rende gravemente illecita la Comunione.

2) N. 1446 “Cristo ha istituito il sacramento della Penitenza … in primo luogo per coloro che, dopo il Battesimo, sono caduti in peccato grave e hanno così perduto la grazia battesimale … ”

Si noti bene: coloro che, dopo il Battesimo, sono caduti in peccato grave hanno così perduto la grazia battesimale e inflitto una ferita alla comunione ecclesiale. Come si vede il peccato grave fa perdere la grazia e quindi è mortale … cioè fa morire l’anima alla grazia santificante!

3) N. 1470 “…  possiamo entrare nel Regno, dal quale il peccato grave esclude … Convertendosi a Cristo … il peccatore passa dalla morte alla vita “e non va incontro al giudizio” (Gv 5,24).”

Si noti bene: il peccato grave esclude dal Regno, cioè dalla vita eterna … quindi è mortale!

4) N. 1472 “Il peccato grave ci priva della comunione con Dio e perciò ci rende incapaci di conseguire la vita eterna, la cui privazione è chiamata la “pena eterna” del peccato. ”

Si noti bene : il peccato grave ci priva della comunione con Dio e perciò rende incapaci di conseguire la vita eterna … quindi è mortale!

5) N. 2390 “ … l’atto sessuale deve aver posto esclusivamente nel matrimonio; al di fuori di esso costituisce sempre un peccato grave ed esclude dalla Comunione sacramentale.”

Il peccato grave impedisce la Comunione sacramentale infatti è peccato mortale e fa perdere la vita della grazia; occorre confessarsi per ricevere la vita di grazia e quindi per fare una degna Comunione Eucaristica: l’ Eucaristia è Sacramento dei vivi e non dei morti!

La Congregazione per la Dottrina della Fede ha affermato: “È stato prospettato il quesito alla S. Congregazione per la Dottrina della Fede, se debba considerarsi tuttora obbligatoria la disciplina sancita dal Canone 856 C. J. C. relativamente alla assoluzione sacramentale da premettersi alla S. Comunione quando sia stato commesso peccato grave.

La risposta della Superiore Autorità è che rimane tassativa la disciplina prescritta dal menzionato canone, e che pertanto sono da respingersi, come aliene dal sensus Ecclesiae, tutte le altre interpretazioni.”[127]

Il peccato grave impedisce la Comunione sacramentale infatti è peccato mortale e fa perdere la vita della grazia; occorre confessarsi per ricevere la vita di grazia e per ricevere la s. Comunione: l’Eucaristia è Sacramento dei vivi e non dei morti alla grazia santificante!

La Commissione Teologica Internazionale affermò “ 8.2. La Chiesa crede che esiste uno stato di condanna definitiva per coloro che muoiono gravati di peccato grave. Si deve evitare assolutamente d’intendere lo stato di purificazione per l’incontro con Dio, in modo troppo simile a quello della condanna, come se la differenza tra i due consistesse solo nel fatto che l’uno sarebbe eterno e l’altro temporaneo; la purificazione dopo la morte è «del tutto diversa dal castigo dei condannati».”[128]

Si noti bene: la Chiesa crede che esiste uno stato di condanna definitiva per coloro che muoiono gravati di peccato grave … quindi il peccato grave è mortale!

Papa Pio XII disse “Che, nelle presenti circostanze, è stretto obbligo per quanti ne hanno il diritto, uomini e donne, di prender parte alle elezioni. Chi se ne astiene, specialmente per indolenza o per viltà, commette in sé un peccato grave, una colpa mortale.”[129]

Il peccato grave è colpa mortale … cioè peccato mortale.

S. Giovanni Paolo II affermò : “In questa linea giustamente il Catechismo della Chiesa Cattolica stabilisce: « Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla comunione ».(n. 1385; Codice di Diritto Canonico, can. 916; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 711.) Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell’apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell’Eucaristia, « si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale ».[130] 37. … Nei casi però di un comportamento esterno gravemente, manifestamente e stabilmente contrario alla norma morale, la Chiesa, nella sua cura pastorale del buon ordine comunitario e per il rispetto del Sacramento, non può non sentirsi chiamata in causa. A questa situazione di manifesta indisposizione morale fa riferimento la norma del Codice di Diritto Canonico sulla non ammissione alla comunione eucaristica di quanti «ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto ».(Can. 915; cfr. Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 712.)”[131]

Il peccato grave è peccato mortale …

Ancora s. Giovanni Paolo II affermò:

“ È chiaro che non possono ricevere validamente l’assoluzione i penitenti che vivono in stato abituale di peccato grave e non intendono cambiare la loro situazione.”[132]

Non ricevono validamente l’assoluzione i penitenti che sono in peccato grave e non intendono cambiare la loro situazione perché sono privi della grazia santificante e vogliono restare in tale privazione … il peccato grave è peccato mortale!

Come è evidente in tutti questi testi il peccato grave è il peccato mortale e il peccato mortale è il peccato grave!

La sana teologia non presenta il peccato grave come diverso dal peccato mortale, in questa linea, come dissi nel I volume, sono errate alcune affermazioni del prof. Buttiglione[133]. Contrariamente a ciò che lui dice, il Magistero afferma: tutti i peccati gravi sono mortali, tutti i peccati mortali sono gravi; se la materia è grave ma manca piena avvertenza o deliberato consenso il peccato non è grave ma veniale.

In un interessante articolo padre Angelo Bellon op ribadisce sostanzialmente, con alcune interessanti precisazioni, ciò che ho detto io in questo paragrafo.[134]

Come spiegano alcuni importanti moralisti dei nostri giorni in realtà la denominazione “peccati mortali” è la più antica ma essa impedisce di capire che tra i peccati mortali esiste una graduazione; la denominazione “peccati gravi” permette di mettere in evidenza tale graduazione sicché possiamo parlare, tra i peccati gravi, di peccati meno gravi e più gravi. [135]

Sorga Dio che è Luce e ci liberi da ogni tenebra di errore.

 

 

c,5) Una particolare forma di peccato grave: il peccato contro lo Spirito Santo.

 

 

Nei Vangeli troviamo una particolare forma di peccato grave per cui è detto che non c’è remissione: la bestemmia contro lo Spirto Santo.

Nel Vangelo di Matteo leggiamo: “Perciò io vi dico: qualunque peccato e bestemmia verrà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non verrà perdonata.” (Matteo 12, 31)

Nei Vangeli di Marco e Luca troviamo affermazioni simili (Luca 12, 10; Marco 3,29)

Nella Dominum et Vivificantem s. Giovanni Paolo II tratta ampiamente di tale peccato-bestemmia contro lo Spirito Santo ai nn. 46 s; in sintesi il santo Pontefice afferma che tale peccato consiste nel rifiuto della conversione, chi rifiuta tale conversione rifiuta la remissione del peccato “… la bestemmia contro lo Spirito Santo è il peccato commesso dall’uomo, che rivendica un suo presunto «diritto» di perseverare nel male – in qualsiasi peccato – e rifiuta così la redenzione. …”

Spiega più precisamente s. Giovanni Paolo II: “Come intendere questa bestemmia? Risponde san Tommaso d’Aquino che si tratta di un peccato: «irremissibile secondo la sua natura, in quanto esclude quegli elementi, grazie ai quali avviene la remissione dei peccati». Secondo una tale esegesi la «bestemmia» non consiste propriamente nell’offendere con le parole lo Spirito Santo; consiste, invece, nel rifiuto di accettare la salvezza che Dio offre all’uomo mediante lo Spirito Santo, operante in virtù del sacrificio della Croce. Se l’uomo rifiuta quel «convincere quanto al peccato», che proviene dallo Spirito Santo ed ha carattere salvifico, egli insieme rifiuta la «venuta» del consolatore – quella «venuta» che si è attuata nel mistero pasquale, in unità con la potenza redentrice del sangue di Cristo: il sangue che «purifica la coscienza dalle opere morte». … Se Gesù dice che la bestemmia contro lo Spirito Santo non può essere rimessa né in questa vita né in quella futura, è perché questa «non-remissione» è legata, come a sua causa, alla «non penitenza», cioè al radicale rifiuto di convertirsi.” [136]

Il peccato contro lo Spirito Santo è dunque il rifiuto della Verità salvifica, è il rifiuto della conversione.

L’uomo con tale bestemmia non si lascia convincere dallo Spirito Santo quanto al male del peccato compiuto e non si impegna a liberarsi dal peccato e a riparare il male fatto.[137]

In questa linea s. Giovanni Paolo II mi pare precisi meglio il significato delle parole di Gesù e le caratteristiche della bestemmia contro lo Spirito Santo rispetto a ciò che, per esempio, affermava il Catechismo di s. Pio X.

Nel Catechismo di s. Pio X si dice riguardo a questi peccati: “964. Quanti sono i peccati contro lo  Spirito Santo?

I peccati contro lo Spirito Santo sono sei:

disperazione della salute;

presunzione di salvarsi senza merito;

impugnare la verità conosciuta;

invidia della altrui grazia;

ostinazione nei peccati;

impenitenza finale.

  1. Perché questi peccati si dicono in particolare contro lo Spirito Santo?

Questi peccati si dicono in particolare contro lo Spirito Santo, perché si commettono per pura malizia, la quale è contraria alla bontà, che si attribuisce allo Spirito Santo.”

Quindi la particolare gravità della bestemmia contro lo Spirito Santo è, qui, data dal fatto che essa riguarda peccati che sono commessi per pura malizia, mentre nella Dominum et Vivificantem è data dal fatto che essa implica chiusura allo Spirito Santo e alla salvezza, appunto perciò tale peccato è irremissibile.

Finché l’uomo permane in tale chiusura alla Verità salvifica e quindi alla conversione non c’è per lui salvezza, se invece l’uomo esce da tale chiusura la salvezza diventa di nuovo possibile.

Il fatto di essere caduto nella bestemmia contro lo Spirito Santo non significa essere già dannati, fino alla fine della vita la persona può aprirsi alla luce dello Spirito e alla necessità della conversione e quindi salvarsi.

Il Catechismo di Trento precisa che in realtà tutti i peccati possono essere rimessi “Questa potestà della Chiesa non è ristretta a certe specie di peccati e non si può ammettere o pensare delitto così enorme che la Chiesa non abbia potestà di rimetterlo, come non c’è uomo così infame e scellerato che, qualora si penta davvero dei suoi misfatti, non debba avere speranza certa di perdono. E nemmeno tale potestà è circoscritta a un dato tempo. A qualunque ora il peccatore vorrà tornare alla salvezza, non dovrà essere respinto, come ha insegnato il nostro Salvatore quando rispose al principe degli Apostoli, che lo interrogava su quante volte (sette forse?) si dovesse perdonare ai peccatori: “Non sette, ma settanta volte sette” (Mt 18,22).”[138]

Ma tale remissione si attua se l’uomo si pente dei suoi peccati … finché l’uomo resta chiuso al pentimento e quindi resta nella bestemmia contro lo Spirito Santo, tale remissione non si attua, nel momento in cui l’anima si apre al pentimento tale remissione può di nuovo attuarsi.

Di questi peccati contro lo Spirito Santo parla, nello stesso senso della Dominum et Vivificantem, anche il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 1864 e conclude: “Un tale indurimento può portare alla impenitenza finale e alla rovina eterna.”

Perseverare nella bestemmia contro lo Spirito Santo conduce alla dannazione eterna.

La misericordia di Dio è infinita ma non forza l’uomo; perciò, chi deliberatamente rifiuta di accoglierla attraverso la conversione e il pentimento, respinge, implicitamente o esplicitamente, il perdono dei propri peccati e la salvezza offerta da Dio e se permane in tale stato si danna irreparabilmente; da ciò capiamo anche quanto sia importante che i Pastori, guidati dallo Spirito Santo, aiutino i peccatori ad aprire il loro cuore alla luce di Dio e quindi al pentimento vero e al cambiamento di vita.

Gli errori di Papa Francesco per cui l’assoluzione sacramentale e poi la Comunione eucaristica vengono date a persone che non sono pentite per i loro peccati e che non si propongono di vivere secondo la Legge divina o addirittura vengono date a notori peccatori, aiutano le anime immerse nel peccato grave a compiere peccati contro lo Spirito Santo, cioè a non pentirsi, a rimanere in tale peccato e a camminare verso la dannazione eterna.

Dio ci illumini sempre meglio.

 

 

c,6) Peccati apparentemente mortali che sono in realtà veniali.

 

 

Nel Catechismo si afferma anche che il peccato veniale è un peccato lieve, cui manca almeno uno dei tre elementi necessari per il compimento del peccato mortale (materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso) (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1862) tuttavia occorre fare importanti considerazioni a questo riguardo per precisare bene la dottrina cattolica su questo punto.

Anzitutto occorre notare che a volte, come dice s. Tommaso ciò che è per genere mortale può divenire veniale: “Similiter etiam ex parte agentis contingit quod aliquod peccatum quod ex suo genere est mortale, fit veniale, propter hoc scilicet quod actus est imperfectus, idest non deliberatus ratione, quae est principium proprium mali actus, sicut supra dictum est de subitis motibus infidelitatis.”

Capita che ciò che nel suo genere è peccato mortale, divenga veniale per il fatto che l’atto è imperfetto, cioè non deliberato dalla ragione, che è il principio proprio dell’atto malvagio; questo accade, p. es., in certi moti improvvisi contro la fede.

Aggiunge il s. Dottore Angelico “Potest tamen id quod est ex genere mortale, esse veniale propter imperfectionem actus, quia non perfecte pertingit ad rationem actus moralis, cum non sit deliberatus sed subitus, ut ex dictis patet. Et hoc fit per subtractionem quandam, scilicet deliberatae rationis. Et quia a ratione deliberata habet speciem moralis actus, inde est quod per talem subtractionem solvitur species..” (I-II q. 88 a. 6)

Ciò che è per genere (peccato) mortale può essere veniale a causa dell’imperfezione dell’atto, perché non raggiunge perfettamente la natura di atto morale, non essendo deliberato, ma improvviso, cioè in certo modo subìto e non scelto; questo avviene appunto mediante una certa sottrazione della deliberazione della ragione; poiché dalla deliberazione della ragione l’atto riceve la sua specie morale, la sottrazione di essa distrugge la specie dell’atto sicché il peccato è in questo caso veniale.

Spiega s. Alfonso in questa linea “Si domanda per 1. in quanti modi il peccato di genere suo mortale può farsi veniale. Per lo peccato mortale si ricercano tre cose, la gravità della materia, la piena avvertenza della mente, e ‘l perfetto consenso della volontà; e per tre capi può il mortale divenir veniale. E I. in quanto alla materia, la sua gravità per altro dee considerarsi, non solo da sé, ma anche secondo le circostanze, secondo il tutto, e secondo il fine intento. Che perciò non si dà parvità di materia, dove la parvità non diminuisce l’offesa, come avviene nell’infedeltà, simonia, spergiuro, vizio turpe, ecc. Inoltre qui si avverta, che le materie parve replicate allora compongono materia grave, quando per se stesse, o almeno moralmente si uniscono tra di loro: come sono i piccioli furti, le picciole omissioni nell’officio o comestioni nel digiuno, fatte nello stesso giorno. II. In quanto all’avvertenza, può essere scusato dal mortale chi non è perfettamente svegliato dal sonno, o sta mezzo distratto, o patisce un’improvvisa e veementa turbazione, sì che non sappia bene ciò che fa, III. In quanto al consenso, si noti, che questo non dee supporsi perfetto al peccato mortale nelle persone spirituali di coscienza delicata, sempre che elle non ne sian certe.”[139]

Spiega Merkelbach:

“a) Si sit mortale ex genere toto, tantum fit veniale ex dispositione agentis quae aliquid ab actu subtrahit : 1) ex conscientia erronea quae sine negligentia gravi iudicat esse veniale quod est mortale ; 2) ex imperfecta deliberatione; et 3) ex imperfecto consensu.

b) Si sit mortale ex genere suo, fit veniale ex tribus modis praedictis, et insuper 4) ex levitate materiae seu ex parte obiecti,v. g. furtum.” [140]

Quindi:

A) se il peccato è mortale per tutto il genere ( sottolineo: per tutto il genere), cioè non ammette parvità di materia, può diventare veniale per qualcosa che attiene l’agente e che rende il peccato privo di ciò che occorre per il peccato mortale e ciò accade se :

1) la coscienza erronea, senza negligenza, ritiene che un atto sia peccato veniale ciò che è peccato mortale;

2) manca la perfetta deliberazione dell’atto;

3) manca il perfetto consenso;

esempio: gli atti impuri sono mortali per tutto il loro genere e non ammettono parvità di materia, possono essere veniali per i casi appena indicati:

1) la coscienza erronea, senza negligenza, ritiene che tali atti siano peccati veniali mentre sono peccati mortali;

2) manca la perfetta deliberazione dell’atto;

3) manca il perfetto consenso;

B) se invece il peccato è mortale per il genere suo (sottolineo: per genere suo) diventa veniale se:

1) la coscienza erronea, senza negligenza, ritiene che un atto sia peccato veniale ciò che è peccato mortale;

2) manca la perfetta deliberazione dell’atto;

3) manca il perfetto consenso;

4) la materia è piccola o per parte dell’oggetto;

esempio: il furto per il suo genere è peccato mortale ma diventa veniale se la materia è piccola.

 

c,7) Peccati apparentemente veniali che sono in realtà mortali.

 

Ciò che è di per sé peccato veniale può diventare mortale. S. Tommaso spiega: “Sed quia actus morales recipiunt rationem boni et mali non solum ex obiecto, sed etiam ex aliqua dispositione agentis, ut supra habitum est; contingit quandoque quod id quod est peccatum veniale ex genere ratione sui obiecti, fit mortale ex parte agentis, vel quia in eo constituit finem ultimum, vel quia ordinat ipsum ad aliquid quod est peccatum mortale ex genere, puta cum aliquis ordinat verbum otiosum ad adulterium committendum.”

S. Tommaso afferma che a volte può capitare che quanto è peccato veniale nel suo genere in ragione dell’oggetto, divenga mortale per parte dell’agente: o perché questi fa di esso il suo ultimo fine; o perché indirizza l’atto a qualche cosa che è peccato mortale, come chi indirizza una parola oziosa al fine di preparare un adulterio. [141]

Il Dottore Angelico ribadisce lo stesso concetto quando afferma che  “Et hoc quidem possibile est, inquantum constituitur in eo finis, vel inquantum refertur ad mortale peccatum sicut ad finem, ut dictum est.” Cioè quanto è peccato veniale nel suo genere, in ragione dell’oggetto, può divenire mortale per parte dell’agente: o perché questi fa di esso il suo fine; o perché indirizza l’atto a qualche peccato mortale come a fine.

Dice s. Alfonso M. de Liguori: “. Si domanda per 2. in quanti modi all’incontro il peccato veniale può farsi mortale. Si risponde in cinque modi. I. Per ragione di fine aggiunto, il quale in sé sia mortale, v. gr. se alcuno dice una parola immodesta leggiera, ma col fine di tirare il prossimo ad una colpa grave. II. Per ragione di fine ultimo, ed è quando taluno fa un’azione per sé non mortale, ma con tale attacco che abbia l’animo, prima che lasciar quella, di trasgredire un precetto grave: per esempio se alcuno in giorno di festa delibera di lasciar più presto la messa che ‘l giuoco. Basterà non pertanto allora, che si confessi solamente della mala volontà di lasciar la messa. III. Per ragione di disprezzo formale della legge o del legislatore, cioè, come insegna s. Tommaso, quando alcuno a posta trasgredisce la legge (anche umana) perch’è legge; o pure a posta disubbidisce al superiore perché non vuole a lui sottoporsi; ma se poi disubbidisce per passione, o perché la cosa è di poco momento, allora, dice il s. dottore, non peccat ex contemptu etiamsi peccatum iteret. Per ragion di scandalo a riguardo de’ pusilli, come si dirà al capo seguente al n. 28. V. Per ragion di pericolo prossimo di cadere in colpa grave2..” [142]

Quindi un peccato veniale può diventare peccato grave:

1) per ragione di fine aggiunto il quale sia mortale;

2) per ragione di fine ultimo;

3) per ragione di disprezzo formale della Legge o del legislatore;

4) per ragione di pericolo prossimo di cadere in colpa grave.

Merkelbach in questa linea precisa ancora meglio che : “Peccatum veniale secundum se fit mortale,

sive a) ex parte agentis ob circumstantiam seu dispositionem mortaliter malam, — sive b) ex parte actus ob circumstantiam quae speciem mutat et gravem malitiam specie distinctam addit ; — sive c) ex coalescentia, multiplicatione seu aggravatione materiae.”

Il peccato secondo sé veniale diventa mortale:

1) per parte dell’agente a causa di una circostanza o disposizione mortalmente malvagia;

2) per parte dell’atto a causa di una circostanza che cambia la specie del peccato e aggiunge una grave malizia distinta per specie;

3) per moltiplicazione, aggravamento o unificazione della materia.

In questa linea un peccato veniale può divenire mortale:

a) per la coscienza erronea che giudica mortale ciò che è veniale o dubita che sia mortale;

b) per ragione di fine ultimo quando il peccatore costituisce nel peccato il suo ultimo fine ed è disposto a peccare mortalmente per quel peccato veniale;

c) per ragione del fine aggiunto, ad es. quando una persona compia un piccolo furto per uccidere;

d) per disprezzo formale e perfetto del comando e di chi comanda, per cui l’uomo viola il precetto precisamente in quanto precetto o perché il superiore, appunto in quanto superiore, comanda, qualunque cosa egli comandi;

e) per ragione di grave scandalo come è il caso di chi prevede che una parola disonesta sia per un’altra persona occasione di grave scandalo;

f) per ragione di pericolo prossimo di cadere in peccato grave cui senza sufficiente cautela o necessità la persona si espone peccando;

g) per ragione di notevole danno che si prevede segua per il prossimo;

h) per ragione della materia che si moltiplica o unisce. [143]

 

 

c,8) Perché è necessario liberarsi dal peccato veniale pienamente volontario e deliberato.

 

 

Per evitare di cadere nel peccato grave è importante evitare anche i peccati veniali deliberati e pentirsi di essi, essi infatti ci dispongono a compiere peccati gravi (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1863)

Occorre dunque evitare il peccato veniale e in particolare quello pienamente deliberato e volontario.

S. Tommaso dedicò un intero articolo della Summa Theologiae allo studio del peccato veniale in quanto dispositivo al mortale, in esso il s. Dottore afferma che un peccato veniale può predisporre in due modi al mortale:

1) direttamente: col predisporre a un atto specificamente simile; i peccati veniali reiterati di uno stesso tipo accrescono la disposizione o l’abito a compiere certi atti peccaminosi e quindi a cadere anche in peccati gravi dello stesso tipo;

2) indirettamente: togliendo gli ostacoli al compimento del peccato mortale; infatti chi commette un peccato nel suo genere veniale trasgredisce un ordine, reiterando tale peccato la sua volontà si abitua a non sottostare all’ordine e quindi si dispone a non sottostare anche ad ordini più importanti come sono quelli che vietano i peccati gravi. (I-II q. 88 a. 3)

Molto interessante appare a questo riguardo la profonda riflessione sui tiepidi che fa s. Alfonso M. de’ Liguori, nei suoi: “Sermoni compendiati”[144].

Chi sono i tiepidi? Spiega s. Alfonso: “Quale dunque s’intende l’anima tepida? S’intende quella che spesso cade in peccati veniali pienamente volontarj e deliberati, in bugie deliberate, atti d’impazienza deliberati, imprecazioni deliberate e simili.”(p. 423)

L’anima tiepida è, dunque, quella che cade spesso in peccati veniali deliberati, cioè voluti.

Precisa il s. Dottore: “Voglio per tanto oggi farvi intendere il gran pericolo che reca all’anima la tepidezza; mentre per quella il Signore le nasconde la sua luce divina, e restringe le mani alle grazie ed agli aiuti, senza i quali se le renderà molto difficile il compire il viaggio della vita, e non precipitare in qualche dirupo, viene a dire, vivere senza cadere in qualche peccato mortale.”(p. 422)

La tiepidezza più precisamente chiude l’anima e non le fa meritare appunto le grazie che Dio vuole farle e così il soggetto si mette in serio pericolo di cadere in qualche peccato grave.

Spiega quindi s. Alfonso: “Dicea s. Teresa che ci fa più danno un peccato veniale, che tutti i demoni dell’inferno; onde esortava poi le sue monache: Figlie mie, da peccato avvertito, per piccolo che sia, Iddio vi liberi.”(p. 423) Aggiunge s. Alfonso: “Per … vedere il pericolo che porta seco lo stato della tepidezza  … bisogna intendere che l’abito fatto alle colpe leggiere conduce insensibilmente l’anima a rilassarsi nelle colpe gravi; per esempio, l’abito fatto in concepire piccoli odj conduce al rilassarsi in odj gravi … ”(p. 423)

Spiega ancora s. Alfonso: “Le infermità mortali per lo più non derivano da gravi disordini, ma da molti disordini leggieri continuati; e così parimente la caduta di molte anime in peccati gravi spesso proviene dai peccati veniali abituati; poiché questi rendono l’anima così debole, che sopravvenendo poi qualche forte tentazione, ella non ha forza di resistere e cade.”(p. 423)

La tiepidezza quindi indebolisce molto l’anima, ma essa ci priva anche degli aiuti divini speciali senza i quali cadiamo in colpe gravi come dice s. Alfonso: “Aggiungete: i peccati veniali volontarj ed abituali non solo ci tolgono la forza di resistere alle tentazioni, ma ancora ci privano degli aiuti divini speciali, senza dei quali noi cadremo in colpe gravi. Attenti, perché questo è un punto di gran peso. È certo da una parte che noi non abbiamo forze bastanti da resistere alle tentazioni del demonio, della carne e del mondo; Iddio è quello che impedisce a’ nostri nemici di assalirci con quelle tentazioni colle quali noi resteremmo vinti; perciò Gesù Cristo c’insegnò a pregare: Et ne nos inducas in tentationem; cioè che Dio ci liberi da quelle tentazioni, con cui noi perderemmo la sua grazia. Ora i peccati veniali, quando sono deliberati ed abituati, ci privano degli aiuti speciali di Dio, che ci sono necessarj a perseverare nella sua grazia. Dico necessarj, mentre il concilio di Trento condanna chi dice, poter noi perseverare in grazia senza un aiuto speciale di Dio …”(p. 424)

Ripeto: i peccati veniali, quando sono deliberati ed abituati, ci privano degli aiuti speciali di Dio, che ci sono necessari a perseverare nella sua grazia

Dice ancora il s. Dottore: “… col solo aiuto ordinario di Dio noi non possiamo conservarci senza cadere in qualche peccato grave, ma ci bisogna un aiuto speciale; or quest’aiuto speciale il Signore giustamente lo negherà a quelle anime trascurate che non fanno conto di commettere ad occhi aperti molti peccati veniali; e così le misere non persevereranno in grazia.”(p. 424) Precisa poi s. Alfonso: “Chi poco semina poco raccoglie. Il Signore gli darà il solo aiuto comune che dà a tutti; ma facilmente gli negherà l’aiuto speciale: e l’anima priva di questo, come si è detto, non potrà perseverare, senza cadere in qualche colpa grave.”(p. 424)

E ancora: “Onde dice s. Agostino che le colpe veniali abituate senza emenda sono come la scabbia; e siccome la scabbia rende schifoso il corpo, così quelle rendono l’anima schifosa a Dio, in modo che l’allontanano da’ suoi abbracciamenti… E quindi avverrà che l’anima non trovando più pabolo e consolazione ne’ suoi divoti esercizj, nell’orazione, nella comunione, nella visita al ss. sacramento, facilmente li tralascerà, e così trascurando i mezzi della sua eterna salute, facilmente si perderà.

Questo pericolo poi sarà maggiore in quelle persone che commettono molti peccati veniali per l’attacco che tengono a qualche passione, come di superbia o di ambizione, o di avversione a qualche persona, o di affetto disordinato verso di lei.”(p. 425)

Prosegue ulteriormente s. Alfonso: “Asserisce il Grisostomo di aver egli stesso conosciuto più persone che erano dotate di molta virtù, ma che poi per non aver fatto conto delle colpe leggiere, erano cadute in un abisso d’iniquità. Il demonio quando non può aver da principio da noi il molto, si accontenta del poco la volta, mentre con quei tanti pochi più facilmente acquisterà il molto.” (p. 425)

Il peccato veniale volontario e deliberato va dunque combattuto; ad esso bisogna opporsi radicalmente.

Dio ci liberi da ogni peccato, anche dal peccato veniale voluto e deliberato.

 

 

3) Approfondimenti teologici riguardo alla struttura dell’agire umano, alle fonti della moralità e in particolare alle circostanze dell’atto morale.

 

 

a) La struttura dell’agire umano; teologia dell’azione.

 

 

Nel libro “Camminare nella luce dell’amore. I fondamenti della morale cristiana”[145]  alle pagg. 519 ss gli autori (i famosi moralisti cattolici Livio Melina, José Noriega, Juan José Pérez-Soba) svolgono uno studio sull’agire umano soffermandosi in particolare sull’azione eccellente.

Il testo è di significativa importante perché appunto ci permette di conoscere a fondo la struttura dell’agire umano nella luce della teologia cattolica e in particolare di quella tomista e ci introduce anche ad una migliore comprensione dei meccanismi con cui l’uomo cede al peccato, come vedremo nel prossimo paragrafo.

L’azione umana, secondo tale testo, è un “processo complesso in cui si integrano varie dimensioni umane nei momenti essenziali che la configurano: l’affettività, l’intenzione e la scelta. Tra di esse si stabilisce una relazione dinamica in cui si uniscono la razionalità, le relazioni personali la grazia e la libertà. L’affetto stimola l’azione e dà inizio al movimento della libertà nell’accettazione di una presenza personale; la razionalità dell’azione comincia con l’intenzione, perchè essa ordina ciò che dipende da noi operare verso il fine desiderato. Solo nella scelta l’azione si determina nel concreto, cosa che richiede a volte un processo di deliberazione e un ordine di esecuzione.” (p. 519)

Mi permetto di precisare che s. Tommaso distingue in particolare due tipi di affetti: secondo ragione e secondo passione ( I q. 21 a.3, Iª-IIae q. 102 a. 6 ad 8).

L’uomo ha anche alcuni tipi di “appetiti” un appetito naturale, un appetito animale, un appetito sensitivo e un appetito intellettivo; l’appetito è ciò che fa tendere qualcosa verso un’altra realtà (I-II, q. 8 a. 1 co.).

L’uomo è dunque sottoposto a varie tendenze verso varie realtà e a vari affetti.

Il razionalismo del XVII secolo, spiegano gli autori, influenzato da varie correnti di pensiero ha perso di vista i dinamismi umani e non si è interessato al processo di formazione dell’atto umano e, guidato dalla psicologia empirica, lo “ha trasformato in un fatto oggettivo, in un costrutto meccanicista separato dall’agente”; la moralità dell’atto “deriverebbe da un giudizio che osservandolo da fuori è capace di descriverlo”. Questa visione appare povera e segnata da notevoli limiti, lo studio profondo dell’azione richiede una vera teologia dell’azione che fa conoscere anzitutto l’azione di Cristo e quindi quella dell’uomo in Cristo. Per un tale studio occorre considerare l’esperienza dell’azione nella sua totalità. (p. 520)  Gli autori suddetti , dopo aver esaminato vari tipi di interpretazioni riduttive dell’azione umana ( riduzione alla coscienza, riduzione al sentimento, riduzione alla scelta) passano a presentare la struttura generale dell’azione e per questo dopo aver trattato brevemente l’interpretazione tradizionale dell’azione secondo la dottrina tomista come si può trovare nei vari testi neotomisti passano a proporre una “interpretazione più completa” dell’azione nella linea tomista che superi il “parallelismo” delle facoltà e che è incentrata “sull’ intenzionalità dell’atto e sull’implicazione della persona nella ricerca della vita compiuta.” (p. 527)

Premetto a ciò che dirò qui di seguito che il discorso che questi autori realizzano circa l’affettività va precisato parlando dell’appetito, di cui ho trattato qualche rigo più sopra e di cui parla ampiamente s. Tommaso indicandolo come ciò che fa tendere qualcosa verso un’altra realtà(I-II, q. 8 a. 1 co.), l’affetto infatti è appunto una inclinazione verso una certa realtà e l’appetito è quindi alla radice dell’affettività.

L’appetito si basa sull’indigenza dell’uomo: appunto perché manca del bene di cui sente bisogno e che conosce, l’uomo desidera, appetisce e vuole; la volontà è appetito intellettivo (I, q. 20 a. 1 ad 1). Esistono vari tipi di appetiti dell’uomo: l’appetito animale, quello sensitivo e quello intellettivo tendono al bene conosciuto e appunto seguono l’apprehensio, cioè la conoscenza del bene (I q. 79 a. 1) l’appetito naturale tende al bene esistente nelle cose e non segue la conoscenza (Iª-IIae q. 17 a. 8 co.).

“A partire dal doppio principio dell’unità dell’azione e della realizzazione personale che in essa si mette in gioco, l’analisi dell’atto deve essere centrata sulle dimensioni basilari in cui si manifestano in modo particolare alcuni dei suoi elementi irriducibili”; in questa linea occorre distinguere:

1) l’affettività nella quale si coglie la persona nella sua vulnerabilità e la sua apertura alla realtà in un momento precosciente, che motiva l’azione (p.528); l’affettività è alla base della libertà e la verità che precede quest’ultima ha una connotazione affettiva, l’affettività è causa di conoscenza e favorisce l’azione rispetto ad un oggetto concreto; l’affetto ha una causalità dispositiva rispetto all’attività della ragione; l’affetto spirituale è suscitato dalla grazia, la carità ha una dimensione affettiva e i doni dello Spirito Santo sono un “complemento affettivo a modo di istinto spirituale per il quale l’uomo è disposto ad essere mosso dallo Spirito Santo.”(p.532);

la dinamica affettiva ha vari livelli:

a) immutazione: è il cambiamento che si ha nell’agente dinanzi all’oggetto amato che appare attraente, l’affetto è immediato e si produce un vincolo dell’amato verso l’amante; la conoscenza che è alla base dell’immutazione è attraverso i sensi esterni (p. 532 ss);

b) conformazione: in questa fase l’agente passa ad una conoscenza affettiva che mette in evidenza come l’altro è capace di amare; la conoscenza che sostiene questo livello è quella dei sensi interni incentrati sull’immaginazione, in questo momento la connaturalità ha tutta la sua rilevanza: la conoscenza si approfondisce e si percepisce un’armonia con l’amato e con la sua condotta; in questa conoscenza hanno grande rilevanza lo stupore e la bellezza (p. 535ss); nella conformazione occorre distinguere:

b,1) la coaptazione: cioè la scoperta dell’armonia affettiva che l’amore attua tra gli amanti, l’amante e l’amato si assimilano tra loro (p. 535ss);

b,2) il compiacimento: accettazione e consenso dell’affetto che si sente da parte dell’amante; qui si ha la conoscenza più completa, in questa fase, nella contemplazione amorosa dell’amato (p. 535ss);

c) intenzione unitiva, l’amato diventa il fine dell’amante; qui si compiono atti a favore dell’amato (p. 535ss);

d) dono di sé: è necessario per raggiungere il fine di tutto il processo affettivo, cioè la comunione delle persone che si attua appunto attraverso la mutua donazione delle persone (p. 538s);

per una visione più chiara della realtà riguardo agli affetti occorre sottolineare quanto detto prima: l’uomo è sottoposto a varie tendenze verso varie realtà e a vari affetti, dinanzi ad essi l’uomo è chiamato a esaminare e a discernere per farsi guidare in tutto da Dio, cioè dall’ Amore santo, questo Amore ci precede, ci attira e ci guida a sé e quindi ci porta a fare anche i vari passaggi appena visti in ordine al raggiungimento di Dio stesso in Cielo, d’altra parte ci sono tendenze e affetti che deviano da questa attrazione e guida dell’ Amore e che sono molto attraenti, l’uomo deve combattere spiritualmente per non farsi trascinare da tali spinte che, come sappiamo bene, vengono, più generalmente, dal mondo, dalla carne e dal demonio (I q. 114 a.1);

2) l’intenzione: la volontà del fine si concretizza in una intenzione del fine e in particolare del Fine Ultimo; l’azione include in sé una intenzione attraverso cui raggiunge il fine, in questa fase e nella successiva l’ intelligenza e la volontà operano armonicamente e non successivamente in virtù dell’originalità dell’apprensione della ragione pratica[146]; l’intenzione è il moto della volontà che si indirizza verso il fine; il fine è raggiunto attraverso le cose che sono ordinate al raggiungimento di esso(I-II q.12, a. 4 ad 3), l’intenzione si distingue dalla scelta, la prima è il moto della volontà verso il fine ed ha per oggetto il fine, la seconda è la conclusione di un’intenzione, la precisazione dell’intenzione attraverso l’intervento del giudizio ed ha per oggetto i mezzi per giungere al fine ( I-II, q. 13 a.4, De Veritate q. 24 a.5); l’intenzione, secondo s. Tommaso, si rivolge non solo al fine ultimo ma a tutti i fini intesi con l’atto ( I-II, q. 12 a.2) essa rende l’atto razionale ( pp. 539ss).

3) la scelta: atto attraverso il quale si raggiunge il fine e in particolare il Fine Ultimo; l’uomo realizza la sua azione per unirsi al Fine Ultimo attraverso un atto con cui cerca il fine prossimo scegliendo un’azione concreta come bene operabile; l’elezione è elezione di ciò che è necessario per giungere al fine[147].

S. Tommaso tratta della scelta nella Somma Teologica e in altre opere e spiega: “in nomine electionis importatur aliquid pertinens ad rationem sive intellectum, et aliquid pertinens ad voluntatem, dicit enim philosophus, in VI Ethic., quod electio est appetitivus intellectus, vel appetitus intellectivus. … electio substantialiter non est actus rationis, sed voluntatis, perficitur enim electio in motu quodam animae ad bonum quod eligitur. Unde manifeste actus est appetitivae potentiae.” (I-II q. 13 a.1) Nel termine elezione ( scelta) c’è qualcosa pertinente alla ragione e qualcosa pertinente alla volontà perciò l’elezione è detta intelletto appetitivo o appetito intellettivo ma l’intenzione è sostanzialmente atto della volontà e non della ragione, quindi è atto della potenza appetitiva.

Aggiunge s. Tommaso: “… conclusio etiam syllogismi qui fit in operabilibus, ad rationem pertinet; et dicitur sententia vel iudicium, quam sequitur electio. Et ob hoc ipsa conclusio pertinere videtur ad electionem, tanquam ad consequens.” (I-II q. 13 a.1)   La conclusione di un sillogismo riguardo alle cose che si possono fare compete alla ragione ed è detta sentenza, o giudizio, l’elezione segue tale giudizio; per cui l’elezione è conseguenza di tale giudizio.

La scelta (elezione) ha per oggetto i mezzi per giungere al fine ( I-II, q. 13 a.4).

Scegliere qualcosa significa scegliere noi stessi, scegliere il bene significa scegliersi buoni, scegliere il male significa scegliersi malvagi, in questo modo attraverso le nostre scelte noi scegliamo chi vogliamo essere, siamo padri di noi stessi[148].

Nella specificazione della scelta l’intervento della ragione e il suo giudizio è essenziale; più precisamente occorre dire che nel processo che conduce a tale specificazione si susseguono diversi giudizi:

1) il giudizio di possibilità in ordine al portare a compimento l’intenzione;

2) il giudizio di specificazione con cui si precisano le varie possibilità in ordine al raggiungimento del fine;

3)il giudizio di moralità segue quello di specificazione perché appunto solo specificando l’atto è possibile configurarne la moralità;

4) il giudizio di scelta giunge dopo quello di moralità e giudica sulla scelta da fare sulla base delle possibilità ormai precisate e della moralità (p. 547 ss).

Il tema dell’azione umana e della sua struttura è sviluppato anche in altre opere di questi stessi autori, nel testo “Una luz para el obrar.” questi esperti sottolineano ulteriormente l’importanza dell’affettività nell’operare dell’ uomo e affermano che ogni atto elettivo implica un amore affettivo previo che lo configura intenzionalmente[149]. L’affetto diventa così una luce capace di dirigere il cammino alla comunione; è necessaria una presenza affettiva del fine nel soggetto che nasce come conseguenza di un incontro personale, questa presenza affettiva attua una prima unione e una chiamata ad una comunione più piena, ciò in cui si fissa l’intenzionalità è la comunione con la persona, la Veritatis Splendor afferma appunto che la libertà tende alla comunione (VS n.86) e questa comunione si proietta nei fini intermedi e così l’amore per il Fine Ultimo è capace di informare i fini intermedi per arrivare a fissare un fine prossimo; l’amore per il fine ultimo informa tutta l’intenzionalità della volontà umana. In questa linea s. Tommaso afferma (i-II q.8 a. 2) che gli atti della volontà attraverso cui si scelgono fini prossimi determinati non sono buoni né voluti per sé stessi ma in ordine al fine. L’azione umana è spiegabile solo sulla base dell’intenzionalità che la anima e questa è spiegabile sulla base dell’ordine che costruisce la prudenza sulla base dei beni che stanno in gioco, anzitutto il bene della persona, cercata in modo assoluto, e quindi i beni per la persona, cercati in modo relativo e nell’unione di entrambi sta il significato umano dell’azione. [150]

 

 

a,1) Importanti precisazioni circa la struttura dell’agire umano, la tentazione, il peccato e la nostra vittoria in Cristo.

 

 

Per una teologia dell’azione è importante ribadire e approfondire quanto già detto e cioè che l’uomo è sottoposto a varie tendenze verso varie realtà e a vari affetti, dinanzi ad essi l’uomo è chiamato a esaminare e a discernere e quindi a operare virtuosamente (II-II q. 161 a. 1 in c.) per farsi guidare in tutto da Dio, cioè dall’ Amore santo; questo Amore ci precede, ci attira e ci guida a sé e quindi ci porta a fare anche i vari passaggi appena visti in ordine a scelte giuste e quindi al raggiungimento di Dio stesso in Cielo.

Occorre precisare in particolare che ci sono tendenze e affetti che deviano da questa attrazione e guida dell’Amore e che sono molto attraenti e forti; l’uomo è sottoposto da una parte all’attrazione divina (S. Tommaso d’ Aquino In Ioannem c.6 l.5) da un’altra parte all’attrazione delle tentazioni, delle cose dilettevoli (II-II q. 123 a.1)

L’uomo deve combattere spiritualmente per non farsi trascinare da tali spinte tentatrici che, come sappiamo bene, vengono, più generalmente, dal mondo, dalla carne e dal demonio (I q. 114 a.1)

La tentazione quindi può venire da satana, dal mondo e dalla carne spiega s. Tommaso “Sed tentatur homo a propria carne, a Diabolo, et a mundo.” (In orationem dominicam, a. 6,  Super Heb., c. 4 l.3.)

Gesù ha sperimentato tentazioni dal diavolo e dal mondo, non dalla carne cioè dal fomite; Cristo, dunque, fu tentato in due modi, dal demonio e dal mondo, sia con allettamenti attraverso cose favorevoli, sia con il terrore attraverso cose avverse. [151] Come fa notare Garrigou Lagrange[152], sulla scia di s. Tommaso, la vittoria di Cristo è triplice : sulla morte , sul peccato, sul diavolo: la vittoria sulla morte si è attuata nella Risurrezione, la vittoria sul peccato e più generalmente sui nemici spirituali che spingono al peccato si è attuata in tutta la sua vita. Come afferma il s. Dottore Angelico: Cristo ha voluto essere tentato come noi[153] ma Cristo, non avendo il peccato originale, non ebbe le tentazioni della carne; la sua Umanità era libera da ogni concupiscenza e da tutto quello che ad essa è collegato[154], contro di Lui, però, si abbattevano le tentazioni del diavolo e del mondo.

Spiega più a fondo s. Tommaso che l’uomo è tentato doppiamente dalla carne “ A carne dupliciter. Primo quia caro instigat ad malum: caro enim semper quaerit delectationes suas, scilicet carnales, in quibus est saepe peccatum. Qui enim immoratur delectationibus carnalibus, negligit spiritualia. Iac. I, 14: unusquisque vero tentatur a concupiscentia sua. Secundo tentat caro retrahendo a bono.” (In orationem dominicam, a. 6) La carne tenta doppiamente in quanto istiga al male attirando ai piaceri e allontana dal bene aggravando lo spirito e impedendolo nel suo cammino nella verità.

Occorre aggiungere, riguardo alla carne, che l’uomo nel cammino verso il Cielo “Viene impedito dalle passioni della parte sensitiva, e dagli affetti che lo trascinano ai beni sensibili e inferiori, e quanto più vi aderisce tanto più si allontana dall’ultimo fine”[155]

A questo riguardo occorre considerare che nell’uomo vi è la concupiscenza, come indica anche I-II q. 73 a. 6 ad 2, intesa come qualsiasi moto dell’appetito sensitivo o della volontà tendente verso il bene dilettevole per raggiungerlo[156], la concupiscenza è intesa come una passione[157] ed è frutto del peccato originale, come spiega s. Tommaso: il peccato e in particolare il peccato originale, ha determinato e determina nell’anima dell’uomo quattro “ferite” cioè ha disordinato l’anima umana su quattro aspetti:

1)la ragione è stata destituita dal suo ordine al vero e si è determinata nell’uomo l’ignoranza per cui la ragione è come inebetita soprattutto nell’agire;

2)la volontà è stata destituita dal suo ordine al bene e si è determinata nell’uomo la “ferita” della malizia, per cui la volontà stessa è indurita nella sua tensione verso il bene;

3)l’appetito irascibile è stato destituito dal suo ordine verso le cose ardue e si è determinata nell’uomo la ferita dell’infermità;

4)l’appetito concupiscibile è stato destituito dal suo ordine a ciò che è dilettevole secondo la moderazione dettata dalla ragione e si è determinata la “ferita” della concupiscenza. ( I-II q. 85 a.3)

Ogni ulteriore peccato personale determina in chi lo compie un aggravamento di queste quattro ferite. Nell’uomo c’è dunque un profondo disordine appunto a causa del peccato originale e poi di quello personale e tale disordine lo porta ad avere una vera sete per i godimenti e un vero terrore per la sofferenza[158] il Battesimo attenua queste “spinte” ma non le cancella sicché l’uomo deve combattere contro questi affetti sregolati.

Su queste miserie umane fanno leva il diavolo e il mondo con le loro tentazioni.

Il mondo, in particolare, spiega ancora s. Tommaso tenta l’uomo in due modi:

1) suscitando in noi un desiderio eccessivo e disordinato di cose materiali;

2) attraverso i tiranni, atterrendoci. (“In orationem dominicam”, a. 6)

Il diavolo ci tenta in modo duplice:

1) ci porta poco a poco al peccato;

2) quando abbiamo peccato, opera per non farci risorgere da esso. (S. Tommaso d’ Aquino “In orationem dominicam”, a. 6)

Noi siamo sottoposti a tre tentazioni, come dice s. Tommaso ( Super Heb., c. 4 l.3) e in Cristo possiamo trionfare su tutti i nemici spirituali; la vita spirituale e la vita morale è un combattimento contro queste potenze tentatrici per lasciarsi guidare in tutto da Dio. Dio ci aiuta a combattere e vincere le tentazioni ma noi dobbiamo far la nostra parte e collaborare con Lui. S. Tommaso afferma appunto: “[…]vita nostra[…]est quaedam militiam”[159]. La nostra vita è un combattimento per vincere sulle tentazioni che suscitano in noi affetti sregolati e ci spingono fuori strada e per vivere sotto la guida di Dio.

In questa guerra spirituale la nostra vittoria è solo in Cristo.

Di fronte a queste potenze di straordinaria forza come i diavoli, il mondo e la carne possiamo vincere solo se ci uniamo a Cristo attraverso la fede e la grazia.

L’agire veramente e pienamente eccellente possiamo realizzarlo solo in Cristo.

La grazia di Cristo ci divinizza e ci rende capaci di ciò che alle nostre sole forze umane è impossibile: trionfare su tutte le tentazioni dei nostri nemici spirituali, attuare in pienezza la volontà di Dio, manifestare in noi pienamente lo splendore della Verità.

 

 

4) Approfondimenti teologici sulle fonti della moralità e in particolare sulle circostanze.

 

 

Spiega il Catechismo della Chiesa Cattolica ai nn. 1750 ss., parlando degli elementi costitutivi della moralità degli atti umani cioè delle “fonti” che: “La moralità degli atti umani dipende:

— dall’oggetto scelto;

— dal fine che ci si prefigge o dall’intenzione;

— dalle circostanze dell’azione.”

Oggetto, fine e circostanze sono appunto le “fonti” della moralità.

Merkelbach precisa che le “fonti” della moralità sono: “elementa actus humani ex quibus immediate

fit ut sit conformis regulae et bonus, vel ab ipsa  difformis et malus, et quidem magis vel minus.”[160].

Cioè sono elementi dell’atto umano per i quali immediatamente esso è conforme alla regola morale e quindi buono o difforme dalla stessa regola e quindi cattivo, e per i quali è più o meno conforme o difforme da tale regola.

 

 

a) L’oggetto dell’atto.

 

 

a,1) Note storiche sull’oggetto dell’atto morale

 

 

I famosi moralisti che vedemmo più sopra delineare la struttura dell’atto umano appunto in base a tale struttura parlano dell’oggetto dell’atto umano e affermano che la definizione di oggetto morale è stata tematizzata completamente solo nella teologia cattolica; essi presentano anche una storia della dottrina circa l’oggetto morale dell’atto umano partendo da s. Agostino e giungendo a s. Tommaso.[161]

Seguiamo il libro appena citato nella narrazione di tale storia.

S. Agostino insiste sulla necessità della carità perché si abbia un atto buono ma precisa che ci sono atti che sono sempre peccati; cioè il grande Dottore africano mette in evidenza in ambito morale il primato della carità ma anche l’oggettività della valutazione morale dell’atto (p. 551);

Abelardo (sec. XI-XII) sottolinea l’importanza delle intenzioni mentre considera indifferenti le azioni esteriori in quanto assolutamente dipendenti dalle intenzioni; la dottrina di Abelardo sul peccato fu condannata(p.552).

Pietro Lombardo (sec. XI-XII) accetta il primato dell’intenzione come dato tradizionale e precisa che le azioni sono buone o cattive per il fine che esse hanno ma alcune sono azioni malvagie per sé stesse; in questa linea distingue tre tipi di bontà dell’atto: la bontà ontologica dell’atto, la bontà intrinseca propria di alcuni atti, la bontà per il fine (p.552s).

Filippo il Cancelliere e s. Alberto Magno cercano di precisare meglio le affermazioni di Pietro Lombardo per quanto riguarda la bontà intrinseca degli atti (bontà in genere). (p.553)

S. Tommaso perfeziona le affermazioni di questi autori che lo hanno preceduto e determina precisamente l’oggetto dell’atto attraverso la formalità morale del fine: l’oggetto è la ragione formale dell’atto! Il fine intrinseco dell’atto va visto nella “concretezza della volontà rispetto ad un atto determinato.” S. Tommaso distingue un fine prossimo dell’azione e un fine ultimo; il significato di “prossimo” riferito al fine è vincolato all’atto in quanto ha un contenuto in sé benché il suo contenuto sia intenzionale, perciò l’azione concreta può avere una sua propria “verità” che deriva dalla “ragione” dell’atto. In questa linea s. Tommaso distingue nell’azione la buona intenzione e la buona volontà sicché si può avere una buona intenzione ma non buona volontà quando l’intenzione è orientata a un fine ultimo buono ma il fine prossimo dell’atto è malvagio. (p.553s)

Il nominalismo ha determinato la perdita dell’originalità della conoscenza morale e una progressiva confusione riguardo all’oggetto morale dell’atto, ciò ha condotto, nel corso dei secoli, in ultima analisi alle affermazioni di coloro i quali negano l’esistenza degli atti intrinsecamente cattivi. (p.554s)

 

 

a,2) Definizione di oggetto morale dell’atto e precisazioni importanti a riguardo di esso.

 

 

Al n. 1755 il Catechismo della Chiesa Cattolica precisa che un atto è buono se buoni sono: l’oggetto, il fine e le circostanze. Ripeto e sottolineo: un atto è buono se buoni sono: l’oggetto, il fine e le circostanze.

S. Tommaso precisa che l’azione riceve la sua qualità dall’oggetto[162].

La Veritatis Splendor, in questa linea, spiega al n. 78 che : “ La moralità dell’atto umano dipende anzitutto e fondamentalmente dall’oggetto ragionevolmente scelto dalla volontà deliberata, come prova anche la penetrante analisi, tuttora valida, di san Tommaso.[163]” (VS n. 78)

Nel testo appena citato s. Tommaso afferma: “In actu autem voluntario invenitur duplex actus, scilicet actus interior voluntatis, et actus exterior, et uterque horum actuum habet suum obiectum. Finis autem proprie est obiectum interioris actus voluntarii, id autem circa quod est actio exterior, est obiectum eius. Sicut igitur actus exterior accipit speciem ab obiecto circa quod est; ita actus interior voluntatis accipit speciem a fine, sicut a proprio obiecto.”

In un’azione volontaria vi sono due atti, e cioè l’atto interiore della volontà, e l’atto esteriore: e ciascuno di essi ha il suo oggetto.

Il fine è l’oggetto dell’atto interiore della volontà. L’oggetto dell’azione esterna invece è ciò cui è orientata l’azione esterna. Come, dunque, l’atto esterno riceve la qualità, cioè la sua qualificazione morale, dall’oggetto su cui opera, così l’atto interno della volontà riceve tale qualità, cioè la qualificazione morale, dal fine, che ne costituisce l’oggetto. La qualità o qualificazione morale dell’atto è ciò per cui noi diciamo che un atto è moralmente buono o cattivo o indifferente.

Cerchiamo di essere più chiari e schematici nel presentare quanto abbiamo appena detto.

In un’azione volontaria vi sono due atti e ciascuno di essi ha un proprio oggetto, da tale oggetto l’atto riceve la sua qualità, tali atti sono:

1) l’atto interiore della volontà; l’oggetto di tale atto è il fine; il fine è dunque ciò che qualifica come buono o cattivo l’atto interiore della volontà;

2) l’atto esteriore; oggetto di tale atto è ciò cui è orientata tale azione; ciò cui è orientata l’azione esterna è dunque ciò che qualifica come buono o cattivo l’atto esteriore.

Volendo entrare più a fondo nella questione possiamo dire con s. Tommaso che la qualità di un atto umano viene determinata formalmente dal fine (oggetto dell’atto interno), e materialmente dall’oggetto dell’atto esterno, perciò chi sottrae del denaro altrui per commettere un adulterio è piuttosto adultero che ladro;  aggiunge s. Tommaso che l’oggetto dell’atto pur essendo la materia cui l’atto è orientato e in cui esso termina, ha tuttavia ragione di fine poiché l’intenzione dell’agente si orienta verso di esso; la forma dell’atto morale dipende dal fine.[164]

Nella linea di s. Tommaso scrive Merkelbach: “Obiectum in praesenti consideratur 1) non ut totum elementum obiectivum seu complexus omnium circumstantiarum, sed in sensu proprio ut distinctum a circumstantiis : est id quod primo et per se attingitur ab actu, seu materia (res vel persona) circa quam versatur, id in quod primario et per se ex natura sua tendit ; unde idem est ac finis intrinsecus;

2) non secundum esse physicum, sed secundum esse morale i. e. prout est conforme vel difforme regulae rationis.” [165]

L’oggetto di cui stiamo parlando è quindi: ciò verso cui primariamente e per sé è indirizzato l’atto umano, quindi è la materia (la cosa o la persona) o meglio il bene verso cui si dirige l’atto, è ciò in cui primariamente e per sua natura l’atto tende, l’oggetto è quindi il fine intrinseco dell’atto;

tale oggetto:

1) non è considerato come tutto l’elemento oggettivo dell’azione con il complesso delle circostanze ma in senso proprio, come un tutto distinto dalle circostanze;

2) non è considerato secondo il suo essere fisico ma secondo il suo essere morale cioè in quanto è conforme o difforme dalla regola di ragione.

Come dicono Zalba e Regatillo: l’oggetto di cui stiamo parlando è ciò verso cui tende l’atto umano primariamente, per sé e prossimamente.[166]

Oggetto, spiegano gli stessi autori, può essere una cosa, una persona, un atto interno, un’azione esterna, cioè un bene che è termine prossimo e fine intrinseco dell’opera che primariamente si pone dinanzi alla mente dell’agente.

L’oggetto non va considerato materialmente e ontologicamente o fisicamente ma formalmente cioè secondo il suo essere morale, con la relazione alla regola morale, cioè in quanto è sottoposto al giudizio della ragione che lo propone come conveniente o sconveniente all’uomo.[167]

Ripeto: l’oggetto morale non va considerato materialmente e ontologicamente o fisicamente ma formalmente cioè secondo il suo essere morale, con la relazione alla regola morale, in quanto cioè è sottoposto al giudizio della ragione che lo propone come conveniente o sconveniente all’uomo, cioè buono o malvagio.

Un oggetto materialmente buono può essere moralmente cattivo, un oggetto fisicamente unico può essere moralmente buono e cattivo, lo stesso atto fisico può avere moralmente buono o cattivo.

Più precisamente: l’oggetto dell’atto morale, cioè il fine prossimo dell’opera, è buono se è ordinabile a Dio che è il Fine Ultimo; dice la Veritatis Splendor a questo riguardo: “l’atto umano dipende dal suo oggetto, ossia se questo è ordinabile o meno a Dio, a Colui che «solo è buono», e così realizza la perfezione della persona. L’atto è buono, quindi, se il suo oggetto è conforme al bene della persona nel rispetto dei beni per essa moralmente rilevanti. L’etica cristiana, che privilegia l’attenzione all’oggetto morale, non rifiuta di considerare l’interiore «teleologia» dell’agire, in quanto volto a promuovere il vero bene della persona, ma riconosce che esso viene realmente perseguito solo quando si rispettano gli elementi essenziali della natura umana. L’atto umano, buono secondo il suo oggetto, è anche ordinabile al fine ultimo. Lo stesso atto raggiunge poi la sua perfezione ultima e decisiva quando la volontà lo ordina effettivamente a Dio mediante la carità.” (VS 78)

Ripeto: l’oggetto morale dell’atto, cioè il fine prossimo dell’opera, è buono se è ordinabile a Dio che è il Fine Ultimo; l’atto raggiunge la sua perfezione ultima e decisiva quando la volontà lo ordina effettivamente a Dio, Fine Ultimo, mediante la carità.

Anche per la Veritatis Splendor, infatti, l’oggetto dell’atto: “… è il fine prossimo di una scelta deliberata, che determina l’atto del volere della persona che agisce.” (VS n. 78)

Melina, Noriega e Perez Soba [168] sottolineano che le parole della VS appena viste definiscono l’oggetto morale a partire dal dinamismo della volontà; tali parole presentano come oggetto un fine concreto che perciò determina e specifica l’atto; un atto per la sua struttura indica un modo di volere il fine, indica un ordine al fine; l’atto umano ha un significato oggettivo che è la correlazione tra un contenuto proprio dell’atto e l’intenzione del soggetto, in questa linea è differente il significato oggettivo dell’atto della persona che prende un farmaco anovulatorio per impedire la fecondità di un atto sessuale e dell’atto di colui che prende lo stesso farmaco per guarire da una malattia, diverso è il fine prossimo di esse, infatti.

L’oggetto dell’atto è intenzionale, è l’intenzione intrinseca dell’atto  che lo specifica.[169]

 

 

a,3) Oggetto morale e atti intrinsecamente malvagi.

 

 

Dio ci illumini sempre meglio.

La questione dell’oggetto dell’atto ha particolare rilevanza per l’esistenza degli atti intrinsecamente malvagi cioè di azioni che per il loro oggetto sono sempre malvagie.

S. Tommaso afferma che i precetti negativi del Decalogo (cioè i precetti che proibiscono alcuni atti) obbligano sempre e per sempre, sempre e in ogni circostanza, in modo assoluto, mentre i precetti affermativi obbligano sempre ma non “ad semper”, cioè obbligano a luogo e tempo convenienti.

Il Dottore Angelico spiega che siamo tenuti ad osservare i precetti negativi del decalogo sempre e in ogni occasione e attraverso ciò evitiamo i peccati di trasgressione; i precetti positivi, invece, dobbiamo osservarli sempre però non in ogni occasione ma al momento e nel luogo convenienti. ( Super Sent., lib. 3 d. 25 q. 2 a. 1 qc. 2 ad 3)

S. Tommaso precisa che i precetti divini affermativi non obbligano in ogni occasione sebbene obblighino sempre, obbligano infatti al luogo e tempo conveniente e secondo altre determinate condizioni, in questa linea il precetto di fare l’elemosina che rientra nel quarto comandamento non obbliga in ogni circostanza ma appunto a luogo e tempo convenienti e sulla base di altre condizioni determinate ( In Super Sent., lib. 4 d. 15 q. 2 a. 1 qc. 4 co.).

S. Tommaso spiega inoltre che i precetti affermativi contengono delle proibizioni per il tempo in cui obbligano, come ogni affermazione ha una negazione ad essa congiunta, in questa linea si afferma che se sei tenuto a sfamare una persona (perché gravemente indigente) e non la sfami, la uccidi, se sei tenuto a fare l’elemosina a una persona e non la fai tu le fai del male (In Super Sent., lib. 4 d. 15 q. 2 a. 1 qc. 4 ad 3).

In questa linea nella Somma Teologica, parlando dei precetti positivi e degli atti buoni, virtuosi, che essi vogliono suscitare in noi il s. Dottore afferma: “… i precetti affermativi portano ad atti di virtù  … Gli atti virtuosi … non vanno fatti in un modo qualsiasi, ma osservando le circostanze dovute che si richiedono perché l’atto sia virtuoso: cioè facendolo dove si deve, quando si deve, e come si deve. E poiché le disposizioni delle cose che sono ordinate al fine si compiono secondo la ragione del fine, tra le circostanze degli atti virtuosi si deve tener presente specialmente la ragione del fine, che è il bene della virtù. Perciò se c’è l’omissione di una circostanza relativa all’atto virtuoso, la quale elimina totalmente il bene della virtù, l’atto è contrario al precetto. Se invece manca una circostanza che non toglie del tutto la virtù, sebbene non raggiunga perfettamente il bene della virtù, l’atto non è contrario al precetto. Ecco perché il Filosofo afferma, che se ci si allontana di poco dal giusto mezzo, non siamo contro la virtù: se invece ci si allontana di molto, si distrugge la virtù nel proprio atto.”[170]

Parlando dei precetti negativi, il s. Dottore, invece, afferma: “… i precetti negativi della legge vietano gli atti peccaminosi…. Ma gli atti peccaminosi sono malvagi per sé stessi, e non possono essere fatti in modo buono in alcuna maniera, in alcun luogo e in alcun tempo poiché sono legati per sé stessi a un fine malvagio, come dice Aristotele. E così i precetti negativi obbligano sempre e in tutti i casi.” [171]

I precetti negativi del decalogo appunto per s. Tommaso vietano azioni che per il loro oggetto sono sempre malvagie, quindi sono atti che attualmente indichiamo come “intrinsece mala”, s. Tommaso, però, non usa mai questa espressione, essa si trova per la prima volta usata intorno al XVI secolo, per confutare la dottrina nominalistica che considerava il valore morale dell’azione come un fattore estrinseco all’azione e derivante da un mero confronto con la legge; sappiamo che per Ockam la moralità dell’azione non è un elemento intrinseco di essa ma dipende dal paragone con la volontà del legislatore secondo il noto principio per cui qualcosa è buona perché è comandata, è malvagia perché è proibita. [172]

All’estrinsecismo e al legalismo occamista veniva opposta la dottrina degli atti intrinsecamente malvagi.

Il famoso testo di Regatillo e Zalba, pubblicato nel 1952, affermava che in ragione del nesso morale con l’oggetto l’atto umano può essere:

1) intrinsecamente buono o malvagio a causa dell’assolutamente intrinseca e necessaria relazione di conformità o difformità dell’atto con la natura razionale sicché mai possa verificarsi il contrario e nessuno, neppure Dio, può rendere possibile che un tale atto cambi qualificazione morale ad es. è intrinsecamente buono l’atto per cui amiamo Dio, è intrinsecamente malvagio l’atto con cui bestemmiamo;

2) estrinsecamente buono o malvagio, cioè non per sé e sostanzialmente ma in ragione di qualche cosa aggiunta o di una circostanza che dipende da Dio e dall’uomo ad es. camminare sulla base dell’obbedienza ricevuta è atto buono estrinsecamente.[173]

Soprattutto a seguito dell’enciclica Humanae Vitae un gruppo di teologi cattolici ha attaccato l’idea di atti intrinsecamente malvagi, ad essa ha risposto il Magistero in particolare, ma non solo, con la Veritatis Splendor ribadendo l’esistenza di tali atti[174].

I migliori teologi attuali affermano in questa linea che, partendo dall’intenzionalità dell’oggetto dell’atto (finis operis) e quindi dal fatto che è l’intenzione intrinseca dell’atto che lo specifica e gli conferisce identità, gli atti intrinsecamente malvagi sono quelli il cui oggetto intenzionale (finis operis) è necessariamente contrario al bene della persona. Gli atti umani sono nella loro essenza forme concepite dalla ragione, quindi per giudicare a livello morale un atto occorre domandarsi quale sia l’azione intenzionale (finis operis) che il soggetto sta realizzando; gli atti intrinsecamente malvagi sono quelli che hanno una identità intenzionale oggettiva ( finis operis) sempre contraria al bene dell’uomo, tali atti sono proibiti assolutamente senza nessuna eccezione possibile. [175]

Riprendendo quello che abbiamo appena detto e cioè che l’oggetto dell’atto morale, cioè il fine prossimo dell’opera, è buono solo se è ordinabile a Dio che è il Fine Ultimo e riprendendo quello che dice la Veritatis Splendor a questo riguardo (VS 78), dobbiamo affermare che gli atti intrinsecamente malvagi sono azioni il cui fine prossimo, oggetto intenzionale, non è mai ordinabile a Dio.

Come spiega la Veritatis Splendor (VS n. 78) l’atto umano dipende dal suo oggetto, se tale oggetto non è ordinabile a Dio, a Colui che «solo è buono», tale atto non realizza la perfezione della persona e non è buono; se invece tale oggetto è ordinabile a Colui che «solo è buono», tale atto realizza la perfezione della persona ed è buono.

Sottolineo e preciso: l’atto umano dipende dal suo oggetto, cioè dall’oggetto intenzionale (finis operis) se questo è ordinabile a Dio tale atto è buono altrimenti è malvagio; gli atti intrinsecamente malvagi hanno appunto un oggetto intenzionale (finis operis) non ordinabile a Dio; cioè il fine prossimo dell’opera, nel caso degli atti intrinsecamente malvagi, non è mai ordinabile a Dio che è il Fine Ultimo.

Ad esempio: un atto omosessuale è intrinsecamente disordinato, intrinsecamente malvagio, ugualmente un adulterio etc.; azioni di questo genere hanno il fine prossimo, oggetto intenzionale, che non è mai ordinabile a Dio, Fine Ultimo, perciò la Veritatis Splendor precisa che: ” Una volta riconosciuta in concreto la specie morale di un’azione proibita da una regola universale, il solo atto moralmente buono è quello di obbedire alla legge morale e di astenersi dall’azione che essa proibisce.” (VS n. 67); cioè quando una persona capisce che un certo comportamento è intrinsecamente malvagio, ossia quando capisce che l’oggetto intenzionale dell’atto è assolutamente malvagio, il solo comportamento da adottare è quello di obbedire alla Legge e non attuare quel comportamento.

Gli atti intrinsecamente malvagi sono proibiti dai precetti negativi della Legge naturale.

S. Giovanni Paolo II ha affermato “I precetti negativi della legge naturale sono universalmente validi: essi obbligano tutti e ciascuno, sempre e in ogni circostanza. Si tratta infatti di proibizioni che vietano una determinata azione semper et pro semper, senza eccezioni, perché la scelta di un tale comportamento non è in nessun caso compatibile con la bontà della volontà della persona che agisce, con la sua vocazione alla vita con Dio e alla comunione col prossimo. … La Chiesa ha sempre insegnato che non si devono mai scegliere comportamenti proibiti dai comandamenti morali, espressi in forma negativa nell’Antico e nel Nuovo Testamento. Come si è visto, Gesù stesso ribadisce l’inderogabilità di queste proibizioni: «Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti…: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso» (Mt 19,17-18).” (VS 52)

Continua lo stesso documento :“Ma i precetti morali negativi, cioè quelli che proibiscono alcuni atti o comportamenti concreti come intrinsecamente cattivi, non ammettono alcuna legittima eccezione; essi non lasciano alcuno spazio moralmente accettabile per la «creatività» di una qualche determinazione contraria.” (VS, n. 67)

Lo stesso afferma  un importante articolo pubblicato sull’Osservatore Romano [176]

Ancora nella Veritatis Splendor leggiamo: “Insegnando l’esistenza di atti intrinsecamente cattivi, la Chiesa accoglie la dottrina della Sacra Scrittura. … Se gli atti sono intrinsecamente cattivi, un’intenzione buona o circostanze particolari possono attenuarne la malizia, ma non possono sopprimerla: sono atti «irrimediabilmente» cattivi, per se stessi e in se stessi non sono ordinabili a Dio e al bene della persona: …  Per questo, le circostanze o le intenzioni non potranno mai trasformare un atto intrinsecamente disonesto per il suo oggetto in un atto «soggettivamente» onesto o difendibile come scelta.” (VS, n.80s.)

Nella Reconciliatio et Paenitentia leggiamo al n. 17:

“E’ doveroso aggiungere – come è stato anche fatto nel Sinodo – che alcuni peccati, quanto alla loro materia, sono intrinsecamente gravi e mortali. Esistono, cioè, atti che, per se stessi e in se stessi, indipendentemente dalle circostanze, sono sempre gravemente illeciti, in ragione del loro oggetto. Questi atti, se compiuti con sufficiente consapevolezza e libertà, sono sempre colpa grave.”[177]

Abbiamo detto che Dio ci attira verso di sé, verso il Cielo, ci attira ad attuare i suoi comandi, abbiamo precisato che le azioni intrinsecamente immorali non sono ordinabili a Dio, ora possiamo precisare che non sono ordinabili appunto perché Dio non ci attira a sé attraverso esse, esse da Dio stesso sono ritenute non ordinate a Lui e attraverso esse Dio non ci attira a sé.

Tali azioni sono quindi da Dio stesso non ordinate a Lui stesso e quindi per esse Dio non ci attira a sé.

Perciò tali azioni sono intrinsecamente malvagie, sono inordinabili a Dio perché appunto Dio nella sua sapienza non le ha ordinate a Sé e quindi attraverso esse Dio non ci attira a sé!

In questa linea occorre considerare, come dice la Veritatis Splendor, che: “Gli atti umani sono atti morali, perché esprimono e decidono della bontà o malizia dell’uomo stesso che compie quegli atti.[178] Essi non producono solo un mutamento dello stato di cose esterne all’uomo, ma, in quanto scelte deliberate, qualificano moralmente la persona stessa che li compie e ne determinano la fisionomia spirituale profonda, come rileva suggestivamente san Gregorio Nisseno: «Tutti gli esseri soggetti al divenire non restano mai identici a se stessi, ma passano continuamente da uno stato ad un altro mediante un cambiamento che opera sempre, in bene o in male… Ora, essere soggetto a cambiamento è nascere continuamente… Ma qui la nascita non avviene per un intervento estraneo, com’è il caso degli esseri corporei… Essa è il risultato di una scelta libera e noi siamo così, in certo modo, i nostri stessi genitori, creandoci come vogliamo, e con la nostra scelta dandoci la forma che vogliamo».[179]

Con i nostri atti decidiamo chi vogliamo essere: se decidi di fornicare vuoi essere un fornicatore, se decidi di rubare vuoi essere un ladro, sei decidi di agire bene vuoi essere un uomo buono, se decidi di agire secondo Cristo vuoi essere un “altro Cristo” cioè un cristiano, un uomo divinizzato.

Dio ci attira a sé, cioè ad essere Dio per partecipazione, in Cristo.

Dio ci attira ad agire bene appunto perché vuole divinizzarci, l’azione veramente buona è quella che noi facciamo seguendo l’attrazione divina che ci vuole divinizzare e sempre più ci vuole divinizzare, in Cristo.

Gli atti intrinsecamente malvagi impediscono radicalmente questa divinizzazione.

Le azioni intrinsecamente malvagie, nella tradizione etica, sono in diretta relazione con tre tipi di beni: la vita, la sessualità e il linguaggio; si tratta di azioni che coinvolgono intimamente la persona e che perciò sono una presa di posizione nella persona in quanto tale; intorno a questi tre beni e quindi intorno a questi tre ambiti di comportamento verte parte del discorso della Montagna (Mt. 5,22-48), in esso Gesù evidenzia queste proibizioni assolute e, opponendosi all’interpretazione farisaica, mette in evidenza come i comandamenti vanno riferiti all’intenzione dell’agire. [180]

 

 

b) Il fine e l’intenzione dell’atto.

 

 

Dio ci illumini sempre meglio.

Perché l’atto morale sia buono deve essere, dunque, buono anzitutto l’oggetto, che è il fine prossimo di tale atto. Tuttavia, non basta che solo l’oggetto dell’atto sia buono, occorre che altri elementi dell’azione siano buoni e cioè il fine remoto, l’intenzione e le circostanze.

Precisiamo subito: il fine prossimo dell’azione è essenzialmente l’oggetto dell’atto ed è indicato con il termine di “finis operis”; il fine remoto, estrinseco all’atto, è detto “finis operantis”.

Aggiungiamo che secondo s. Tommaso: “finis operis semper reducitur in finem operantis” (Super Sent., lib. 2 d. 1 q. 2 a. 1 co.), il fine dell’opera sempre è ricondotto al fine dell’operante.

“Il fine è il termine primo dell’intenzione e designa lo scopo perseguito nell’azione.” (Catechismo della Chiesa Cattolica n.1752); l’intenzione è un atto della volontà ( I-II, q. 12 a.1) che si rivolge al fine, cioè che tende verso il fine.

La volontà del fine si concretizza in una intenzione del fine e in particolare del Fine Ultimo. L’intenzione è il moto della volontà che si indirizza verso il fine che è raggiunto attraverso le cose che sono ordinate al raggiungimento del fine (I-II q.12, a. 4 ad 3)

L’azione include in sé una intenzione attraverso cui raggiunge il fine.

Il termine intenzione indica un atto della volontà, presupposto l’ordine della ragione che ordina qualcosa al suo fine. (Iª-IIae q. 12 a. 1 ad 3)

L’intenzione è dunque basata sulla razionalità; intelligenza e volontà operano armonicamente e non successivamente in ordine all’intenzione in virtù dell’originalità dell’apprensione della ragione pratica. [181]

L’intenzione si relaziona direttamente al fine e a ciò che è necessario per giungere al fine e va distinta dal desiderio che si indirizza verso il fine e non ha diretta relazione con ciò che è ordinato al fine.

L’intenzione è un orientamento non ancora precisato e specificato e va distinta dalla scelta che è un giudizio, un qualcosa di ormai precisato.

Quanto appena detto fa emergere che la concezione moderna dell’intenzione, che la confonde con la scelta, è errata[182].

L’intenzione indica un moto, un tendere verso qualcosa; tale moto procede dall’azione del motore perciò l’intenzione appartiene anzitutto a colui che è il motore verso il fine.

Il movimento dell’intenzione è specificativo dell’attrazione e non è un moto proiettivo; nell’intenzione abbiamo non un fine semplicemente oggettivo  ma abbiamo, in unico momento e in unione intenzionale, un fine soggettivamente intento in relazione ad un’azione oggettiva.[183]

S. Tommaso spiega che il moto della volontà verso il fine e verso ciò che è ordinato al fine si può considerare doppiamente:

1) in quanto la volontà si porta assolutamente sull’uno e sull’altro per sé stesso; così, assolutamente parlando, abbiamo due moti della volontà: uno verso il fine e uno verso i mezzi ordinati al fine;

2) in quanto la volontà si porta sui mezzi a causa del fine; in questo caso è unico per il soggetto il moto della volontà che tende verso il fine e verso i mezzi; quando diciamo di voler prendere la medicina per guarire, designiamo un unico moto della volontà; la ragione di questo è che il fine costituisce la ragione, la causa, per cui voglio quelle cose che sono ordinate al fine (Iª-IIae q. 12 a. 4 co).

Come detto, nell’intenzione abbiamo, in unico momento e in unione intenzionale, un fine soggettivamente intento in relazione ad un’azione oggettiva. [184]

Spiega ancora s. Tommaso che la volontà non ordina, ma tende verso qualcosa secondo l’ordine della ragione; perciò, il termine intenzione indica un atto della volontà, presupposto l’ordine della ragione che ordina qualcosa al suo fine. (Iª-IIae q. 12 a. 1 ad 3)

L’intenzione è basata sulla razionalità e su un ordinamento di ragione e rende l’atto razionale; ogni intenzione termina in una persona che possiamo essere noi stessi o altri; ogni intenzione in quanto razionale presuppone un ordinamento intelligente che procede da una prima intenzione di Dio.[185]

L’intenzione, secondo s. Tommaso, si rivolge non solo al fine ultimo ma a tutti i fini intesi con l’atto ( I-II, q. 12 a.2)

Una donna, p. es. può prendere un anovulatorio per poter avere rapporti intimi senza pericolo di dover restare incinta e quindi per poter incontrare liberamente il suo partner o può prenderlo per curarsi e così servire Dio. L’atto del prendere l’anovulatorio ha per fine prossimo nel primo caso la contraccezione, nel secondo caso la difesa della propria vita, il fine remoto è nel primo caso l’incontro libero con il partner, nel secondo caso il servizio di Dio.

L’intenzione si rivolge a tutti i fini intesi con l’atto ( I-II, q. 12 a.2), cioè, nel primo caso alla contraccezione e quindi all’incontro libero con il partner, nel secondo caso alla difesa della vita e al servizio di Dio.

Ricordiamo in questa linea che l’oggetto dell’atto, che è il fine prossimo, è intenzionale e che nell’intenzione abbiamo non un fine semplicemente oggettivo ma abbiamo, in un unico momento e in unione intenzionale, un fine soggettivamente intento in relazione ad un’azione oggettiva. [186]

Con un unico movimento della volontà, cioè con unica intenzione, la volontà si porta sui mezzi a causa del fine. S. Tommaso afferma: “Tertio modo consideratur finis secundum quod est terminus alicuius quod in ipsum ordinatur, et sic intentio respicit finem. Non enim solum ex hoc intendere dicimur sanitatem, quia volumus eam, sed quia volumus ad eam per aliquid aliud pervenire.” (Iª-IIae q. 12 a. 1 ad 4)

L’intenzione guarda al fine come termine di ciò che ad esso è ordinato, la sanità è oggetto dell’intenzione non solo in quanto vogliamo essa stessa ma in quanto ad essa vogliamo giungere con qualche mezzo.

L’intenzione si porta sul fine prossimo per giungere al fine remoto e quindi verso il fine ultimo; unico è per il soggetto il moto della volontà che tende verso il fine e verso i mezzi per giungere al fine; unico è il moto della volontà che attraverso l’intenzione si orienta verso il fine prossimo, verso quello remoto e verso il fine ultimo.

Quando diciamo di voler prendere la medicina per guarire e così servire Dio, designiamo un’ unica intenzione.

Il fine costituisce la ragione, la causa, per cui voglio quelle cose che sono ordinate al fine e quindi per cui “intendo” quelle cose che sono ordinate al fine cioè per cui mi oriento verso quelle cose che sono ordinate al fine; il fine ultimo costituisce la causa per cui voglio i fini medi e quindi per cui “intendo” i fini medi cioè per cui mi oriento verso i fini medi.

Il fine remoto è la causa per cui “intendo” cioè per cui mi oriento verso il fine prossimo e per cui voglio conseguire l’oggetto in quanto appunto è il fine prossimo dell’atto.

S. Tommaso afferma che: “Finis proximus est idem ac obiectum… finis autem remotus ponitur ut circumstantia.” (De Malo, q. 2, a, 7, ad 8)

Il fine prossimo è lo stesso oggetto dell’atto, il fine remoto fa parte delle circostanze dell’atto.

Nel Catechismo leggiamo: “Per il fatto che sta alla sorgente volontaria dell’azione e la determina attraverso il fine, l’intenzione è un elemento essenziale per la qualificazione morale dell’azione. Il fine è il termine primo dell’intenzione e designa lo scopo perseguito nell’azione. L’intenzione è un movimento della volontà verso il fine; riguarda il termine dell’agire. È l’orientamento al bene che ci si aspetta dall’azione intrapresa. Non si limita ad indirizzare le nostre singole azioni, ma può ordinare molteplici azioni verso un medesimo scopo; può orientare l’intera vita verso il fine ultimo. … Una medesima azione può anche essere ispirata da diverse intenzioni; così, per esempio, si può rendere un servizio per procurarsi un favore o per trarne motivo di vanto.”(Catechismo della Chiesa Cattolica n.1752)

La Veritatis Splendor ancora al n. 78 afferma che l’atto umano è veramente perfetto quando compiuto dalla volontà nella carità e quindi è ordinato, effettivamente a Dio, Fine Ultimo.

S. Alfonso M. de Liguori diceva: “Non basta fare opere buone, ma bisogna farle bene. Acciocché le opere nostre siano buone e perfette, è necessario farle col puro fine di piacere a Dio”.[187]

Una intenzione cattiva rende malvagio l’atto (Catechismo della Chiesa Cattolica n.1753): il movimento della volontà verso un fine malvagio rende infatti malvagio l’atto.

Spiega la Veritatis Splendor: “Del resto, l’intenzione è buona quando mira al vero bene della persona in vista del suo fine ultimo. Ma gli atti, il cui oggetto è «non-ordinabile» a Dio e «indegno della persona umana», si oppongono sempre e in ogni caso a questo bene. In tal senso il rispetto delle norme che proibiscono tali atti e che obbligano semper et pro semper, ossia senza alcuna eccezione, non solo non limita la buona intenzione, ma costituisce addirittura la sua espressione fondamentale.”(VS n. 82)

L’intenzione, come detto, si rivolge a tutti i fini, se uno di essi è malvagio, l’atto è malvagio.

Non è lecito voler raggiungere il bene attraverso il male: non posso uccidere una persona innocente per aiutare la mia famiglia; il Catechismo della Chiesa Cattolica precisa al n. 1753: “Il fine non giustifica i mezzi …” è immorale usare mezzi cattivi per giungere ad un fine buono.

Dio, in particolare attraverso la carità, fa che la nostra intenzione sia buona, cioè orientata all’Ultimo Fine che è Dio e quindi a fini buoni, ordinabili a Dio.

La Veritatis Splendor afferma, in questa linea: “… la vita morale possiede un essenziale carattere «teleologico», perché consiste nella deliberata ordinazione degli atti umani a Dio, sommo bene e fine (telos) ultimo dell’uomo. … Ma questa ordinazione … presuppone che tali atti siano in sé stessi ordinabili a questo fine, in quanto conformi all’autentico bene morale dell’uomo, tutelato dai comandamenti. …” (VS n. 72-3)

Cioè la vita cristiana consiste nell’ordinare il fine prossimo degli atti e il fine remoto al Fine Ultimo che è Dio ma questa ordinazione presuppone che tale fine prossimo sia ordinabile al Fine Ultimo, e quindi richiede che tale fine prossimo sia conforme all’autentico bene morale dell’uomo, tutelato dai comandamenti. Questa ordinazione è da noi realizzata nella fede e nella carità.

Più profondamente possiamo dire che Dio ci attrae a ordinare a Sé, Fine Ultimo tutta la nostra vita e quindi a scegliere fini prossimi e atti ordinati a Lui.

Nella vita morale cristiana è appunto Dio che attraverso la fede e la carità e con la nostra collaborazione ordina i nostri atti e i nostri fini al Fine Ultimo che è Lui stesso e ci attira a Sé, a partecipare alla sua vita, ad essere Dio per partecipazione; Dio quindi orienta rettamente le nostre azioni e la nostra intenzione verso i vari fini ordinabili al Fine ultimo che è Lui stesso e ultimamente ci ordina a Sé, ad essere Dio per partecipazione.

 

 

c) Le circostanze dell’atto.

 

 

Cosa sono le circostanze dell’atto? Il Catechismo della Chiesa Cattolica lo spiega al n. 1754: sono elementi secondari di un atto morale che possono aggravare oppure ridurre la responsabilità di chi compie certe azioni e la bontà o la malizia morale delle azioni stesse.

Prummer afferma: “Circumstantia, de qua hic loquimur, est condicio moralis, quae ad substantiam moralem actus iam constitutam accedit eamque modificat; seu est accidens actus humani ipsum in esse morali iam constitutum moraliter afficiens.”[188] Le circostanze sono quindi delle condizioni morali che accedono alla sostanza morale dell’atto già costituita e la modificano. L’ atto morale trae la sua moralità anche dalle circostanze, alcune circostanze cambiano la specie dell’atto morale, alcune invece non cambiano tale specie ma accrescono o diminuiscono la bontà o malizia dell’atto[189]; queste ultime sono dette circostanze aggravanti o attenuanti.

Le circostanze non possono rendere né buona né giusta un’azione intrinsecamente cattiva.

Le circostanze possono rendere malvagio un atto in sé buono; se il finis operantis è malvagio, l’azione è malvagia anche se l’oggetto è buono; il fatto di sposare una persona legata da voto di castità (circostanza) rende cattiva un’azione in sé stessa buona (matrimonio) e muta la specie dell’azione stessa.

Tra le circostanze occorre inserire appunto il finis operantis cioè il fine remoto; invece il finis operis, cioè il fine prossimo fa parte dell’oggetto dell’atto.

Le circostanze non possono impedire all’uomo di non fare il male: “…  soprattutto se egli è disposto a morire piuttosto che a fare il male.” (VS n. 52)

Dio ci illumini sempre meglio.

 

 

c,1) Le circostanze secondo s. Tommaso d’ Aquino.

 

 

S. Tommaso dedica alle circostanze degli atti, un’intera questione nella Somma Teologica. Scrive s. Tommaso: “Et ideo quaecumque conditiones sunt extra substantiam actus, et tamen attingunt aliquo modo actum humanum, circumstantiae dicuntur. Quod autem est extra substantiam rei ad rem ipsam pertinens, accidens eius dicitur. Unde circumstantiae actuum humanorum accidentia eorum dicenda sunt.” ( Iª-IIae q. 7 a. 1) Tutte le condizioni che sono fuori della sostanza dell’atto, e che tuttavia riguardano in qualche modo l’atto umano, sono dette circostanze, ma quello che riguarda una cosa ed è fuori della sostanza di essa è un suo accidente, dunque le circostanze degli atti umani sono da considerarsi loro accidenti. Principale nel peccato è la sua sostanza o essenza ma sono importanti anche le circostanze; in questa linea, p. es., una persona può essere accusata prima di tutto perché ha commesso un omicidio: secondariamente perché lo ha commesso con inganno, o a scopo di rapina, oppure in tempo o in luogo sacro, ecc. ( Iª-IIae q. 7 a. 1 ad 1).

Le circostanze sono accidenti degli atti, come il fatto di esser bianco è un accidente del musico, perché si trovano con essi nel medesimo soggetto.

S. Tommaso afferma che lo studio delle circostanze riguarda il teologo per tre ragioni:

1) anzitutto il teologo deve considerare le circostanze perché egli considera gli atti umani in quanto per essi l’uomo è ordinato alla beatitudine che è il fine dell’uomo, ma tutto ciò che è ordinato al fine deve essere ad esso proporzionato e gli atti si proporzionano al fine secondo una certa commisurazione che si compie attraverso le debite circostanze,

2) poi il teologo deve considerare le circostanze perché egli esamina gli atti umani in quanto si trova in essi il bene e il male, il meglio e il peggio: e ciò si diversifica in base alle circostanze;

3) infine il teologo deve considerare le circostanze perché egli esamina gli atti umani in quanto sono meritori o demeritori, ma perché siano tali devono essere volontari e l’atto umano è giudicato volontario o involontario in base alla conoscenza o all’ignoranza delle circostanze. (Iª-IIae q. 7 a. 2)

Passando a indicare quante siano le circostanze il Dottore Angelico afferma, con Cicerone, che esse sono sette, contenute nel verso: “Chi, che cosa, dove, con quali mezzi, perché, in che modo, quando”. E difatti dobbiamo considerare, nelle varie azioni: chi le compie, che cosa ha compiuto, con quali mezzi o strumenti le compie, in che modo, dove, perché e quando lo compie.

S. Tommaso spiega questa enumerazione affermando che una circostanza è qualcosa che, pur essendo esterna all’essenza di un atto, in qualche modo lo riguarda, in quanto riguarda l’atto stesso, le sue cause o gli effetti.

La circostanza può riguardare l’atto stesso:

1) o come misura, e perciò si considera: il tempo e il luogo in cui uno ha agito;

2) oppure come qualità dell’atto e perciò si considera il modo di agire.

La circostanza può riguardare l’effetto dell’atto, e perciò si considera che cosa uno abbia fatto.

La circostanza può riguardare la causa dell’atto e qui:

1) rispetto alla causa finale si considera perché abbia agito;

2) rispetto alla causa della materia o dell’oggetto si considera riguardo a cosa abbia agito;

3) rispetto alla causa agente principale si considera chi abbia agito;

4) in rapporto alla causa agente strumentale si considera con quali mezzi abbia agito.[190]

Si distinguono:

1) circostanze che mutano la specie dell’atto morale: s. Tommaso precisa che: “… tutte le volte che una circostanza riguarda uno speciale ordine della ragione, in senso favorevole o contrario, è necessario che essa determini la specie dell’atto morale, o in bene o in male. La circostanza, in quanto dà la specie all’atto, viene considerata una condizione dell’oggetto e quasi una sua differenza specifica.” [191];

2) circostanze aggravanti o attenuanti, che appunto aggravano o attenuano la bontà o malizia dell’atto ma non mutano la specie dell’atto morale; le circostanze aggravanti o attenuanti vengono chiamate più generalmente aggravanti o attenuanti.

Per essere più chiari riguardo ai vari tipi di circostanze appena indicate: il fatto di sposare una persona legata da voto di castità (circostanza) rende cattiva un’azione in sé stessa buona (matrimonio) e muta la specie dell’azione stessa; il fatto di rubare poco o molto (circostanza) non muta la specie dell’atto ma lo attenua o lo aggrava.

Ai fattori attenuanti o escludenti la responsabilità per l’atto fanno in particolare riferimento i testi dell’Amoris Laetitia e della lettera dei Vescovi argentini approvata dal Papa[192].

 

 

c,2) Le circostanze e in particolare le circostanze attenuanti nella dottrina di un famoso discepolo di s. Tommaso d’ Aquino.

 

 

 

Il famoso teologo Merkelbach op, seguace di s. Tommaso, qualche decennio fa scrisse pagine molto interessanti proprio sulle circostanze e la loro bontà o malizia[193], propongo la sua analisi perché non ne ho trovate finora di migliori; questo moralista precisava molto chiaramente, partendo dalla suddetta divisione tomista delle circostanze in “Chi, che cosa, dove, con quali mezzi, perché, in che modo, quando” che:

1) la circostanza “chi” “non denotat ipsam personam operantis secundum se (sic enim pertinet ad substantiam actus humani), sed eius conditionem seu qualitatem accidentalem, ratione cuius in morali aestimatione actus vel omissio plus vel minus valet moraliter”[194]; la circostanza “chi” non indica la stessa persona dell’operante secondo sé stessa perché ciò rientra nella sostanza dell’atto e quindi nell’oggetto di esso, la circostanza “chi”  indica la condizione o la qualità accidentale del soggetto in ragione della quale l’atto vale più o meno in ambito morale;

2) la circostanza “che cosa” non indica lo stesso oggetto o materia, ciò infatti attiene alla sostanza dell’atto ma indica l’accidente congiunto all’oggetto: la quantità, la qualità[195];

3) la circostanza “con quali mezzi” indica i mezzi accidentali dei quali ci serviamo per operare ad es. ubriacarsi usando soldi rubati oppure usare una cosa sacra per fare dei peccati; [196]

4) la circostanza “dove” non indica il nudo luogo ma la qualità accidentale del luogo la quale conferisce all’atto qualcosa di bontà e di malizia, ad es. che il luogo sia sacro o che sia un luogo di peccato[197] ;

5) la circostanza “quando” denota una condizione accidentale del tempo come la quantità o la durata, se l’atto duri a lungo o poco, o qualità se l’atto si compia in giorno festivo, in tempo sacro[198] ;

6) la circostanza “come” attiene al modo in cui è stata compiuta l’azione e riguarda il modo accidentale in cui si compie l’atto interno o esterno: se cioè sia stato perfettamente o imperfettamente deliberato, se sia stato voluto direttamente o indirettamente, se sia stato compiuto con ignoranza, per passione, per malizia, con violenza, per grave timore, per subitanea passione, per leggerezza, con dolo etc. [199]

Le circostanze attenuanti attenuano la malizia dell’atto e rendono il peccato veniale o rendono il peccato grave ma meno grave di quanto sarebbe senza tali circostanze.

Considerando le illuminanti indicazioni del famoso teologo Merkelbach possiamo dire che le circostanze attenuanti possono riguardare tutti i tipi principali di circostanze:

1) la circostanza “chi” “non denotat ipsam personam operantis secundum se (sic enim pertinet ad substantiam actus humani), sed eius conditionem seu qualitatem accidentalem, ratione cuius in morali aestimatione actus vel omissio plus vel minus valet moraliter”[200]; la circostanza “chi” non indica la stessa persona dell’operante secondo sé stessa perché ciò rientra nella sostanza dell’atto e quindi nell’oggetto di esso, la circostanza “chi”  indica la condizione o la qualità accidentale del soggetto in ragione della quale l’atto vale più o meno in ambito morale; le attenuanti riguardanti tale circostanza sono quindi quelle che attengono alla condizione o la qualità accidentale del soggetto in ragione della quale il peccato è meno grave o veniale e merita una pena più leggera o nessuna pena, cioè p.es. il fatto che una persona aveva delle turbe psichiche al momento del compimento dell’atto, che appunto ne attenuano la responsabilità;

2) la circostanza “che cosa” non indica lo stesso oggetto o materia, ciò infatti attiene alla sostanza dell’atto ma indica l’accidente congiunto all’oggetto: la quantità, la qualità[201]; le attenuanti riguardanti tale circostanza sono quindi quelle che riguardano l’accidente congiunto all’oggetto in ragione del quale il peccato è meno grave o veniale e merita una pena più leggera, per esempio il fatto che la somma rubata sia molto piccola attenua il peccato;

3) la circostanza “con quali mezzi” indica i mezzi accidentali dei quali ci serviamo per operare ad es. ubriacarsi usando soldi rubati oppure usare una cosa sacra per fare dei peccati; [202] le attenuanti riguardanti tale circostanza sono quindi quelle che riguardano i mezzi accidentali dei quali ci serviamo per operare in ragione dei quali il peccato è meno grave o veniale e merita una pena più leggera;

4) la circostanza “dove” non indica il nudo luogo ma la qualità accidentale del luogo la quale conferisce all’atto qualcosa di bontà e di malizia, ad es. che il luogo sia sacro o che sia un luogo di peccato[203] ; le attenuanti riguardanti tale circostanza sono quindi quelle che riguardano la qualità accidentale del luogo in ragione della quale il peccato è meno grave o veniale e merita una pena più leggera;

5) la circostanza “quando” denota una condizione accidentale del tempo come la quantità o la durata, se l’atto duri a lungo o poco, o qualità se l’atto si compia in giorno festivo, in tempo sacro[204] ; le attenuanti riguardanti tale circostanza sono quindi quelle che riguardano la condizione accidentale del tempo in ragione della quale il peccato è meno grave o veniale e merita una pena più leggera;

6) la circostanza “come” attiene al modo in cui è stata compiuta l’azione e riguarda il modo accidentale in cui si compie l’atto interno o esterno: se cioè sia stato perfettamente o imperfettamente deliberato, se sia stato voluto direttamente o indirettamente, se sia stato compiuto con ignoranza, per passione, per malizia, con violenza, per grave timore, per subitanea passione, per leggerezza, con dolo etc. [205]; le attenuanti riguardanti tale circostanza sono quindi quelle che riguardano il modo accidentale in cui si compie l’atto interno o esterno in ragione del quale il peccato è meno grave o veniale e merita una pena più leggera.

Anche il diritto canonico, che si basa sulla teologia cattolica, parla di attenuanti e le indica come: circostanze che attenuano l’ imputabilità e fanno sì che il delinquente debba essere punito con una pena minore di quella stabilita dalla legge o con una penitenza. [206]

Lo stesso diritto canonico parla altresì di circostanze che aumentano l’imputabilità, dette aggravanti[207], e accanto ad esse pone le circostanze, dette esimenti, che escludono l’imputabilità o che rendono non passibile di qualsivoglia pena la violazione della legge o del precetto[208].

Dio ci illumini sempre meglio.

 

 

5) Approfondimenti teologici sui fattori attenuanti o scusanti attinenti alla volontarietà e la libertà degli atti umani.

 

 

Premessa con importanti precisazioni su imputabilità e responsabilità e schema sintetico su ciò che vedremo nelle prossime pagine.

 

 

Come dice s. Alfonso nella linea di s. Tommaso: “Ad peccatum requiruntur tres conditiones, ut patet ex prima responsione: l°. Ut sit voluntarium, id est ut fiat a voluntate consentiente. 2°. Ut sit liberum, id est ut sit e in potestate voluntatis facere vel non. 3°. Ut advertatur malitìa”[209]

Perché si abbia il peccato occorre che l’atto sia volontario, sia libero e che il soggetto ne avverta la malizia in relazione con la Legge divina. Se manca la libertà o la volontarietà o l’avvertenza della malizia dell’atto non si ha un peccato, come spiega s. Alfonso, nello stesso passo citato, precisando le sue affermazioni.

In questa linea occorre dire che: affinché si abbia il peccato occorre che l’atto sia moralmente imputabile al soggetto e quindi che il soggetto sia moralmente responsabile per esso.

Precisiamo meglio quanto appena detto spiegando il significato di imputabilità e responsabilità morali.

L’imputabilità può essere definita come proprietà in virtù della quale un atto e un effetto, sulla base del nesso di causalità, possono essere ricondotti ad un soggetto.[210]

L’ imputabilità morale poi può definirsi come proprietà in virtù della quale un atto cosciente e volontario di un soggetto conforme alla legge morale o lesivo della stessa legge è attribuito a merito o demerito del soggetto stesso.[211]

Nel libro dei proff. Colom e Rodríguez-Luño: “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003, alla p. 211 leggiamo: “Imputare significa attribuire un’azione a un uomo. L’imputabilità è la qualità che un’azione ha di essere addebitata o, più esattamente, lo stato dell’uomo in quanto soggetto dell’azione, in virtù del quale questa azione gli può essere attribuita come a suo autore. Se l’azione può essere attribuita come merito o colpa morale, abbiamo l’imputabilità morale. Solo le azioni libere sono moralmente imputabili.”

Fondamento dell’imputabilità morale è la volontà libera per la quale l’uomo è autore e signore delle sue azioni.

Per l’imputabilità occorre la libertà, quindi se manca la libertà per difetto sia per parte della volontà che dell’intelletto, non c’è imputabilità; se per l’influsso di qualche causa nell’attività dell’intelletto o della volontà diminuisce il grado di libertà o aumenta, diminuisce o aumenta anche il grado di imputabilità; le considerazioni che non concernono ciò che è liberamente voluto non possono riguardare l’imputabilità.[212]

L’imputabilità si distingue dalla responsabilità in quanto la prima riguarda l’atto infatti indica che l’atto compiuto può essere ascritto a colpa o a merito dell’agente, mentre la seconda riguarda l’agente e indica che egli può rispondere dell’atto compiuto e quindi può essere chiamato a dare conto di quanto ha fatto e può portare il peso degli effetti dell’atto.

La responsabilità morale è appunto la capacità del soggetto di rispondere e dare conto delle proprie azioni.

Fondamento della responsabilità morale è la volontà libera per la quale l’uomo è autore e signore delle sue azioni.

Per la responsabilità morale occorre la libertà, quindi se manca la libertà per difetto sia per parte della volontà che dell’intelletto, non c’è responsabilità; se per l’influsso di qualche causa nell’attività dell’intelletto o della volontà diminuisce il grado di libertà o aumenta, diminuisce o aumenta anche il grado di responsabilità morale; le considerazioni che non concernono ciò che è liberamente voluto non possono riguardare la responsabilità morale.

Ripeto e sottolineo quanto detto più sopra: affinché si abbia il peccato occorre che l’atto sia moralmente imputabile al soggetto e quindi che il soggetto sia moralmente responsabile per esso; se manca la libertà e quindi la volontarietà o l’avvertenza della malizia dell’atto, l’atto non è imputabile, il soggetto non è responsabile e non si ha un peccato; inoltre in ordine al giudizio morale su un peccato è di grande importanza precisare i casi in cui la responsabilità del soggetto sia attenuata o “aggravata”.

Il Catechismo afferma ai nn. 1735 e 1860:

– l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate dall’ignoranza, dall’inavvertenza, dalla violenza, dal timore, dalle abitudini, dagli affetti smodati e da altri fattori;

– l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite dagli impulsi della sensibilità, dalle passioni, dalle pressioni esterne o dalle turbe patologiche.

Il n. 2352 del Catechismo della Chiesa Cattolica trattando della masturbazione precisa che per conoscere la responsabilità morale di coloro che compiono tale peccato “… si terrà conto dell’immaturità affettiva, della forza delle abitudini contratte, dello stato d’angoscia o degli altri fattori psichici o sociali che possono attenuare, se non addirittura ridurre al minimo, la colpevolezza morale.”

Più precisamente, partendo dal fatto che per aversi un peccato è necessario che un’atto sia volontario, sia libero e che il soggetto ne avverta la malizia in relazione con la Legge divina, la trattazione dei fattori che aggravano, attenuano o escludono la responsabilità del soggetto agente può essere divisa in due parti:

1) fattori oggettivi: che riguardano l’oggetto cioè la materia dell’atto;

2) fattori soggettivi: che riguardano il soggetto dell’atto.

1) Fattori oggettivi che aggravano, attenuano o escludono il peccato.

Per aversi peccato l’atto deve essere contrario alla Legge divina e che l’atto è giudicato veniale o grave in base alla sua minore o maggiore opposizione a tale Legge.

All’interno della categoria dei peccati gravi vi sono peccati oggettivamente più gravi; all’interno della categoria dei peccati veniali vi sono peccati meno veniali.

L’omicidio di un innocente è oggettivamente in grave opposizione alla Legge divina. L’omicidio dei propri genitori o dei propri figli è oggettivamente più grave dell’omicidio di un estraneo.

Una bugia giocosa è oggettivamente in lieve opposizione alla Legge divina.

Il furto di una piccola somma è oggettivamente in lieve opposizione alla Legge divina, il furto di una somma poco più grande è oggettivamente in opposizione “meno lieve” rispetto alla Legge divina; il furto di una grossa somma è in grave opposizione alla Legge divina.

2) Fattori soggettivi che aggravano, attenuano o escludono il peccato.

Riguardo ai fattori soggettivi possiamo dire che la loro trattazione viene divisa da Merkelbach[213] in due parti:

1) quella che riguarda i fattori incidenti sulla volontarietà degli atti e che include anche quelli incidenti sull’avvertenza della malizia dell’atto;

2) quella che riguarda i fattori incidenti più direttamente sulla libertà.

Altri autori sviluppano altre divisioni.

Regatillo e Zalba, per. es., dividono questa materia in:

1) impedimenti prossimi dell’atto umano;

a) cause influenti sulla conoscenza;

b) cause influenti sulla volizione;

b,1) l’influsso sulla volontarietà;

b,2) l’influsso sulla libertà;

c) cause influenti sull’esecuzione;

2) impedimenti remoti all’atto umano;

a) ostacoli remoti non patologici;

b) ostacoli remoti patologici.[214]

Per gli interessi del nostro studio ci concentreremo sui fattori attenuanti o scusanti oggettivi perché proprio su di essi si concentra l’azione del Papa e dei suoi collaboratori in ordine alla sovversione della dottrina cattolica.

Seguendo la linea di Merkelbach ma arricchendola con i contributi di altri moralisti esamineremo:

1) la volontarietà degli atti umani e le attenuanti o scusanti che la riguardano;

2) la libertà degli atti umani e le attenuanti o scusanti che la riguardano.

Data la notevole difficoltà della materia che affronteremo mi sembra utile presentare qui una brevissima sintesi abbastanza dettagliata, di quanto vedremo nelle prossime pagine, così da permettere al lettore di inquadrare i passaggi fondamentali del nostro discorso e poterlo seguire più agilmente.

 

Sintesi di quanto vedremo nelle prossime pagine

 

Nel paragrafo a) e nei suoi sottoparagrafi:

esamineremo anzitutto il concetto di volontarietà degli atti e alcuni questioni ad essa collegate, ci soffermeremo in particolare sul tema della volontarietà in relazione agli effetti dell’atto, infatti:  “La volontarietà di un’azione comporta, almeno in una certa misura, la volontarietà degli effetti che scaturiscono da tale azione. La valutazione morale dell’azione deve tener conto della moralità delle sue conseguenze. ”[215];

vedremo poi;

1) impedimenti che tolgono del tutto o diminuiscono la volontarietà agli atti umani:

a) impedimenti che rendono la persona incapace di intendere e volere cioè che tolgono alla persona la padronanza di sé: i difetti di ragione, la follia, il sonno, l’ubriachezza, lo stato di sonnambulismo e ipnotismo perfetto, la possessione diabolica etc.; alcune di queste situazioni possono essere volontarie in causa;

b) impedimenti che sono cause prossime dell’involontario, cioè che possono togliere del tutto o diminuire la volontarietà agli atti umani:

b,1) la violenza, che toglie o impedisce l’inclinazione della volontà;

b,2) il timore, che toglie o impedisce l’inclinazione della volontà;

b,3) l’ignoranza che toglie o impedisce la conoscenza intellettuale;

b,4) la concupiscenza, che toglie o impedisce la conoscenza intellettuale.

 

Nel paragrafo b) e nei suoi sottoparagrafi esamineremo anzitutto la libertà umana e le sue caratteristiche fondamentali;

quindi vedremo gli impedimenti all’atto umano libero e in particolare:

1) cause che prossimamente diminuiscono o tolgono la libertà:

a) le passioni;

b) gli abiti e le abitudini;

2) cause che più remotamente impediscono la libertà dell’atto umano;

a) le cause esterne all’uomo:

a,1) quelle che si hanno in ragione dell’origine: i parenti, la patria, la nazione e altre simili;

a,2) quelle che si hanno in ragione dell’educazione corporale, intellettuale, morale e religiosa;

a,3) quelle che si hanno in ragione della condizione sociale, nella quale uno si trova, secondo che è alta o umile etc.;

b) le cause comuni per parte del corpo: età, sesso, forza, capacità naturale, temperamento.

c) quelle comuni per parte dell’anima: il carattere;

d) le perturbazioni psichiche permanenti;

e) le perturbazioni psichiche transitorie;

f) sonno ipnotico.

 

 

a) La volontarietà degli atti e gli impedimenti ad essa.

 

 

Premessa e distinzioni importanti: vari tipi di atti volontari, atti involontari, non volontari e misti.

 

 

La Croce sacra sia la nostra luce.

Abbiamo visto che fondamento dell’imputabilità morale è la volontà libera per la quale l’uomo è autore e signore delle sue azioni.

Sono propriamente dette azioni umane quelle che procedono da volontà deliberata. ( I-II, q. 1 a. 1 co.)

La volontarietà dell’atto è, quindi, un elemento fondamentale per definirlo umano.

Come spiega s. Tommaso, secondo la definizione di Aristotele, di S. Gregorio Nisseno e del Damasceno, la volontarietà denomina una cosa che deriva non solo da un principio che è dentro all’agente, ma con l’aggiunta della scienza; più precisamente la volontarietà richiede che il principio dell’atto sia interno all’agente con una qualche conoscenza del fine. ( Iª-IIae q. 6 aa. 1 e 2)

Questo punto è fondamentale: “ad rationem voluntarii requiritur quod principium actus sit intra, cum aliqua cognitione finis.” ( Iª-IIae q. 6 a. 1 in c. )

Spiega Merkelbach, sulla scia di s. Tommaso, che volontario è ciò che procede da principio intrinseco con conoscenza del fine. Volontario può essere un atto, una omissione, può essere anche un effetto che procede da altra persona. Volontario è ciò che procede direttamente, indirettamente, mediatamente o immediatamente da principio intrinseco con conoscenza del fine.[216]

In questa linea i proff. Colom e Rodriguez affermano: “L’atto volontario può essere definito come l’atto che procede da un principio intrinseco ed è accompagnato dalla conoscenza formale del fine.” [217]   Precisiamo: “L’ atto volontario procede da un principio intrinseco, da una facoltà operativa del soggetto che agisce, quale è la volontà.”[218] Tale atto nasce dall’interiorità del soggetto e in questo si distingue dagli atti involontari o dagli atti violenti.

L’atto volontario è accompagnato dalla conoscenza formale del fine: “”Conoscenza formale del fine” significa che il soggetto conosce “ciò in vista di cui” egli compie l’atto, e lo conosce espressamente come oggetto del suo agire, valutandone la convenienza, in modo tale che la conoscenza ponderata dell’oggetto è l’origine e la causa dell’agire”. [219]

In questo senso l’atto veramente volontario include anche la conoscenza e quindi l’avvertenza della bontà o della malizia dell’atto stesso[220].

Scrive Merkelbach: “Homo non tantum est dominus sui velle et agere, sed etiam sui non agere et non velle, in quantum «volendo et agendo potest impedire hoc quod est non velle et non agere »”[221] L’uomo è padrone del suo volere e agire ma anche del suo non agire e non volere in quanto volendo e agendo può impedire il non volere e non agire. Da questo deriva che: “Secundum diversa quae a voluntate procedunt, voluntarium recte vocatur positivum si procedit positio actus, — negativum si procedit actus omissio.”[222]

1) Vari tipi di atti volontari.

Il volontario può essere positivo se si attua con il compimento di un atto, negativo se si attua con l’omissione di un atto.

Si distingue inoltre il volontario diretto dall’indiretto: è direttamente volontario ciò che procede direttamente dalla volontà e verso cui si porta la volontà, volontario indiretto è ciò verso cui la volontà non si orienta ma che procede da essa indirettamente in quanto poteva proibire ma non proibì o non agì mentre poteva agire, come Merkelbach afferma: “Haec secundum modum diversum a voluntate procedunt, et ideo a S. Thoma respective dicuntur : voluntarium directum, id quod directe ab ea procedit in quantum est agens (sicut calefactio a calore) et in quod voluntas fertur ; — et indirectum, id in quod non fertur sed quod procedit ab ea indirecte in quantum prohibere potuit sed non prohibet, seu non agit dum agere debeat …”[223]

Dunque volontario diretto è ciò che direttamente procede dalla volontà in quanto agente e su cui la volontà si porta cioè lo vuole direttamente; volontario indiretto è ciò su cui la volontà non si porta ma procede indirettamente in quanto poteva proibire qualcosa ma non lo fa e non agisce mentre dovrebbe agire.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma a questo riguardo al n. 1736: “Un’azione può essere indirettamente volontaria quando è conseguenza di una negligenza riguardo a ciò che si sarebbe dovuto conoscere o fare, per esempio un incidente provocato da una ignoranza del codice stradale.”

Perché un’omissione sia volontaria si richiede solo che una persona possa porre un atto che omette e che ometta tale atto sapendo di ometterlo. Perché un effetto di un’omissione sia volontario occorre che l’effetto possa essere moralmente previsto e debba essere previsto, che possa essere evitato e che debba essere evitato.[224]

Si distingue poi il volontario in sé dal volontario in causa e Merkelbach afferma riguardo al primo che si ha volontario in sé quando la volontà si porta direttamente in esso cioè quando lo vuole immediatamente e insieme lo causa con l’azione sia come fine (p. es. un uomo che vuole uccidere il suo nemico) sia come mezzo ordinato al fine (p. es. un uomo vuole uccidere un viaggiatore per rubargli i soldi). [225]

Merkelbach afferma poi riguardo al volontario in causa: “Voluntarium in causa tantum, quando voluntas immediate fertur in causam et non in effectum, i. e. effectum in se ut finem vel medium non vult, sed tamen ipse a voluntate procedit in quantum haec vult et agit aliud quocum tamquam cum causa coniungitur, v.g. dum quis vult inebriari praevidens se in ebrietate blasphemias, impudicitias, homicidium commissurum”[226]

Volontario solo in causa si ha quando la volontà si porta immediatamente sulla causa e non sull’effetto, cioè vuole la causa immediatamente e insieme la produce con l’azione; l’effetto non è voluto come fine o mezzo, in questo caso, ma tale effetto procede dalla volontà in quanto essa vuole e compie qualcosa con cui tale effetto è congiunto come alla sua causa, un caso di questo genere è quello di un uomo che si vuole ubriacare prevedendo che ubriaco compirà bestemmie, impudicizie etc.

2) Differenza tra azioni involontarie, non volontarie e miste.

Accanto alle azioni volontarie ve ne sono altre: non volontarie, involontarie e miste.

a) Azioni involontarie sono quelle in cui manca la volontarietà, cioè che non procedono da principio intrinseco con conoscenza del fine; ciò che caratterizza l’azione involontaria, rispetto alla non volontaria, è la sua contrarietà od opposizione all’atto o alla disposizione abituale della volontà del soggetto. [227]  Aristotele parlava appunto di atti involontari che si distinguono dagli non volontari: “Ciò che si compie per ignoranza è tutto non volontario, ma è involontario quando provoca dispiacere e rincrescimento. Infatti, l’uomo che ha fatto una cosa qualsiasi per ignoranza, senza provare alcun disagio per la sua azione, non ha agito volontariamente, in quanto, almeno, non sapeva quello che faceva, ma neppure involontariamente, in quanto, almeno, non prova dispiacere. Dunque, di coloro che agiscono per ignoranza, quello che non prova rincrescimento può essere chiamato, poiché è diverso, agente non volontario; infatti, poiché il secondo differisce dal primo, è meglio che abbia un suo nome proprio”.[228]

Merkelbach precisa: “Involuntarium est id quod non procedit ex cognitione finis, vel, si adsit cognitio finis, non tamen a principio intrinseco, seu : quod non procedit, a principio intrinseco vel saltem non cum cognitione finis.”[229] L’involontario è ciò che non procede dalla conoscenza del fine  o non procede da principio intrinseco.

Una delle cause più frequenti dell’azione involontaria è la violenza, ma anche l’ignoranza delle circostanze concrete dell’azione.[230] Parleremo più avanti in modo abbastanza approfondito della violenza.

b) Azioni non volontarie. Le azioni non volontarie sono quelle in cui manca la volontarietà cioè che non procedono da principio intrinseco con conoscenza del fine ma, rispetto alle involontarie, in esse manca anche la contrarietà od opposizione all’atto o alla disposizione abituale della volontà del soggetto.

Merkelbach afferma “Deficiente sola cognitione finis, in illo qui cognitionis et voluntarii est capax, involuntarium est negativum seu non voluntarium et est id quod agens non cognoscit ac proinde non prosequitur nec aversatur : sic motus inhonestus ante advertentiam rationis est proprie non voluntarius”[231] Se manca la sola conoscenza del fine in colui che è capace di conoscenza e di volontarietà, l’involontario è negativo, cioè non volontario ed è ciò che l’agente non conosce e non persegue né ad esso si oppone.

Tale non volontarietà è causata per lo più da ignoranza delle circostanze concrete dell’azione, principalmente del suo oggetto. [232]

c) Vi sono poi le azioni miste, in cui volontarietà e involontarietà si mescolano: “Le azioni miste sono delle azioni libere, che però non rispondono a una libera iniziativa della persona.” [233]Sono azioni eseguite vincendo una notevole ripugnanza giacché si oppongono ai desideri del soggetto, vengono compiute a causa di una situazione difficile nella quale il soggetto si trova e non si realizzerebbero al di fuori di questa situazione. La costrizione che determina, sul soggetto, la situazione non elimina di per sé l’imputabilità morale dell’azione, ma talvolta la può attenuare e persino eliminare.[234]

Vieni Spirito Santo, Spirito di Verità, e illuminaci sempre più fortemente.

 

 

a,1) Volontarietà degli effetti dell’atto, loro imputabilità e loro moralità.

 

 

La Croce sacra sia la nostra luce.

Un’ interessante trattazione che mi pare utile per esaminare questo tema è quella che svolgono i proff. Colom e Rodríguez-Luño[235]. Dicono anzitutto questi autori: “La volontarietà di un’azione comporta, almeno in una certa misura, la volontarietà degli effetti che scaturiscono da tale azione. La valutazione morale dell’azione deve tener conto della moralità delle sue conseguenze. ”[236]

I problemi che scaturiscono da quanto appena detto sono, in alcuni casi, molto complessi; qui di seguito vedremo alcuni criteri che aiutano a risolvere questi problemi.

La domanda fondamentale che si pone a questo riguardo è questa: quando si è moralmente responsabili delle conseguenze buone o cattive di un’azione o di un’omissione? Nonostante la tematica sia assai ampia, possiamo precisare 5 principi utili per risolvere i casi che più frequentemente si presentano.

1) Chi compie il male è responsabile delle conseguenze, prevedibili, negative delle sue azioni anche se tali conseguenze non erano state previste dall’agente ( Catechismo Chiesa Cattolica n. 1736); se avesse fatto ciò che è buono o se non avesse compiuto l’azione cattiva, avrebbe potuto evitare tali conseguenze.[237]  Se un ladro butta a terra una persona per derubarla, e in conseguenza della caduta la persona aggredita muore, il ladro è responsabile della sua morte, anche se intendeva solo rubare e non uccidere.

2) Se da un’azione cattiva si producono conseguenze buone esse non possono essere “ascritte come un merito all’agente.”[238]  Non vengono, quindi, ascritte a merito di un ladro le conseguenze buone di un furto, per esempio il fatto che in conseguenza del furto siano scoperte prove per imprigionare un pericoloso criminale autore di molti omicidi.

3)Chi compie azioni buone non è responsabile delle conseguenze negative non prevedibili delle sue buone azioni ( Catechismo Chiesa Cattolica, n. 1737). [239] In quanto imprevedibili, tali conseguenze sono semplicemente non intenzionali. Un uomo che testimonia contro dei criminali e ne determina la condanna non è responsabile se uno dei delinquenti, una volta in carcere, si suicida. [240]

4) Chi evita di compiere un’azione cattiva o vietata non è responsabile delle conseguenze negative previste per essersi sottratto al compimento del male, anche se tali conseguenze sono più immorali dell’azione evitata. Chi evita di farsi corrompere per alterare il risultato di una partita di calcio a favore di un gruppo mafioso che avrebbe da ciò guadagnato molto denaro per comprare droga, non è responsabile del furto a mano armata ad una banca che tale gruppo ha realizzato per comprare la stessa droga.[241]

5)“Non si è colpevoli delle conseguenze negative previste delle azioni buone, purché si verifichino le condizioni che diremo a proposito delle azioni dal duplice effetto.”[242] Tratteremo appunto di tali azioni dal duplice effetto nel prossimo paragrafo.

Dio ci illumini sempre meglio.

 

 

a,2) Le azioni dal duplice effetto.

 

 

Nella linea di quanto visto finora è importante trattare delle azioni dal duplice effetto. Cosa sono le azioni dal duplice effetto? Sono atti che hanno un doppio effetto, in particolare oltre agli effetti desiderati, hanno anche conseguenze non desiderate, ma tollerate per amore dell’effetto buono che si cerca.

Il problema morale si presenta quando uno di questi effetti non desiderati si configura come un male etico: per esempio, vendere un’arma a chi la può usare per rubare. È lecito, occorre chiedersi, realizzare una tale azione dal duplice effetto quando uno di questi effetti si configura appunto come un male morale?

Il Signore ci riempia della sua sapienza.

Per giungere alla risoluzione della questione mi pare sia molto utile iniziare dal seguente testo in cui Pio XII affermò: “Se, per esempio, la salvezza della vita della futura madre, indipendentemente dal suo stato di gravidanza, richiedesse urgentemente un atto chirurgico, o altra applicazione terapeutica, che avrebbe come conseguenza accessoria, in nessun modo voluta né intesa, ma inevitabile, la morte del feto, un tale atto non potrebbe più dirsi un diretto attentato alla vita innocente. In queste condizioni l’operazione può essere considerata lecita, come altri simili interventi medici, sempre che si tratti di un bene di alto valore, qual è la vita, e non sia possibile di rimandarla dopo la nascita del bambino, né di ricorrere ad altro efficace rimedio”[243]

Vediamo meglio …

Un famoso testo di bioetica offre precise risposte alla questione più sopra presentata: “… è lecito compiere un’azione (o ometterla deliberatamente) anche quando questa scelta comporta (…) un effetto cattivo, alle seguenti condizioni:

– che l’intenzione dell’agente sia informata dalla finalità positiva;

– che l’effetto diretto dell’intervento sia quello positivo;

– che l’effetto positivo sia proporzionalmente superiore o almeno equivalente all’effetto negativo;

– che l’intervento (…) non abbia altri rimedi esenti da effetti negativi”[244].

Il problema quindi si risolve nel senso che è lecito realizzare una azione dal duplice effetto che ha anche effetti cattivi quando si verificano, più precisamente, tutte insieme le seguenti condizioni:

1) “L’atto realizzato deve essere in se stesso buono, o quanto meno indifferente.”[245]  Se alcuni effetti sono cattivi, l’atto però deve essere buono o indifferente, infatti, come visto, non è lecito fare del male perché ne venga un bene. S. Paolo scrive a questo riguardo : “E non è come alcuni ci fanno dire: «Facciamo il male perché ne venga il bene»; essi ci calunniano ed è giusto che siano condannati.” (Rm 3, 8). S. Paolo VI afferma in questa linea: “In verità, se è lecito, talvolta, tollerare un minor male morale al fine di evitare un male maggiore o di promuovere un bene più grande, non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene (Rm 3,8), cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali” [246]

2) L’effetto buono si deve raggiungere immediatamente e non attraverso quello cattivo. L’effetto diretto dell’azione deve essere quello positivo e quello negativo deve essere indiretto.[247] Se l’effetto diretto dell’azione è quello negativo, il male è voluto direttamente[248] e l’azione è malvagia!

3)La persona deve avere un’intenzione retta e quindi tale intenzione deve essere orientata all’effetto buono e non a quello cattivo, altrimenti il male sarebbe in sé volontario o almeno sarebbe voluto; perciò, si richiede anche che non vi sia pericolo prossimo di consentire al male o di approvarlo.[249]

4) Deve esistere una ragione di porre in essere la causa che produce il duplice effetto e occorre che tale ragione sia proporzionatamente grave, cioè deve esistere proporzionalità tra il bene che si intende e il male che si tollera ad es. non è moralmente giustificato porre in essere una procedura che ha per effetto anche l’aborto al fine di evitare disturbi leggeri.[250]

“La suddetta proporzionalità esige che l’effetto buono sia tanto più importante quanto:

a) più grave sia il male tollerato;

b) più vicinanza esista tra l’atto realizzato e la produzione del male: … ;

c) maggiore sia la certezza dell’effetto cattivo … ;

d) maggiore sia l’obbligo di impedire il male … ”[251]

Dio ci illumini e ci doni di crescere sempre nella conoscenza della sua Verità.

 

 

a,3) Impedimenti che possono togliere del tutto o diminuire la volontarietà agli atti umani.

 

 

Come spiega molto efficacemente Merkelbach “Impediunt voluntarium et ita actum humanum : 1) ea omnia quibus homo non est sui compos, ut defectus rationis, mentis alienatio, somnus, ebrietas, status somnambulismi vel hypnotismi perfecti, obsessio diabolica, etc., ex quibus tamen quaedam possunt esse voluntaria in causa ; 2) in homine sui compote sunt quatuor causae proximae principales (ad quas aliae reducuntur) quae voluntarium impediunt i.e. tollunt vel minuunt : violentia et metus quae inclinationem voluntatis, concupiscentia et ignorantia quae impediunt intellectualem cognitionem, i.e. tollunt eam vel minuunt. Unde vocantur hostes voluntarii.”[252]

Quindi impediscono la volontarietà:

1)  tutte quelle realtà che rendono la persona incapace di intendere e volere, come: difetto di ragione, alienazione di mente, ubriachezza etc.  alcune di queste realtà possono essere volontarie in causa;

2) nell’uomo capace di intendere e volere gli impedimenti alla volontarietà sono tutte quelle cause che tolgono o diminuiscono la volontarietà, tra esse sono in particolare menzionate: violenza, timore, che agiscono in particolare sull’ inclinazione della volontà, concupiscenza e ignoranza che agiscono in particolare sulla conoscenza intellettuale.

Vedremo qui di seguito questi impedimenti.

 

 

a,3,1) Impedimenti che rendono la persona incapace di intendere e volere.

 

 

Dio ci illumini sempre meglio.

Impedisce la volontarietà dell’atto umano anzitutto tutto quello che rende la persona incapace di intendere e volere cioè che toglie alla persona la padronanza di sé, rientrano tra questi impedimenti: i difetti di ragione, la follia, il sonno, l’ubriachezza, lo stato di sonnambulismo e ipnotismo perfetto, la possessione diabolica etc.

Va precisato che, come vedremo più avanti, i disturbi psichici non sempre provocano incapacità di intendere e volere, occorre verificare caso per caso se la persona aveva in un certo momento e in una certa azione tale incapacità.

Inoltre occorre tenere conto del fatto che alcuni di questi impedimenti possono essere volontari in causa.[253]

Ricordo che volontario solo in causa si ha quando la volontà si porta immediatamente sulla causa e non sull’effetto, cioè vuole la causa immediatamente e insieme la produce con l’azione; l’effetto non è voluto come fine o mezzo, in questo caso, ma tale effetto procede dalla volontà in quanto essa vuole e compie qualcosa con cui tale effetto è congiunto come alla sua causa. [254]

Ricordo anche che “Siamo responsabili delle conseguenze negative delle nostre azioni cattive, anche se queste conseguenze non erano state previste, pur essendo prevedibili ( Catechismo Chiesa cattolica n. 1736). Le avremmo potuto evitare se avessimo fatto ciò che è buono o se non avessimo compiuto l’azione cattiva.”[255]

Inoltre il soggetto può volere oltre alla causa anche l’effetto e cioè l’impedimento, al fine di compiere una certa azione malvagia che altrimenti non riuscirebbe a compiere ad es. si ubriaca per uccidere; in tale caso il peccato è da considerare aggravato dalla premeditazione.

Riguardo al sonno e all’ubriachezza occorre notare anche che essi vanno accuratamente distinti dall’ebbrezza parziale e dallo stato di dormiveglia, in questa linea occorre ricordare che si ha :“ a) avvertenza piena: quando il soggetto si rende chiaramente conto sia di ciò che fa sia della moralità di tale atto;  b) avvertenza parziale o semipiena: quando ci sono ostacoli che rendono difficoltosa, senza annullarla, la piena consapevolezza … ; c) inavvertenza: quando l’ostacolo impedisce totalmente la consapevolezza.” [256]

Faccio notare che colui che è del tutto incapace di intendere e di volere non è capace di ricevere il Sacramento della Confessione, come dicemmo, perché incapace di contrizione. Anche la parziale incapacità di intendere e volere implica incapacità di ricevere il Sacramento della Confessione se la persona è incapace di fare un vero atto di contrizione dolendosi del male fatto e proponendosi efficacemente di vivere, con l’aiuto di Dio, i comandi divini e di fuggire le occasioni prossime di peccato.

La Croce sacra sia la nostra luce.

Il Rituale precisa. “Il sacerdote dovrà considerare attentamente quando e a chi l’assoluzione sia da impartire, o da negare, o da differire; non avvenga che egli assolva chi è incapace di tale beneficio, come sarebbe: chi non dà nessun segno di dolore; chi non vuole deporre un odio o una inimicizia; o chi, potendolo, non vuole restituire l’altrui; chi non vuole lasciare un’occasione prossima di peccato, o altrimenti abbandonare una via di peccato ed emendare la sua vita in meglio; chi ha dato scandalo in pubblico, salvo che dia una pubblica soddisfazione e rimuova lo scandalo; chi è incorso in peccati riservati ai Superiori.”[257]

“Para la validez del sacramento de la p. son necesarios por parte del penitente : la confesion, la contricion con el proposito y la voluntad de satisfacer.”[258] Per la validità della Confessione occorre la contrizione. Se manca la contrizione l’assoluzione è invalida!

Il Codice di Diritto Canonico afferma al can. 99: “Chiunque manca abitualmente dell’uso di ragione, lo si considera non responsabile dei suoi atti ed è assimilato ai bambini.” Il famoso commentario di Chiappetta afferma riguardo al can. 99 che: “questo canone concerne persone affette da gravi infermità mentali (ebeti, idioti, dementi) e stabilisce che chiunque sia destituito abitualmente dell’uso di ragione, non chi sia “minus firmae mentis” (can. 1474 §4(… in realtà è il can. 1478 n.d.r.)), per presunzione di diritto è considerato non responsabile delle sue azioni, ed è assimilato in tutto agli infanti. … La norma del can. 99 riguarda le persone prive abitualmente (habitu) dell’uso di ragione, non in forma passeggera (ad tempus). Trattandosi infatti di insania o demenza temporanea, cessato lo stato patologico e riacquistata la sanità, si recupera nello stesso tempo la normale capacità.  ”[259].  Al can. 1478 §4 si parla dei “minus firmae mentis” cioè degli infermi di mente e si dice: “Gli interdetti dall’amministrazione dei beni e gli infermi di mente, possono stare in giudizio personalmente solo per rispondere dei propri delitti o per disposizione del giudice; per tutto il resto devono agire e rispondere per il tramite dei loro curatori.”

Dio ci illumini sempre meglio.

 

 

a,3,2) Impedimenti che sono cause prossime dell’involontario.

 

 

La Croce sacra sia la nostra luce.

Nell’uomo, che è padrone di sé, quattro sono le cause prossime principali che possono togliere del tutto o diminuire la volontarietà agli atti umani: la violenza e il timore che impediscono l’inclinazione della volontà; la concupiscenza e l’ignoranza che impediscono la conoscenza intellettuale.[260]

Dio ci illumini sempre meglio.

 

 

a,3,2,1) La violenza.

 

 

La Croce sacra sia la nostra luce.

Anzitutto esaminiamo l’impedimento costituito dalla violenza.

Spiega Merkelbach nella sua famosa opera di teologia morale che la violenza è: “… motio quae

procedit a principio extrinseco, contranitente passo, i.e. repugnante eo quod vim patitur.”

La violenza in quanto impedimento è una mozione che procede da un principio estrinseco cui si oppone chi subisce tale violenza.

La violenza, quindi:

1) è inferta da qualcosa o qualcuno che è estrinseco al soggetto;

2) ad essa si oppone chi la subisce.

Perciò, l’azione compiuta sotto violenza si distingue nettamente da ciò che è puramente volontario: ciò che è pienamente volontario, infatti, a differenza di ciò che si compie sotto violenza, è dall’intimo del soggetto.

Sottolineo che per aversi violenza occorre che chi la subisce si opponga con ogni sforzo.

Invece se il “paziente” è naturalmente o volontariamente disposto a patire tale violenza oppure non è indisposto ad essa o è indifferente al patire ciò che è da realtà estrinseca, non siamo in un caso di violenza, si tratta piuttosto di un caso in cui la persona patisce qualcosa che è naturale o volontario o permesso. [261]

Più precisamente, quindi, perché si abbia l’effetto della violenza, cioè un atto violento o coatto nel “paziente” occorre quindi:

1) che tale effetto provenga esclusivamente da un principio estrinseco all’uomo;

2) che l’inclinazione della volontà del paziente la violenza sia opposta a tale effetto;

3) che nel paziente si attui una resistenza che è la necessaria sequela della opposizione della volontà.[262]

Come spiega Merkelbach riguardo a ciò che avviene come causato da principio estrinseco:

1) se il soggetto sottoposto a violenza resiste internamente ed esternamente quanto può a ciò che viene realizzato da principio estrinseco, il fatto è assolutamente violento e del tutto involontario;

2) se il soggetto sottoposto a violenza resiste esternamente ma consente internamente a ciò che viene realizzato da principio estrinseco, l’atto è voluto ma non è volontario o involontario;

3) se il soggetto né consente né resiste ma resta passivo mentre non deve resistere o non deve resistere di più, l’atto non è volontario ma è permesso;

4) se il soggetto sottoposto a violenza non consente ma non resiste quanto deve, a ciò che viene realizzato da principio estrinseco, l’atto è indirettamente volontario;

5) se il soggetto, a ciò che viene realizzato da principio estrinseco, non resiste quanto può  e consente, l’atto è secondo qualcosa violento ma è semplicemente volontario.[263]

Più concretamente in riferimento al caso di una persona che viene spinta con violenza ad un atto gravemente immorale (per es. ad un adulterio, ad un atto omosessuale):

1) se tale persona resiste internamente ed esternamente quanto può a ciò che viene realizzato da principio estrinseco, anche se subisce l’atto, il fatto è assolutamente violento e del tutto involontario;

2) se tale persona resiste esternamente ma consente internamente a ciò che viene realizzato da principio estrinseco, l’atto è voluto e se il consenso è perfetto, e sta insieme alla piena avvertenza, la persona commette un peccato mortale;

3) se tale persona non consente ma non resiste quanto deve, l’atto è indirettamente volontario, se manca il consenso perfetto l’atto non è peccato grave;

4) se tale persona ha piena avvertenza e dà consenso perfetto a una grave mancanza di resistenza riguardo ad un atto grave cui viene spinta e compie tale atto (es. adulterio), in tale mancanza si ha il peccato grave;

5) se tale persona vuole resistere meno di quanto deve e appunto omette di resistere quanto deve e si produce un effetto cattivo grave, si ha volontario solo in causa; se tal mancanza di resistenza è grave e pienamente consentita si ha un peccato grave e la persona è altresì responsabile anche dell’effetto cattivo grave.

Ricordo che volontario indiretto è ciò su cui la volontà non si porta ma procede indirettamente in quanto poteva proibire qualcosa ma non lo fa e non agisce mentre dovrebbe agire. Perché un’omissione sia volontaria si richiede solo che una persona possa porre un atto che omette di porre e che omette tale atto sapendo di ometterlo. Perché  l’effetto di un’omissione sia volontario occorre che l’effetto possa essere moralmente previsto e debba essere previsto, che possa essere evitato e che debba essere evitato. [264] Il Catechismo della Chiesa cattolica afferma al n. 1736: “…. Un’azione può essere indirettamente volontaria quando è conseguenza di una negligenza riguardo a ciò che si sarebbe dovuto conoscere o fare, per esempio un incidente provocato da una ignoranza del codice stradale.”

Ricordo che volontario solo in causa si ha quando la volontà si porta immediatamente sulla causa e non sull’effetto, cioè vuole la causa immediatamente e insieme la produce con l’azione, o con l’omissione; l’effetto non è voluto come fine o mezzo, in questo caso, ma tale effetto procede dalla volontà in quanto essa vuole e compie qualcosa con cui tale effetto è congiunto come alla sua causa.[265]

Ricordo anche che: “Siamo responsabili delle conseguenze negative delle nostre azioni cattive, anche se queste conseguenze non erano state previste, pur essendo prevedibili ( Catechismo Chiesa cattolica n. 1736). Le avremmo potuto evitare se avessimo fatto ciò che è buono o se non avessimo compiuto l’azione cattiva.”[266]  Se un ladro butta a terra una persona per derubarla, e in conseguenza della caduta la persona aggredita muore, il ladro è responsabile della sua morte, anche se intendeva solo rubare e non uccidere.

Preciso che la persona che viene spinta con violenza ad un atto grave e, pur non consentendo, omette di resistere quanto può e deve, è dunque responsabile anche dell’effetto negativo della sua omissione di dovuta resistenza, anche se questo effetto non era stato previsto, pur essendo prevedibile.

Alcune distinzioni nell’ambito della violenza di cui parliamo.

Si distingue una violenza strettamente detta o assoluta e perfetta che si verifica quando colui che la riceve si oppone quanto può (ad es. morte inferta a chi difende la vita) da una violenza imperfetta o secondo qualcosa che si verifica quando chi la riceve resiste ma non quanto può.[267]

Inoltre la violenza fisica va distinta dalla violenza morale che si realizza con minacce e che rientra piuttosto nell’impedimento del grave timore incusso.

Si può esercitare violenza sulla volontà?

S. Tommaso afferma anzitutto che sono due gli atti della volontà: il primo le appartiene immediatamente, perché da essa promana, cioè il volere; il secondo appartiene alla volontà perché sebbene venga compiuto da un’altra potenza, viene tuttavia comandato dalla volontà, come esempi di questo secondo tipo di atti della volontà possiamo portare il camminare e il parlare, che sono atti comandati dalla volontà mediante la facoltà di movimento. Ora la volontà può subire violenza rispetto agli atti da essa comandati, perché con la violenza si può impedire che le membra eseguano il comando della volontà. All’atto proprio della volontà che è il volere non è possibile fare violenza ( Iª-IIae q. 6 a. 4).

S. Anselmo afferma: “Velle non potest invitus, quia velle non potest nolens velle, nam omnis volens ipsum suum velle vult.”[268]Non può volere chi non vuole perché non può volere chi non vuole volere infatti ogni volente vuole il suo proprio volere.

S. Tommaso aggiunge che l’involontarietà si oppone alla volontarietà, la volontà può subire violenza rispetto agli atti imperati e la violenza determina l’involontarietà proprio di codesti atti ( Iª-IIae q. 6 a. 5 ). Quello che è contro natura si denomina innaturale, quello che è contrario alla volontà si denomina  involontario, la violenza causa l’involontario perché la violenza si contrappone direttamente alla volontarietà e alla spontaneità naturale; sia il fatto volontario che quello naturale derivano da un principio intrinseco; invece, il fatto violento deriva da un principio estrinseco ( I-II q. 6 a. 5).

Ciò che viene fatto con la violenza esercitata contro di noi si oppone alla nostra volontà ed è involontario.

Neppure Dio può costringere la volontà dicono i Dottori, in particolare s. Bonaventura (  In II Sententiarum , dist. 25, pars 2, a. un., q. 5. 62) e s. Tommaso d’ Aquino ( De veritate. q. 22, a. 8).

Nel diritto canonico la violenza è causa di nullità, il can. 125 afferma: “§1. L’ atto posto per violenza inferta dall’esterno alla persona, cui essa stessa in nessun modo poté resistere, è nullo.”

La violenza priva di qualsiasi consistenza e valore in particolare, cioè rende invalidi: l’ammissione al noviziato (can. 643), la professione religiosa (cann. 656, 658), il matrimonio (can. 1103), il giuramento promissorio (can. 1200), la confessione giudiziale delle parti (can. 1538), la sentenza giudiziaria (can. 1620).

La violenza, in particolare la violenza assoluta, è causa esimente, cioè esclude l’imputabilità e la pena, per le violazioni della legge o del precetto (can. 1323).

Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma al n. 1628, riguardo al matrimonio: “Il consenso deve essere un atto della volontà di ciascuno dei contraenti, libero da violenza o da grave costrizione esterna [cf. Codice di Diritto Canonico, 1103]. … Se tale libertà manca, il matrimonio è invalido.”

Dio ci illumini sempre meglio.

 

 

a,3,2,2) Il timore.

 

 

La Croce sacra sia la nostra luce.

Passiamo quindi all’impedimento costituito dal timore.

Possiamo dire che il timore è una specie di violenza morale che consiste in una pressione psicologica che si attua attraverso minacce, che non esclude per sé il volontario ma ne diminuisce la libertà degli atti.

Più tecnicamente Merkelbach ha potuto definire il timore come “… passio appetitus sensitivi

irascibilis qua refugimus malum sensibile futurum vitatu difficile .”[269] Il timore è una passione dell’appetito sensitivo per cui rifuggiamo un male sensibile futuro difficile da evitarsi.

La definizione classica del timore è: “Mentis trepidatio (i. e. inquietudo et perturbatio)

instantis vel futuri mali seu periculi causa”: perturbazione della mente a causa di un male presente o futuro. La causa che provoca il timore è morale e influisce per modo di oggetto conosciuto cioè proponendo un pericolo, per cui il timore è da principio intrinseco con conoscenza.[270]

Il timore è una delle passioni, come spiega bene il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 1765: “Le passioni sono molte.  …  Il timore del male causa l’odio, l’avversione e lo spavento del male futuro. Questo movimento finisce nella tristezza del male presente o nella collera che gli si oppone.”

Il timore può essere:

– incusso quando è causato da una causa esterna libera;

– ricevuto (susceptus) quando proviene da causa naturale.

Il timore incusso può essere: giusto se colui che incute tale timore ha il diritto di causare timore, ingiusto se tale diritto in lui manca.

Il timore può essere grave quando il male temuto è grande e certo o probabilmente imminente; il timore è lieve quando si teme un male leggero o un male grave ma che non è probabilmente imminente. Più precisamente occorre dire che il timore può essere assolutamente grave o relativamente grave secondo che lo si consideri secondo la sua natura o secondo le caratteristiche della persona che subisce tale timore.[271]

Va distinto poi un timore antecedente che spinge la persona ad agire e un timore concomitante per cui la persona agisce con timore.

Riguardo al timore spiega s. Tommaso che, secondo l’insegnamento del Filosofo (Aristotele) e di s. Gregorio Nisseno, le azioni compiute per timore “sono un misto di volontarietà e di involontarietà”. Infatti l’azione compiuta per timore considerata per se stessa, non è volontaria; ma diventa volontaria nella contingenza particolare, e cioè per evitare il male che la persona teme. Se però si considerano attentamente, queste azioni sono più volontarie che involontarie poiché assolutamente parlando sono volontarie, e involontarie secondo qualcosa: sono semplicemente volontarie poiché il loro principio è interiore e la persona, considerata la situazione, vuole quegli atti e li compie; d’altra parte la persona compie tali atti con ripugnanza e non li compirebbe se non fosse spinta dal timore, perciò tali atti sono fatti involontari in senso relativo cioè facendo astrazione dalle circostanze concrete ( I-II q. 6 a.6).

Dio ci illumini sempre meglio.

Quello che si fa con timore è perfettamente libero e volontario.

Quello che si fa mossi dal timore è ordinariamente un misto di volontario e involontario.

In alcuni casi, tuttavia, l’atto compiuto per timore non è involontario in senso relativo, quando cioè il timore esclude anche l’amore al bene cui si oppone l’atto compiuto, e allora si ha un atto puramente volontario, è il caso del peccatore che per timore delle pene dell’inferno si duole del peccato fatto e per tale timore perde ogni affetto al peccato e vuole puramente dolersi dei peccati fatti [272]. In altri casi, il timore, se è molto veemente e perturba la ragione così da togliere la sua deliberazione e il suo uso, toglie ogni volontarietà all’azione e fa che essa non sia semplicemente volontaria.[273] Il timore regolarmente e per se non scusa da ogni peccato perché resta la volontarietà che è sufficiente per il peccato, il timore diminuisce tuttavia la responsabilità per il peccato, è quindi un’attenuante, in quanto l’atto è involontario secondo qualcosa e quindi è meno volontario e meno libero; tale attenuante tuttavia non è così importante da rendere, ordinariamente, veniale un peccato mortale commesso perché generalmente il timore lascia una deliberazione sufficiente sicché il peccato sia mortale.

Il timore scusa da peccato mortale se impedisce la perfetta deliberazione dell’atto, cioè il consenso perfetto, e scusa da ogni peccato se toglie ogni deliberazione.

Il timore grave non scusa mai per il compimento di un atto intrinsecamente malvagio che è proibito dalla Legge naturale come in sé stesso malvagio.[274] Come vedremo anche qui di seguito, le leggi morali negative (che riguardano gli atti intrinsecamente cattivi) obbligano pure con timore grave; per esempio, non si può apostatare neanche per timore della morte.

Spiegano i proff. Colom e Rodríguez-Luño, infatti, riguardo al rapporto del timore con l’imputabilità morale che :

1) Il timore diminuisce la volontarietà, sebbene normalmente non l’annulli, d’accordo con la sua gravità oggettiva e soggettiva …

2) Le leggi positive non obbligano in caso di timore grave, poiché non obbligano “cum grave incommodo” … Sebbene tali leggi obblighino con timore lieve …

3)Le leggi morali negative (che riguardano gli atti intrinsecamente cattivi) obbligano pure con timore grave …

4)Superare il timore è segno di maggiore volontarietà …

5)Il timore può rendere nulli o almeno rescindibili certi atti che, per la loro importanza e conseguenze, richiedono una libertà piena.  … “[275]

Sottolineo che, riguardo a situazioni in cui una persona sia spinta da timore a compiere un atto oggettivamente grave, come può essere l’adulterio o un atto omosessuale, il timore scusa da peccato mortale se impedisce la perfetta deliberazione dell’atto, cioè il consenso perfetto, e scusa da ogni peccato se toglie ogni deliberazione.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma al n. 2282: “Gravi disturbi psichici, l’angoscia o il timore grave della prova, della sofferenza o della tortura possono attenuare la responsabilità del suicida.”

Sottolineo anche che le leggi morali negative (che riguardano gli atti intrinsecamente cattivi) obbligano pure con timore grave: non si può apostatare neanche per timore della morte, non si possono compiere atti impuri neanche per timore di danni o di morte per la propria famiglia o per sé stessi.

Il Codice di Diritto Canonico, realizzato sulla base della dottrina cattolica, afferma, nella linea di quanto detto finora, al can. 125: “L’atto posto per timore grave, incusso ingiustamente, o per dolo, vale, a meno che non sia disposto altro dal diritto; ma può essere rescisso per sentenza del giudice, sia su istanza della parte lesa o dei suoi successori nel diritto, sia d’ufficio.”

Il timore quindi per sé non rende nullo l’atto, tranne che sia disposto diversamente dal diritto e tranne che il soggetto, per le sue particolari condizioni psichiche, ne sia talmente turbato da perdere totalmente il suo equilibrio e non sia più padrone di sé, cioè “compos sui”; in questi casi di squilibrio si parla di timor panico o terrore.

Il timore grave e ingiusto rende invalido il voto religioso (can. 1191) e la rinuncia ad un ufficio ecclesiastico (can. 188)

Il timore grave incusso dall’esterno rende nullo il matrimonio (can. 1103)

Il timore grave rende invalido il giudizio promissorio (can. 1200), l’ammissione al noviziato (can. 643), la professione religiosa (can. 656), il suffragio elettorale (can. 172), la confessione giudiziale e qualsiasi altra dichiarazione delle parti (can. 1538), la sentenza emessa dal giudice (can. 1620), la remissione di una pena (can. 1360)

Il timore grave è causa esimente, cioè esclude l’imputabilità e la pena, o attenuante in ordine all’imputabilità e alla pena (cann. 1323s)

Dio ci illumini sempre meglio

 

 

a,3,2,3) Ignoranza.

 

 

La Croce sacra sia la nostra luce.

L’ignoranza per la morale cattolica può definirsi come: carenza di conoscenza nel soggetto che è di essa capace.[276]

Riguardo all’ ignoranza spiega  s. Tommaso ( Iª-IIae q. 6 a. 8 co) che  essa può causare atti involontari in quanto sottrae la conoscenza necessaria all’atto volontario, ma questa conoscenza non viene tolta da qualsiasi ignoranza; occorre considerare, spiega il s. Dottore, che l’ignoranza si può relazionare in tre modi con l’atto della volontà: primo, con un rapporto di concomitanza; secondo, con un rapporto di conseguenza, cioè l’ignoranza è effetto di un atto di volontà; terzo con un rapporto di antecedenza, cioè l’ignoranza è causa di un atto di volontà.

1) L’ignoranza precede la volontà quando non è volontaria ma causa il volere una cosa che la persona altrimenti non vorrebbe; è il caso di chi, ignorando una circostanza che non era tenuto a conoscere, compie quello che non avrebbe fatto se l’avesse conosciuta; p. es. una persona, prese le debite cautele, ignorando che un uomo è per la strada, lancia una freccia e uccide quell’uomo. Tale ignoranza causa un fatto assolutamente involontario ( Iª-IIae q. 6 a. 8 co.). Ciò che avviene per ignoranza involontaria che antecede il fatto è positivamente e semplicemente involontario e tale ignoranza scusa riguardo a ciò che si ignora.[277]

2) L’ignoranza si relaziona con un rapporto di concomitanza con l’atto della volontà, quando l’ignoranza riguarda un’azione, che la persona realizzerebbe ugualmente anche se non mancasse la conoscenza. Allora infatti l’ignoranza non spinge a volere che l’azione si compia, ma accade che questa azione viene compiuta pur essendo ignorata, come quando, p.es, uno che desidera uccidere il suo avversario, l’uccide senza saperlo, credendo di uccidere un cervo ( Iª-IIae q. 6 a. 8 co.). Questa ignoranza non causa un atto involontario, come dice Aristotele, poiché non produce un’azione che ripugna alla volontà: ma genera un atto non volontario, poiché non può essere voluto ciò che è ignorato. [278]

3)L’ignoranza può avere con la volontà un rapporto di conseguenza cioè l’ignoranza può essere conseguenza della volontà, in quanto la stessa ignoranza può essere volontaria ( Iª-IIae q. 6 a. 8 co.). E ciò avviene nei due modi dell’atto volontario.

a) Nel primo modo, quando l’atto della volontà ha per oggetto l’ignoranza: è il caso di chi vuole ignorare per avere una giustificazione per il compimento dell’atto peccaminoso, o di chi vuole ignorare per non essere distolto dal peccato, secondo le parole della Scrittura: ” … non vogliamo la conoscenza delle tue vie” (Giobbe 21,14). Questa ignoranza si dice affettata[279], s. Tommaso precisa che tale ignoranza è un’aggravante (I-II q. 76 a. 4); secondo Zalba tale ignoranza è aggravante allorché è causata dal disprezzo della legge e dell’autorità.[280]

b) Si dice poi che l’ignoranza è volontaria nella seconda maniera, quando riguarda cose che uno può e deve conoscere; non agire, o non volere, in questo caso, è un atto volontario. Si parla d’ignoranza in questo senso, sia nel caso di chi non considera attualmente quello che può ed è tenuto a considerare e questa è l’ignoranza di cattiva scelta, e che proviene dalla passione o dall’abitudine, sia nel caso di uno che non si cura di acquistare le nozioni che è tenuto a possedere; rientra in questo caso l’ignoranza dei principi più comuni della legge, che ciascuno e tenuto a conoscere, la quale ignoranza si dice volontaria, perché proviene dalla negligenza. Ora, essendo questa ignoranza, che riguarda cose che uno può e deve conoscere, volontaria in uno dei modi suddetti, non può causare un atto semplicemente involontario, ma causa un atto semplicemente volontario che tuttavia secondo qualcosa, in quanto precede il moto della volontà nel compimento di un’azione che non avverrebbe se ci fosse la conoscenza, è involontario. Tale ignoranza diminuisce la volontarietà e il peccato sulla base del grado di vincibilità di tale ignoranza e in alcuni casi può rendere veniale un peccato mortale. [281]

Il Catechismo della Chiesa Cattolica parla di ignoranza imputabile al n. 1791 dove afferma che essa si verifica: “«quando l’uomo non si cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all’abitudine del peccato» (Gaudium et spes, 16).”

Inoltre lo stesso Catechismo afferma al n. 1860: “L’ ignoranza involontaria può attenuare se non annullare l’imputabilità di una colpa grave.”

La sana dottrina distingue l’ignoranza di diritto dall’ignoranza di fatto. L’ignoranza di diritto è quella per cui non si conosce l’esistenza della stessa legge, l’estensione di tale legge e/o il suo senso. L’ignoranza di fatto è quella per cui si ignora e quindi non si conosce la concreta circostanza di fatto che determina l’applicazione della legge presente.[282]

Scrive s. Alfonso riguardo all’ignoranza, riprendendo s. Tommaso, che: “…  l’ignoranza in qualche modo è volontaria, o per negligenza, o per passione, o per mal abito, o per volontaria inconsiderazione nell’operare.

E per 1. l’ignoranza si fa volontaria per la negligenza, come scrive l’angelico in più luoghi. … Per 2. l’ignoranza si fa volontaria per la passione che taluno vuol deliberatamente seguire … Per 3. l’ignoranza si fa volontaria per ragione del mal abito, come dice lo stesso s. Tommaso nel luogo sopra citato (I-II q. 6. a. 8.), poiché tutti gli atti mali, che dal mal abito provengono, o sono volontari nella sua causa, cioè nel contrarsi il mal abito, o più presto (come io sento con Antoine, e coll’autore dell’istruzione per li confessori novelli, e come si dirà più a lungo al capo ultimo, num. 19) tali mali abituali hanno sempre qualche attual cognizione dei loro atti cattivi; ma perché il peccato per causa del mal abito fa loro poca impressione, perciò appresso non se ne ricordano, e dicono di non averlo avvertito, ma il confessore non dee crederli. Per 4. finalmente l’ignoranza si fa volontaria e colpevole, come dicono Tannero ed Antoine(Tanner. tom. 2. d. 4. q. 5. a. n. 103. Ant. de pecc. c. 4. q. 7. in fin.) con s. Antonino, quando l’uomo nell’operare avvertentemente trascura di porvi quella considerazione che richiede la cosa: Quando adest (dice Antoine) illa reflexio intellectus advertentis, esse amplius considerandum, aut inquirendum, et voluntas vult agere sine maiori consideratione.

All’incontro in ogni conto dee tenersi, che se l’ignoranza in niuno de’ predetti modi è stata volontaria, e l’uomo non ha avuta alcuna avvertenza attuale della malizia dell’atto, o del suo pericolo, né direttamente, né indirettamente, né in sé, né nella sua causa, allora non gli si debbono imputare gli errori che non avverte.”[283]

Al tema dell’ignoranza si lega quello della coscienza dubbiosa; ricordo che chi dubita che un atto sia un peccato grave e lo compie, compie un peccato grave.  Lo dicemmo più sopra.

È necessario adoperarsi perché la pienezza della Luce di Cristo entri nella nostra coscienza sicché essa sia corretta dai suoi errori, sia cancellata l’ignoranza in noi e possiamo agire sempre mossi dalla Verità.

Precisa il s. Dottore Angelico che l’ignoranza riguarda noi peccatori ma non riguardava Cristo; in Lui dobbiamo escludere in modo assoluto l’ignoranza e la concupiscenza, tali imperfezioni, infatti, sarebbero state sconvenienti alla sua missione ( III q.15.)

L’ignoranza a volte esclude completamente la colpevolezza del soggetto e quindi scusa totalmente dal peccato, in altri casi attenua il peccato. Se una persona uccide un uomo non capendo che è suo padre sarà reo di assassinio ma non di parricidio, il peccato resta grave ma non così grave come il parricidio.

Dato lo stretto legame del diritto canonico con la teologia morale mi pare interessante offrire una breve sintesi di ciò dice riguardo all’ignoranza tale diritto ordinamento giuridico.

L’ignoranza, nel diritto canonico, è la mancanza di conoscenza dovuta e si distingue dall’errore che è un falso giudizio circa qualcosa, dall’inavvertenza che è mancanza di attenzione e dalla dimenticanza che è la perdita della conoscenza acquisita.[284]

All’ignoranza e all’errore è equiparata l’inavvertenza, l’atto che segue ad essi può essere nullo, valido e rescindibile. L’atto è nullo se l’ignoranza o l’errore riguardano un elemento essenziale dell’atto o ricadono su una condizione “sine qua non” (errore sostanziale). L’atto è valido negli altri casi (errore accidentale), a meno che il diritto disponga diversamente, ma è rescindibile mediante azione rescissoria.[285]

Per espressa statuizione di legge l’errore rende nulli: la rinuncia ad un ufficio ecclesiastico determinata da errore sostanziale (can. 188) e il matrimonio in casi determinati (can. 1097. 1099) L’ignoranza circa la natura del matrimonio può pregiudicare il consenso matrimoniale (can. 1096)

Riguardo agli effetti dell’errore circa imputabilità e pena occorre dire che esso è in alcuni casi causa esimente (can. 1323) in altri è causa attenuante (can. 1324).

Una particolare ignoranza è quella detta crassa o supina; il can. 1325 afferma: “L’ignoranza crassa o supina o affettata non può mai essere presa in considerazione nell’applicare le disposizioni dei cann.  1323 e  1324; parimenti non si considerano l’ubriachezza o altre perturbazioni della mente se ricercate ad arte per mettere in atto il delitto o scusarsene, e la passione volontariamente eccitata o favorita.” Queste circostanze non diminuiscono in nessun modo l’imputabilità del soggetto.  L’ignoranza crassa o supina è quella che è dovuta a pigrizia o disinteresse completo, il soggetto non fa nulla per liberarsi da tale ignoranza anche se potrebbe liberarsene. L’ignoranza affettata è quella voluta per non osservare la Legge.[286]

La Croce sacra sia la nostra luce.

 

 

a,3,2,3,1) Precisazioni importanti su ignoranza vincibile e invincibile.

 

 

Si distingue, in dottrina, una ignoranza invincibile da una vincibile; la prima, detta anche involontaria, è quella che non può essere superata con la diligenza morale, la seconda, detta anche volontaria, è quella che può essere superata dalla diligenza morale.[287]

S. Alfonso precisa in questa linea che: “Un tale studio poi, o sia diligenza per toglier l’ignoranza …. non ha da esser somma, ma basta che sia morale, cioè quella che suol comunemente usarsi da’ prudenti nelle cose gravi. Sopravvenendo il dubbio, l’ignorante dee consigliarsi co’ periti; il dotto poi dee consigliarsi co’ libri, o pure con altri dotti.”[288]

L’ignoranza vincibile è colpevole se deve essere superata, è incolpevole se non deve essere superata.[289]

Riguardo all’ ignoranza invincibile, cioè quella che non può essere superata con la diligenza morale, occorre precisare che tale diligenza è quella che le persone prudenti sogliono avere nelle situazioni concrete in cui si trovano e che appunto varia secondo le varie circostanze ad es. maggiore deve essere nel sacerdote che nel fedele, maggiore deve essere allorché è in pericolo la vita di qualcuno piuttosto che quando si tratta di beni di fortuna.[290]

Spiegano i proff. Colom e Rodríguez-Luño che: “l’ignoranza invincibile è quella che domina a tal punto la coscienza, da non lasciare alcuna possibilità di riconoscerla e di allontanarla.”[291]

Ulteriori precisazioni per riconoscere l’ignoranza invincibile sono le seguenti:“ L’ignoranza è invincibile: a) quando la persona non sospetta nemmeno che la propria opinione è errata e che, pertanto, deve essere abbandonata; b) quando, nonostante la riflessione, lo studio e le domande a persone prudenti e sperimentate su un certo problema, si arriva sinceramente a una soluzione oggettivamente erronea, anche se il soggetto non è affatto consapevole di ciò.”[292]

L’ignoranza invincibile elimina la libertà e l’imputabilità morale dell’atto, essa è incolpevole e causa un atto involontario o non volontario.[293]

Dice s. Tommaso che “… tutti sono tenuti a conoscere comunemente le cose di fede, e i precetti generali del diritto: ciascuno poi è tenuto a conoscere i doveri del proprio ufficio. … Ora, è evidente che fa un peccato di omissione chiunque trascura il possesso, o il compimento delle cose che è tenuto ad avere o a compiere. Perciò l’ignoranza di ciò che si è tenuti a conoscere è peccato, a causa della negligenza. Ma non si può attribuire a negligenza l’ignoranza di quanto non si può conoscere. Ecco perché quest’ultima ignoranza si denomina invincibile: per l’impossibilità di vincerla col nostro impegno. E non essendo volontaria, per l’impossibilità, in cui siamo, di allontanarla, codesta ignoranza non è peccato. Da ciò si conclude che l’ignoranza invincibile non è mai peccato e che l’ignoranza vincibile è peccato solo se si tratta di cose che uno è tenuto a sapere.”[294]

S. Alfonso M. de Liguori spiega, riprendendo il testo di s. Tommaso appena visto (I-II q. 76 a. 2) che non si dà ignoranza invincibile dei primi principi della legge morale naturale e neppure delle conclusioni immediate di essi, come sono i 10 comandamenti[295].

Nella linea di s. Alfonso, il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma al n. 2072 : “ I dieci comandamenti sono incisi da Dio nel cuore dell’essere umano.”

Di essi, evidentemente, non si dà ignoranza invincibile perché Dio li ha incisi in noi e ci aiuta a conoscerli.

Riguardo all’ignoranza vincibile occorre dire che si danno almeno tre gradi di ignoranza vincibile: semplicemente vincibile, ignoranza crassa, ignoranza affettata. Semplicemente vincibile è l’ignoranza che la persona cerca di superare ma non facendo tutto quello che può. Ignoranza crassa è quella di colui che per acquisire la scienza dovuta non fa nulla o quasi. Ignoranza affettata è quella di colui che espressamente e industriosamente vuole ignorare per qualsiasi scopo. [296]

Tra i tre tipi di ignoranza vincibile appena visti quella moralmente più negativa è l’affettata che implica una volontà precisa di ignorare, poi viene la crassa che implica grande negligenza nel ricercare la verità e quindi la semplicemente vincibile.

L’ignoranza affettata è, come detto, in alcuni casi un’aggravante del peccato che attraverso essa si commette.

L’ignoranza vincibile è volontaria sia direttamente in sé sia solo indirettamente per negligenza.[297]

Spiegano Colom e Rodríguez-Luño che l’ignoranza vincibile non elimina la libertà e l’imputabilità morale dell’atto, anche se a volte può attenuarla. Occorre valutare bene se questa ignoranza presupponga una colpa grave o lieve e se presupponga una volontà di ignorare per poter fare ciò che si vuole o se derivi da una negligenza che attenua la responsabilità[298].

Sulla scia di Zalba e Regatillo[299] mi pare corretto affermare che l’ignoranza vincibile va distinta con precisione in base alla colpa morale in:

a) grave, se in cosa grave e con grave negligenza si manca di effettuare la ricerca moralmente possibile;

b) lieve, se in cosa lieve si omette la ricerca anche totalmente.

Sia l’ ignoranza affettata, che l’ignoranza crassa che la semplicemente vincibile mi pare possano dare luogo ad ignoranza grave o lieve.

In particolare mi pare importante precisare, sulla base di quanto detto che:

– la semplicemente vincibile può essere gravemente colpevole se  la persona in materia grave cerca di superare tale ignoranza ma lo fa con grave negligenza;

– l’ignoranza affettata è lievemente colpevole se riguarda cosa lieve;

– l’ignoranza crassa è lievemente colpevole se riguarda cosa lieve.

 

 

a,3,2,4) La concupiscenza.

 

 

Dio ci illumini sempre meglio.

La concupiscenza va qui intesa, come indica I-II q. 73 a. 6 ad 2, come qualsiasi moto dell’appetito sensitivo, cioè è intesa come una passione[300],  o come moto della volontà tendente verso il bene dilettevole per raggiungerlo[301].

La concupiscenza, spiega s. Tommaso, non è causa di atti involontari, ma piuttosto, in molti casi, rende volontari gli atti; se la concupiscenza toglie completamente la cognizione essa distrugge la volontarietà[302]. Un’azione si dice che è volontaria, perché la volontà si porta verso di essa. Ora, la concupiscenza inclina la volontà a volere ciò che essa stessa brama. Dunque la concupiscenza giova più a rendere volontaria un’azione che a renderla involontaria. S. Tommaso spiega ulteriormente che in colui che agisce per timore rimane la ripugnanza della volontà verso l’azione che viene compiuta, considerata per se stessa, perciò quello che si compie per timore in qualche modo è involontario, ma non è in nessun modo involontario quello che si compie per concupiscenza infatti in colui che agisce per concupiscenza, p. es., nell’incontinente, non rimane la volontà che in antecedenza ripudiava l’allettamento, perché essa cambia e passa a volere quello che prima ripudiava. Quindi la concupiscenza porta, chi si lascia guidare da essa, a volere il male che prima ripudiava. Chi non sa tenere a freno la concupiscenza agisce contro quello che prima si proponeva, ma non contro quello che vuole adesso, invece chi teme agisce contro quello che di per sé attualmente vorrebbe. ( Iª-IIae q. 6 a. 7 co)

La Croce sacra sia la nostra luce.

Qualora la concupiscenza togliesse completamente la cognizione, come capita in coloro che a motivo di essa diventano pazzi, essa distruggerebbe la volontarietà ma neppure in questo caso si avrebbe un fatto involontario poiché negli esseri privi di ragione non esistono né atti volontari né atti involontari; gli atti di un tale bruto non sono atti umani ma atti dell’uomo.  [303]

S. Alfonso afferma a questo riguardo che: l’intelletto può essere così rapito dal piacere dell’oggetto che gli è offerto che non avverta alcuna malizia morale in esso.[304]

Spesso, però, negli atti compiuti per concupiscenza la cognizione non è assente totalmente, poiché viene a mancare non la facoltà di conoscere, bensì la considerazione attuale in un’azione particolare, ma anche questa mancanza (cioè questo non considerare) è volontaria, in quanto è detto volontario ciò che ricade sotto il potere della volontà, quindi anche il non agire e il non volere, come pure il non considerare: infatti la volontà ha il potere di resistere alla passione e quindi ha il potere di considerare attualmente l’azione particolare. ( Iª-IIae q. 6 a. 7 co)

Ordinariamente, spiegano Damen e Aertnys, la concupiscenza non toglie la sufficiente avvertenza della ragione e quindi chi segue la concupiscenza pone un atto volontario e libero.[305]

S. Tommaso distingue:

1) una passione e quindi una concupiscenza che sta prima dell’atto e spinge ad esso, essa è un’attenuante;

2) una passione e quindi una concupiscenza che consegue all’atto peccaminoso, essa è piuttosto un’aggravante, spiega infatti il s. Dottore: “… la passione conseguente non diminuisce il peccato, ma piuttosto lo aggrava: anzi, è un segno della sua gravità, poiché mostra l’intensità del volere nell’atto del peccato. E da questo lato è vero che uno pecca tanto più gravemente, quanto più forte è il piacere e la concupiscenza con cui pecca.”[306]

La concupiscenza in quanto precede l’atto e spinge ad esso aumenta la volontarietà di esso ma diminuisce la libertà di tale atto perché fa che l’intelletto percepisca meno il male dell’oggetto e fa che l’intelletto proponga tale oggetto come maggiormente amabile, quindi diminuisce la libertà della persona e risulta essere un’attenuante se il peccato con essa viene compiuto. [307]

S. Tommaso precisa che: “La brama che aggrava il peccato è quella che si riduce all’inclinazione della volontà. La brama invece dell’appetito sensitivo diminuisce il peccato: poiché quanto più uno è spinto dalla passione, tanto più leggero è il suo peccato. È in questo senso che è fortissima la brama nella fornicazione.”[308]

Cioè la brama volontaria del peccato aggrava il peccato, ma la brama che deriva dalla concupiscenza non è volontaria ma è passionale quindi è ordinariamente un’attenuante, se invece la concupiscenza è “accesa” dalla persona stessa per compiere certi atti è certamente volontaria ed effetto di un atto di volontà della persona, ed è un’aggravante.[309]

I moti della concupiscenza detti “primo-primi” che non vengono seguiti da consenso deliberato mancano di ogni colpa. I moti della concupiscenza “secundo-primi” che si compiono con imperfetta avvertenza e imperfetto consenso in materia grave, sono peccati veniali. I moti “secundi” deliberati che si compiono con piena avvertenza e pieno consenso in materia grave sono certamente peccati gravi anche se la veemenza della passione è un’attenuante. [310]

La Croce sacra sia la nostra luce.

 

 

b) Gli atti liberi e gli impedimenti ad essi.

 

 

La Croce sacra sia la nostra luce.

S. Tommaso afferma: “Unde illae solae actiones vocantur proprie humanae, quarum homo est dominus. Est autem homo dominus suorum actuum per rationem et voluntatem, unde et liberum arbitrium esse dicitur facultas voluntatis et rationis. Illae ergo actiones proprie humanae dicuntur, quae ex voluntate deliberata procedunt.”(I-II, q. 1 a. 1 co.)

Si dicono propriamente umane solo quelle azioni delle quali l’uomo è signore. L’uomo è signore dei suoi atti attraverso la ragione e la volontà. Sono propriamente dette azioni umane quelle che procedono da volontà deliberata.

Libero è ciò che è immune da vincolo; duplice può essere il vincolo: esterno o interno. Vincolo esterno è una causa che agisce e determina dall’esterno, da essa è immune tutto ciò che è volontario, che perciò è detto libero da coazione e violenza e da forza esterna che costringe ad agire contro l’inclinazione della volontà.[311] La libertà da coazione è inseparabile dalla volontà umana. Nessuno può volere senza volerlo. La libertà, propriamente detta, dalla necessità è libertà di indifferenza, di elezione e di esercizio; essa è vera libertà di volere. Negli atti umani il volontario sempre è libero.

La libertà è dunque una circostanza fondamentale perché si possa parlare di azione umana, cioè di azione volontaria, come detto.

La libertà è una qualità che compete alla volontà in quanto è fornita di libero arbitrio.

Il libero arbitrio è una potenza razionale per cose opposte, più precisamente è una forza che, osservato l’ordine al fine, sceglie i mezzi per giungervi.[312]

Il libero arbitrio è detto facoltà della volontà e della ragione.

Vincolo interno è una intrinseca necessità e una determinazione naturale della virtù ad una cosa; libero da una necessità naturale è ciò che procede da una scelta realizzata da una volontà non naturalmente determinata; il libero arbitrio è ciò che è causa di sé cioè del suo movimento, attraverso il proprio giudizio e la propria determinazione.

S. Tommaso afferma: “Bisognerà dunque che il libero arbitrio sia o una potenza, o un abito, oppure una potenza unita a un abito. Ora, che non sia un abito, né una potenza unita a un abito, lo si rileva chiaramente … Rimane quindi che sia una potenza.”[313]Libero arbitrio è una potenza ordinata appunto ad un atto libero e più a fondo ordinata al compimento libero della volontà di Dio.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma al n. 1731 che la libertà è il potere di porre da sé stessi azioni deliberate, attraverso il libero arbitrio ciascuno può disporre di sé liberamente; la perfezione della libertà e quindi del libero arbitrio si compie quando essi sono ordinati a Dio, al Bene.

Dio è infinita libertà, in Dio vi è la perfezione del libero arbitrio (S. Tommaso “Somma contro i gentili” I, 88) veramente libero è colui che partecipa pienamente della divina Libertà; finché non si è fissata in Dio, tale libertà implica la possibilità di scegliere fra il bene e il male e quindi è sorgente di merito o demerito, come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 1732.

Ponendo in Cristo la volontà come ragione, s. Tommaso giunge ad affermare in Lui il libero arbitrio e quindi la capacità di scegliere i mezzi migliori per conseguire il fine. La volontà di Cristo, secondo s. Tommaso, era determinata al bene (Cristo era impeccabile) ma non era determinata a questo o quel bene, perciò a Cristo competeva scegliere con il libero arbitrio confermato nel bene[314] e dobbiamo ritenere che Cristo, in quanto uomo, nella sua perfezione ha sempre scelto i mezzi migliori per raggiungere il suo fine: ossia per condurre alla più alta beatitudine il suo Corpo fisico e il suo Corpo mistico. Approfondendo il tema della relazione tra libertà e impeccabilità in Cristo, R. Garrigou Lagrange afferma che la libertà di Gesù di Nazareth può essere intesa considerandola come una assimilazione alla Libertà divina  la quale implica somma impeccabilità e somma libertà[315].

Papa Leone XIII affermava nella famosa enciclica Libertas che la libertà è propria degli esseri intelligenti ed è la facoltà di scegliere i mezzi in ordine al fine che si vuole raggiungere “… in quanto chi ha la facoltà di scegliere una cosa tra molte, è padrone dei propri atti.” ma “possibilità di errare, e l’errare di fatto, è un vizio che denuncia l’imperfezione della mente” mentre la libertà è una perfezione, perciò preferire cose create al Creatore e dunque peccare è prova di libero arbitrio ma è vizio di libertà; Dio, infinitamente perfetto, è anche infinita libertà e perciò non può volere il male della colpa e neppure lo possono i santi del Cielo, partecipi della sua perfezione, in essi appunto troviamo la vera e perfetta libertà; il peccato non appartiene alla natura e alla perfezione della libertà, infatti Gesù nel Vangelo dice chiaramente che la Verità rende liberi (Gv. 8,32), se il peccato appartenesse a tale natura e perfezione, Dio, Gesù Cristo, gli Angeli, i Beati, nei quali non sussiste tale potere di peccare non sarebbero liberi o lo sarebbero meno perfettamente dell’uomo pellegrino e imperfetto.[316]

Dio è, quindi, sommamente libero, Cristo è sommamente libero, i santi appunto nella loro santità hanno vissuto nella vera libertà, veramente libero è l’uomo che vive santamente; il peccato rende schiavi!

Papa Leone XIII dice ancora in questa linea:“ Su questo argomento il Dottore Angelico disserta spesso ampiamente e da lui si può evincere che la facoltà di peccare non significa libertà ma schiavitù.”[317]

Commentando le parole di Gesù Cristo per cui “chiunque commette il peccato è schiavo del peccato” (Gv 8,34) s. Tommaso afferma che  quando agisce secondo ragione, guidato dalla fede, agisce secondo la propria natura ed è libero; quando invece commette peccato, agisce contro ragione e contro la fede, e allora non agisce secondo natura ma è sospinto quasi da un altro e imprigionato entro limiti altrui, quindi è schiavo; solo il sapiente è veramente libero, dicevano in questa linea gli antichi filosofi. [318]

Il peccato è contro natura e ci schiavizza, le vere virtù, infuse, sono secondo natura e ci rendono liberi.

Spiega s. Giovanni Damasceno che: “In verità, le virtù sono naturali e sono insite in tutti naturalmente e ugualmente, anche se non operiamo tutti ugualmente ciò che è proprio della natura. Ma noi a causa della trasgressione siamo passati da ciò che è secondo natura a ciò che è contro natura. E invece il Signore ci ha ricondotti da ciò che è contro natura a ciò che è conforme alla natura: infatti questo è il «secondo l’immagine e la somiglianza» (Gen. 1,26).”[319] Il peccato è contro natura e le vere virtù sono secondo natura; vivere secondo la Legge di Dio è quindi vivere secondo la vera natura dell’uomo e vivere secondo natura è la vera libertà; veramente libero è chi vive secondo la vera natura dell’uomo cioè chi vive secondo la legge santa di Dio, nella grazia e nella carità. Cristo anche in quanto uomo è sommamente libero perché ha vissuto secondo la vera natura dell’uomo, cioè la natura divinizzata che Dio diede ai nostri progenitori e che appunto con il peccato originale essi persero.

Quanto appena detto è affermato anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1733, che aggiunge giustamente: “Quanto più si fa il bene, tanto più si diventa liberi.”

Dio è infinitamente libero e più partecipiamo alla sua vita più diventiamo liberi, e più siamo liberi più siamo padroni dei nostri atti come spiega lo stesso Catechismo al n. 1734 che aggiunge: “Il progresso nella virtù, la conoscenza del bene e l’ascesi accrescono il dominio della volontà sui propri atti.”

Contro coloro che negavano agli omosessuali la libertà in ordine al compimento degli atti contro natura la Congregazione per la Dottrina della Fede affermò: “Alcuni sostengono che la tendenza omosessuale, in certi casi, non è il risultato di una scelta deliberata e che la persona omosessuale non ha alternative, ma è costretta a comportarsi in modo omosessuale. Di conseguenza si afferma che essa agirebbe in questi casi senza colpa, non essendo veramente libera. … In realtà anche nelle persone con tendenza omosessuale dev’essere riconosciuta quella libertà fondamentale che caratterizza la persona umana e le conferisce la sua particolare dignità. Come in ogni conversione dal male, grazie a questa libertà, lo sforzo umano, illuminato e sostenuto dalla grazia di Dio, potrà consentire ad esse di evitare l’attività omosessuale.

…  Le persone omosessuali sono chiamate come gli altri cristiani a vivere la castità. Se si dedicano con assiduità a comprendere la natura della chiamata personale di Dio nei loro confronti, esse saranno in grado di celebrare più fedelmente il sacramento della Penitenza, e di ricevere la grazia del Signore, in esso così generosamente offerta, per potersi convertire più pienamente alla sua sequela.”[320]

Occorre precisare che, come spiega il testo di Aertnys e Damen[321]:

1) è di fede definita che l’uomo, anche dopo il peccato di Adamo goda del libero arbitrio[322], “Se qualcuno afferma che il libero arbitrio dell’uomo dopo il peccato di Adamo è perduto ed estinto; o che esso è cosa di sola apparenza anzi nome senza contenuto e finalmente inganno introdotto nella chiesa da Satana: sia anatema.”[323]

2) l’essenza del libero arbitrio non consiste nel solo volontario, cioè nella libertà da coazione, ma si richiede anche la libertà dalla necessità[324];

3) per meritare o demeritare, nello stato di natura caduta è necessaria la libertà dalla necessità e non basta la libertà dalla coazione[325].

Concludo precisando che la distinzione tra libero e volontario, come spiegano Zalba e Regatillo ed Aertnys e Damen, va specificata affermando la stessa potenza è detta volontà quando si porta verso il fine, è detta libero arbitrio quando si porta verso le cose che servono per giungere al fine[326]; ogni atto libero è volontario ma non ogni volontario è libero[327], perché un atto sia libero occorre qualcosa di più rispetto a ciò che occorre perché l’atto sia volontario, occorre infatti che oltre alla liberta da coazione (necessaria perché l’atto sia volontario) vi sia anche libertà dalla necessità, ciò è evidenziato anche da alcuni testi magisteriali[328].

Sorga Dio e ci renda veramente e perfettamente liberi.

 

 

b,1) Impedimenti all’atto umano libero.

 

 

La Croce sacra sia la nostra luce.

Dice Merkelbach “Causae quae magis impediunt liberum, et hoc modo actum humanum, aliae sunt quae proxime illud minuunt vel tollunt, et istae non sunt nisi duae : 1) unum solum principium actuale, scil. passiones seu motus appetitus  sensitivi, nam motus seu actus rationis et voluntatis concurrunt ad constituendum actum humanum ; 2) alterum habituale, scil. habitus (et dispositiones habituales) cum adnexa consuetudine, et isti possunt etiam inveniri in ratione et voluntate. Praeterea 3) sunt aliae causae quae magis remote influunt in liberum, quatenus ex iis passiones vel habitus aut dispositiones habituales oriri possunt, uti \ complexio corporalis, haereditas, educatio, ebrietas et hypnosis imperfecta, et plures status pathologici seu morbi

nervosi.” [329]

Le cause che impediscono la libertà degli atti umani sono più generalmente di due tipi:

1) quelle che prossimamente diminuiscono o tolgono tale libertà: le passioni, gli abiti e la consuetudine;

2) quelle che più remotamente influiscono su tale libertà: complessione corporale, eredità, educazione, ebrietà, ipnosi imperfetta e vari disturbi patologici.[330]

S. Tommaso afferma: “Ma le maniere di essere che sono acquisite, si presentano come abiti e passioni, in forza dei quali uno è più portato a una cosa che a un’altra. ”[331]

Le cause che prossimamente diminuiscono o tolgono tale libertà sono appunto, come dice qui sopra s. Tommaso, le passioni e gli abiti con le annesse abitudini, quelle che più remotamente influiscono su tale libertà sono la complessione fisica, l’eredità, l’educazione, ubriachezza, l’ipnosi imperfetta e vari stati patologici.[332]

 

 

b,1,1) Cause che prossimamente diminuiscono o tolgono la libertà.

 

 

b,1,1,1) Le passioni.

 

 

La Croce sacra sia la nostra luce.

“L’ insegnamento morale cristiano vede le passioni come componenti naturali della psiche umana”.[333]

La Sacra Scrittura offre un ritratto dell’ uomo che include anche l’elemento emozionale e passionale; s. Paolo valuta negativamente le passioni infami che dominano chi non si lascia guidare da Dio; ma le passioni in sé stesse non sono giudicate assolutamente negative, Cristo ebbe le passioni[334] e a Dio vengono metaforicamente attribuite passioni. [335]

Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma al n. 1763s: “… Per sentimenti o passioni si intendono le emozioni o moti della sensibilità, che spingono ad agire o a non agire in vista di ciò che è sentito o immaginato come buono o come cattivo.”

La passione è appunto un moto dell’appetito sensitivo che cerca il bene sensibile e si allontana dal male sensibile, sotto la direzione dell’immaginazione, con una certa mutazione corporale: “Passio est motus appetitivae virtutis ex imaginatione boni vel mali sensibilis cum quadam corporis mutatione seu actus appetitus sensitivi prosequentis bonum sensibile vel refugientis malum sensibile, dirigente imaginatione, cum quadam transmutatione corporali”.[336]

Il Codice di Diritto Canonico al can. 1324 parla di impeto grave di passione come circostanza attenuante, purché tale passione non sia stata volontariamente eccitata; in questo canone si parla di una passione che non impedisce ogni deliberazione della mente ed ogni consenso della volontà e che riduce la libertà della persona; se invece una passione non eccitata o favorita dovesse causare un completo turbamento psichico essa sarebbe una circostanza esimente, cioè esclude totalmente la libertà del soggetto e con essa l’imputabilità e la pena, secondo il can. 1323 n. 6; nel caso la passione sia stata volontariamente eccitata, essa non è una esimente, cioè non esclude l’imputabilità e la pena, né una attenuante (can. 1325)

Dio ci illumini sempre meglio.

Spiega il Catechismo della Chiesa cattolica al n. 1767: “Le passioni, in sé stesse, non sono né buone né cattive.”

Precisa lo stesso Catechismo che le passioni sono moralmente buone quando contribuiscono ad un’azione buona; sono cattive nel caso contrario ( Catechismo della Chiesa cattolica n. 1768).

Le passioni ricevono qualificazione morale nella misura in cui dipendono effettivamente dalla ragione e dalla volontà, è proprio della perfezione del bene morale o umano che le passioni siano regolate dalla ragione ( III, q. 24, a. 3) e da Dio.[337]

“Nello stato di giustizia originale esisteva una perfetta armonia tra le tendenze sensitive e la volontà; dopo il peccato originale, tale armonia risulta alterata, giacché la natura umana risulta deteriorata dalla concupiscenza o anelito di voluttà che proviene dal peccato ed inclina a peccare.”[338]

L’uomo, anche dopo l’avvento della grazia di Cristo non è stato riportato nell’armonia perduta con il peccato originale; con la grazia l’uomo riesce certamente a dominare in certo modo i suoi moti sensitivi ma non ne ha totale padronanza.[339]

S. Tommaso afferma che le passioni possono precedere il giudizio della ragione oppure seguirlo.

A) Passioni che precedono il giudizio della ragione.

Quando precedono il giudizio della ragione, le passioni oscurano il giudizio della ragione, da cui dipende la bontà morale dell’atto, e diminuiscono la bontà di quest’ultimo; infatti, è più lodevole compiere un atto di carità per il giudizio della ragione, che compierlo mossi dalla sola passione della misericordia ( Iª-IIae q. 24 a. 3 ad 1). La passione che precede l’atto umano e la deliberazione della ragione ordinariamente diminuisce la libertà dell’atto perché obnubila la ragione, una passione molto forte può togliere completamente la libertà e volontarietà agli atti umani[340]. La passione fa che l’uomo apprenda come buono ciò che non è tale e che non riterrebbe buono se lo apprendesse fuori della passione, perciò, alla persona catturata dalla passione di ira appare buono ciò che non lo è per la persona calma, quindi la passione determina una mutazione nell’uomo. Tale mutazione a volte lega totalmente la ragione sicché l’uomo non abbia più uso di ragione. In questi casi l’uomo non è responsabile dei propri atti sempreché tale passione non sia stata colpevolmente eccitata.[341] Ricordo, siamo “responsabili delle conseguenze negative delle nostre azioni cattive, anche se queste conseguenze non erano state previste, pur essendo prevedibili ( Catechismo Chiesa cattolica n. 1736). Le avremmo potuto evitare se avessimo fatto ciò che è buono o se non avessimo compiuto l’azione cattiva.”[342]  Più spesso la ragione non è totalmente assorbita dalla passione ma rimane per qualche cosa attivo il giudizio della ragione e allora rimane libero anche il moto della volontà che non tende necessariamente a ciò cui la passione attrae; sebbene la passione obnubili la ragione, l’uomo può respingere totalmente la passione o trattenersi e non seguire la passione[343]; la passione in questo caso è un’attenuante. [344]

La Croce sacra sia la nostra luce.

B) Le passioni seguono il giudizio della ragione in due modi:

1) primo, per ridondanza: perché, quando la parte superiore dell’anima è mossa intensamente verso una cosa, anche la parte inferiore segue il moto di essa, allora la passione, che consegue a questo moto della volontà e dell’intelligenza nell’appetito sensitivo, è segno dell’intensità della volizione e sta a indicare una bontà o malvagità morale superiore perché la parte superiore dell’anima “trascina” con sé anche la parte inferiore;

2) secondo, per una scelta deliberata: cioè quando un uomo a ragion veduta delibera di farsi prendere da una passione, per agire con maggiore prontezza, mediante la cooperazione dell’appetito sensitivo, in questo caso la passione accresce la bontà dell’atto o la sua malizia, un esempio di quanto stiamo dicendo si ha quando una persona virtuosa si fa prendere da santa ira per manifestare fortemente il suo sdegno per delle azioni peccaminose compiute da alcuni e per fare giustizia ( Iª-IIae q. 24 a. 3 ad 1 ).

Va sottolineato che le passioni possono seguire il giudizio della ragione non solo per accrescere la bontà dell’azione ma anche per accrescerne la malizia, in questo caso la passione che segue il giudizio della ragione non diminuisce il peccato, ma piuttosto lo aggrava poiché mostra la forza dell’intenzione della volontà a compiere il peccato; la volontà quando si muove fortemente verso un oggetto, eccita le passioni nell’appetito sensitivo, perciò è vero che uno pecca tanto più gravemente, quanto più forte è il piacere e la concupiscenza con cui pecca perché tale più forte piacere e tale più forte concupiscenza sono passioni causate da un più intenso muoversi della volontà verso l’oggetto ( Iª-IIae q. 77 a. 6).

Più precisamente: la passione conseguente al giudizio di ragione non diminuisce la volontarietà e libertà dell’azione perché è effetto di volontà libera ed è segno di maggiore volontarietà, sia se proceda per ridondanza dalla volontà, sia soprattutto se è eccitata direttamente dalla volontà perché fa che una persona volontariamente e per passione, più intensamente attui il male o il bene e lo voglia liberamente[345].

Ciò che si fa deliberatamente con passione non è meno libero ma è più volontario.[346]

C) La passione può essere concomitante rispetto al giudizio della ragione, in questo caso essa non cambia la responsabilità, ed è segno di intensità della volontarietà. [347]

Nella vita cristiana lo Spirito Santo compie la sua opera mobilitando tutto l’essere e anche le passioni alla maggior gloria di Dio, questo si vede sommamente in Cristo. In Cristo erano le passioni, come dice chiaramente il s. Dottore Angelico ( III, q. 15 a. 4 in c) e precisa che: “Bisogna però notare che queste passioni si trovavano in Cristo in modo diverso dal nostro sotto tre aspetti. Primo, per l’oggetto. …  Secondo, per la causa. … – Terzo, per l’effetto. “.[348]

In Cristo, con la grazia divina e con il nostro impegno possiamo avvicinarci alla perfezione di Cristo stesso e in questa linea il Catechismo della Chiesa Cattolica dice al n. 1770:  “La perfezione morale consiste nel fatto che l’uomo non sia indotto al bene soltanto dalla volontà, ma anche dal suo appetito sensibile … .”

In particolare, siamo chiamati, in Cristo, ad imparare a utilizzare santamente le passioni, con l’aiuto di Dio, per servircene per il vero nostro bene spirituale orientandole secondo la volontà di Dio in modo da compiere atti migliori.

Da parte nostra, appunto perché si realizzi il bene che Dio vuole compiere in noi, dobbiamo pregare intensamente, mortificarci profondamente e lasciarci guidare da Dio in una progressiva immersione nella Passione di Cristo, in un progressivo rinnegamento sempre più perfetto di noi stessi, sicché possiamo giungere a dire con s. Paolo : “Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me”(Gal. 2,20).

Occorre considerare che, nella nostra attuale condizione di peccatori, la mancanza di una nostra profonda collaborazione con la volontà di Dio, sulla via della Croce, fa che le passioni dominino su di noi, per questo S. Alfonso parla spesso della necessità delle mortificazioni: “L’uomo da Dio fu creato retto, sicché senza contrasto il senso ubbidisse allo spirito e lo spirito a Dio …  Venne il peccato e scompose questo bell’ordine; e quindi la vita dell’uomo cominciò ad esser una continua guerra …  Quindi nasce esservi due sorte di vita per l’uomo: la vita degli angioli che attendono a far la volontà di Dio, e la vita delle bestie che attendono a soddisfare i sensi. Se l’uomo attende a fare la divina volontà diventa angelo; e se attende a soddisfare i sensi diventa bestia. …  E perciò bisogna che stiamo sempre colla zappetta della mortificazione alla mano per recidere gli appetiti malvagi che nascono e sempre ripullulano in noi dalle radici infette della concupiscenza; altrimenti l’anima diventerà una boscaglia di vizj. …  Iddio non dona la scienza de’ santi, ch’è il saper conoscerlo ed amarlo, se non a coloro che sono slattati e staccati dalle poppe del mondo …  Chi attende, come bruto, a soddisfarsi de’ piaceri sensuali non è capace neppur d’intendere l’eccellenza de’ beni spirituali. Dice s. Francesco di Sales che siccome il sale preserva la carne dalla putredine, così la mortificazione preserva l’uomo dal peccato. In quell’anima dove regna la mortificazione regneranno ancora le altre virtù. … I mezzi principali per acquistar la santità sono l’orazione e la mortificazione, figurate dalle sacre scritture nell’incenso e nella mirra. … l’orazione e la mortificazione vengono poi seguite da tutte le virtù. Son necessarie dunque per render un’anima santa l’orazione e la mortificazione; ma bisogna che preceda la mortificazione all’orazione … Così invita il Signore le anime a seguirlo prima al monte della mirra e poi al colle dell’incenso. … Noi abbiamo anima e corpo. La mortificazione esterna è necessaria a mortificare gli appetiti disordinati del corpo, l’interna a mortificare gli affetti disordinati dell’anima. Tutto ciò sta compreso in quelle parole del nostro Salvatore: Qui vult post me venire abneget semetipsum, tollat crucem suam et sequatur me (Matth. 16. 24.). La mortificazione esterna ci vien significata colle parole tollat crucem suam; e questa anche è necessaria, come vedremo appresso: ma la principale e più necessaria è l’interna, abneget semetipsum Questa consiste nel sottomettere alla ragione le passioni sregolate, come l’ambizione, l’ira disordinata, la stima propria, l’attacco all’interesse o al proprio giudizio o alla propria volontà … ”[349]

Dio ci aiuti a pregare e a mortificarci, la sua Verità e Santità risplendano in noi.

Nel considerare le passioni come attenuanti o aggravanti o esimenti riguardo a peccati da noi compiuti occorre tenere presente che talvolta proprio perché non ci siamo lasciati guidare prima veramente da Dio, avviene che le passioni, poi, prendano il sopravvento su noi sicché l’azione cattiva da noi compiuta sia anche frutto della nostra pigrizia e negligenza nel seguire Dio che ci guida sulla via stretta della preghiera e della mortificazione.

S. Alfonso afferma in questa linea: “Ma questo aiuto della Grazia il Signore di providenza ordinaria non lo concede, se non a chi prega… Posto dunque da una parte, che senza il soccorso della Grazia niente noi possiamo; e posto dall’altra, che tal soccorso ordinariamente non si dona da Dio se non a chi prega, chi non vede dedursi per conseguenza, che la Preghiera ci è assolutamente necessaria alla salute? È vero che le prime grazie, le quali vengono a noi senza alcuna nostra cooperazione, come sono la vocazione alla Fede, o alla penitenza, dice S. Agostino che Dio le concede anche a coloro che non pregano; nulladimeno tien per certo poi il Santo, che l’altre grazie (e specialmente il dono della Perseveranza) non si concedono, se non a chi prega … Ond’è che i Teologi comunemente con S. Basilio, S. Gio. Grisostomo, Clemente Alessandrino, ed altri col medesimo S. Agostino, insegnano che la Preghiera agli Adulti è necessaria non solo di necessità di precetto, come abbiam veduto, ma anche di mezzo, viene a dire, che di provvidenza ordinaria un Fedele senza raccomandarsi a Dio, con cercargli le grazie necessarie alla salute, è impossibile che si salvi. Lo stesso insegna S. Tommaso dicendo: Post Baptismum autem necessaria est homini jugis oratio, ad hoc quod Caelum introeat; licet enim per Baptismum remittantur peccata, remanet tamen fomes peccati nos impugnans interius, et Mundus, et Daemones qui impugnant exterius. La ragione dunque, che ci fa certi secondo l’Angelico della necessità che abbiamo della Preghiera, eccola in breve: Noi per salvarci dobbiamo combattere, e vincere: Qui certat in agone non coronatur nisi legitime certaverit. 2. Tim. 2. 5. All’incontro senza l’aiuto Divino non possiamo resistere alle forze di tanti e tali nemici: or questo aiuto Divino solo per l’Orazione si concede: dunque senza Orazione non v’è salute.”[350]

La preghiera ci conduce al ben operare e la mancanza di preghiera ci rende praticamente incapaci di agire rettamente.

Dio ci illumini sempre meglio.

Occorre precisare, riguardo alle passioni, che è necessario distinguere un semplice stato emotivo e passionale da una reazione di carattere morboso.

Ma come fare per capire quando ci si trova dinanzi ad un semplice stato emotivo e passionale e quando invece ci si trova dinanzi ad una reazione di carattere morboso?

“La risposta, secondo Ponti (1999), sta nella considerazione della ricorrenza nel momento del fatto di indicatori psicopatologici di significato psicotico rappresentati da parametri quali: • alterazione della coscienza durante la commissione del delitto … ; • frattura nei confronti della realtà … ; • condotta ed eloquio globalmente disorganizzati … ; • modalità di reagire del tutto aliena dagli abituali standard comportamentali del soggetto, talché la reazione viene ad assumere “valore di malattia” per la sua unicità ed eccezionalità.”[351]

Dio ci illumini sempre meglio.

 

 

b,1,1,2) Abiti e abitudini

 

 

Sorga Dio e i suoi nemici siano dispersi.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma al n. 1735 “L’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate … dal timore, dalle abitudini, dagli affetti smodati e da altri fattori psichici oppure sociali.”

S. Tommaso afferma, come visto: “Ma i modi di essere che sono acquisiti, si presentano come abiti e passioni, in forza dei quali uno è più portato a una cosa che a un’altra.” ( I, q. 83 a. 1 ad 5)

L’abito va distinto dalla consuetudine perché mentre l’abito è una disposizione, raggiunta attraverso la ripetizione degli atti, per la quale una persona facilmente e prontamente compie certi atti, la consuetudine è la ripetizione degli atti o un modo solito di agire.[352]

La consuetudine si distingue dall’abito acquisito ed è in relazione ad esso come causa ad effetto e come effetto a causa. La consuetudine è causa dell’acquisizione e rafforzamento di un abito e l’abito già acquisito determina la continuazione della consuetudine. [353]

S. Tommaso precisa che l’abito si definisce come un essere, un’abilità, “di cui uno usa quando vuole”. ( I-II q. 78 a. 2)

Occorre a questo riguardo distinguere tra: peccare avendo un abito e peccare per abito.

L’uso dell’abito dipende dal volere di chi possiede tale abito e non è una necessità; perciò, colui che ha un abito vizioso può fare un atto di virtù oppure può peccare in ambiti diversi da quelli interessati dall’abito vizioso e senza servirsi di tale abito vizioso, in questo caso si dice che il soggetto “pecca avendo un abito”.

Ogni volta però che una persona si serve del suo abito vizioso, “pecca per abito”, e, come spiega s. Tommaso, in questo caso pecca per malizia poiché il soggetto, volendo usare l’abito vizioso, fa che gli sia amabile ciò che è male, infatti l’abito vizioso fa precisamente questo: rende amabile ciò che è male, rende connaturale al soggetto il male.

Quindi il soggetto volendo servirsi di tale abito si determina a scegliere il male, e questo è un peccato di malizia; ad es. un soggetto che ha l’abito della lussuria e che si serve di tale abito “pecca per abito” e pecca per malizia ( I-II q. 78 a. 2).

Riprendo e preciso quanto detto poc’anzi: per chi possiede un abito, sia buono che cattivo, è di per sé amabile ciò che a lui conviene secondo questo abito, quindi in forza della consuetudine e dell’abito ciò che conviene a tale abito gli diventa connaturale, come se avesse una seconda natura; in particolare se l’abito è cattivo, diventa amabile per il soggetto compiere il male, in questa linea capiamo come a certi uomini divenga connaturale, “normale” e “spontaneo” compiere peccati molto gravi.  ( I-II q. 78 a. 2)

Va ulteriormente precisato che la volontà è ordinata quando ama un bene maggiore più di un bene minore, è disordinata quando ama un bene minore più di un bene maggiore. La volontà disordinata perciò sacrifica il bene maggiore ma meno amato, per avere il bene minore ma più amato; così l’uomo sacrifica un bene spirituale (bene maggiore), per godere di un bene temporale (bene minore) … quindi l’uomo, per godere di un bene temporale, vuole di proposito la perdita di un bene spirituale che è male in senso assoluto e male maggiore del male temporale; perciò, si dice che pecca per malizia, o per calcolo, portando quasi la sua elezione cosciente sul male. (  Iª-IIae q. 78 a. 1)

Chiariamo bene: il male per sé stesso non può essere voluto da nessuno: ma può essere scelto per evitare un altro male, o per conseguire un altro bene, come abbiamo visto.  (  Iª-IIae q. 78 a. 1 ad 2)

Quando il soggetto ha contratto un abito, dopo che egli ne diventa conscio:

– o lo ritratta efficacemente cioè con fermo proposito di applicare i rimedi adatti per estirparlo  e allora l’abito è attualmente involontario sebbene prima forse lo aveva acquisito volontariamente e liberamente;

– oppure il soggetto in questione accetta liberamente e conserva tale abito;

– oppure non lo ritratta ma è negligente nell’estirparlo e in questo caso è attualmente volontario e libero sebbene prima era forse involontario e indeliberato.[354]

Una consuetudine può essere contratta inavvertitamente e perciò involontariamente o può essere contratta volontariamente e scientemente.

Un’ abitudine indeliberata e involontaria influisce sulle azioni umane in modo simile alla concupiscenza antecedente aumentando la volontarietà quanto alla propensione ma diminuendola quanto alla libertà.[355] Se qualcuno appunto unicamente per tale abitudine e quindi del tutto inavvertitamente pone un atto, esso non è volontario e non è deliberato quindi non è buono né cattivo. Quello che si compie con avvertenza per una consuetudine involontaria e ciò che si compie inavvertitamente per una consuetudine volontaria è in certo modo maggiormente volontario ma è meno libero.[356]

Una consuetudine deliberata , liberamente ammessa, se è ritrattata efficacemente cioè non con il solo dispiacere ma con fermo proposito di operare per estirparla, diventa attualmente involontaria, perciò gli atti che sgorgano solo da essa sono involontari e non imputabili; se però la persona consuetudinaria successivamente è negligente nel prendere i rimedi efficaci, la consuetudine, per tale negligenza di lui, diventa di nuovo indirettamente volontaria e libera e perciò gli atti che sgorgano da essa sono liberi, volontari e imputabili. [357]

Una consuetudine deliberata e volontaria sempre accresce la volontarietà quanto alla propensione. Se tale consuetudine, come avviene raramente, toglie ogni avvertenza e deliberazione attuale negli atti che seguono, diminuisce la libertà e quindi è un’attenuante perché toglie il libero e volontario in sé e lascia solo il libero e volontario in causa (se la consuetudine fu deliberatamente acquisita) o lascia il volontario e libero indiretto (se la consuetudine fu indeliberatamente acquisita, ma liberamente la persona sia negligente nel togliere tale consuetudine). [358]

Una consuetudine deliberata e volontaria se lascia sufficiente avvertenza qui e ora, non toglie la libertà ma la diminuisce e quindi è un’attenuante perché obnubila l’intelletto e la sua attuale deliberazione, tuttavia questa diminuzione è compensata in causa perché l’uomo ha contratto liberamente l’abito e lo conserva  e così egli vuole liberamente la stessa diminuzione della deliberazione  e della libertà, il che mostra che la volontà che sceglie è orientata e confermata nel bene o nel male, per cui semplicemente si accresce la volontarietà e quindi la bontà o malvagità dell’atto.[359] In questo senso s. Tommaso dice che colui che per abito pecca cioè non per inavvertenza o passione ma per sola libera volontà usa del suo abito, pecca per sola malizia.

Quello che si compie con avvertenza per una consuetudine involontaria e ciò che si compie inavvertitamente per una consuetudine volontaria è in certo modo maggiormente volontario ma meno libero.

Quello che si compie con avvertenza per una consuetudine volontaria non è meno libero ma è semplicemente più volontario. [360]

Riguardo al mal abito, cioè all’abito malvagio, ai danni che procura e alla nostra collaborazione con Dio per sradicarlo s. Alfonso spiega che: “Uno de’ maggiori danni, che a noi cagionò il peccato di Adamo, fu la mala inclinazione al peccare. … E quindi riesce a noi, infettati da questa concupiscenza, e con tanti nemici che ci spingono al male, sì difficile il giungere senza colpa alla patria beata. Or posta una tal fragilità che abbiamo, io dimando: Che direste voi d’un viandante, che dovesse passare il mare in una gran tempesta, con una barca mezza rotta, ed egli poi volesse caricarla di tal peso, che senza tempesta, e quantunque la barca fosse forte, anche basterebbe ad affondare? Che prognostico fareste della vita di costui? Or dite lo stesso d’un mal abituato che dovendo passare il mare di questa vita (mare in tempesta, dove tanti si perdono) con una barca debole e ruinata, qual’è la nostra carne, a cui stiamo uniti, questi volesse poi aggravarla di peccati abituati. Costui è molto difficile che si salvi, perché il mal’abito accieca la mente, indurisce il cuore, e con ciò facilmente lo rende ostinato sino alla morte. Per prima il mal’abito «accieca».”[361]

Dice ancora s. Alfonso “… In oltre il mal’abito indurisce. «Cor durum efficit consuetudo peccandi», Cornelio a Lapide [362]. E Dio giustamente il permette in pena delle resistenze fatte alle sue chiamate. … Il mal’abito a poco a poco fa perdere anche il rimorso della coscienza. Al mal abituato i peccati più enormi gli sembrano niente. S. Agostino: «Peccata quamvis horrenda, cum in consuetudinem veniunt, parva, aut nulla esse videntur»[363]. Il far male porta seco naturalmente un certo rossore, ma dice S. Girolamo [364] che i mal abituati perdono anche il rossore peccando … Onde avviene che in vece di rattristarsi de’ suoi peccati, se ne rallegra, se ne ride e se ne vanta. … Che segni sono questi di tal diabolica durezza? Dice S. Tommaso di Villanova sono segni tutti di dannazione … Fratello mio, trema che non ti avvenga lo stesso. Se mai hai qualche mal’ abito, procura d’uscirne presto, ora che Dio ti chiama. E mentre ti morde la coscienza, sta allegramente perché è segno che Dio non t’ha abbandonato ancora. Ma emendati, ed esci presto; perché se no, la piaga si farà cancrena, e sarai perduto.” [365]

Conclude s. Alfonso: “Perduta che sarà la luce, e indurito che sarà il cuore, moralmente ne nascerà che ‘l peccatore faccia mal fine, e muoia ostinato nel suo peccato. … Dunque, dirà quel mal abituato, io son disperato? No, non sei disperato, se vuoi rimediare. Ma ben dice un autore che ne’ mali gravissimi vi bisognano gravissimi rimedi…  Se ad un infermo che sta in pericolo di morte e non vuol prender rimedi, perché non sa la gravezza del suo male, gli dicesse il medico: Amico, sei morto, se non prendi la tal medicina. Che risponderebbe l’infermo? Eccomi, direbbe, pronto a prender tutto; si tratta di vita. Cristiano mio, lo stesso dico a te, se sei abituato in qualche peccato: stai male, e sei di quell’infermi, che «raro sanantur» (come dice S. Tommaso da Villanova) [366]stai vicino a dannarti. Se non però vuoi guarirti, vi è il rimedio; ma non hai d’aspettare un miracolo della grazia; hai da farti forza dal canto tuo a toglier le occasioni, a fuggire i mali compagni, a resistere con raccomandarti a Dio, quando sei tentato; hai da prendere i mezzi, con confessarti spesso, leggere ogni giorno un libretto spirituale, prendere la divozione a Maria SS., pregandola continuamente che t’impetri forza di non ricadere. Hai da farti forza, altrimenti ti coglierà la minaccia del Signore contro gli ostinati: «In peccato vestro moriemini» (Io. 8. 21). E se non rimedi, or che Dio ti dà questa luce, difficilmente potrai rimediare appresso.” [367]

Se non facciamo veramente tutto quello che dobbiamo, con l’aiuto di Dio per sradicare le nostre cattive abitudini, i nostri peccati sono frutti della nostra negligenza e di essi rispondiamo davanti a Dio.

Dio ci illumini sempre meglio.

 

 

b,1,2) Cause che più remotamente impediscono la libertà dell’atto umano: temperamento, educazione etc.

 

 

La Croce sacra sia la nostra luce.

Tra le cause che più remotamente influiscono sull’azione vi è il temperamento che è il complesso di quelle propensioni che sono proprie di ciascuno a causa del suo particolare organismo. Il temperamento fa che alcuni siano maggiormente inclinati a certi peccati e che altri siano maggiormente inclinati ad altri peccati, esso diminuisce ma non toglie l’esercizio del libero arbitrio. Il temperamento dipende molto dalle propensioni che la persona eredita dai genitori, esse includono non solo particolarità fisiche ma anche propensioni morali al peccato o alla virtù. Tranne in casi particolari in cui si possono ricevere per ereditarietà forme di follia che tolgono la libertà, normalmente attraverso i genitori e la propria famiglia si ereditano propensioni che non tolgono l’uso della ragione e la libertà del volere. Le propensioni peccaminose ricevute dalle nostre famiglie di origine diminuiscono comunque il nostro libero arbitrio come le passioni e gli abiti.

Le propensioni naturali e quelle che dalle nostre famiglie riceviamo, in quanto cambiate dall’azione della nostra volontà e dall’insegnamento datoci da altri e che hanno acquistato in noi una certa fermezza formano il nostro carattere.[368]

Le propensioni naturali e quelle che dalle nostre famiglie riceviamo e sono rese ferme dal carattere, con l’educazione molto si accrescono o diminuiscono.

L’educazione ha un ruolo importante nella nostra vita e influisce sul nostro libero arbitrio immettendo in noi principi buoni o cattivi, offrendoci esempi, eccitando le nostre passioni.

Una cattiva educazione può determinare ignoranza, che vedemmo prima, e quello che dicemmo più sopra circa l’ignoranza si applica anche a questo caso.

Una cattiva educazione può suscitare passioni che spingono a peccati; ciò che dicemmo sopra riguardo alle passioni si applica anche a questo caso.[369]

Il testo di J. Aertnys e C. A. Damen include tra le cause che remotamente concorrono a produrre un atto involontario le cause esterne all’uomo, le cause comuni per parte del corpo, quelle comuni per parte dell’anima, le perturbazioni psichiche permanenti, le perturbazioni psichiche transitorie.

Tra le cause esterne all’uomo, questo autore include: quelle che si hanno in ragione dell’origine (i parenti, la patria, la nazione e altre simili), quelle che si hanno in ragione dell’educazione corporale, intellettuale, morale e religiosa e quelle che si hanno in ragione della condizione sociale, nella quale uno si trova, secondo che è alta o umile etc.

Le cause esterne all’uomo concorrono solo remotissimamente alla volontarietà degli atti, in quanto preparano le disposizioni corporali o spirituali e le provocano. Valgono solo remotissimamente a produrre atti involontari.[370]

Le cause comuni per parte del corpo sono: età, sesso, forza, capacità naturale, temperamento.

Queste cause, generalmente: valgono solo a diminuire la libertà degli atti non a toglierla e non rendono l’atto imperfettamente voluto così da rendere veniale un peccato mortale; tutti i casi vanno esaminati singolarmente, comunque, per stabilire la precisa responsabilità dell’agente.[371]

Cause comuni da parte dell’anima sono gli abiti e le consuetudini, che già abbiamo visto, e il carattere. Secondo Aertnys e Damen queste cause per sé non tolgono libertà agli atti anzi per sé accrescono la volontarietà degli atti. Il fatto che la persona non avverta, forse, attualmente il male che compie sotto l’azione del carattere, degli abiti o delle consuetudini non deve trarre in inganno; tale avvertenza, infatti, è volontaria in causa cioè nell’abito liberamente acquisito e liberamente conservato.  Per accidens queste cause possono diminuire o togliere libertà agli atti allorché l’abito diventa involontario perché la volontà lo rigetta sinceramente. Quando l’abito o la consuetudine diventa una seconda natura non lo si sradica tanto presto. Per questo occorre esaminare bene i penitenti per vedere se la persona che è abituata a compiere certi peccati lo faccia volontariamente e se il penitente stia tentando seriamente di sradicare tale vizio. [372]

Altri impedimenti alla libertà delle azioni umane vengono dal sonno ipnotico. Riguardo a tale sonno occorre dire, come spiega Merkelbach[373] che:

1) quando è profondo o perfetto, finché perdura, toglie o diminuisce fortemente l’esercizio della libertà eccetto, forse, riguardo alle cose cui la persona è radicalmente opposta;

2) quando è imperfetto, diminuisce la libertà;

3) quanto alle suggestioni che nell’ipnosi vengono comunicate al soggetto e che deve attuare dopo, quando si è svegliato, alcuni affermano che esse sono irresistibili per il soggetto e quindi la libertà del soggetto riguardo ad esse è cancellata, altri dicono che riguardo ad essa la libertà del soggetto non è tolta ma diminuita. Per verificare bene il grado di libertà del soggetto riguardo a tali suggestioni è necessario interrogare il soggetto.

Le azioni compiute sotto ipnosi possono essere libere in causa, quando il soggetto volle liberamente mettere da parte la sua volontà e si assoggettò all’ipnosi prevedendo le azioni che avrebbe compiuto a causa dell’ipnosi o volle esporsi a tale pericolo. [374]

Altri impedimenti ancora, alla libertà delle azioni umane, vengono dagli stati patologici e dai disturbi mentali che impediscono l’anima e le facoltà spirituali nelle loro azioni, come le psicosi che abitualmente turbano l’uso della ragione, le ossessioni che impediscono il giudizio pratico e volontario etc., la neurastenia per la quale diminuisce o viene tolta la libertà del soggetto etc. [375]

 

 

b,1,2,1) Esame particolare delle malattie o disturbi mentali.

 

 

Dio ci illumini sempre meglio.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma al n. 2282: “Gravi disturbi psichici, l’angoscia o il timore grave della prova, della sofferenza o della tortura possono attenuare la responsabilità del suicida.”

Infatti, come detto più sopra, più generalmente le malattie o disturbi mentali possono essere impedimenti alla libertà delle azioni umane che ostacolano l’anima e le facoltà spirituali nelle sue azioni.

Scrive il prof. First, ordinario di Psichiatria Clinica presso la Columbia University e Psichiatra di Ricerca presso il Dipartimento di Biometria presso l’Istituto psichiatrico dello Stato di New York, riguardo alle malattie mentali che esse: “…  riguardano i disturbi del pensiero, dell’emotività e/o del comportamento. Piccoli turbamenti in tali aspetti della vita sono comuni, ma quando provocano notevoli disagi al soggetto e/o interferiscono con la sua quotidianità, vengono considerati una malattia mentale o un disturbo psichico. Gli effetti della malattia mentale possono essere passeggeri oppure durare a lungo. ”[376]

Il prof. Marco Paolemili ha affermato significativamente: “Il concetto di infermità, oggi … è divenuto vago e indeterminato ed ha perduto per la psichiatria ogni valore da quando si è scoperto, si è preso coscienza, che il disturbo mentale non è solo malattia, ma è un’entità complessa, non definibile, in ordine alla quale vi sono poche certezze circa l’eziologia e che in definitiva è la risultante di una condizione sistemica nella quale concorrono il patrimonio genico, la costituzione, le vicende di vita, gli stress, il tipo d’ambiente, l’individuale plasticità dell’encefalo, i meccanismi psicodinamici, la peculiare modalità di reagire, di opporsi, di difendersi…. oggi esiste una visione multifattoriale integrata della malattia mentale.”[377]

Attualmente appunto si preferisce normalmente parlare di disturbi mentali, il DSM-IV-Tr parlava appunto di disturbi mentali, lo stesso faceva l’ ICD 10 e lo stesso fa il DSM 5.

Il professor Fornari ha affermato che : “ Un disturbo mentale è una sindrome caratterizzata da un’alterazione clinicamente significativa del funzionamento fisico o mentale di una persona e che si esprime a livello cognitivo, emotivo, affettivo, relazionale, sociale, lavorativo e culturale.”[378] Quindi la malattia mentale è un complesso di sintomi caratterizzato da un’alterazione significativa a livello della clinica medica (cioè dell’esame, dello studio e della cura del malato)   del funzionamento fisico o mentale di una persona e che si manifesta a vari livelli.

 

 

b,1,2,1,1) Classificazione dei disturbi mentali.

 

 

Il testo di J. Aertnys, C. A. Damen esaminando in ambito morale la rilevanza delle malattie psichiche e riprendendo gli studi del tempo (1956) distingueva: perturbazioni psichiche transitorie e perturbazioni psichiche permanenti.  Riguardo alle perturbazioni transitorie che accadono tanto nel sonno artificiale prodotto dalla ipnosi o dalle bevande e simili il testo di Aertnys e Damen distingueva quelle che ci colpiscono perfettamente e quindi tolgono la libertà degli atti e quelle che ci colpiscono imperfettamente e che diminuiscono più o meno la libertà degli atti dell’agente; riguardo a tali perturbazioni può comunque sempre aversi un atto volontario e libero in causa. L’ipnosi quando non è perfetta non consta che possa semplicemente sospendere la libertà, molto meno ciò si realizza nello stato post-ipnotico.

Tra le perturbazioni psichiche permanenti Aertnys e Damen inserivano le psicosi, le psiconevrosi e le reazioni psicogene.[379]

A. Gunthor, esaminando in ambito morale la rilevanza delle malattie psichiche e riprendendo gli studi del tempo (anno 1987), distingueva tre tipi di malattie psichiche: psicosi, nevrosi e psicopatie in senso ristretto e spiegava che fra esse vi sono legami sicché una psicopatia può evolversi in psicosi[380].

La classificazione ICD-10, molto recente, dei disturbi mentali distingue tra i disturbi psichici e comportamentali (F00-F99):

-disturbi psichici di natura organica, compresi quelli sintomatici (F00-F09)

-disturbi psichici e comportamentali da uso di sostanze psicoattive (F10-F19)

-schizofrenia, disturbo schizotipico e disturbi deliranti (F20-F29)

-disturbi dell’umore [affettivi] (F30-F39)

-disturbi nevrotici, legati a stress e somatoformi (F40-F48)

-sindromi comportamentali associate a disfunzioni fisiologiche e a fattori fisici (F50-F59)

-disturbi della personalità e del comportamento nell’adulto (F60-F69)

-ritardo mentale (F70-F79)

-disturbi dello sviluppo psicologico (F80-F89)

-disturbi comportamentali e della sfera emozionale con esordio abituale nell’infanzia e

nell’adolescenza (F90-F98)

-F99 Disturbo mentale S.A.I.” [381]

Il DSM-5, pubblicato nel 2013, utilizza categorie diagnostiche simili a quelle del ICD-10 e “presenta un sistema di classificazione che suddivide le malattie mentali in categorie sulla base della descrizione dei sintomi (ossia le modalità espressive e comportamentali dei soggetti come riflesso dei loro pensieri ed emozioni) e sul decorso della malattia.” ; la somiglianza tra questi testi “indica che le diagnosi di determinate malattie mentali stanno diventando più uniformi e standardizzate in tutto il mondo.”[382]

 

 

b,1,2,1,2) Cause e sintomi dei disturbi mentali.

 

 

Le cause delle malattie psichiche quali sono? Spiegava A. Gunthor, sulla base delle conoscenze scientifiche del suo tempo, circa 30 anni fa che: “Psicosi, psicopatia e nevrosi risalgono spesso alla presenza combinata di parecchie cause. La costituzione fisica qui può sostenere un ruolo di spicco … Inoltre vi hanno il loro considerevole peso anche le alterazioni psichiche sopravvenute, che per lo più risultano connesse ad esperienze fatte dall’uomo col proprio ambiente.”[383] Occasioni che permettono alle turbe psichiche di manifestarsi possono essere, secondo A. Gunthor: fatti gravi, esperienze molto sentite.[384]

Spiegava ancora A. Gunthor che la costituzione psicofisica e l’ereditarietà possono predisporre alle malattie mentali.[385]

Riguardo alle malattie psichiche causate da malattie o lesioni organiche A. Gunthor affermava che la salute fisica può influenzare quella psichica e quindi le malattie fisiche possono ripercuotersi sulla psiche.[386]

Tra le malattie organiche che possono portare a turbe psichiche vi sono quelle provocate dall’uomo: si pensi ai danni fisici e psichici derivanti dall’abuso dell’alcool, dall’uso di droghe etc.

L’evoluzione psichica e l’influsso ambientale possono essere cause di turbe psichiche, spiegava ancora A. Gunthor: “Anomalie come la psicosi, la psicopatia e la nevrosi, possono rappresentare la reazione psichica agli influssi esercitati sul soggetto dall’ambiente che lo circonda. …  Spesso l’occasione o la causa dell’anormalità psichica risalgono addirittura alla primissima infanzia …   Da tali pericoli sono minacciati specialmente i bambini nati da matrimoni assai disarmonici o in seguito sfasciati dal divorzio …”[387]

Più generalmente possiamo dire che le malattie psichiche possono avere cause esogene, ossia derivanti da fattori esterni alla psiche, ed endogene, ossia derivanti da fattori interni alla psiche stessa.

Spiegava A. Gunthor: “Una grave perturbazione psichica permanente causata da un tumore cerebrale, ad esempio, rappresenta abbastanza chiaramente il tipo esogeno; mentre una identica turba causata dalla costituzione psichica andrebbe qualificata come endogena.”[388]

Le indicazioni di A. Gunthor sulla base della scienza del suo tempo, circa 30 anni fa sono in parte accolte e in parte superate da quello che afferma Michael B. First, MD, professore ordinario di Psichiatria Clinica presso la Columbia University e di Psichiatra di Ricerca presso il Dipartimento di Biometria presso l’Istituto psichiatrico dello Stato di New York, il quale ha spiegato recentemente che: “Allo stato attuale, si ritiene che la malattia mentale sia il risultato di un’interazione complessa tra vari fattori, tra cui:

Ereditari

Biologici (fattori fisici)

Psicologici

Ambientali (inclusi fattori sociali e culturali)

… Spesso, un disturbo mentale insorge in un soggetto con un corredo genetico che presenta una predisposizione a tali disturbi. …

Inoltre, molti esperti ritengono che la compromissione della regolazione dei messaggeri chimici nel cervello (i neurotrasmettitori) possa contribuire ai disturbi mentali. … molti disturbi mentali sembrano avere una componente biologica, proprio come i disturbi di natura neurologica (come il morbo di Alzheimer). Tuttavia, non è ancora ben chiaro se i cambiamenti riscontrati con gli esami di diagnostica per immagini rappresentino la causa o l’effetto del disturbo mentale.”[389]

Il prof. Fornari mette in evidenza che nel DSM 5 resta la nozione di disturbo che è frutto ed espressione di una complessa interazione tra fattori biologici, sociali, culturali e psicopatologici.

Riguardo, in particolare, a fattori genetici come cause di disturbi mentali: “Una ricerca che ha coinvolto quasi un milione di persone ha dimostrato che alcuni disturbi mentali considerati ben distinti – come l’ADHD e la schizofrenia, o il disturbo ossessivo-compulsivo e la sindrome di Tourette – condividono molti dei geni che predispongono alla loro insorgenza. … forte condivisione di geni anche fra anoressia nervosa e disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) … significativa correlazione tra i fattori che predispongono alla coronaropatia e e all’ictus ischemico e quelli che favoriscono la depressione maggiore.  ”[390]

La ricerca in oggetto è comparsa su “Science”[391]

Il prof. Marco Paolemili ha affermato significativamente, come vedemmo più sopra: “Il concetto di infermità, oggi … è divenuto vago e indeterminato ed ha perduto per la psichiatria ogni valore da quando si è scoperto, si è preso coscienza, che il disturbo mentale non è solo malattia, ma è un’entità complessa, non definibile, in ordine alla quale vi sono poche certezze circa l’eziologia e che in definitiva è la risultante di una condizione sistemica nella quale concorrono il patrimonio genico, la costituzione, le vicende di vita, gli stress, il tipo d’ambiente, l’individuale plasticità dell’encefalo, i meccanismi psicodinamici, la peculiare modalità di reagire, di opporsi, di difendersi…. oggi esiste una visione multifattoriale integrata della malattia mentale.” [392]

Quali sono i sintomi delle malattie psichiche?

In un interessante opuscolo leggiamo che vi sono:

– i sintomi di tipo depressivo ed ansioso e sono i più frequenti e più noti;

– i sintomi riguardanti il comportamento alimentare o la dipendenza da alcol, da altre sostanze o da attività come il gioco d’azzardo;

– i sintomi rari e meno facili da capire che sono detti psicotici, che sono di due tipi.[393]

“Perché si possa parlare di disturbo mentale è necessario che i sintomi siano presenti per un certo periodo di tempo e associati in varia misura tra loro.”[394]

Il prof. Michael B. First, MD, spiega che: “Non è sempre possibile distinguere chiaramente la malattia mentale dal comportamento normale. … La linea di demarcazione tra l’avere una determinata personalità ed essere affetti da un disturbo della personalità è sottile. Per tale motivo, la malattia e la salute mentale devono essere considerate su una scala continua. Una linea divisoria viene solitamente basata su:

Gravità dei sintomi

Durata dei sintomi

Il modo in cui i sintomi incidono sulla capacità di svolgere le funzioni quotidiane.”[395]

Il prof. Fornari ha presentato un interessante quadro che fa riferimento alla psicologia psicanalitica e a quella delle relazioni oggettuali, in cui mette in evidenza le caratteristiche della personalità normale e di quella patologica.

La personalità normale presenta, tra le altre caratteristiche: “identità dell’io”, una integrazione del sé e dell’altro significativo, coerenza, autostima, autonomia, gioia di vivere, disponibilità affettiva, capacità di controllo delle emozioni e degli impulsi, perseveranza nel lavoro, sistema di valori e di riferimenti stabile, capacità di affrontare attacchi senza reazioni eccessive, adeguata gestione di aggressività e sessualità, costanza nell’ambivalenza della relazione con l’oggetto interiorizzato.[396]

La personalità patologica presenta diffusione di identità con assenza di coerenza interna e di capacità di distinguere l’io dal non-io, io debole con dipendenza da emozioni e impulsi poco o nulla controllabili, sfiducia in sé e negli altri, inappropriata gestione di aggressività e sessualità, reazioni eccessive di fronte ad attacchi.[397]

Dio ci illumini sempre meglio.

 

 

b,1,2,1,3) Rilevanza dei disturbi mentali in ordine all’azzeramento o riduzione della capacità di intendere e di volere in ambito psichiatrico forense secondo la dottrina più recente.

 

 

La Croce sacra sia la nostra luce.

In questo paragrafo vedremo a livello fondamentale la rilevanza delle malattie psichiche in ordine all’azzeramento o riduzione della capacità di intendere e di volere, che è ordinariamente necessaria perché si abbia libertà e quindi piena avvertenza e deliberato consenso in ordine all’azione.

Per esaminare con chiarezza e profondità la rilevanza delle malattie psichiche in questo ambito un particolare aiuto ci viene dalla psichiatria forense; personalmente mi rifarò molto, nelle prossime pagine, alle affermazioni del prof. Fornari racchiuse nel suo testo “Psichiatria forense”.

Appunto per esaminare a fondo tale tematica è interessante notare che in campo giuridico fin dall’antichità era considerata rilevante in ordine alla punibilità del reo la sua sanità mentale. Nel diritto romano i folli non venivano puniti, il demente e il bambino fino a 7 anni erano considerati non responsabili per le loro azioni. Nel diritto giustinianeo ugualmente la persona folle era giuridicamente irresponsabile ma venivano ben distinte le varie forme di disturbo mentale (insania, dementia etc.); dei delitti commessi durante il cosiddetto “lucido intervallo”, tra due momenti di follia, il soggetto era responsabile; inoltre si teneva conto anche dell’ubriachezza per precisare la responsabilità del reo.

Il diritto penale germanico almeno inizialmente riteneva responsabili anche i folli; la legge visigota fu quella che più si avvicinò al diritto romano e cominciò a considerare la volontà come fondamentale per la responsabilità.[398]

La Chiesa è sempre stata attenta all’elemento soggettivo del reato; nella sua legislazione e nella legislazione ispirata ai suoi principi, perché la persona potesse essere responsabile si richiedeva che il reo avesse conoscenza del male che compiva e volesse liberamente compierlo. Erano quindi ritenuti irresponsabili di reato i pazzi ai quali appunto mancavano libera volontà e sufficiente conoscenza del male che avevano compiuto, tale irresponsabilità restava per tutto il tempo in cui perdurava la patologia mentale. Alla malattia mentale era equiparato qualsiasi altro stato mentale che rendeva il soggetto non più cosciente dei suoi atti: il sonnambulismo, l’ira improvvisa, la febbre violenta, il furore improvviso, un dolore intenso. [399]

Certamente anche grazie all’ influsso della Chiesa dopo l’anno mille il principio dell’irresponsabilità giuridica del folle venne ripreso in varie legislazioni europee e la situazione non cambiò nei secoli successivi.[400]

In questa linea nel diritto attuale, in Italia: “…  vi è imputabilità quando un soggetto è suscettibile di essere ritenuto responsabile di un delitto, al quale corrisponde l’applicazione di una pena, per aver agito con intenzionalità, discernimento e volontà, e che nonostante la piena consapevolezza del disvalore della sua azione abbia voluto perseguirla e, di fatto, l’ha perseguita, e/o non ha saputo resistere all’impulso di aggredire o vendicarsi.”[401]

Per l’ordinamento giuridico italiano, in particolare: “Il principio della responsabilità personale sancito dall’art. 27 Cost. impone di considerare il soggetto agente suscettibile di rimprovero, innanzitutto se l’azione o l’omissione appare sorretta dalla coscienza e volontà di commetterla e dalla capacità di intendere e di volere … la capacità di intendere è l’idoneità dell’autore ad orientarsi nel mondo esterno, in un quadro di esatta percezione della realtà e nella piena realizzazione del significato delle proprie condotte e delle loro eventuali ripercussioni. La capacità di volere va invece identificata nell’attitudine ad autodeterminarsi in relazione ai normali impulsi che sono alla base dei comportamenti posti in essere dall’agente.  …  vi possono essere soggetti incapaci di intendere e volere, seppure non malati in senso stretto (Cass.pen., sez.I, 9 aprile 2003 n.19532)”.[402]

Più precisamente: “ … la capacità di intendere pacificamente si riconosce nella idoneità del soggetto a rendersi conto del valore delle proprie azioni… ; mentre la capacità di volere consiste nella idoneità del soggetto medesimo “ad autodeterminarsi, in relazione ai normali impulsi che ne motivano l’azione, in modo coerente ai valori di cui è portatore”, “nel potere di controllare gli impulsi ad agire e di determinarsi secondo il motivo che appare più ragionevole o preferibile in base ad una concezione di valore”, nella attitudine a gestire “una efficiente regolamentazione della propria, libera autodeterminazione” (Cass., Sez. I, n. 13202/1990, cit.), in sostanza nella capacità di intendere i propri atti (nihil volitum nisi praecognitum)…”[403]

Sorge il problema di quale sia il disturbo mentale che ha rilevanza per escludere o limitare l’ imputabilità.

In un interessante articolo leggiamo a questo riguardo : “Il più antico paradigma psichiatrico della malattia mentale è quello cosiddetto biologico-organicista sviluppatosi già dalla fine del 1700. Questo affermava che poteva essere considerata infermità mentale solo un’ alterazione organica o fisica del cervello clinicamente accertabile. …  All’ interno del paradigma in esame sono, individuabili vari orientamenti: il primo identifica le infermità mentali come vere e proprie malattie del cervello o del sistema nervoso, aventi, però, un substrato organico o biologico. … Il secondo orientamento, introdotto per la prima volta da Kraepelin, tende ad inquadrare il disturbo mentale, rilevante ai fini della esclusione o della limitazione della imputabilità, in un prestabilito schema classificatorio “nosografico”.  … Conseguenza immediata e diretta è che un disturbo psichico può essere riconducibile a una malattia mentale soltanto qualora sia nosograficamente inquadrato. …

Il terzo e ultimo orientamento è quello introdotto dall’altrettanto celebre psichiatra Jaspers che, piuttosto che concentrarsi solo sulle mere categorie, pone l’accento sulla peculiarità del vissuto di ciascun paziente … ”[404]

Accanto al paradigma medico è emerso il paradigma psicologico della malattia mentale, affermatosi intorno al novecento: “Secondo questa impostazione … qualunque disturbo morboso di carattere psichico può risultare idoneo ad escludere la capacità di intendere e di volere. Al contrario, le alterazioni mentali, classificabili come malattie in senso psichiatrico, non debbono, perciò solo, essere considerate cause di esclusione o di attenuazione dell’imputabilità.”[405]

Accanto a questi due paradigmi si è sviluppato un terzo paradigma della malattia mentale, c.d. sociologico, per esso la malattia mentale è disturbo psicologico avente origine sociale, tale paradigma esaspera il concetto di infermità sicché ogni deviazione sociale potrebbe determinare una situazione di inimputabilità. Negli ultimi anni, in particolare ha trovato spazio un’interpretazione estensiva, che ha accolto il paradigma psicologico, che permette di includere tra gli incapaci di intendere e di volere anche i soggetti affetti da disturbi non specifici aventi particolari caratteristiche.[406] Per il paradigma psicologico, come detto, la capacità di intendere e di volere può essere esclusa da  qualunque disturbo morboso di carattere psichico e le malattie in senso psichiatrico, non debbono, perciò solo, essere considerate cause di esclusione o di attenuazione dell’imputabilità.

In un testo degli anni ’90 leggiamo in questa linea: ” … non possono mai valere indicazioni di carattere generale, dovendosi caso per caso indagare, con criterio clinico, sulla natura della persona e dei meccanismi psichici e psicopatologici messi in atto in ogni fattispecie.”[407]

Attualmente si afferma da parte di esperti che non vi è la possibilità di tradurre immediatamente una determinata diagnosi psichiatrica in una delle tre possibilità offerte dal codice, cioè che non vi è alcuna possibilità di legare determinate diagnosi psichiatriche alla cosiddetta piena imputabilità, al vizio parziale o al vizio totale; non è possibile cioè affermare che la psicosi comporti sempre e soltanto assenza di capacità di intendere e di volere o la nevrosi semimputabilità o il disturbo di personalità imputabilità piena.  Anche situazioni di più grave malattia di mente, di vera e propria psicosi, possono essere compatibili con la piena imputabilità! Dall’altro lato occorre fare i conti con il dato naturalistico per il quale disturbi di personalità e nevrosi possono influenzare la capacità di intendere e di volere.[408]

Nel testo: “Psichiatria forense, criminologia ed etica psichiatrica” leggiamo in questa linea: “Fornari (2004) sottolinea … il fatto che è doveroso compiere ogni sforzo per dimostrare che è destituito di ogni fondamento lo stereotipo preconcetto di una supposta, ma non dimostrata, analogia tra malattia mentale e incapacità di intendere o di volere, e quello, di verso opposto, secondo cui l’autore di un delitto efferato è o deve essere per forza un malato di mente.” [409]

Si afferma in questa linea che: “… nessun psichiatra, crediamo, sottoscriverebbe a priori una dichiarazione di incapacità assoluta nei riguardi di qualsiasi malato mentale”[410].

Come dice un altro esperto: “… La valutazione sull’imputabilità è così strettamente eseguita caso per caso; è abbandonato il criterio secondo cui a una data diagnosi (per esempio, di schizofrenia) debba obbligatoriamente corrispondere un’incapacità di intendere o di volere: si tratta in concreto di apprezzare se la malattia è intervenuta nella genesi del fatto delittuoso, se ha pertanto privato il malato di ogni libertà di scelta, ovvero se ha influito solo parzialmente, o anche se non vi ha giocato alcun ruolo.”[411]  Cioè si afferma che è possibile, sull’imputabilità, un’indagine guidata dal principio dell’individualizzazione.[412]

Si afferma in questa linea che per avere vera chiarezza sull’effettiva capacità di intendere e volere del reo nel processo occorre riferirsi: “ … a validi studi scientifici psicologici, psichiatrici e/o neurofisiologici, circa lo stato di consapevolezza dell’imputato e del crimine da lui commesso.”[413]

Va ben precisato che: “… l’infermità di mente …  si integra e si concretizza soltanto allorché si dimostri che quel determinato disturbo psicopatologico abbia inciso, al momento del fatto commesso, sullo stato di mente dell’autore di reato (scemando grandemente ovvero annullando del tutto le sue capacità di intendere o di volere), attraverso la produzione, non controbilanciata da adeguate spinte, di condotte-sintomo integratesi in fatti reato.”[414]

Infermità di mente è una condizione che esclude o diminuisce la capacità di intendere e di volere.

Sottolineo a questo riguardo che: “… è … necessario che tra il disturbo mentale ed il fatto di reato sussista un nesso eziologico, che consenta di ritenere il secondo causalmente determinato dal primo».”[415]

Mancando il nesso eziologico anche il malato di mente può essere ritenuto imputabile e competente perché il suo funzionamento mentale non si correla con l’atto criminoso e si colloca in spazi convenzionali di libertà e autonomia.[416]

La norma giuridica distingue:

1)la situazione di “vizio totale di mente” che si realizza allorquando l’infermità, al momento del fatto, esclude del tutto la capacità di intendere o di volere dell’autore di reato;

2) la situazione di “vizio parziale di mente”, situazione nella quale l’infermità produce, al momento del fatto, una significativa, grave riduzione della capacità di intendere e/o della capacità di volere dell’autore del reato.[417]

L’art. 88 c.p. afferma: “Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere o di volere”.

L’art. 89 c.p.  statuisce: “Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità di intendere o di volere, risponde del reato commesso, ma la pena è diminuita”.

Il vizio totale o parziale di mente si verifica:

1) nei casi di intossicazione acuta da alcool o stupefacenti derivata da caso fortuito o forza maggiore;

2) nei casi in cui l’autore del reato è stato reso da altri incapace di intendere o di volere;

3) nei casi in cui il soggetto presentava al momento del delitto un quadro di infermità tale da escludere o scemare grandemente la sua capacità di intendere e volere;

4) nel caso che il reato sia stato commesso da un minore di età compresa tra i 14 e i 18 anni che per immaturità non aveva ancora capacità di intendere e volere al momento del fatto.[418]

Possono essere esclusi dalla nozione di infermità mentale:

-i tratti e disturbi della personalità che si costituiscono in modi di essere della persona;

-i quadri psicopatologici in fase di remissione o di buona stabilizzazione;

-i quadri psicopatologici di scarsa, controversa e vaga rappresentatività sintomatologica.

Possono venir presi in considerazione per l’applicazione degli artt. 88 e 89 c.p., appena viste:

-i quadri in cui è in atto un evidente scompenso patologico psichico;

-disturbi mentali cronici;

-infermità fisiche che abbiano inciso in modo evidente, rilevante e grave sul funzionamento dell’agente al momento e in riferimento all’evento giuridicamente rilevante;

-un disturbo grave della personalità in cui sono documentati scompensi in senso “borderline o psicotico

Si deve riconoscere valore di malattia solo a quei reati che sono un sintomo psicopatologico individuato nei quadri clinici indicati e scompensato dal punto di vista funzionale.

Da un punto di vista nosografico si fa riferimento a severi disturbi dello spettro psicotico e ai disturbi gravi della personalità la cui consistenza, intensità e rilevanza deve essere tale da aver inciso sulla capacità di intendere e di volere del soggetto agente.[419]

Possono incidere sulla capacità di intendere e di volere anche gravi disturbi della personalità, come ha affermato la Cassazione:“ … deve essere affermato il seguente principio di diritto, ai sensi dell’art. 173.3 disp. att. c.p.p.: ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, rientrano nel concetto di “infermità” anche i “gravi disturbi della personalità”, a condizione che il giudice ne accerti la gravità e l’intensità, tali da escludere o scemare grandemente la capacità di intendere o di volere, e il nesso eziologico con la specifica azione criminosa”.[420]

La Cassazione, più generalmente, ha affermato nella stessa sentenza : “ … pertinente è il rilievo di autorevole dottrina, secondo cui, proprio a conferma della maggiore ampiezza del termine di “infermità” rispetto a quello di “malattia”, “non interessa tanto che la condizione del soggetto sia esattamente catalogabile nel novero delle malattie elencate nei trattati di medicina, quanto che il disturbo abbia in concreto l’attitudine a compromettere gravemente la capacità sia di percepire il disvalore del fatto commesso, sia di recepire il significato del trattamento punitivo”, che lasci integra o meno la capacità di “poter agire altrimenti”, posto che – come di sopra si è già accennato – solo nei confronti di soggetti dotati di tali capacità può concretamente parlarsi di colpevolezza.”[421]

Sottolineo che per aversi incapacità o limitata capacità di intendere e volere: non interessa tanto che la condizione del soggetto sia esattamente catalogabile nel novero delle malattie elencate nei trattati di medicina, quanto che il disturbo abbia in concreto l’attitudine a compromettere gravemente la capacità sia di percepire il disvalore del fatto commesso, sia di recepire il significato del trattamento punitivo, che lasci integra o meno la capacità di “poter agire altrimenti”; infatti “Esistono, infatti, malati di mente, in buona fase di remissione o di spegnimento di malattia, nei quali l’atto non è un equivalente psicopatologico e, per contro, gravi nevrotici scompensati (sintomatologia in fase florida) nei quali il reato è connesso alla patologia conflittuale”.[422]

Sottolineo inoltre che : “Perché ricorra il vizio parziale di mente non basta una qualsiasi deviazione della funzione mentale, ma occorre che la diminuzione delle facoltà intellettive e volitive dipenda da un’alterazione patologica clinicamente accertabile, corrispondente al quadro clinico tipico di una determinata malattia” (Cass. Pen. 9.4.1998, 4279).

Occorre notare a riguardo che:“ Per quanto riguarda gli psicopatici è essenziale giungere a poter discernere, mediante colloquio psichiatrico e test, se la mancata comprensione del crimine commesso, anche dagli atti delle inchieste, sia autentica o simulata …

Nel caso degli psicotici e degli schizofrenici è necessaria la disamina peculiare della diagnosi in relazione al fatto commesso e quindi sul loro stato psichico e le cause determinanti che li hanno spinti a commettere quel reato.”[423]

Il prof. Aguglia ha potuto affermare: “Il concetto di infermità è diventato così un concetto meno rigido e di contenuto più ampio e ciò consente di ricomprendere nel concetto stesso di infermità rilevante penalmente qualunque condizione morbosa, anche se difficilmente caratterizzabile sul piano clinico, sempre che presenti, connotazioni tali da escludere o diminuire le normali capacità di intendere e di volere.”[424]

Riguardo alla perizia da fare su una persona che ha compiuto un reato, per accertare la sua capacità di intendere e di volere, va ben considerato quello che afferma il prof. Marco Paolemili: “Il procedimento della perizia dipende dunque in misura notevole dalla posizione del perito psichiatra in ordine alle teorie della personalità, soprattutto se il metodo adottato non è induttivo … ma deduttivo, dove i dati vengono riguardati a partire da una teoria generale. I risultati delle perizie, per il loro carattere empirico, vengono quindi quasi sempre offerti come dichiarazioni di probabilità.” [425]

Quindi le affermazioni di una perizia circa l’effettiva capacità di intendere e di volere del reo al momento del delitto non possono entrare in maniera assolutamente sicura nell’anima della persona per dare un giudizio infallibile a riguardo; esse, invece, sono sempre dichiarazioni di probabilità.

Dio ci illumini sempre meglio.

 

 

b,1,2,1,4) Trasposizione in ambito teologico di quanto appena detto.

 

 

La Croce di Cristo sia la nostra luce.

Per trasporre rettamente al campo della teologia morale le buone indicazioni che ci vengono dalla scienza giuridica e psichiatrica più recente dobbiamo anzitutto affermare che la teologia cattolica insegna che l’uomo per eccellenza è Cristo, Lui è l’uomo perfetto, a Lui bisogna guardare e da Lui occorre attingere sapienza per vedere in profondità cosa è veramente sano e cosa è patologico nella psiche umana e nella vita umana[426].

Nella luce di Cristo la teologia cattolica afferma che la causa radicale delle malattie e anche dei disturbi mentali è nel peccato, in particolare nel peccato originale, come emerge abbastanza chiaramente da varie affermazioni del Catechismo della Chiesa Cattolica riguardanti gli effetti del peccato originale: in esse infatti si dice che la corruzione, la sofferenza e la morte vengono dal peccato originale[427] dal peccato originale si è instaurato all’interno dell’uomo un disordine profondo che in Cristo trova radicale sistemazione.

Inoltre dobbiamo affermare che solo Dio conosce in pienezza se è in noi la capacità di intendere e volere e solo Dio conosce in pienezza il grado di adesione delle nostre anime ai peccati commessi da noi, solo Dio conosce in pienezza il grado di avvertenza e di consenso nostro ai peccati compiuti da noi e dai nostri fratelli; tuttavia la nostra fede ci insegna che, con l’aiuto di Dio, con la luce che ci viene da Lui, e quindi con l’ausilio che Dio stesso ci offre anche attraverso gli studi degli uomini di scienza, possiamo conoscere molte cose nascoste e possiamo anche con alto grado di precisione e a volte con assoluta precisione intendere gli effetti di disturbi psichici sulla reale imputabilità di certi atti a coloro che li hanno compiuti e quindi possiamo intendere il grado di avvertenza e di consenso nostro e degli altri ai peccati compiuti da noi e da loro.

In questa linea  le indicazioni che ci hanno offerto gli esperti indicati più sopra appunto riguardo alla capacità di intendere e di volere, trasposte in campo morale, vanno nel senso che per avere chiarezza sulla reale avvertenza e sul reale consenso  della persona ai suoi atti e quindi per rendersi conto del grado di adesione morale del soggetto alle azioni da lui realizzate, occorre esaminare bene la situazione concreta del soggetto nella luce di Dio, riferendosi anche: “… a validi studi scientifici psicologici, psichiatrici e/o neurofisiologici, circa lo stato di consapevolezza dell’imputato … .”[428], non sempre, infatti i disturbi mentali anche gravi rendono la persona non responsabile dei suoi atti.

 

 

c) Sintesi sulle attenuanti e scusanti viste.

 

 

Abbiamo detto che il peccato implica che l’atto sia libero, volontario e che l’agente avverta la malizia dell’atto stesso, abbiamo quindi precisato in particolare fattori soggettivi che attenuano o escludono il peccato.

Volendo realizzare uno schema riassuntivo di quanto detto possiamo distinguere:

1) impedimenti che tolgono del tutto o diminuiscono la volontarietà agli atti umani:

a) impedimenti che rendono la persona incapace di intendere e volere cioè che tolgono alla persona la padronanza di sé, rientrano tra questi impedimenti: i difetti di ragione, la follia, il sonno, l’ubriachezza, lo stato di sonnambulismo e ipnotismo perfetto, la possessione diabolica etc.; alcune di queste situazioni possono essere volontarie in causa;

b) impedimenti che sono cause prossime dell’involontario, cioè che possono togliere del tutto o diminuire la volontarietà agli atti umani:

b,1) la violenza, che toglie o impedisce l’inclinazione della volontà;

b,2) il timore, che toglie o impedisce l’inclinazione della volontà;

b,3) l’ignoranza che toglie o impedisce la conoscenza intellettuale;

b,4) la concupiscenza, che toglie o impedisce la conoscenza intellettuale;

2) impedimenti alla libertà dell’atto umano:

a) cause che prossimamente diminuiscono o tolgono la libertà:

a,1) le passioni;

a,2) gli abiti e le abitudini;

b) cause che più remotamente impediscono la libertà dell’atto umano;

b,1) le cause esterne all’uomo:

b,1,1) quelle che si hanno in ragione dell’origine: i parenti, la patria, la nazione e altre simili;

b,1,2) quelle che si hanno in ragione dell’educazione corporale, intellettuale, morale e religiosa;

b,1,3) quelle che si hanno in ragione della condizione sociale, nella quale uno si trova, secondo che è alta o umile etc.;

b,4) le cause comuni per parte del corpo: età, sesso, forza, capacità naturale, temperamento.

b,5) quelle comuni per parte dell’anima: il carattere;

b,6) le perturbazioni psichiche permanenti;

b,7) le perturbazioni psichiche transitorie;

b,8) sonno ipnotico.

Sottolineo che questo è uno schema riassuntivo di quanto detto nelle pagine precedenti, appunto in esse occorre vedere le necessarie chiarificazioni su questi impedimenti.

 

 

6) Precisazioni sull’obbligatorietà della Legge divina e sull’ impotenza fisica o morale ad attuare tale Legge.

 

 

La Croce sacra sia la mia luce.

Ripetiamoci la dottrina cattolica su questo punto: alla legge naturale sono soggetti tutti gli uomini, solo in atto primo sono soggette ad essa le persone in quanto mancano dell’uso della ragione, sono soggetti ad essa anche in atto secondo coloro che godono dell’uso di ragione[429].

La legge divina evangelica obbliga tutti gli uomini[430] e, come affermato nel Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2068: “Il Concilio di Trento insegna che i dieci comandamenti obbligano i cristiani e che l’uomo giustificato è ancora tenuto ad osservarli[431]”.

Non si dà esenzione dalla Legge divina.[432]

Quindi i comandamenti obbligano tutti i cristiani; anche gli incapaci di intendere e volere e gli infanti sono obbligati dalla Legge Nuova e sono tenuti ad osservarla ma sono scusati per le loro inadempienze[433]. I dieci comandamenti indicano doveri essenziali e diritti fondamentali inerenti alla natura umana (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2070)

A questo riguardo è importante ricordare che, come il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma al n. 2072: “Poiché enunciano i doveri fondamentali dell’uomo verso Dio e verso il prossimo, i dieci comandamenti rivelano, nel loro contenuto essenziale, obbligazioni gravi. Sono sostanzialmente immutabili e obbligano sempre e dappertutto. Nessuno potrebbe dispensare da essi. I dieci comandamenti sono incisi da Dio nel cuore dell’essere umano.”

Il fatto che il Decalogo sia indispensabile, come insegna anche s. Tommaso ( Iª-IIae q. 100 a. 8 co.) implica che nessuno possa dispensare altri o sé stesso dal compimento della Legge. Come vedemmo nel I volume: nessuno può dispensare sé stesso o altri dall’attuazione dei divini comandamenti e questo vale in particolare riguardo a ciò che di oggettivamente grave essi condannano; cioè nessuno può dispensare sé o gli altri dall’osservanza dei comandamenti permettendo a sé o ad altri di compiere atti oggettivamente gravi (come adulterio, omicidio, stupro etc.) condannati dai divini comandamenti.

Vi sono però, come visto, delle circostanze per le quali il soggetto è scusato dall’inosservanza di tale Legge; in particolare esistono infatti situazioni di reale impotenza ad attuare certi comandi divini.

Il famoso moralista Prummer, e con lui altri moralisti[434], precisa che l’impotenza può essere assoluta o morale: “ Absoluta impotentia legem adimplendi adest, quando homo est prorsus incapax servandi illam, e. gr. clericus, qui sine culpa amisit Breviarium nec aliud habere potest, versatur in absoluta impotentia observandi legem de recitatione Breviarii. — Impotentia moralis vocatur ea, quae iuxta prudens iudicium viri discreti reddit opus a lege praescriptum non quidem absolute sed moraliter impossibile; vel impotentia moralis tunc adest, quando opus praescriptum fieri nequit, nisi adhibendo labores prorsus extraordinarios.”[435]

Impotenza assoluta si verifica quando il soggetto è assolutamente incapace di osservare la legge.

Gli impedimenti che abbiamo visto più sopra possono rendere assolutamente impotente il soggetto ad osservare la Legge divina e quindi scusare assolutamente il soggetto per il suo atto contrario a tale Legge, come detto.

Certe turbe psichiche, ad esempio, possono rendere il soggetto assolutamente impotente ad evitare atti di lussuria, o altri atti che sono gravemente contrari alla Legge divina; in questi casi il soggetto è scusato per l’atto malvagio commesso sempreché non abbia lui stesso causato tali turbe per compiere tali atti.

In questi casi il soggetto pur compiendo l’atto grave è scusato da esso; pur essendoci appunto materia grave non si ha un peccato grave perché l’atto manca di piena avvertenza e/o di deliberato consenso, non si ha neppure peccato perché l’atto manca degli elementi necessari perché si abbia peccato.

L’impotenza assoluta scusa da ogni legge perché nessuno è tenuto a ciò che è impossibile. Nessuno, affermano i moralisti [436], è tenuto a ciò che è assolutamente impossibile; le parole che abbiamo visto più sopra, che sono tratte dal Concilio di Trento[437],  per cui Dio non comanda l’impossibile ma quando comanda ti ammonisce di fare quello che puoi e di chiedere quello che non puoi, ed aiuta perché tu possa, significano anche che nessuno è tenuto all’impossibile.

Sottolineo che l’uomo resta obbligato all’osservanza di tutta Legge ma è scusato per la sua inadempienza nel caso di impotenza assoluta.

Dall’impotenza assoluta si distingue l’impotenza morale.

Impotenza morale si verifica quando l’opera prescritta diventa, secondo il giudizio prudente dell’uomo discreto, non assolutamente ma moralmente impossibile o quando l’opera in oggetto non si può realizzare senza sforzi straordinari; come spiega Merkelbach: si ha impotenza morale quando la legge non può essere adempiuto senza grande timore o pericolo di grave danno o difficoltà, uniti accidentalmente con l’adempimento della legge.[438]

Come spiega lo stesso moralista nelle stesse pagine: la legge positiva non obbliga con grave danno o difficoltà che siano estrinseci ad essa.

Sottolineo: il disagio che determina l’impotenza morale deve essere grave e congiunto all’osservanza della legge solo per accidens ed estrinsecamente; il disagio che consegue dalla natura della stessa legge non determina tale impotenza.[439]

Perché il disagio scusi dall’attuazione della legge deve essere inevitabile, cioè lo si può evitare solo non attuando la legge.[440]

Nell’ordine fisico vengono indicati come disagi che causano impotenza morale quelli che attengono a danni gravi ai beni di fortuna e alla salute fisica del soggetto, nell’ordine morale sono indicati come disagi gravi danni all’anima del soggetto stesso o di altri come scrupoli e scandali. [441]

L’impotenza morale scusa dalla legge positiva sia affermativa che negativa, scusa dalle norme affermative della Legge naturale e della Legge divina positiva ma non scusa dalle norme negative della Legge naturale e della Legge divina positiva[442]. Inoltre l’impotenza morale non scusa se l’atto si rivolga in disprezzo della fede e dell’autorità ecclesiastica e se l’atto si rivolga a danno delle anime, infatti il bene spirituale del prossimo deve essere preferito al nostro bene temporale. [443]

Sottolineo che in caso di impotenza morale l’uomo resta obbligato all’osservanza di tutta Legge ma è scusato per la sua inadempienza.

Bene intesi i seguenti testi di s. Alfonso, che trattano in particolare dell’impossibilità riguardo ai precetti umani, ecclesiastici, ribadiscono fondamentalmente quanto ho appena detto.

S. Alfonso ne parla nella sua Theologia Moralis[444]e dice: “Cum ad impossibile nemo teneatur, certum est quod impotentia excuset; etiam illa, cui ante causam cum peccato dedisti, dummodo de hoc doleas.”

S. Alfonso parla di questo argomento anche nella “Istruzione e pratica per i confessori.”[445]dove afferma: “Punto V. Quali cause scusano dalla trasgressione de’ precetti. … 50. Scusa per 3. l’impotenza. Se poi non potendosi osservare il tutto, debba osservarsi la parte del precetto che può adempirsi; si distingue così: se ‘l precetto può comodamente dividersi, sicché nella sua parte si salvi il fine del precetto, allora, benché non possa osservarsi tutto, dee adempirsi la parte che si può; v. g. se non puoi dir tutto l’officio, devi recitarne quella parte che puoi: e l’opposto è stato già dannato nella propos. 54. da Innocenzo XI. Così ancora se nella quaresima sei dispensato a mangiar carne, sei nondimeno tenuto all’unica comestione, come ha dichiarato Benedetto XIV. nella sua bolla Non ambigimus3. Altrimenti corre poi, se nella parte non si salva la ragione del precetto; onde se devi per voto andare a Roma, e non puoi ivi giungere, non sei tenuto a far parte del viaggio4. Scusano ancora dalla legge la dispensa, l’epicheia, e la consuetudine contraria; ma di queste se ne parlerà a parte ne’ punti seguenti.”

Come visto, la dispensa e l’epicheia non sono applicabili al Decalogo.

Spiega s. Alfonso in questa linea che : “Scusa dall’obbligo di sentir la messa ogni causa d’impotenza fisica, o pure morale, cioè che apportasse grave danno, o grave incomodo, spirituale o temporale, proprio o alieno.”[446]

In altro testo s. Alfonso afferma: “Si dimanda poi, quali cause scusano dall’obbligo di sentir la messa. Scusa l’impotenza reale e l’impotenza morale. L’impotenza reale è, quando uno sta infermo a letto, o sta carcerato, o è cieco, e non ha chi lo conduca alla chiesa. L’impotenza morale poi è, quando alcuno non può andare alla chiesa senza timore di grave danno o spirituale, o temporale; e perciò sono scusati i custodi delle città, o degli eserciti, o delle greggi, o delle case, o de’ bambini, o degl’infermi, non avendo chi lasciare in loro vece. Così anche scusa un grave incomodo; e perciò sono scusati dalla messa gl’infermi convalescenti, che non possono andare alla chiesa senza grave pena, o timore di ricadere; così anche sono scusati i servi, che non possono lasciar la casa de’ padroni senza incomodo grave de’ padroni, o proprio, se per esempio temessero d’esser licenziati lasciando la casa, e difficilmente potessero poi trovare altro padrone.

Scusa anche la notabil lontananza dalla chiesa, come se fosse distante per tre miglia, secondo dicono i dottori; e meno, se il tempo fosse nevoso, o piovoso, o la persona fosse debole, o la strada molto disastrosa. Di più scusa la consuetudine de’ paesi, di non uscir di casa per alcun tempo dopo il parto, o dopo la morte di qualche stretto parente. Ma alcuni non vanno alla chiesa, e poi vanno alla piazza in pubblico; questi non sono scusati dalla messa. Di più alcune persone possono essere scusate per non avere le vesti, o l’accompagnamento decente per comparire nella chiesa; se nondimeno vi è qualche cappella rimota, o dove si dice la messa all’alba oscura, elle son tenute di andarvi a sentir la messa.”[447]

Anche dalla legge del digiuno si è scusati per impotenza fisica o morale: “Delle cause che scusano dal digiuno … Scusa l’impotenza fisica e morale. Per ragion d’impotenza fisica sono scusati dal digiuno gl’infermi e convalescenti: le donne gravide o che allattano: i poveri che non hanno il cibo sufficiente per una sola refezione … Per ragion poi dell’impotenza morale è scusato ognuno, che non può digiunare senza un grande incomodo, come se non potesse dormir la notte, o per altra cosa simile.”[448]

Anche dall’ integrità materiale della Confessione si è scusati per impotenza fisica o morale. [449]

Prummer si chiede anche se sia lecito in certi casi porre un atto che possa causare l’impotenza fisica o morale di osservare la legge e risponde, in particolare per il tema di nostro interesse, che l’impotenza fisica o morale può essere lecitamente e volontariamente prodotta secondo i principi del cosiddetto volontario indiretto cioè quando si pone un atto che ha un duplice effetto, uno buono e uno cattivo: l’effetto buono è quello cui tende l’azione, cioè l’effetto che è voluto direttamente dall’agente; l’effetto malvagio è quello non voluto direttamente dall’agente ma permesso, nel caso che stiamo esaminando l’effetto cattivo è l’incapacità ad attuare la legge. È lecito porre un atto dal duplice effetto che abbia per effetto non voluto ma permesso tale incapacità quando il fine è buono e vi è una ragione proporzionatamente grave.[450]

Sottolineo che il grave disagio che determina impotenza morale non scusa da azioni come: l’adulterio, gli atti omosessuali, la fornicazione, la pederastia, l’omicidio, la bestemmia etc. cioè dalla violazione di un comando negativo della Legge divina.

San Giovanni Paolo II affermò riguardo a tali comandi: “I precetti morali negativi, cioè quelli che proibiscono alcuni atti o comportamenti concreti come intrinsecamente cattivi, non ammettono alcuna legittima eccezione; essi non lasciano alcuno spazio moralmente accettabile per la «creatività» di una qualche determinazione contraria. Una volta riconosciuta in concreto la specie morale di un’azione proibita da una regola universale, il solo atto moralmente buono è quello di obbedire alla legge morale e di astenersi dall’azione che essa proibisce”[451]

Leggiamo ancora nella Veritatis Splendor :“ La Chiesa ha sempre insegnato che non si devono mai scegliere comportamenti proibiti dai comandamenti morali, espressi in forma negativa nell’Antico e nel Nuovo Testamento. Come si è visto, Gesù stesso ribadisce l’inderogabilità, sempre e in ogni circostanza di queste proibizioni : « Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti…: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso » (Mt 19,17-18)….”(VS, n.52) . Non uccidere, non commettere adulterio etc. Come è proibito radicalmente l’omicidio, così è proibito radicalmente l’adulterio come è vietato semper ed in ogni circostanza l’omicidio così è vietato sempre ed in ogni circostanza l’adulterio ugualmente è sempre vietato ogni atto omosessuale.

Precisa s. Giovanni Paolo II riguardo a ciò che stiamo dicendo: “95. La dottrina della Chiesa e in particolare la sua fermezza nel difendere la validità universale e permanente dei precetti che proibiscono gli atti intrinsecamente cattivi è giudicata non poche volte come il segno di un’intransigenza intollerabile … Ma, in realtà, la maternità della Chiesa non può mai essere separata dalla sua missione di insegnamento, che essa deve compiere sempre come Sposa fedele di Cristo, la Verità in persona” (VS, n. 95s)

La Chiesa, in quanto è Maestra “ … non si stanca di proclamare la norma morale … Di tale norma la Chiesa non è affatto né l’autrice né l’arbitra. In obbedienza alla verità, che è Cristo, la cui immagine si riflette nella natura e nella dignità della persona umana, la Chiesa interpreta la norma morale e la propone a tutti gli uomini di buona volontà, senza nasconderne le esigenze di radicalità e di perfezione”.[452]

La Croce sacra sia la mia luce.

 

 

7) Precisazioni su alcune questioni dottrinali riguardanti persone aventi vari tipi di fattori attenuanti o escludenti la responsabilità per i loro atti.

 

 

a) Non esistono fattori attenuanti o escludenti la responsabilità che rendano possibile l’assoluzione valida, senza vera contrizione e senza proposito di non peccare, dei divorziati risposati e di coloro che vivono in situazione di peccato notorio.

 

 

Sorga Dio che è Luce  e siano disperse le tenebre dell’errore.

Mi pare importante ricordare e sottolineare, nella linea di quanto vedemmo e di quanto stiamo dicendo, che per confessarsi validamente occorre il Battesimo, occorre la fede, occorre confessarsi da un Confessore che non sia complice del penitente in un peccato impuro e occorre la contrizione con il proposito di non peccare più, proposito che si fa appunto nella fede, accogliendo il dono di Dio che ci vuole santi.

La ricezione del Battesimo è necessaria per ricevere validamente l’assoluzione sacramentale.

Ci possono essere persone condizionate a tal punto da non giungere al Battesimo?

Penso di sì! Ma se non si battezzano non possono ricevere valida assoluzione sacramentale.

La fede è necessaria per ricevere validamente il Sacramento della Confessione perché la contrizione, anche imperfetta, implica la fede.

Un eretico finché resta tale e non ritorna alla vera fede non può ricevere validamente il Sacramento della Confessione.

Si consideri più generalmente che: “I sacramenti sono ordinati alla santificazione degli uomini, alla edificazione del corpo di Cristo e, infine, a rendere culto a Dio; in quanto segni hanno poi anche un fine pedagogico. Non solo suppongono la fede, ma con le parole e gli elementi rituali la nutrono, la irrobustiscono e la esprimono”.[453]

Il canone 844 precisa che “§4. Se vi sia pericolo di morte o qualora, a giudizio del Vescovo diocesano o della Conferenza Episcopale, urgesse altra grave necessità, i ministri cattolici amministrano lecitamente i medesimi sacramenti anche agli altri cristiani che non hanno piena comunione con la Chiesa cattolica, i quali non possano accedere al ministro della propria comunità e li chiedano spontaneamente, purché manifestino, circa questi sacramenti, la fede cattolica e siano ben disposti.”

Senza la fede del penitente non si può amministrare validamente l’assoluzione.

Ci possono essere persone condizionate a tal punto da essere irretite nell’incredulità? Certo! … ma se non credono non possono essere assolte validamente nella Confessione!

Ci possono essere persone condizionate a tal punto da essere irretite nell’ eresia o nell’apostasia? Penso di sì, ma finché una persona resta eretica o apostata non può essere validamente assolta in quanto tale apostasia o eresia determina la mancanza della fede e implica impossibilità della contrizione!

Il Sacramento della Penitenza è invalidamente amministrato dal Confessore che sia complice del penitente nel peccato contro il sesto comandamento come dice il  Can. 977 – L’assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento del Decalogo è invalida, eccetto che in pericolo di morte.

Ci possono essere persone condizionate a tal punto da non  andare da un altro confessore che non sia quello con cui hanno peccato? Penso di sì! Ma se non vanno da un altro confessore non possono essere validamente assolte!

Il Sacramento della Confessione richiede assolutamente la contrizione perfetta o imperfetta del penitente. Ci possono essere persone talmente condizionate da non fare atto di contrizione? Sì! Ma se non lo fanno non possono essere validamente assolte.

Sorga Dio che è Luce e siano disperse le tenebre dell’errore.

Ripeto: ci possono essere persone condizionate da non essere contrite per i loro peccati? Sì! Ma se non sono contrite non possono essere assolte; l’assoluzione è invalida se manca la contrizione del penitente, lo vedemmo chiaramente e ampiamente nel I volume e vedemmo come questa dottrina si trovava nei Padri, vedemmo come per s. Tommaso e poi per il Concilio di Firenze e per quello di Trento, la contrizione rientra nella materia del Sacramento perciò senza di essa non c’è il Sacramento.

Il Concilio di Firenze nella bolla “Exultate Deo”[454] spiega precisamente gli elementi necessari per la validità di un Sacramento e pone la materia tra tali elementi, se essa manca il Sacramento è invalido; la necessità della materia perché il Sacramento sia valido è indicata come dogma della Chiesa in un documento del S. Uffizio del 1877.[455]

S. Alfonso affermò, come visto, a questo riguardo “Per parte poi del penitente è invalida la Confessione. … Se non ha il dovuto dolore e proposito; specialmente se non vuol restituire come deve le robe, l’onore, o la fama tolta: o se non vuol togliere l’occasione prossima volontaria.”[456]

Lo stesso s. Alfonso nella sua “Theologia moralis” precisò che la confessione è invalida se il penitente non ha l’attrizione[457] che include il proposito di non peccare più.

Il Catechismo Maggiore di s. Pio X affermò al n. 689 “Delle parti del sacramento della Penitenza qual’ è la più necessaria?

Delle parti del sacramento della Penitenza la più necessaria è la contrizione, perché senza di essa non si può mai ottenere il perdono dei peccati, e con essa sola, quando sia perfetta, si può ottenere il perdono, purché sia congiunta col desiderio, almeno implicito, di confessarsi.”

S. Giovanni Paolo II affermò che: “È chiaro che non possono ricevere validamente l’assoluzione i penitenti che vivono in stato abituale di peccato grave e non intendono cambiare la loro situazione.”[458]

S. Giovanni Paolo II disse: “È inoltre evidente di per sé che l’accusa dei peccati deve includere il proponimento serio di non commetterne più nel futuro. Se questa disposizione dell’anima mancasse, in realtà non vi sarebbe pentimento: questo, infatti, verte sul male morale come tale, e dunque non prendere posizione contraria rispetto ad un male morale possibile sarebbe non detestare il male, non avere pentimento.” [459]

La Congregazione per la Dottrina della Fede scrisse pochi anni fa: “In questa linea non si può assolvere validamente un divorziato risposato che non prenda la ferma risoluzione di “non peccare più” e quindi si astenga dagli atti propri dei coniugi, e facendo in questo senso tutto quello che è in suo potere.”[460]

Senza contrizione non ci può essere valida assoluzione.

La contrizione necessaria per una valida assoluzione sacramentale implica: dolore per il peccato, proposito di non peccare più e detestazione del peccato. Il proposito di non peccare più implica il proposito di fuggire le occasioni prossime di peccato.

Vedemmo ampiamente nel I volume[461] e altrove[462] le caratteristiche che devono avere tale dolore per il peccato, tale proposito di non peccare e tale detestazione del peccato.

Chi è incapace della contrizione che manca di tali caratteristiche è evidentemente incapace a ricevere questo Sacramento[463]

Chi non ha tale contrizione non può essere validamente assolto, la dottrina cattolica è chiarissima su questo punto.[464] Ci possono essere persone incapaci ad avere la contrizione? Certo! Pensiamo ai dementi, ai bambini piccoli etc. … ma di certo non possono essere assolti validamente! L’assoluzione valida è solo per coloro che hanno la contrizione … e quindi hanno il proposito di non commettere peccato e di fuggire le occasioni prossime di peccato.

Sorga Dio che è Luce e siano disperse le tenebre dell’errore.

Se, dunque, il penitente è incapace di fede o di contrizione non può essere validamente assolto.

Chi non ha il proposito di non peccare, che è parte essenziale della contrizione, non è realmente contrito e non può essere assolto.

L’assoluzione valida è solo per coloro che hanno il Battesimo, la fede e la contrizione con il proposito ad essa connesso.

Ricordo comunque che Dio può salvare e santificare anche senza i Sacramenti, come dice s. Tommaso “Ad secundam quaestionem dicendum, quod sicut Deus non alligavit virtutem suam rebus naturalibus, ut non possit praeter eas operari cum voluerit quod in miraculosis actibus facit, ita non alligavit virtutem suam sacramentis, ut non possit sine sacramentorum ministris aliquem sanctificare” (Super Sent., lib. 4 d. 6 q. 1 a. 1 qc. 2 co.). Dio non ha legato la sua potenza ai Sacramenti e può santificare qualcuno anche senza ministri dei Sacramenti. Questo vuol dire  che coloro che non sono capaci di compiere un atto di fede o di contrizione in particolare i bambini infanti o i dementi e simili non per questo sono dannati, Dio non ha legato la sua potenza ai Sacramenti e può santificare qualcuno anche “al di fuori dei Sacramenti”.

Sorga Dio che è Luce e siano disperse le tenebre dell’errore.

Aggiungo che se il ministro sa che il penitente non ha la contrizione e lo assolve, commette sacrilegio e ugualmente il penitente che si confessa sapendo di non avere la contrizione commette sacrilegio.[465]

Concludo sottolineando che l’assoluzione data sotto condizione, di cui ho parlato nel I volume[466], implica sempre la contrizione di cui ho parlato, se manca tale contrizione anche tale assoluzione è nulla.

 

 

b) Non esistono fattori attenuanti o escludenti la responsabilità, per cui l’uomo possa dispensare sé o altri dall’osservanza dei comandamenti.

 

 

Dio ci illumini sempre meglio.

Nel paragrafo precedente abbiamo visto che non esistono fattori attenuanti o escludenti la responsabilità che permettano di assolvere chi non ha la contrizione, in questo paragrafo riprenderemo alcune cose che dicemmo nel I volume di questo libro alle pagg. 502ss riguardo al fatto che non esistono attenuanti che permettano a qualcuno di dispensare sé stesso o gli altri dall’attuazione dei divini comandi.

Come spiega un famoso testo di diritto canonico la legge divina naturale o positiva è ordinariamente sottratta totalmente al potere umano ma in materie limitate la Chiesa e in particolare il Papa può dispensare da tali leggi nell’esercizio della sua autorità per un particolare potere conferitole da Cristo.[467]

Il testo di Wernz Vidal afferma più precisamente: “Romanus Pontifex in legibus divinis sive naturalibus sive positivis absolute latis vere valideque dispensare non potest. Praecepta vero iuris naturalis, quae pendent in sua obligatione praeceptiva a priori consensu voluntatis humanae et ab efficacia illius ad aliquid agendum, possunt a Romano Pontifice vi potestatis suae vicariae a Deo speciatim concessae ex iusta causa dispensari, at non directe ac praecise auferendo obligationem legis naturalis, sed mediante aliqua remissione, quae fit ex parte materiae (15). Ita v. g. Romanus Pontifex nomine Dei remittit debitum ortum ex voluntate humana in voto aut solvit vinculum matrimonii rati per contractum matrimonialem effectum, atque exinde consequenter cessat obligatio iuris naturalis.    Quare recte monet Suarez De Leg. l. II cap. 14 n. 11, huiusmodi remissiones in rigore non sint dispensationes iuris naturalis, sed potius vocari dispensationes, quia fiant per quamdam remissionem ex potestate iurisdictionis.

Quando autem lex naturalis obligat ex vi solius rationis in materia independenti a priori consensu voluntatis humanae, etiam Romano Pontifici omnimoda potestas dispensandi est subducta, ( Suarez 1. c. n. 25).”[468]

Il Papa non può concedere dispensa dalle Leggi divine e naturali proclamate assolutamente.

I precetti di diritto naturale e divino che sono legati nella loro obbligazione da un precedente consenso della volontà umana possono essere sottoposti a dispensa dal Romano Pontefice in forza della sua potestà vicaria ma non direttamente togliendo l’obbligazione del diritto naturale bensì attraverso una certa remissione che si fa per parte della materia. In questo modo il Papa in nome di Dio rimette il debito sorto dalla volontà umana nel voto o scioglie il vincolo del matrimonio ratificato attraverso il contratto matrimoniale ma non ancora consumato. Perciò Suarez insegna che le remissioni di questo tipo sono piuttosto dispense che dispense di diritto naturale perché avvengono per una certa remissione legata alla potestà di giurisdizione. Quando invece la Legge naturale obbliga per la forza della sola ragione in materia indipendente da un previo consenso della volontà umana, anche al Romano Pontefice è sottratta qualsiasi potestà di dispensare.

Tutto questo, ben inteso, ci fa capire che in realtà nessuno, neppure il Papa, può dispensare sé o altri dai precetti del decalogo.

L ‘indispensabilità dei comandamenti divini espressi chiaramente nel Decalogo è chiaramente affermata dal Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2072: “Poiché enunciano i doveri fondamentali dell’uomo verso Dio e verso il prossimo, i dieci comandamenti rivelano, nel loro contenuto essenziale, obbligazioni gravi. Sono sostanzialmente immutabili e obbligano sempre e dappertutto. Nessuno potrebbe dispensare da essi. I dieci comandamenti sono incisi da Dio nel cuore dell’essere umano.” Nessuno può dispensare dai dieci comandamenti!

Spiegò s. Giovanni Paolo II in questa linea “8. Il  Romano  Pontefice … ha  la  “sacra potestas”  di insegnare  la  verità  del  Vangelo, amministrare i sacramenti e governare pastoralmente  la  Chiesa  in  nome  e  con  l’autorità  di Cristo, ma tale potestà non include in sé alcun potere sulla Legge divina naturale o positiva.”[469]

Il Dottore Angelico parla in vari passi di dispensa.

I precetti di Dio son precetti di diritto naturale, necessari per se stessi alla salvezza, invece le leggi ecclesiastiche hanno per oggetto cose che per indicazione della Chiesa, e non per sé stesse, sono necessarie alla salvezza; perciò possono esserci degli impedimenti che determinano per qualcuno la dispensa dall’osservare tali leggi, ma non possono esserci dispense dall’osservare i precetti fissati da Dio come necessari per la salvezza.( IIª-IIae, q. 147 a. 4 ad 1)

S. Tommaso , come anticipammo, è appunto molto chiaro nel negare che un uomo possa dispensare dalla Legge di Dio[470].

Nella Somma Teologica dice in particolare s. Tommaso a riguardo: “.. Praecepta autem Decalogi continent ipsam intentionem legislatoris, scilicet Dei. … Et ideo praecepta Decalogi sunt omnino indispensabilia. ”(I-II q. 100 a. 8) I precetti del Decalogo contengono la stessa intenzione del Legislatore cioè di Dio , quindi tali precetti sono del tutto indispensabili!

Nell’articolo il s. Dottore spiega in particolare che: Dio stesso si rinnegherebbe se togliesse l’ordine della sua giustizia, essendo egli la stessa giustizia; per questo Dio non può dispensare in modo che all’uomo sia lecito di rapportarsi disordinatamente con Dio stesso, o di non sottomettersi all’ordine della sua giustizia, anche in quelle cose per le quali gli uomini sono ordinati tra loro ( I-II q. 100 a. 8 ad 2).

I precetti del decalogo sono immutabili quanto alla regola di giustizia che contengono. Rispetto, invece, ad una certa determinazione per l’applicazione ai singoli atti, sicché questo o quello sia omicidio o furto o adulterio, ci possono essere cambiamenti: in quelle cose che il Signore ha istituito si richiede solo l’autorità di Dio stesso; basta invece l’autorità degli uomini in quelle cose che sono affidate alla giurisdizione degli uomini.[471]

Più precisamente, esaminando vari passi delle sue opere, s. Tommaso afferma quanto segue.

1) L’uomo non può mai dispensare dai precetti del decalogo. Neppure il Papa può dispensare dalla Legge divina o dalla legge naturale: “Dicendum, quod Papa habet plenitudinem potestatis in Ecclesia, ita scilicet quod quaecumque sunt instituta per Ecclesiam vel Ecclesiae praelatos, sunt dispensabilia a Papa. Haec enim sunt quae dicuntur esse iuris humani, vel iuris positivi. Circa ea vero quae sunt iuris divini vel iuris naturalis, dispensare non potest: quia ista habent efficaciam ex institutione divina. Ius autem divinum est quod pertinet ad legem novam vel veterem.”(Quodlibet 4, a. 8).

Il Papa può dispensare in tutto ciò attiene al diritto umano, non può dispensare in tutto ciò che attiene al diritto divino o al diritto naturale.

2) Il potere del Papa, da esercitare ovviamente nella Verità, è solo nel senso di precisare ciò che il comandamento divino condanna ( I-II q. 100 a. 8 ad 3m); il Papa, può precisare, nella Verità, circa la materia del precetto, la quale è soggetta a mutazione e precisazione, p. es. ciò che prima era di una persona può diventare di un’altra e quindi ciò che era furto non lo è più. ( F. Suarez “Tractatus de legibus et de Deo Legislatore” l. II c. XV n. 16).

3) Nel caso di dispensa da voti e simili atti umani che sono una specie di legge per l’uomo, la statuizione circa la dispensa o la commutazione è rimessa alla Chiesa ma tale statuizione, precisa s. Tommaso, non significa la dispensa dal diritto naturale o divino, essa infatti determina solo ciò che cadeva sotto l’obbligazione della deliberazione umana ( II-II q. 88 a. 10).

4) Dio non può cambiare le regole di giustizia che contengono i precetti del decalogo però può realizzare una determinazione per l’applicazione ai singoli atti, stabilendo, con la sua autorità, che questo o quello sia o non sia omicidio o furto o adulterio: (I-II q. 100 a. 8 ad 3m); esaminammo a fondo, nel I volume questo argomento alle pagg. 424ss.

S. Alfonso M. de Liguori, Dottore della Chiesa, riguardo alla dispensa afferma che essa scusa dalla trasgressione del precetto e, in particolare riguardo al Papa dice: “Di podestà ordinaria ben può dispensare il papa in tutte le leggi canoniche, anche fatte dagli apostoli, come particolari prelati delle chiese: conforme sono il digiuno quaresimale, l’osservanza delle domeniche, la proibizione al bigamo d’ordinarsi ecc., secondo insegna s. Tommaso (Quodlib. 4. art. 13.) il quale dice, che ‘l papa può dispensare in tutte le cose che spettano ad determinationem divini cultus, ma non già nelle leggi tràdite da Gesù Cristo, conforme sono le leggi circa la materia e forma de’ sacramenti, e circa l’obblazione della messa (Lib. 1. n. 188. cum Salm. et aliis commun.).

Se poi il papa possa anche dispensare in alcuni precetti divini; si risponde, che in quelle cose, nelle quali il ius divino nasce dalla volontà umana, come sono i voti, ed i giuramenti, è certo appresso tutti, che ‘l papa (purché vi sia giusta causa) può dispensare; perché allora, non è che ‘l papa tolga il ius divino, ma toglie il fondamento dell’obbligo, o pure, come dice s. Tommaso(2. 2. q. 88. art. 12.), determinat quid sit Deo acceptum. Il dubbio sta, se possa dispensare in quelle cose che assolutamente dipendono dall’arbitrio divino. Vi sono tre sentenze. La prima ch’è dell’abate, e di altri pochi, l’afferma universalmente; ma questa comunemente si riprova. La seconda ch’è di Navarro, Cano, Sanchez, ecc., l’afferma solamente in alcuni casi particolari, come nel matrimonio rato, residenza de’ vescovi, nel dare a’ sacerdoti semplici la facoltà di amministrare gli ordini, e la cresima, e simili; perché in queste cose vi può essere tal causa che preponderi all’indecenza considerata dal precetto; ma lo nega in altre cose nelle quali in ogni caso deve evitarsi l’indecenza, come nel precetto di non fornicare, di non mutare le materie e forme de’ sacramenti (almeno in quanto alla sostanza), e simili. La terza sentenza più comune e più probabile di Suarez, Silvestro, Castropal., e Covarruvia con s. Tommaso (2. 2. q. 97. a. 4.), lo nega universalmente, perché l’inferiore niente può nelle leggi del superiore. Nulladimeno molto probabilmente dicono Soto, Suarez, Navarro, Coninchio, Valenzia, Durando, ecc. che il papa in qualche caso particolare ben può, non già dispensare, ma dichiarare, che la legge divina allora non obbliga, poiché una tale podestà nel papa par che sia necessaria per lo buon governo della chiesa, a riguardo di tante varie circostanze che possono occorrere (L. 6. de matr. n. 1110.).”[472]

Riguardo a questa sentenza e alle opinioni di Suarez e degli altri sulla possibilità che il Papa affermi che la Legge divina non obbliga non consta che ciò significhi che il Papa possa dispensare dai precetti Decalogo. F. Suarez, in particolare, segue molto direttamente s. Tommaso e afferma che neppure Dio può dispensare dai precetti del Decalogo, l’uomo, e in particolare il Papa, può precisare, nella Verità, circa la materia del precetto, la quale è soggetta a mutazione e precisazione, p. es. ciò che prima era di una persona può diventare di un’altra e quindi ciò che era furto non lo è più … ( F. Suarez “Tractatus de legibus et de Deo Legislatore” l. II c. XV n. 16) ma non può dispensare dai precetti del Decalogo.

Il famoso testo di teologia morale secondo la dottrina alfonsiana realizzato da J. Aertnys, C. A. Damen afferma che solo Dio può dispensare dal diritto divino positivo o dalle norme della legge naturale, la Chiesa non ha la potestà di concedere dispensa propriamente detta circa il diritto divino positivo; la Chiesa può interpretare la Legge divina positiva e, per la potestà vicaria, può impropriamente dispensare nel diritto divino positivo in quanto si appoggia su un fatto umano; in questa linea la Chiesa dispensa nel vincolo matrimoniale rato ma non consumato.[473]

La linea del Magistero va nel senso della assoluta indispensabilità dei comandi del decalogo[474], come vedemmo già più sopra, essa si salda perfettamente con la verità per cui i precetti negativi del decalogo valgono sempre e per sempre, cioè sempre e in ogni circostanza[475] . Tali precetti negativi sono sempre e assolutamente obbligatori a tal punto da essere assolutamente indispensabili.

La stessa dottrina è ribadita fondamentalmente anche in questo testo del Cardinale Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede: “Epicheia ed aequitas canonica sono di grande importanza nell’ambito delle norme umane e puramente ecclesiali, ma non possono essere applicate nell’ambito di norme, sulle quali la Chiesa non ha nessun potere discrezionale .”[476] il Cardinale Ratzinger parla qui in particolare di equità ma la conclusione è significativa anche riguardo a ciò che stiamo dicendo: sui comandamenti divini la Chiesa non ha nessun potere discrezionale. Nessuno può dispensare sé stesso o altri dalle norme fissate da Dio, perciò nemmeno una persona malata o “condizionata” può essere dispensata dall’osservanza dei comandamenti …

Dio ci aiuta a vivere secondo la sua parola, Dio ci aiuta a convertirci e ci spinge a non dispensare nessuno dall’ attuazione dei divini comandamenti!

Nessuno può dispensare sé o altri dal Decalogo, neppure il Papa, e ciò vale anche per il Confessore e per il penitente, ciò vale anche dopo Amoris Laetitia e dopo la lettera dei Vescovi argentini[477] …

Dio, come vedemmo, non cambia le regole fondamentali che lui ha dato e che la Chiesa in nome di Dio conferma, Dio non chiede di commettere adulterio o atti impuri contro natura o atti contrari ai precetti negativi della sua Legge, è satana e non Dio a chiedere di commettere atti contro i precetti negativi della legge divina. [478]

In questa linea mi pare illuminante e importante, come già vedemmo, quello che dissero i Vescovi del Kazakistan nell’ “Appello alla preghiera perché il Papa confermi l’insegnamento (e la prassi) costante della Chiesa sulla indissolubilità del matrimonio”: il ministro della Confessione, anche con il permesso del Papa, non può dispensare il penitente, in particolare il divorziato risposato, dall’attuazione del sesto comandamento e dall’ indissolubilità del matrimonio e quindi assolverlo sacramentalmente e ammetterlo all’Eucaristia[479]; più generalmente possiamo dire che il ministro della Confessione non può dispensare dai comandamenti del Decalogo il penitente e quindi assolverlo sacramentalmente e ammetterlo all’Eucaristia.

Concludo sottolineando che la Scrittura e la Tradizione sono molto chiare, come ho detto altrove,[480] nell’affermare che, dopo le parole di Dio e della Chiesa per cui certe azioni sono gravemente peccaminose e in contrasto con i comandi negativi della Legge divina, lo stesso Dio non chiede mai di attuare tali azioni e non dispensa mai da tali comandi. Dio non cambia e non è una banderuola!

Perciò né Dio dispensa da tali comandi né tantomeno l’uomo può dispensarsi o dispensare da essi. La Trinità ci comanda di osservare tali precetti, non di violarli; è satana che ci spinge a violarli, non la Trinità.

Dio ci illumini e ci protegga da errori ed eresie.

 

 

c) Non esistono fattori attenuanti o escludenti la responsabilità che permettano di applicare l’epicheia in particolare ai precetti negativi della Legge divina.

 

 

Il concetto di epicheia, secondo s. Tommaso, è identico a quello di equità e si basa sulla verità per cui non è possibile statuire una norma umana che in qualche caso non sia inadeguata; la legge, infatti, ha per oggetto gli atti umani, che riguardano cose contingenti e che possono variare in infiniti modi. ( II-II q. 120 a. 1); l’epicheia è quindi la virtù per la quale la persona, nei casi in cui la legge umana è inadeguata, fa valere non la legge stessa ma la regola della giustizia e la comune utilità, p. es. la legge stabilisce che occorre sempre restituire ciò che si ha in deposito ma se un pazzo furioso viene a riprendersi la spada che mi ha lasciato in deposito e con essa può compiere uccisioni di persone indifese, l’epicheia mi indica che non devo restituirgliela.( II-II q. 120 a. 1)

Più precisamente l’epicheia non interviene in ogni caso ma solo quando la legge umana è chiaramente dannosa per la comunità e il pericolo è immediato e non si può aspettare di ricorrere al superiore; allora occorre agire appunto secondo epicheia; se, invece, l’osservanza di tale legge non comporta un pericolo immediato non deve essere il singolo attraverso l’epicheia a interpretare la legge ma ciò compete al principe. ( I-II, q. 96 a. 6 co.)

L’epicheia riguarda essenzialmente le norme umane, essa è guidata dal diritto naturale e fa valere tale diritto e la giustizia naturale contro la giustizia semplicemente legale, meglio è ovviamente l’epicheia che la giustizia legale;[481] l’epicheia corrisponde alla giustizia legale superandola appunto con la giustizia naturale. ( II-II q. 120 a. 2) In questo s. Tommaso segue in certo modo s. Alberto Magno che ritiene l’epicheia migliore della giustizia legale ma non del giusto naturale e quindi del diritto naturale, l’epicheia va dunque ricondotta al diritto naturale.[482]

S. Tommaso in questa linea nega chiaramente che si possa dare epicheia dei precetti del Decalogo che sono addirittura Legge divina rivelata, contengono la Legge naturale e la superano; le norme del decalogo, precisa s. Tommaso, contengono in sé stesse l’intenzione del Legislatore e sono indispensabili ( I-II q. 100 a. 8); d’altra parte abbiamo visto che, secondo s. Tommaso, i precetti negativi del Decalogo obbligano sempre e in ogni circostanza[483] e ad ogni costo, quindi è ovvio che siano assolutamente sottratti all’epicheia.

A partire dal Gaetano, famoso commentatore di s. Tommaso, viene posto il problema del rapporto tra l’epicheia e la legge naturale sulla base di un esame attento della legge positiva umana: la legge positiva, che appunto è oggetto di epicheia, contiene in realtà due ordini di precetti: alcuni che sono meramente positivi e altri che appartengono in realtà al diritto naturale e tra questi precetti di diritto naturale occorre distinguerne due tipi : quelli universalmente veri e che non vengono mai meno (ad es. non si deve mentire , non si deve commettere adulterio etc.) e riguardo a questi non ha mai luogo epicheia, quelli che sono veri nella maggior parte dei casi ma non sempre perché contengono norme che se applicate sempre deviano in alcuni casi dalla rettitudine, come il precetto per cui le cose ricevute in deposito devono essere restituite, e riguardo a questi ha luogo l’epicheia :“Nam quaedam sic sunt universaliter vera ut in nullo casu deficiant: ut non esse mentiendum, non esse adulterium perpetrandum, et huiusmodi. Et in istis, quia deficere nequeunt, nullum locum habet aequitas. Quaedam vero sunt quae ut in pluribus rectitudinem continent, in aliquo tamen casu a rectitudine declinarent si servarentur. Ut, deposita reddenda esse rectum est ut in pluribus: quia tamen quandoque, si redderetur depositum, esset iniquum, oportuit aliquod aliud directivum inveniri horum operum in quibus lex naturalis depositorum.”[484] Il ragionamento del Gaetano spiega molto bene come alcune norme naturali implicate nelle norme positive siano suscettibili di epicheia e altre no; esistono, ripeto, norme di diritto naturale che valgono sempre e norme di tale diritto che valgono solo in alcuni casi e solo su queste seconde si attua l’epicheia.

Sottolineo che questo significa chiaramente che ciò che s. Tommaso afferma riguardo alla legge umana e alla sua limitatezza di estensione in II-II q. 120 a.1 in c. non va esteso al diritto naturale, vi sono, in particolare, alcune leggi di tale diritto che valgono assolutamente sempre!

Il ragionamento di Gaetano è veramente illuminante e preciso, appunto nella linea del Gaetano dobbiamo leggere ciò che afferma s. Alfonso circa l’epicheia quando dice che essa si applica riguardo alle leggi umane e anche riguardo a quelle naturali[485]; s. Alfonso segue normalmente s. Tommaso e anche in questo caso la sua linea è fondamentalmente tomista, in particolare è nella linea del miglior commentatore del Dottore Angelico, cioè del Gaetano: possono essere sottoposte a epicheia le leggi umane positive e le norme di diritto naturale in esse implicate che non siano valide in tutti i casi, le norme naturali che sono sempre valide sono escluse dall’epicheia.

Le norme del Decalogo appartengono al diritto divino quindi sono sottratte all’epicheia e in particolare sono sottratte ad essa le norme che valgono sempre e per sempre, cioè le norme negative del decalogo.

In questa linea va anche, sostanzialmente, il famoso testo di teologia morale secondo la dottrina alfonsiana realizzato da J. Aertnys, C. A. Damen [486], infatti per questo testo in realtà non si può avere vera epicheia neanche riguardo alla legge naturale, si ha solo un’apparente epicheia dovuta al fatto che i precetti della legge naturale sono enunziati in modo impreciso, infatti il precetto per cui il deposito deve essere restituito dovrebbe essere enunziato più precisamente così: il deposito deve essere restituito al suo proprietario che lo chieda ragionevolmente.

Il testo di Wernz-Vidal afferma similmente: “Similiter duplex exsistit aequum scl. aequum naturale et legale. Aequum naturale idem plane est atque iustum naturale. Quo sensu vel ipsa iura cívilia saepe loquuntur de aequitate naturali: “Neque enim inaudita causa quemquam damnari aequitatis ratio patítur” (18). Aequìtas hoc modo intellecta non est emendatio iuris, sed potìus regula ipsius iuxta L. 90 D. de R. I. I. 17: “In omnibus quidem maxíme tamen in iure aequitas spectanda est”. Aequum vero legale dicitur prudens moderatio legis scriptae (19) praeter rigorem verborum illius atque ita opponitur stricto iuri. Huiusmodi emendatio iusti legalis sive aequitas exercetur per epikeiam (20). . Ad virtutem enim epikeiae spectat contra verba legis humanae agere in particulari quando illius observatio esset illicita et contra naturalem aequitatem aut saltem nimis gravis et difficilis.(21). Quo in casu iudex dicitur agere non iure i. e. materìaliter spectato et ut verba sonant sed aequo et bono, et ius ipsum ìuxta íntentíonem legislatorìs servatur. Dum contrario agendi modo ius potius violatur iuxta R. I. 88 in Sext.: “Certum est, quod is committít in legem, qui legis verba complectens contra legìs nititur voluntatem”.[487]

Esiste quindi una duplice equità:

1) l’equità naturale è la giustizia naturale che è regola dello stesso diritto secondo il famoso principio per cui: in tutte le cose e soprattutto nel diritto va osservata l’equità;

2) l’equità legale è la prudente moderazione della legge scritta che va oltre il rigore dei termini e così si oppone allo stretto diritto; alla virtù dell’epicheia spetta di agire contro le parole della legge umana in particolare quando l’osservanza di essa sarebbe illecita e contraria alla naturale equità o almeno troppo grave e difficile. Il giudice che applica l’equità agisce non secondo il diritto osservato materialmente, così come suonano le parole, ma appunto secondo equità e bontà e lo stesso diritto è osservato secondo l’intenzione del legislatore.

Per nostri interessi occorre sottolineare che l’epicheia quindi è guidata dalla legge naturale e non si applica alla legge naturale intesa con profondità nei suoi principi fondamentali sempre validi.

Quello che abbiamo detto, sulla scia delle affermazioni di s. Tommaso, ci deve fare capire che l’epicheia non ha nessuno spazio riguardo al Decalogo, che appartiene al diritto divino positivo, e in modo particolare non ha nessuno spazio riguardo ai precetti negativi del Decalogo.

Come spiegava il Cardinale Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, l’epicheia non ha nessuno spazio riguardo al diritto divino, infatti: “Epicheia ed aequitas canonica sono di grande importanza nell’ambito delle norme umane e puramente ecclesiali, ma non possono essere applicate nell’ambito di norme, sulle quali la Chiesa non ha nessun potere discrezionale .”[488] … ovviamente sui comandamenti divini la Chiesa non ha nessun potere discrezionale. Dio ci doni Luce e ci renda coraggiosi per far valere la sua Verità. Quello che ha detto il Cardinale Ratzinger è stato ripetuto recentemente dal Cardinale Müller, nella veste di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede: “Anche la dottrina dell’epichèia, secondo la quale una legge vale sì in termini generali, ma non sempre l’azione umana vi può corrispondere totalmente, non può essere applicata in questo caso, perché l’indissolubilità del matrimonio sacramentale è una norma di diritto divino, che non è dunque nella disponibilità autoritativa della Chiesa. Questa ha, tuttavia, il pieno potere — sulla linea del privilegio paolino — di chiarire quali condizioni devono essere soddisfatte prima che un matrimonio possa definirsi indissolubile secondo il senso attribuitogli da Gesù. Su questa base, la Chiesa ha stabilito gli impedimenti al matrimonio che sono motivo di nullità matrimoniale e ha messo a punto una dettagliata procedura processuale.”[489]

Il Cardinale Ruini affermò in questa stessa linea : “Quanto alla “epicheia” e alla “aequitas” canonica, esse sono criteri molto importanti nell’ambito delle norme umane e puramente ecclesiali, ma non possono essere applicate alle norme di diritto divino, sulle quali la Chiesa non ha alcun potere discrezionale.”[490]

Evidentemente non ci sono fattori attenuanti o escludenti la responsabilità che permettono l’uso dell’epicheia riguardo ai precetti del Decalogo: sono norme di diritto divino, sulle quali la Chiesa non ha alcun potere discrezionale; sottolineo in maniera particolare che, soprattutto, non ci sono fattori attenuanti o escludenti la responsabilità che permettono l’uso dell’epicheia riguardo ai precetti negativi del Decalogo, che sono sempre assolutamente obbligatori. Dio ci illumini sempre meglio.

Concludo sottolineando che la Scrittura e la Tradizione sono molto chiare nell’affermare, come ho detto altrove,[491] che, dopo le parole di Dio e della Chiesa per cui certe azioni sono gravemente peccaminose e in contrasto con i comandi negativi della Legge divina, lo stesso Dio non chiede mai di attuare tali azioni ma comanda soltanto di astenersi da esse; l’epicheia non può essere mai usata per aggirare tali comandi assoluti.

Dio non cambia e non è una banderuola e l’uomo non può cambiare ciò che Dio ha fissato in modo assoluto come Legge per il vero bene dell’uomo.

Ripeto: è satana che cerca in vario modo di aggirare i comandi divini, non Dio!

Chi vuole salvarsi deve obbedire a Dio e non seguire satana e i suoi aggiramenti dei divini comandi.

 

 

d) La carità ci conduce a vivere e a far vivere i comandamenti divini e a mai dispensare alcuno da essi; non ci sono fattori attenuanti o escludenti la responsabilità che permettano tale dispensa!

 

 

Da quanto abbiamo detto si capisce chiaramente che nessun fattore attenuante o escludente la responsabilità può determinare l’applicazione dell’epicheia alla Legge divina e che nessuna attenuante può dispensare qualcuno dalla Legge divina.

La Legge divina non è soggetta a epicheia o a dispensa.

La carità, che ci porta a vivere e a far vivere nella Verità la legge di Dio, ovviamente ci porta a mai dispensare alcuno dalla Legge divina e a mai applicare l’epicheia a tale Legge.

La carità è una virtù che ci fa osservare la Legge, ci fa accogliere la Regola somma della nostra vita, Dio, che è Legge eterna, e ci guida a vivere in Cristo sulla via dei santi comandamenti e della sua Parola; la carità ci fa vivere in Cristo che è Legge Vivente (VS, n. 16). Come Cristo, nella carità, ha osservato i comandamenti del Padre ( Gv. 15,10), la carità porta anche noi ad osservare i comandamenti di Dio; nella I lettera di Giovanni è scritto: “… perché in questo consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi.” (1Gv 5,3) Nel vangelo di Giovanni leggiamo, ancora: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama.” (Gv 14,21). Nel libro della Sapienza leggiamo in questa linea: “Suo principio assai sincero è il desiderio d’istruzione; la cura dell’istruzione è carità; la carità è osservanza delle sue leggi; il rispetto delle leggi è garanzia di immortalità.”(Sap 6,17s).

La carità implica, perciò, l’osservanza dei comandamenti e solo in tale osservanza si rimane nella carità ( VS, n. 24); Gesù dice, infatti: “Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore” (Gv 15,10).

S. Agostino afferma in questa linea: “Chi ha i miei comandamenti e li osserva: ecco chi mi ama. Chi li custodisce nella memoria, e li attua nella vita; chi li tiene presenti nelle sue parole, e li esprime nei costumi; chi li ha perché li ascolta, e li osserva praticandoli; oppure chi li ha perché li pratica, e li osserva costantemente, ecco chi mi ama. L’amore bisogna dimostrarlo con i fatti altrimenti è una parola vuota e sterile.”[492]

Secondo s. Tommaso la carità è virtù somma che ci fa partecipare alla carità divina, ci unisce a Dio e ci fa accogliere Dio come regola degli atti umani ( II-IIae q. 23 a. 3 co.), abbiamo precisato che per s. Tommaso Dio è Legge, Legge eterna ( I-II q. 93 a.4 in c.) e che, quindi, la carità è virtù somma che ci fa vivere sotto la guida di Dio che è somma regola degli atti umani e, appunto, Legge eterna!

La carità in quanto perfeziona la fede ( II-II q. 4 a. 3) ci fa perfettamente credere alla Parola di Dio, all’ insegnamento di Cristo e della Chiesa, e ci fa osservare tale insegnamento, perciò tale virtù ci fa osservare i comandamenti divini. La carità ci pone sotto la guida di Dio che è regola somma e Legge eterna, come visto, e ovviamente Dio ci fa osservare i comandamenti che Lui stesso ci ha donato.

S. Tommaso spiega in questa linea che la carità produce in noi necessariamente l’osservanza dei comandamenti : “Secundum quod facit caritas, est divinorum mandatorum observantia. Gregorius: nunquam est Dei amor otiosus: operatur enim magna si est; si vero operari renuit, amor non est. Unde manifestum signum caritatis est promptitudo implendi divina praecepta. Videmus enim amantem propter amatum magna et difficilia operari. Ioan. XIV, 23: si quis diligit me, sermonem meum servabit.” (“Collationes in decem praeceptis”, proemium) La carità se è davvero nell’anima fa che la persona osservi, attui i comandamenti.

S. Tommaso precisa: “… qui mandatum et legem divinae dilectionis servat, totam legem implet. ”[493]Chi osserva il comandamento e la Legge della carità attua tutta la Legge.

E se la persona è impedita ad agire, la carità ha un intrinseco proposito di compiere ciò che Dio vuole e che al momento non può essere attuato.

“Ad tertium dicendum quod amor Dei semper magna operatur in proposito, quod pertinet ad rationem caritatis. Non tamen semper magna operatur in actu, propter conditionem subiecti.”(II-IIae q. 24 a. 11)

La carità, ripeto, ha un intrinseco proposito di compiere grandi cose e in particolare di attuare la legge di Dio. Se la condizione del soggetto impedisce l’attuale compimento delle opere, la carità conserva il proposito di attuarle. Il proposito di cui qui si parla è un proposito che si compie sotto l’azione dello Spirito Santo, quindi un proposito che si attua appena l’impossibilità di attuarlo passa.

Aggiunge il s. Dottore Angelico: “Ad quartum dicendum quod caritas, secundum rationem sui actus, excludit omne motivum ad peccandum. Sed quandoque contingit quod caritas actu non agit. Et tunc potest intervenire aliquod motivum ad peccandum, cui si consentiatur, caritas amittitur.” (II-IIae q. 24 a. 11)

La carità che è infusa da Dio e si attua sotto l’azione dello Spirito Santo non può fare altro che quanto appartiene all’essenza di essa quindi non può peccare in nessun modo.

Lo Spirito Santo muove l’anima, attraverso la carità, a non peccare, e questa virtù, stando alla natura del suo atto, esclude tutti i motivi che spingono al peccato e soprattutto esclude ogni proposito che voglia spingerci a compiere il peccato grave.

L’uomo, in questo mondo, è mutabile per la libertà del suo libero arbitrio e può peccare e perdere la carità, ma pecca sottraendosi appunto alla carità e allo Spirito Santo.

La carità, come vedemmo nel primo volume, ci spinge anche ad aiutare il nostro prossimo perché si proponga di attuare la Legge di Dio e perché la attui realmente.

In questa linea capiamo che: la carità guida le anime a mai dispensare alcuno dal vivere nella legge di Dio e dal proporsi di vivere in tale legge, la carità guida le anime a mai sottrarre alcuno, attraverso l’epicheia, dalla vita nella legge di Dio e dal proposito di vivere in tale legge,

La legge divina non è, infatti, suscettibile di dispense e di epicheia, come abbiamo visto nel paragrafo precedente.

Dio ci illumini sempre meglio.

 

 

e) La carità ci conduce, in particolare, a mai applicare la dispensa o l’epicheia ai precetti negativi del Decalogo; non esistono circostanze che permettano tale applicazione.

 

 

La carità guida chi la possiede al proposito di vivere tutti i comandamenti e quindi di vivere tutte le sante virtù, compresa la castità, e d’altra parte la carità contiene il proposito di evitare tutti i peccati gravi; la carità ci spinge quindi, in particolare, ad osservare i precetti negativi del Decalogo.

Come dice molto chiaramente s. Giovanni Paolo II: “Si tratta infatti di proibizioni che vietano una determinata azione semper et pro semper, senza eccezioni, perché la scelta di un tale comportamento non è in nessun caso compatibile con la bontà della volontà della persona che agisce, con la sua vocazione alla vita con Dio e alla comunione col prossimo.” (VS n. 52) La scelta di voler andare contro la Legge di Dio in particolare quando si tratta di comandi negativi non è in nessun caso compatibile con la bontà della volontà della persona e quindi con la carità. Ripeto: la scelta di voler andare contro la Legge di Dio in particolare quando si tratta di comandi negativi tra i quali vi sono quelli che vietano l’omicidio, l’adulterio, la pratica omosessuale etc.  non è in nessun caso compatibile con la bontà della volontà della persona e quindi con la carità.

Ancora s. Giovanni Paolo II afferma: “La Chiesa ha sempre insegnato che non si devono mai scegliere comportamenti proibiti dai comandamenti morali, espressi in forma negativa nell’Antico e nel Nuovo Testamento. Come si è visto, Gesù stesso ribadisce l’inderogabilità, sempre e in ogni circostanza di queste proibizioni: «Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti…: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso» (Mt 19,17-18)….”(VS n. 52) .

Non uccidere, non commettere adulterio …. come è proibito radicalmente l’omicidio, così è proibito radicalmente l’adulterio ed è proibita la pratica omosessuale; si tratta di atti intrinsecamente cattivi. Ricordiamo che: “Insegnando l’esistenza di atti intrinsecamente cattivi, la Chiesa accoglie la dottrina della Sacra Scrittura. … Se gli atti sono intrinsecamente cattivi, un’intenzione buona o circostanze particolari possono attenuarne la malizia, ma non possono sopprimerla: sono atti «irrimediabilmente» cattivi, per se stessi e in se stessi non sono ordinabili a Dio e al bene della persona …  le circostanze o le intenzioni non potranno mai trasformare un atto intrinsecamente disonesto per il suo oggetto in un atto «soggettivamente» onesto o difendibile come scelta. ”(VS n. 81 ). L’intenzione è buona quando mira al vero bene della persona in vista del suo fine ultimo. Ma gli atti, come l’adulterio, o come l’attività omosessuale etc., il cui oggetto è «non-ordinabile» a Dio e «indegno della persona umana», si oppongono sempre e in ogni caso a questo bene. Non uccidere, non commettere adulterio, non commettere atti contro natura … come è proibito radicalmente l’omicidio, così è proibito radicalmente l’adulterio e così pure è proibita la pratica omosessuale; il rispetto delle norme che proibiscono tali atti (che obbligano “semper et pro semper”, ossia senza alcuna eccezione) non solo non limita la buona intenzione, ma costituisce addirittura la sua espressione fondamentale. ( VS n. 52)

Il Catechismo è chiarissimo allorché si riferisce a tali atti :“… Ci sono atti che per se stessi e in se stessi, indipendentemente dalle circostanze e dalle intenzioni, sono sempre gravemente illeciti a motivo del loro oggetto; tali la bestemmia e lo spergiuro, l’omicidio e l’adulterio.” (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1756)

Non uccidere, non commettere adulterio, non commettere atti contro natura etc. ; come è proibito radicalmente l’omicidio, così è proibito radicalmente l’adulterio e la pratica omosessuale, nessuno può dispensare da queste norme negative, nessuno può applicare l’epicheia ad esse.

La carità che, come visto nel paragrafo precedente, ci fa vivere sotto la guida di Dio e della sua sapienza e quindi ci fa osservare i comandamenti in modo perfetto, mai ci porta a dispensare alcuno da tali precetti negativi, mai ci porta ad applicare l’epicheia riguardo a tali comandi.

La carità non conduce il Confessore a dispensare alcuno da tali proibizioni.

La carità non conduce il Confessore ad applicare l’epicheia riguardo ai comandi negativi della divina Legge.

Non esistono fattori attenuanti o escludenti la responsabilità che permettano di applicare la dispensa o l’equità a queste norme: “le circostanze o le intenzioni non potranno mai trasformare un atto intrinsecamente disonesto per il suo oggetto in un atto «soggettivamente» onesto o difendibile come scelta”. (VS n. 81) Si tratta infatti di proibizioni che vietano una determinata azione “semper et pro semper” cioè sempre, senza eccezione ( VS n. 52)

Non ci sono fattori attenuanti o escludenti la responsabilità che tengano: i precetti negativi del Decalogo fissano delle proibizioni che vietano una determinata azione “semper et pro semper” … cioè sempre, senza eccezione … la carità fa che il soggetto accetti pienamente queste fondamentali verità!

Non esistono fattori attenuanti o escludenti la responsabilità che permettano di “bypassare” tali norme con la dispensa o con l’epicheia.

In questa linea mi pare illuminante e importante, come già vedemmo, quello che dissero i Vescovi del Kazakistan nell’ “Appello alla preghiera perché il Papa confermi l’insegnamento (e la prassi) costante della Chiesa sulla indissolubilità del matrimonio”: il ministro della Confessione non può dispensare il penitente, in particolare il divorziato risposato, dall’attuazione del sesto comandamento e dalla indissolubilità del matrimonio e quindi assolverlo sacramentalmente e ammetterlo all’Eucaristia.[494]

La carità fa che un cattolico, specie se ministro di Dio, accetti pienamente queste fondamentali verità!

 

 

f) Illuminanti parole di alcuni documenti firmati da cardinali e Vescovi sulla questione dei divorziati risposati e delle attenuanti.

 

 

Illuminanti sono, nella linea indicata finora, le affermazioni, firmate da vari Cardinali (tra cui Caffarra, Burke e Pujats) e da molti Vescovi, per cui: “ … nei confronti dei divorziati “risposati” civilmente e che vivono apertamente more uxorio (come marito e moglie), nessun responsabile discernimento personale e pastorale può affermare che sono permesse l’assoluzione sacramentale o l’ammissione all’Eucaristia, sotto la pretesa che a causa di una diminuita responsabilità non esiste una grave mancanza. La ragione di questo è che la loro eventuale mancanza di colpevolezza formale non può essere materia di dominio pubblico, mentre invece la forma esterna del loro stato di vita contraddice il carattere indissolubile del matrimonio cristiano e dell’unione di amore fra Cristo e la sua Chiesa, la quale è significata ed attuata nella Sacra Eucaristia.” [495]

I suddetti prelati ribadirono nel documento da loro elaborato ciò che affermò s. Giovanni Paolo II nella “Familiaris Consortio” al n. 84 circa l’impossibile ammissione ai Sacramenti dei divorziati risposati finché non si convertono e si incamminano seriamente sulla via della Legge divina; ugualmente essi riaffermarono la piena validità del documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, intitolato: “Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica circa la recezione della Comunione Eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati”[496] in cui veniva affermato nuovamente, nella linea della sana dottrina, quanto già detto nella “Familiaris Consortio” al n. 84 circa l’ amministrazione dei Sacramenti ai divorziati risposati e venivano offerte delle risposte su questo tema alle affermazioni di alcuni Vescovi tedeschi tra cui mons. Kasper, oggi Cardinale  [497]. Inoltre i suddetti prelati hanno presentato come chiaramente cogente riguardo alla pastorale dei divorziati risposati il famoso documento del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi pubblicato nel 2000 e secondo cui è scandaloso amministrare l’Eucaristia o riceverla da parte di chi vive chiaramente e notoriamente in una convivenza more uxorio[498].

Il documento dei Prelati che stiamo vedendo affermava inoltre che l’Eucaristia è propriamente il sacramento di coloro che sono in piena comunione con la Chiesa[499] e non è ordinata al perdono dei peccati, l’Eucaristia è il Sacramento che va dato solo a coloro che sono liberi dal peccato e sono in stato di grazia (III, q. 80, a. 4, ad 2); quindi aggiungeva che i divorziati “risposati” civilmente, in quanto vivono in una situazione di peccato grave, commettono un sacrilegio ricevendo la Sacra Comunione, in questa linea tale Sacramento sarebbe per loro un veleno spirituale, perciò: “Se un celebrante approva la loro indegna Comunione vuol dire o che non crede nella presenza reale di Cristo o nella indissolubilità del matrimonio oppure nella peccaminosità di vivere more uxorio (come marito e moglie) fuori dal matrimonio valido.” [500]

Riprendendo ancora il testo già indicato del Pontificio Consiglio per i testi Legislativi, i Prelati riaffermarono la dottrina cattolica per cui “La proibizione [di dare la Comunione ai pubblici peccatori] fatta nel citato canone [can. 915], per sua natura, deriva dalla legge divina e trascende l’ambito delle leggi ecclesiastiche positive: queste non possono indurre cambiamenti legislativi che si oppongano alla dottrina della Chiesa. Il testo scritturistico cui si rifà sempre la tradizione ecclesiale è quello di San Paolo … (1 Cor 11, 27-29) …”[501]

Nella linea del testo appena citato del Pontificio Consiglio e quindi del canone 915 del Codice di Diritto Canonico i prelati suddetti ribadirono che ai peccatori notori, come i divorziati risposati, non può essere amministrata l’Eucaristia finché “ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto” e che le condizioni richieste perché tali fedeli siano privati pubblicamente di tale Sacramento sono  quelle che leggiamo appunto nel documento del Pontificio Consiglio[502] appena citato [503].

I fedeli divorziati risposati che per seri motivi non possono soddisfare l’obbligo della separazione, devono assumere “l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi” (Familiaris consortio, n. 84), e sulla base di tale proposito possono ricevere il sacramento della Penitenza, possono altresì ricever la Comunione eucaristica solo “remoto scandalo”.[504] …

Lo stesso insegnamento è stato ribadito ultimamente in una “Dichiarazione sulle verità riguardanti alcuni degli errori più comuni nella vita della Chiesa nel nostro tempo” firmata dal Cardinale Burke, dal Cardinale Pujats e da altri Vescovi nel 2019 , quindi a tre anni dall’Amoris Laetitia, in cui leggiamo: “In virtù della volontà di Cristo e della tradizione immutabile della Chiesa, il sacramento della Santa Eucaristia non può essere dato a coloro che sono in uno stato pubblico di peccato oggettivamente grave e l’assoluzione sacramentale non può essere data a quelli che esprimono la loro riluttanza a conformarsi alla legge divina, anche se detta riluttanza riguarda solo una singola materia grave (cfr. Concilio di Trento, sess. 14, c. 4; Giovanni Paolo II, Messaggio al cardinale William W. Baum, 22 marzo 1996).”[505]

Quindi non consta che fattori attenuanti o escludenti la responsabilità possano permettere ai divorziati risposati che non hanno il proposito di non peccare, di ricevere validamente l’assoluzione sacramentale, nessuna attenuante leggiamo che possa permettere che il sacramento della Santa Eucaristia sia dato a coloro che ostinatamente perseverano in uno stato pubblico di peccato oggettivamente grave.

Dio ci illumini sempre meglio.

 

 

8) La dottrina bergogliana sui fattori attenuanti o escludenti la responsabilità è uno strumento importante per il “cambio di paradigma” cioè per la sovversione della dottrina cattolica.

 

 

Premessa

 

 

Alcune importanti precisazioni; come già abbiamo visto nel I volume e in qualche altro mio documento[506] e come più ancora vedremo nelle prossime pagine, Papa Francesco, attraverso una falsa e deviante nonché vaga dottrina sui fattori attenuanti o escludenti la responsabilità, diffonde tutta una serie di errori che riguardano: il discernimento della volontà di Dio, l’obbligatorietà dei precetti negativi della Legge divina[507], la possibilità di una dispensa dall’attuazione dei comandi del decalogo, il bene possibile[508], la grazia santificante e la carità[509],  la coscienza morale[510], la ricezione dei Sacramenti da parte di persone che mancano del proposito di evitare il peccato grave e che vivono in situazione di peccato notorio[511].

Nelle affermazioni bergogliane sui fattori attenuanti o escludenti la responsabilità dobbiamo vedere, in particolare, l’azione papale volta appunto a sovvertire la dottrina morale.

Papa Francesco, si noti bene, vuole portare avanti tale sovversione in modo discreto, non imponendola in modo evidente e diretto ma in modo sottile, cioè lavorando dietro le quinte e spingendo Vescovi e sacerdoti ad accettare i suoi errori.

Nelle prossime pagine voi quindi non troverete delle radicali ed evidenti condanne contro la sana dottrina cattolica che abbiamo appena visto, troverete invece delle furbe aperture che, nel “cifrario”, bergogliano indicano chiaramente l’attuarsi discreto della sovversione morale; come disse il Cardinale Baldisseri   :“E in effetti non tanto il Sinodo, sarà importante, ma la sintesi che ne verrà preparata, e che porterà la firma del Papa come “Esortazione post-sinodale”. E’ molto probabile che non sarà un testo chiaro e definitivo, ma basato su un’interpretazione “fluttuante”. In modo che ciascuno leggendolo, possa tirarselo dalla parte che più gli fa comodo.” [512] Sottolineo: “…  ciascuno leggendolo, possa tirarselo dalla parte che più gli fa comodo.”

Nelle prossime pagine troverete quindi testi bergogliani che permettono al clero e all’episcopato bergogliano e in certo modo allo stesso Papa di tirarsi tali testi dalla parte che più fa loro comodo per attuare nella maniera più completa  la perversione della sana dottrina; questi testi sono da considerarsi il fondamento su cui si basano in vario modo gli errori diffusi da molti prelati quali:  il Cardinale Kasper[513], il Vescovo Elbs [514] , il Cardinale Vallini[515], i Vescovi emiliani [516], il Cardinale Sistach[517], il Cardinale Cupich[518],  mons. Chiodi[519] , mons. Macìn[520] e l’allora Vescovo Marto, ora promosso al cardinalato [521], i Vescovi tedeschi [522], i Vescovi maltesi[523], il Cardinale Cupich[524], don Guenzi [525], il Cardinale Jean Claude Hollerich [526], il Cardinale Marx[527] , mons. Bonny [528], don A. Fumagalli [529], p. A. Oliva [530], il Cardinale Fernández [531] e parecchi altri teologi e prelati …

Il Papa ovviamente non ha condannato questi autori per le loro affermazioni gravemente contrarie alla sana dottrina e anzi in alcuni casi li sostiene pubblicamente e li promuove mostrando chiaramente la sua complicità con loro appunto nel sovvertire la sana dottrina morale; come ci insegna la sana dottrina, infatti, e in particolare s. Roberto Bellarmino: chi all’errore manifesto non resiste, pur potendo e dovendo farlo, è ritenuto un fautore dello stesso errore. “Qui errori manifesto non resistit , cùm possit et debeat , eum approbare censetur.”[532]; nello stesso testo citato da Bellarmino leggiamo che colui che all’errore non si oppone lo approva, chi non difende la verità la opprime. [533]

Papa Francesco, si noti bene non solo non contrasta la sovversione dottrinale in atto, e quindi è complice, ma ne è lui stesso l’iniziatore e il principale sostenitore.

Cosa vuole realizzare  Papa Francesco attraverso tutto questo lo ha spiegato lui stesso e lo stiamo vedendo  in questo mio libro in più volumi[534]: un radicale rilassamento dei costumi e una radicale apertura dei Sacramenti della Penitenza  e dell’Eucaristia e di altri Sacramenti a tutti i cattolici, sicché si attuino l’inclusione e integrazione totali di tutti i fedeli cattolici nella vita della Chiesa, cioè l’inclusione e integrazione anche di coloro che vivono chiaramente in peccato grave e vogliono perseverare in ciò; di questo parla Papa Francesco, in modo vago, in Amoris Laetitia (nn. 291, 295-297, 299,311) ne parla anche  il Cardinale McElroy in un suo articolo[535].

Ovviamente gli errori del Papa che sono alla base di una tale ricezione dei Sacramenti da parte di persone indegne, rendono invalide molte Confessioni e sacrileghe molte Confessioni e Comunioni.

Riguardo a tale integrazione il Papa affermò anche: “In realtà, il Sinodo ha fatto un cammino nella morale matrimoniale, passando dalla casistica della Scolastica decadente alla vera morale di san Tommaso. Quel punto in cui nell’Amoris Laetitia si parla di integrazione dei divorziati, aprendo eventualmente alla possibilità dei sacramenti, è stato elaborato secondo la morale più classica di san Tommaso, quella più ortodossa, non secondo la casistica decadente del «si può o non si può».” [536] Queste parole del Papa sono radicalmente false: come ho dimostrato, l’ Amoris Laetitia non segue la dottrina tomista in ciò che dice il Papa, tale Esortazione perverte la sana dottrina e presenta come dottrina tomista ciò che in realtà si oppone chiaramente ad essa; l’integrazione di cui parla il Papa è radicalmente agli antipodi della dottrina tomista.

Nella lettera dei Vescovi argentini al n. 3 si afferma: “ El acompañamiento pastoral es un ejercicio de la “via caritatis”. Es una invitación a seguir “el camino de Jesús, el de la misericordia y de la integración” [537] (296). ” L’accompagnamento pastorale è un esercizio della “via caritatis”, è un invito a seguire “la strada di Gesù, quella della misericordia e dell’integrazione”; in realtà l’integrazione di cui parlano il Pontefice e i Vescovi argentini è in radicale contrasto con la vera dottrina cattolica sulla carità.

Il Cardinale Kasper disse significativamente in questa linea: “Spero in un’apertura, in una maggioranza in favore della comunione ai divorziati, con un processo di integrazione nelle parrocchie e nella vita della Chiesa. Vediamo molte famiglie in posizioni irregolari, ma anche loro sono figli di Dio. Anche loro hanno bisogno del Pane della Vita, perché l’Eucarestia non è per gli ‘ottimi’ ma per i peccatori, e tutti siamo peccatori: lo diciamo ogni volta nella consacrazione. È probabile che per un documento finale serva un po’ più di tempo, ma spero che il Papa dica già qualcosa alla fine dei lavori, dopo aver ricevuto tutte le relazioni”. [538]

L’ integrazione citata e desiderata da Kasper è stata attuata da Papa Francesco, purtroppo, con grande scandalo e danno per le anime!

Concludo ripetendo e sottolineando un concetto fondamentale per il lettore: nelle prossime pagine voi  non troverete da parte del Papa Francesco delle radicali ed evidenti condanne contro la sana dottrina cattolica che abbiamo visto, troverete invece delle furbe aperture che, nel “cifrario”, bergogliano indicano chiaramente l’attuarsi discreto della sovversione morale, sono aperture realizzate secondo la ormai famosa strategia bergogliana messa in evidenza da mons. Aguer con le seguenti parole: lo stile della dissimulazione è proprio di Papa Francesco[539], cioè il Papa sta attuando una sovversione della dottrina cattolica in modo discreto, nascosto, subdolo ma reale; sono aperture realizzate nella linea delle parole dette da Papa Francesco a mons. Forte: “Se parliamo esplicitamente di comunione ai divorziati risposati  questi non sai che casino che ci combinano. Allora non ne parliamo in modo diretto, fa in modo che ci siano le premesse, poi le conclusioni le trarrò io.”[540].

Dio intervenga.

 

 

a) I fattori attenuanti o escludenti la responsabilità in Amoris Laetitia, nella Lettera dei Vescovi argentini e in alcuni articoli del Cardinale Fernández.

 

 

Nella Lettera dei Vescovi argentini, approvata dal Papa, si afferma “Cuando las circunstancias concretas de una pareja lo hagan factible, especialmente cuando ambos sean cristianos con un camino de fe, se puede proponer el empeño de vivir en continencia.  … En otras circunstancias más complejas, y cuando no se pudo obtener una declaración de nulidad, la opción mencionada puede no ser de hecho factible. No obstante, igualmente es posible un camino de discernimiento. Si se llega a reconocer que, en un caso concreto, hay limitaciones que atenúan la responsabilidad y la culpabilidad (cf. 301-302), particularmente cuando una persona considere que caería en una ulterior falta dañando a los hijos de la nueva unión, Amoris laetitia abre la posibilidad del acceso a los sacramentos de la Reconciliación y la Eucaristía (cf. notas 336 y 351). ” [541]

Nell’Amoris Laetitia abbiamo vari numeri (301-303) riuniti sotto il titolo: “Le circostanze attenuanti nel discernimento pastorale.” in essi ovviamente si parla proprio di tali circostanze e si afferma anche: “Riguardo a questi condizionamenti il Catechismo della Chiesa Cattolica si esprime in maniera decisiva: «L’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere diminuite o annullate dall’ignoranza, dall’inavvertenza ..”(Amoris Laetitia n. 302)

Inoltre al n. 304 leggiamo: “ A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa.”

Quindi al n. 308 della stessa Esortazione leggiamo:  “Tuttavia, dalla nostra consapevolezza del peso delle circostanze attenuanti – psicologiche, storiche e anche biologiche – ne segue che «senza sminuire il valore dell’ideale evangelico, bisogna accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone che si vanno costruendo giorno per giorno», lasciando spazio alla «misericordia del Signore che ci stimola a fare il bene possibile»[542]

Dio ci illumini.

L’importanza del tema dei fattori attenuanti o escludenti la responsabilità nell’Amoris Laetitia ha avuto una speciale sottolineatura da mons. V. M. Fernández, attuale Cardinale, che nel 2006 aveva scritto un articolo in cui parlava di tali fattori[543], e nel 2017 mons. Fernández ha pubblicato un articolo sull’Amoris Laetitia[544] in cui appunto mette in particolare evidenza l’importanza delle attenuanti, dice infatti nel riassunto iniziale: “Francisco propone un paso adelante, que implica un cambio en la disciplina vigente. Manteniendo la distinción entre bien objetivo y culpa subjetiva, y el principio de que las normas morales absolutas no admiten excepción, distingue entre la norma y su formulación y sobre todo reclama una atención especial a los condicionamientos atenuantes. Estos no se relacionan sólo con el conocimiento de la norma sino especialmente con las posibilidades reales de decisión de los sujetos en su realidad concreta.” (pag. 449)

Francesco propone un cambiamento nella disciplina attuale. Mantenendo la distinzione tra bene oggettivo e colpa soggettiva, e mantenendo il principio che le norme morali assolute non ammettono eccezioni, distingue tra la norma e la sua formulazione e soprattutto richiede un’attenzione particolare alle condizioni attenuanti. Queste attenuanti non sono legate solo alla conoscenza della norma ma soprattutto alle reali possibilità di decisione dei soggetti nella loro realtà concreta.

Inoltre nello stesso articolo egli parla frequentemente di questo stesso argomento appunto per spiegare la dottrina di Amoris Laetitia a riguardo: pp. 451,453, 454, 455 etc.

Come dicemmo più sopra il tema delle attenuanti e più generalmente il tema della responsabilità circa gli atti è di estrema importanza nella teologia morale e va trattato con somma attenzione per non cadere in colossali errori per cui peccati gravissimi vengono considerati lievi o peccati lievi vengono considerati gravissimi; inoltre introdurre fattori attenuanti o aggravanti o scusanti in un settore morale porta, se non sono assolutamente specifiche di esso, all’applicazione diretta o per analogia di esse anche in altri settori della morale ad esso vicini per cui attenuanti introdotte riguardo all’adulterio, peccato oggettivamente grave e intrinsecamente malvagio, possono essere analogicamente applicate anche a ciò che attiene ad altri atti oggettivamente gravi cioè all’omicidio e all’aborto, alla pratica omosessuale etc..

Alterare e distorcere la dottrina sui fattori attenuanti o escludenti la responsabilità significa alterare e distorcere la morale stessa.

Papa Francesco e i suoi collaboratori si sono serviti appunto di questo tema delle circostanze attenuanti per realizzare una sovversione in senso lassista della sana dottrina morale cattolica.

 

 

a,1)Presentazione completa di alcuni testi della Santa Sede citati da Amoris Laetitia n. 302 sul tema dei fattori attenuanti o escludenti la responsabilità.

 

 

La Croce sacra sia la nostra luce.

Nell’ Amoris Laetitia leggiamo riguardo alle attenuanti e ai condizionamenti che le causano: “Riguardo a questi condizionamenti il Catechismo della Chiesa Cattolica si esprime in maniera decisiva: «L’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere diminuite o annullate dall’ignoranza, dall’inavvertenza, dalla violenza, dal timore, dalle abitudini, dagli affetti smodati e da altri fattori psichici oppure sociali»[545]. In un altro paragrafo fa riferimento nuovamente a circostanze che attenuano la responsabilità morale, e menziona, con grande ampiezza, l’immaturità affettiva, la forza delle abitudini contratte, lo stato di angoscia o altri fattori psichici o sociali[546]. Per questa ragione, un giudizio negativo su una situazione oggettiva non implica un giudizio sull’imputabilità o sulla colpevolezza della persona coinvolta.[547]”(Amoris Laetitia n. 302)

Il Papa poi afferma che nella linea della dottrina appena indicata egli ritiene giusto quello che i Padri del Sinodo del 2015 hanno scritto: “In determinate circostanze le persone trovano grandi difficoltà ad agire in modo diverso. […] Il discernimento pastorale, pur tenendo conto della coscienza rettamente formata delle persone, deve farsi carico di queste situazioni. Anche le conseguenze degli atti compiuti non sono necessariamente le stesse in tutti i casi”.[548]

Nel passo appena citato di Amoris Laetitia e nelle sue note vengono indicati alcuni testi che è bene esaminare più ampiamente qui di seguito per poter cogliere meglio la dottrina che li informa.

Anzitutto andiamo al n.1735 del Catechismo della Chiesa Cattolica il cui contenuto il Papa riporta direttamente in Amoris Laetitia n. 302. Tale n. 1735 è inserito nel Catechismo nella parte riguardante la libertà e la responsabilità, e afferma che: l’ignoranza, l’inavvertenza, la violenza, il timore, le abitudini, gli affetti smodati e altri fattori psichici oppure sociali possono attenuare o azzerare l’imputabilità di un’azione ad un certo soggetto. Abbiamo visto più sopra come e quando ciò sia vero e come di queste circostanze attenuanti o “azzeranti” parlino anche s. Tommaso e altri moralisti.

Il n. 2352  ( passo che il Papa cita in Amoris Laetitia n. 302 ma di cui non riporta il testo) del Catechismo della Chiesa Cattolica è un testo che tratta della masturbazione e appunto precisa che  “la masturbazione è un atto intrinsecamente e gravemente disordinato”, tuttavia, continua, per precisare la responsabilità morale di coloro che compiono tale peccato “… si terrà conto dell’immaturità affettiva, della forza delle abitudini contratte, dello stato d’angoscia o degli altri fattori psichici o sociali che possono attenuare, se non addirittura ridurre al minimo, la colpevolezza morale.”(Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2352)

Un altro testo cui rimanda la Amoris Laetitia è la Dichiarazione “Iura et Bona” della Congregazione per la Dottrina della Fede che si occupa in particolare dell’eutanasia; più precisamente l’esortazione di Papa Francesco rimanda ad un passo di tale documento in cui si parla di suicidio e in cui leggiamo: “Il suicidio, inoltre, è spesso anche rifiuto dell’amore verso se stessi, negazione della naturale aspirazione alla vita, rinuncia di fronte ai doveri di giustizia e di carità verso il prossimo, verso le varie comunità e verso la società intera, benché talvolta intervengano- come si sa- dei fattori psicologici che possono attenuare o, addirittura, togliere la responsabilità”. [549]

Un ulteriore testo citato da Amoris Laetitia 302 lo troviamo nell’ Esortazione “Reconciliatio et Paenitentia” al n. 17, in questo passo anzitutto leggiamo che: “ Si ha, infatti, peccato mortale anche quando l’uomo, sapendo e volendo, per qualsiasi ragione sceglie qualcosa di gravemente disordinato. …” e quindi leggiamo che “Senza dubbio si possono dare situazioni molto complesse e oscure sotto l’aspetto psicologico, che influiscono sulla imputabilità soggettiva del peccatore.” [550]

S. Giovanni Paolo II, significativamente, dopo tale affermazione sottolinea che: “Se è da apprezzare ogni tentativo sincero e prudente di chiarire il mistero psicologico e teologico del peccato, la Chiesa però ha il dovere di ricordare a tutti gli studiosi di questa materia la necessità, da una parte, di essere fedeli alla parola di Dio che ci istruisce anche sul peccato, e il rischio, dall’altra, che si corre di contribuire ad attenuare ancora di più, nel mondo contemporaneo, il senso del peccato.”[551]

S. Giovanni Paolo II avvertiva dunque molto chiaramente il pericolo che il tema delle attenuanti potesse essere trattato in modo non fedele alla parola di Dio … con conseguenze gravissime per la salvezza delle anime. Ampliare infatti e potenziare le attenuanti in modo non conforme alla sana dottrina può significare infatti o diffondere l’idea che praticamente mai si pecca gravemente; al contrario, restringere le attenuanti in modo non conforme alla sana dottrina può significare che praticamente tutti i peccati sono mortali.

Il tema delle attenuanti era, quindi, ovviamente e ampiamente conosciuto e trattato anche ai tempi di s. Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, i testi cui Papa Francesco si appoggia e che abbiamo visto sono infatti per lo più testi pubblicati dal Papa polacco con l’aiuto del Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede J. Ratzinger, che poi diverrà Benedetto XVI,

Dio ci illumini sempre meglio.

 

 

b) Facendo leva su una vaga e deviante dottrina circa i fattori attenuanti o escludenti la responsabilità, viene sovvertita la morale cattolica, cancellata la necessità della contrizione per la Confessione e si aprono le porte a scandali, Confessioni invalide e sacrilegi eucaristici.

 

 

Vieni Santo Spirito, guidaci e liberaci da ogni errore.

Ho già detto che attraverso una falsa e deviante nonché vaga dottrina sui fattori attenuanti o escludenti la responsabilità, Papa Francesco diffonde tutta una serie di errori che riguardano il discernimento della volontà di Dio (come vedremo meglio più avanti), l’obbligatorietà dei precetti negativi della Legge divina[552], la possibilità di una dispensa dall’attuazione dei comandi del decalogo, il bene possibile[553], la grazia santificante e la carità[554],  la coscienza morale[555], la ricezione dei Sacramenti da parte di persone che mancano del proposito di evitare il peccato grave e che vivono in situazione di peccato notorio[556].

Vediamo meglio.

 

 

b,1) La dottrina vaga e superficiale di Papa Francesco e dei suoi collaboratori sulle attenuanti e scusanti.

 

 

Anzitutto occorre sottolineare che la dottrina bergogliana in questa materia è vaga e imprecisa.

Francesco e i suoi collaboratori che cito usano un modo impreciso o vago per trattare questioni delicatissime come queste riguardanti le attenuanti e le scusanti.

Il Pontefice non fa una trattazione profonda e completa su questo argomento ma sviluppa in modo superficiale il suo insegnamento, citando solo alcune parti della sana dottrina a riguardo.

Papa Francesco afferma: “La Chiesa possiede una solida riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti.” (Amoris Laetitia n. 301) ma non ne indica i fondamenti biblici e le affermazioni della Tradizione, non ne spiega i limiti.

Più specificamente il Papa non precisa questioni fondamentali a riguardo:

1) non distingue le attenuanti che possono rendere veniale un peccato grave da quelle che non pos-sono farlo;

2) non precisa cosa è l’impotenza assoluta e l’impotenza morale ad attuare la Legge e quali sono le norme dalla cui inosservanza si è scusati per impotenza morale, cioè per un grave disagio;

3) non precisa che alcune attenuanti o scusanti possono essere prodotte volontariamente e liberamente dal soggetto per peccare e restare praticamente impunito, anche del volontario in causa il Papa non parla.

Lasciare nel vago questi aspetti e altri simili apre le porte al crollo della morale cattolica perché veri peccati gravi sono considerati veniali, atti moralmente possibili sono considerati impossibili, atti volontari sono considerati involontari etc.

La porta è aperta perché tutte le attenuanti permettano al soggetto di compiere atti gravemente contrari alla Legge divina, come l’adulterio, e di ricevere i Sacramenti senza una vera conversione e quindi senza un vero proposito di non peccare più.

Il che significa, nella luce della sana dottrina, che attraverso la dottrina bergogliana si aprono le porte perché qualsiasi attenuante permetta di compiere peccati gravi, come adulterio, e di ricevere i Sacramenti senza una reale conversione.

Infatti le affermazioni papali, come vedremo meglio più avanti, hanno una portata generale: “Si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia “immeritata, incondizionata e gratui-ta”. Nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo! Non mi riferisco solo ai divorziati che vivono una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino.”(Amoris Laetitia n. 297)

Ricordo inoltre che il volontario solo in causa si ha quando la volontà si porta immediatamente sulla causa e non sull’effetto, cioè vuole la causa immediatamente e insieme la produce con l’azione; l’effetto non è voluto come fine o mezzo, in questo caso, ma tale effetto procede dalla volontà in quanto essa vuole e compie qualcosa con cui tale effetto è congiunto come alla sua causa. [557]

Ricordo anche che: “Siamo responsabili delle conseguenze negative delle nostre azioni cattive, anche se queste conseguenze non erano state previste, pur essendo prevedibili ( Catechismo Chiesa cattolica n. 1736). Le avremmo potuto evitare se avessimo fatto ciò che è buono o se non avessimo compiuto l’azione cattiva.”[558]

Il canone 1325 afferma in questa linea che le perturbazioni della mente e l’ubriachezza se ricercate ad arte per mettere in atto il delitto o scusarsene, e la passione volontariamente eccitata o favorita non sono circostanze esimenti o attenuanti del reato compiuto.

Il soggetto infatti può non solo volere direttamente la causa ma anche l’effetto peccaminoso collegato alla causa, perciò ad esempio si ubriaca per poter uccidere una persona che altrimenti non riuscirebbe ad uccidere.

L’Amoris Laetitia sviluppa una trattazione fondamentalmente vaga e imprecisa su attenuanti e scusanti, tale trattazione ben si accorda con ciò che affermò il Cardinale Baldisseri:“ … non tanto il Sinodo, sarà importante, ma la sintesi che ne verrà preparata, e che porterà la firma del Papa come “Esortazione post-sinodale”. E’ molto probabile che non sarà un testo chiaro e definitivo, ma basato su un’interpretazione “fluttuante”. In modo che ciascuno leggendolo, possa tirarselo dalla parte che più gli fa comodo.” [559]

Sottolineo: “… ciascuno leggendolo, possa tirarselo dalla parte che più gli fa comodo.” …

Ugualmente i Vescovi argentini, non spiegano a fondo nella loro lettera al Papa quali tipi di attenuanti permettono al fedele di continuare a compiere atti gravemente contrari alla Legge di Dio e di essere assolto senza la contrizione, essi infatti affermano semplicemente al n. 6: “Si se llega a reconocer que, en un caso concreto, hay limitaciones que atenúan la responsabilidad y la culpabilidad (cf. 301-302), particularmente cuando una persona considere que caería en una ulterior falta dañando a los hijos de la nueva unión, Amoris laetitia abre la posibilidad del acceso a los sacramentos de la Reconciliación y la Eucaristía (cf. notas 336 y 351).” [560]

Cioè se si riconosce che, nel caso concreto, esistono limitazioni che mitigano la responsabilità e la colpa (cfr. 301-302), soprattutto quando una persona ritiene che cadrebbe in un’ulteriore colpa nuocendo ai figli della nuova unione, Amoris Laetitia apre la possibilità di accesso ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia (cfr. note 336 e 351).

Le attenuanti rendono possibile la continuazione di atti oggettivamente molto gravi contro comandi negativi divini.

Si aprono chiaramente le porte perché qualsiasi attenuante permetta di continuare a compiere atti gravemente contrari alla Legge divina, come l’adulterio,  e di ricevere anche i Sacramenti.

Ciò significa, nella luce della sana dottrina, che attraverso la dottrina bergogliana si aprono le porte perché qualsiasi attenuante permetta di compiere peccati gravi, come adulterio, e di ricevere i Sacramenti senza una reale conversione.

Anche mons. Fernández segue la linea vita infatti precisa che il Papa sottolinea la questione dell’attenuazione della responsabilità e della colpevolezza: “Pero su acento está puesto más bien en la cuestión de la eventual disminución de la responsabilidad y de la culpabilidad. Los condicionamientos pueden atenuar o anular la responsabilidad y la culpabilidad frente a cualquier norma, aun frente a los preceptos negativos y a las normas morales absolutas. Ello hace posible que no siempre se pierda la vida de la gracia santificante en una convivencia “more uxorio”.”[561]

Le circostanze condizionanti, secondo mons. Fernández, possono attenuare o annullare la responsabilità e la colpevolezza davanti a qualunque norma anche di fronte ai precetti negativi sicché può accadere che non sempre si perda la grazia santificante pur vivendo una convivenza adulterina, questo evidentemente permetterebbe, secondo mons. Fernández, secondo il Papa e i Vescovi argentini[562], ad una persona che non ha il proposito di non commettere atti adulterini di poter ricevere l’assoluzione sacramentale e l’Eucaristia.

Come si vede, mons. Fernandez non spiega con precisione le cose … lascia tutto nel vago …

Non precisa la dottrina cattolica sulle attenuanti e le scusanti, che abbiamo visto più sopra e in particolare non sottolinea che non tutte le attenuanti possono attenuare un peccato mortale rendendolo veniale.

La porta è aperta perché tutte le attenuanti permettano al soggetto di compiere atti gravemente contrari alla Legge divina, come l’adulterio, e di ricevere i Sacramenti senza una vera conversione e quindi senza un vero proposito di non peccare più.

Non precisa che solo l’impotenza assoluta può scusare dalla violazione dei comandi negativi della Legge divina.

Evidentemente a lui interessa affermare che attraverso i condizionamenti si possono bypassare i comandi negativi.

Appunto attraverso imprecise e vaghe affermazioni circa le attenuanti e le scusanti l’esortazione Amoris Laetitia sta permettendo a molti, specie prelati, di potersela tirare dalla parte che fa loro comodo per la più colossale sovversione della dottrina cattolica che la storia ricordi, con il beneplacito del Papa.

Grazie alla dottrina bergogliana sulle attenuanti si è aperta la porta della perversione dottrinale e si sono potute diffondere tutte le scandalose e devianti affermazioni di tanti prelati cattolici quali: il Cardinale Kasper[563], il Vescovo Elbs [564] , il Cardinale Vallini[565], i Vescovi emiliani [566], il Cardinale Sistach[567], il Cardinale Cupich[568],  mons. Chiodi[569] , mons. Macìn[570] e l’allora Vescovo Marto, ora promosso al cardinalato [571], i Vescovi tedeschi [572], i Vescovi maltesi[573], il Cardinale Cupich[574], don Guenzi [575], il Cardinale Jean Claude Hollerich [576], il Cardinale Marx[577] , mons. Bonny [578], don A. Fumagalli [579], p. A. Oliva [580], il Cardinale Fernández [581] e parecchi altri teologi e prelati …

Per far passare la perversione dottrinale che lui voleva attuare e per dare l’impressione di essere un fedele continuatore della sana dottrina il Papa ovviamente non poteva realizzare una trattazione precisa e profonda sulla base della Bibbia  e della Tradizione di questi argomenti ma doveva mettere solo qualche testo della Tradizione che appoggiasse le sue mire sovversive, e così ha fatto …

 

 

b,2) La sovversione dottrinale attraverso le attenuanti, le scusanti e la dottrina del “bene possibile”.

 

 

La dottrina bergogliana sulle attenuanti e scusanti è vaga e imprecisa perché, come detto, essa deve sovvertire la sana dottrina, infatti, come vedremo meglio nelle prossime pagine, i fattori attenuanti o escludenti la responsabilità e quindi i condizionamenti delle persone fanno sì che, secondo la morale bergogliana, Dio passi sopra all’assoluta obbligatorietà delle norme e addirittura chieda ad alcune persone di continuare a peccare[582] in questa linea arriva la possibilità di una dispensa dall’attuazione dei comandi del decalogo, il bene possibile diventa semplicemente quello di vivere nel peccato, la grazia santificante e la carità bergogliane non portano il soggetto a vivere secondo la Legge di Dio e non gli fanno proporre di vivere secondo essa, la coscienza morale riconosce che può restare in peccato, il discernimento riconosce che il soggetto può continuare a vivere in peccato grave.

Ripeto e preciso: come vedremo meglio nelle prossime pagine, i fattori attenuanti o escludenti la responsabilità e quindi i condizionamenti delle persone fanno sì che, secondo la morale bergogliana, Dio passi sopra all’assoluta obbligatorietà delle norme e addirittura chieda ad alcune persone di continuare a compiere atti gravemente contrari alla Legge divina,  la coscienza morale riconosca che può restare in peccato grave, il discernimento fatto con un Confessore riconosca che il soggetto può continuare a vivere praticamente in peccato grave, in questa linea arriva in pratica, da parte del Confessore, una dispensa dall’attuazione dei comandi del decalogo, il bene possibile diventa semplicemente quello di vivere praticamente nel peccato grave, la grazia santificante e la carità bergogliane non portano il soggetto a vivere secondo la Legge di Dio e non gli fanno proporre di vivere secondo essa, il soggetto può quindi continuare a compiere atti gravi contro la Legge divina cioè praticamente a peccare gravemente e può ricevere anche i Sacramenti.

Parlo di peccati gravi perché quello che il Papa Francesco indica come peccato veniale o imperfezione perché “non c’è colpa grave” ( cfr. Amoris Laetitia nota n.336)  è in realtà, in molti casi, vero peccato mortale.

Vediamo appunto in questi tempi come notori peccatori pur continuando nel loro peccato si accostino tranquillamente ai Sacramenti.

Sottolineo: la dottrina bergogliana porta quindi, attraverso gravi errori sui fattori attenuanti o escludenti la responsabilità, alla pratica legittimazione di gravi peccati e alla ricezione dei Sacramenti da parte di persone che mancano del proposito di evitare il peccato grave e che vivono in situazione di peccato grave notorio.

Attraverso questa dottrina deviata e deviante sulle attenuanti Papa Francesco sta causando, quindi,  Confessioni invalide e sacrileghe e Comunioni sacrileghe[583].

Quanto appena detto emerge in modo molto significativo attraverso la Lettera dei Vescovi argentini approvata dal Papa, in essa leggiamo al n. 6:“En otras circunstancias más complejas, y cuando no se pudo obtener una declaración de nulidad, la opción mencionada puede no ser de hecho factible. No obstante, igualmente es posible un camino de discernimiento. Si se llega a reconocer que, en un caso concreto, hay limitaciones que atenúan la responsabilidad y la culpabilidad (cf. 301-302), particularmente cuando una persona considere que caería en una ulterior falta dañando a los hijos de la nueva unión, Amoris laetitia abre la posibilidad del acceso a los sacramentos de la Reconciliación y la Eucaristía (cf. notas 336 y 351). Estos a su vez disponen a la persona a seguir madurando y creciendo con la fuerza de la gracia.” [584] Cioè: in altre circostanze più complesse, e qualora non sia possibile ottenere una dichiarazione di nullità, la suddetta opzione, cioè la vita casta, potrebbe infatti non essere praticabile. Tuttavia, un cammino di discernimento è altrettanto possibile. Se si riconosce che, nel caso concreto, esistono limitazioni che mitigano la responsabilità e la colpa (cfr. 301-302), soprattutto quando una persona ritiene che cadrebbe in un’ulteriore colpa nuocendo ai figli della nuova unione, Amoris Laetitia apre la possibilità di accesso ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia (cfr. note 336 e 351). Questi a loro volta preparano la persona a continuare a maturare e a crescere con la forza della grazia.

Andiamo a vedere cosa affermano precisamente i testi di Amoris Laetitia citati in questa lettera dei Vescovi argentini.

Ecco l’affermazione precisa di Papa Francesco, al n. 301 dell’Amoris Laetitia, citata nella lettera appena vista e che tocca il tema dei condizionamenti e dei fattori attenuanti o escludenti la responsabilità: “Un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel comprendere «valori insiti nella norma morale»[585] o si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa.”

Il testo suddetto dei Vescovi argentini cita anche due note di Amoris Laetitia.

1) La prima nota, n. 336, è inserita nel seguente passaggio di Amoris Laetitia:

“E’ possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari, che dovrebbe riconoscere che, poiché «il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi»,[335]le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi.[336]”, tale nota afferma: “Nemmeno per quanto riguarda la disciplina sacramentale, dal momento che il discernimento può riconoscere che in una situazione particolare non c’è colpa grave. Qui si applica quanto ho affermato in un altro documento: cfr. Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 44.47: AAS 105 (2013), 1038-1040.”

2) La seconda nota, n. 351, è inserita nel seguente passaggio di Amoris Laetitia: “A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa.[351]”, tale nota afferma: “In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, «ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore» (Esort. ap. Evangelii gaudium [24 novembre 2013], 44: AAS 105 [2013], 1038). Ugualmente segnalo che l’Eucaristia «non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli» (ibid., 47: 1039).”

Faccio notare che il Papa in questi testi cita sé stesso, cita altri suoi testi, le sue perversioni dottrinali ovviamente non potrebbero essere appoggiate su nessun testo dottrinale della Tradizione.

Nel testo dei Vescovi argentini presentato poc’anzi:

– troviamo anzitutto il falso discernimento di cui parleremo meglio più avanti;

– troviamo la cancellazione dell’obbligatorietà assoluta dei precetti negativi della Legge divina di cui ho parlato ampiamente altrove[586] per cui, contrariamente all’insegnamento della Chiesa, i precetti negativi della Legge divina possono essere lecitamente violati;

– troviamo la dottrina bergogliana circa il bene possibile di cui ho parlato ampiamente altrove e di cui tornerò a parlare più avanti per condannarla[587];

– troviamo gli errori sulla grazia santificante e la carità[588] di cui parleremo più avanti;

– troviamo la dottrina deviante sulla coscienza morale ampiamente vista nel I volume[589];

– troviamo la scandalosa dottrina bergogliana sulla ricezione dei Sacramenti da parte di persone che mancano del proposito di evitare il peccato grave e che vivono in situazione di peccato notorio[590].

Gli errori cui aprono le porte i Vescovi argentini, con il Papa, con questo testo espongono anzitutto le anime a Confessioni invalide e sacrileghe (che non rimettono i peccati del penitente) e a Comunioni sacrileghe.

Il penitente, infatti, sulla base di questo testo viene illuso che i suoi peccati siano rimessi e viene assolto ma tale assoluzione è invalida perché manca la contrizione e quindi il proposito di non peccare e di fuggire l’occasione prossima di peccato.

Inoltre con tale assoluzione praticamente il Confessore dispensa il penitente dalla reale attuazione dei comandamenti, il che è un ulteriore colossale errore che abbatte fortemente la dottrina dell’assoluta obbligatorietà dei precetti negativi del Decalogo.

Ulteriormente, come vedremo nelle prossime pagine, il testo dei Vescovi argentini, interpretato nella luce di tutta la dottrina bergogliana:

1) apre le porte alla “lecita” reiterazione del peccato grave da parte del soggetto che si confessa e che non si propone di evitare tale peccato; infatti sulla base della Lettera dei Vescovi argentini il penitente può essere assolto sacramentalmente anche se non si propone di non peccare, cioè può essere assolto anche se è disposto a continuare a compiere atti di adulterio o di fornicazione, ossia può essere assolto se è disposto a compiere atti che sono ordinariamente peccato mortale; tutto questo ovviamente apre la porta alla reiterazione “lecita” del peccato grave da parte del penitente;

2) permette anche di capire che appunto sulla base della dottrina bergogliana circa le attenuanti, le scusanti e circa “bene possibile” che vedremo adeguatamente più avanti, veri e propri peccati gravi possono essere commessi “lecitamente” .

E si noti bene che parlo di veri e propri peccati gravi che Papa Francesco “legittima” appunto perché legittima l’assoluzione sacramentale per persone che sono ordinariamente disposte a compiere tali peccati, in questa linea va considerato anche che i peccati veniali o le imperfezioni di cui parla il Pontefice ( Amoris Laetitia nota n. 336 “il discernimento può riconoscere che in una situazione particolare non c’è colpa grave”) sono in realtà, in vari casi, veri e propri peccati gravi perché la dottrina bergogliana sulle attenuanti, scusanti e sul bene possibile è profondamente falsa e contraria alla dottrina cattolica e quindi il Pontefice considera peccato veniale o imperfezione ciò che in realtà è peccato grave.

Ripeto e sottolineo: Papa Francesco “legittima” veri e propri peccati gravi perché legittima l’assoluzione per persone che sono ordinariamente disposte a compiere tali peccati, in questa linea va considerato anche che i peccati veniali o le imperfezioni di cui parla il Pontefice ( Amoris Laetitia nota n. 336 “il discernimento può riconoscere che in una situazione particolare non c’è colpa grave”) sono in realtà, in vari casi, veri e propri peccati gravi perché la dottrina bergogliana sulle attenuanti, scusanti e sul bene possibile è profondamente falsa e contraria alla dottrina cattolica e quindi il Pontefice considera peccato veniale o imperfezione ciò che in realtà è peccato grave.

Vedremo tutto questo in modo più chiaro e profondo nelle prossime pagine.

Giustamente il prof. Meiattini, afferma che la logica dell’Amoris Laetitia è “non teo-logica”[591] ma occorre dire che essa è contraria alla sana teologia e tale contrarietà va considerata tenendo conto anche delle parole del Card. Baldisseri per cui: “ … non tanto il Sinodo, sarà importante, ma la sintesi che ne verrà preparata, e che porterà la firma del Papa come “Esortazione post-sinodale”. E’ molto probabile che non sarà un testo chiaro e definitivo, ma basato su un’interpretazione “fluttuante”. In modo che ciascuno leggendolo, possa tirarselo dalla parte che più gli fa comodo.” [592]

Sottolineo: “… ciascuno leggendolo, possa tirarselo dalla parte che più gli fa comodo.” … per cui l’Amoris Laetitia, anche nella parte relativa alle attenuanti, scusanti etc. va considerata non solo per gli errori che in sé stessa contiene ma anche per quelli cui apre le porte … e che permettono appunto a ciascuno di tirarsela “dalla parte che più gli fa comodo”; i Vescovi maltesi si sono “tirati” dalla propria parte tale Esortazione arrivando a dire che in certe situazioni l’attuazione dei comandi divini negativi può essere maggiormente dannosa che la non attuazione: “D’altronde, ci sono delle situazioni complesse quando la scelta di vivere «come fratello e sorella» risulta umanamente impossibile o reca maggior danno (cfr. Amoris Laetitia, nota 329). ”[593] Addirittura attuare la Legge di Dio fa più danno che non attuarla; le parole dei Vescovi maltesi appaiono blasfeme, come vedremo più avanti allorchè esaminerermo direttamente in un paragrafo tali parole.

Dio intervenga.

 

 

c) Per capire in modo semplice e diretto il colossale errore sulla questione dei fattori attenuanti ed escludenti la responsabilità in Amoris Laetitia nn. 301ss e nella lettera dei Vescovi argentini[594].

 

 

c,1) Proviamo ad applicare le affermazioni dei Vescovi argentini[595] e quindi di Amoris Laetitia a casi analoghi e vediamo emergere molto fortemente l’errore di tali affermazioni.

 

 

Luciano Moia giornalista dell’Avvenire, giornale della Conferenze Episcopale Italiana, e ovviamente molto vicino al Papa ha significativamente chiesto ad un importante teologo, anch’egli vicino al Papa, se le parole chiave di Amoris Laetitia, cioè accompagnare, discernere, integrare  sono valide anche per le persone omosessuali; ovviamente qui si parla in particolare di chi pratica l’omosessualità … il teologo in questione, d. Guenzi, ha risposto che queste parole chiave devono estendersi anche ad altri casi … : “Che debbano estendersi anche su altre problematiche è espressamente chiarito da Francesco …  tale “logica evangelica” è riferibile non solo “ai divorziati che vivono in una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino” (AL 297).”[596]

Sottolineo che, secondo Guenzi, la “logica evangelica” di Amoris Laetitia è riferibile non solo “ai divorziati che vivono in una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino” … e Guenzi cita un testo dell’Amoris laetitia che afferma più ampiamente: “Si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia “immeritata, incondizionata e gratuita”. Nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo! Non mi riferisco solo ai divorziati che vivono una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino.”(Amoris Laetitia n. 297)

Anche il n. 303 dell’Amoris Laetitia si riferisce a tutti i peccatori, sebbene riguardi soprattutto gli adulteri, quando afferma: “Ma questa coscienza può riconoscere non solo che una situazione non risponde obiettivamente alla proposta generale del Vangelo; può anche riconoscere con sincerità e onestà ciò che per il momento è la risposta generosa che si può offrire a Dio, e scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo. In ogni caso, ricordiamo che questo discernimento è dinamico e deve restare sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettano di realizzare l’ideale in modo più pieno.”

Indubbiamente questi testi indicano un’estensione dell’ Amoris Laetitia alla situazione di tutti i peccatori.

Faccio notare inoltre che l’articolo di cui sto parlando e che racchiude la domanda e la risposta appena citate è pubblicato sul giornale dei Vescovi italiani, cioè in chiaro accordo con il Papa e con i Vescovi italiani!

Evidentemente qui abbiamo una specie di chiaro riconoscimento ecclesiale delle affermazioni di Guenzi e quindi della estensione dell’ Amoris Laetitia alla situazione di tutti i peccatori.

Ugualmente le indicazioni della lettera dei Vescovi argentini[597] possono trovare applicazione analoga per omicidi e pedofili, omosessuali e praticamente a tutti i peccatori … anche in stupratori, ladri, bestemmiatori e simili …

Se Dio chiede a qualcuno di compiere un male grave (Amoris Laetitia n. 303) può chiedere non solo l’adulterio, ma anche altri mali gravi simili come l’omicidio, l’aborto, lo stupro, gli atti omosessuali etc. etc. e ripeto, analogamente, ciò che l’Amoris Laetitia e i Vescovi argentini (n. 6) dicono per coloro che vivono in adulterio può applicarsi per coloro che sono omicidi, pedofili, stupratori etc.

Qui di seguito mi dedicherò proprio a realizzare tale applicazione, per far emergere ancora meglio l’assoluta falsità delle affermazioni di Amoris Laetitia.

Applichiamo agli omicidi e ai pedofili le affermazioni circa gli adulteri e le loro attenuanti che troviamo nella lettera dei Vescovi argentini approvata dal Papa, per fare questo nella maniera migliore presenterò anzitutto il testo originale tradotto in italiano e quindi passerò all’applicazione suddetta.

Ecco anzitutto tradotto in italiano cosa si afferma nella lettera dei Vescovi argentini approvata dal Papa ai nn. 5ss: “Quando le circostanze concrete di una coppia lo rendono fattibile, in particolare quando entrambi sono cristiani con un cammino di fede, si può proporre l’impegno di vivere la continenza sessuale. Amoris laetitia non ignora le difficoltà di questa opzione (cfr. nota 329 ) e lascia aperta la possibilità di accedere al sacramento della Riconciliazione quando tale proposito viene meno… 6) In altre circostanze più complesse, e quando non si è potuta ottenere la dichiarazione di nullità, l’opzione appena menzionata può di fatto non essere percorribile. Ciò nonostante, è ugualmente possibile un percorso di discernimento. Se si giunge a riconoscere che, in un determinato caso, ci sono dei limiti personali che attenuano la responsabilità e la colpevolezza (cfr. 301-302), particolarmente quando una persona consideri che cadrebbe in ulteriori mancanze danneggiando i figli della nuova unione, Amoris Laetitia apre la possibilità dell’accesso ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucarestia (cfr. nota 336 y 351). Questi, a loro volta, disporranno la persona a continuare il processo di maturazione e a crescere con la forza della grazia.”[598]

Applichiamo ora il testo suddetto al caso di un uomo dedito all’omicidio.

Quando le circostanze concrete di una persona, che è dedita all’assassinio e vive in occasione prossima di assassinio, lo rendono fattibile si può proporre ad essa l’impegno di non uccidere. Non si ignorano le difficoltà di questa scelta e si lascia aperta la possibilità di accedere al sacramento della Riconciliazione quando non si riesca a mantenere questo proposito …

In altre circostanze più complesse l’opzione appena menzionata può di fatto non essere percorribile e quindi la persona non può astenersi dall’assassinare. Ciò nonostante, è ugualmente possibile un percorso di discernimento. Se si giunge a riconoscere che, in un determinato caso, ci sono dei limiti personali che attenuano la responsabilità e la colpevolezza (cfr. 301-302), particolarmente quando una persona consideri che cadrebbe in ulteriori mancanze danneggiando i figli … si apre la possibilità dell’accesso ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucarestia (cfr. nota 336 y 351). Questi, a loro volta, disporranno la persona a continuare il processo di maturazione e a crescere con la forza della grazia.

Applichiamo ora il testo suddetto al caso di un uomo dedito alla pedofilia che vive in occasione prossima di pedofilia.

Quando le circostanze concrete di una persona dedita alla pedofilia lo rendono fattibile si può proporre ad essa l’impegno di non commettere atti di pedofilia. Non si ignorano le difficoltà di questa scelta e si lascia aperta la possibilità di accedere al sacramento della Riconciliazione quando non si riesca a mantenere questo proposito. In altre circostanze più complesse l’opzione appena menzionata può di fatto non essere percorribile e quindi la persona non può astenersi dal commettere atti di pedofilia. Ciò nonostante, è ugualmente possibile un percorso di discernimento. Se si giunge a riconoscere che, in un determinato caso, ci sono dei limiti personali che attenuano la responsabilità e la colpevolezza (cfr. 301-302), particolarmente quando una persona consideri che cadrebbe in ulteriori mancanze danneggiando i figli della nuova unione, si apre la possibilità dell’accesso ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucarestia (cfr. nota 336 y 351). Questi, a loro volta, disporranno la persona a continuare il processo di maturazione e a crescere con la forza della grazia.

Penso che con queste chiarificazioni possiate capire meglio che le affermazioni presentate dal Papa e dai Vescovi argentini[599] come valide etc. sono un colossale e gravissimo errore!

Come è sbagliato e gravemente scandaloso parlare troppo semplicisticamente di attenuanti e di grazia per un uomo dedito all’omicidio o alla pedofilia, allo stesso modo è sbagliato e gravemente scandaloso parlare troppo semplicisticamente di attenuanti e di grazia per un uomo dedito all’adulterio o all’omosessualità.

Come sarebbe assurdo dare l’assoluzione ad un uomo dedito all’omicidio o alla pedofilia, se non si propone di non peccare e di fuggire le occasioni prossime di peccato, così è assurdo dare l’assoluzione ad un adultero che non si propone di non peccare e di fuggire le occasioni prossime di peccato.

Come è assurdo non dire con forza ad un pedofilo o ad un assassino di convertirsi e non proporgli chiaramente di farlo, così è assurdo non dire chiaramente e con forza ad un adultero di convertirsi e non proporgli chiaramente di farlo!

Dio intervenga e ci liberi dagli errori che Papa Francesco sta diffondendo!

 

 

c,2) Papa Francesco e i suoi collaboratori legittimano praticamente il compimento di peccati gravi facendo pensare che Dio stesso, a causa delle attenuanti, li chieda.

 

 

Il peccato grave misteriosamente ma realmente trafigge Cristo, dice il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 598, riprendendo il Catechismo Romano: “ogni singolo peccatore è realmente causa e strumento delle […] sofferenze» del divino Redentore.” [600]

Il Catechismo Romano afferma, più ampiamente, al n. 62: “Si devono anche esporre le cause della passione, onde meglio traspariscano la intensità e la profondità dell’amore di Dio verso di noi. Chi indaghi la ragione per la quale il Figlio di Dio affrontò la più acerba delle passioni, troverà che, oltre la colpa ereditaria dei progenitori, essa deve riscontrarsi principalmente nei peccati commessi dagli uomini dall’origine del mondo sino ad oggi, e negli altri che saranno commessi fino alla fine del mondo … si rifletta che non solamente Gesù Cristo soffri per i peccatori, ma che in realtà i peccatori furono cagione e ministri di tutte le pene subite. Scrivendo agli Ebrei, l’Apostolo ci ammonisce precisamente: Pensate a Colui che tollerò tanta ostilità dai peccatori, e l’animo vostro non si abbatterà nello scoraggiamento (He 12,3). Più strettamente sono avvinti da questa colpa coloro, che più di frequente cadono in peccato. Perché se i nostri peccati trassero Gesù Cristo N. S. al supplizio della croce, coloro che si tuffano più ignominiosamente nell’iniquità, di nuovo, per quanto è da loro, crocifiggono in sé il Figlio di Dio e lo disprezzano (He 6,6). Delitto ben più grave in noi che negli Ebrei. Questi, secondo la testimonianza dell’Apostolo, se avessero conosciuto il Re della gloria, non l’avrebbero giammai crocifisso (1Co 2,8); mentre noi, pur facendo professione di conoscerlo, lo rinneghiamo con i fatti, e quasi sembriamo alzar le mani violente contro di lui.  … Ci siamo tutti sperduti come pecore; ciascuno ha seguito la sua via e il Signore ha fatto piombare su di lui le nostre iniquità (Is 56,6).”[601]

Quindi tutti i peccati, soprattutto i peccati gravi sono causa della Passione di Cristo; specialmente gravi sono quelli dei cattolici che pur credendo alla divinità di Cristo lo trafiggono appunto con i peccati.

Adulterio, omicidio, pratica omosessuale e pedofilia etc. sono atti oggettivamente gravi che, se commessi con piena avvertenza e deliberato consenso, sono veri peccati gravi e trafiggono orribilmente Cristo e, con Lui, la Chiesa, il card. Scola affermò: “Il peccato è un’offesa a Dio e una ferita alla Chiesa”. [602]

I peccati, specie se gravi, causano anche danni più diretti e visibili alle persone, in particolare: l’adulterio distrugge le famiglie, l’omicidio distrugge la vita innocente, la pederastia distrugge i piccoli etc.

Tra i peccati gravi, peraltro, l’adulterio, l’omicidio, la pederastia, gli atti omosessuali e altri, sono da considerarsi peccati molto gravi perché implicano una deviazione particolarmente grande dalla via segnata dalla Legge divina.

Dio non vuole il peccato specie se grave ma la santità!

Dio non vuole che trafiggiamo Cristo con le nostre azioni.

Il Papa Francesco (attraverso Amoris Laetitia e la sua falsa dottrina circa i fattori attenuanti o escludenti della responsabilità) e i suoi collaboratori non solo stanno mettendo in Croce Cristo perché stanno praticamente legittimando peccati gravi in grande numero, tra cui Confessioni invalide e sacrileghe e Comunioni sacrileghe con relativi scandali[603] come stiamo vedendo e vedremo, ma sono giunti praticamente ad affermare che Dio stesso chiede ad alcuni di compiere tali peccati gravi e quindi di mettere Cristo in Croce, infatti attraverso il n. 303 di Amoris Laetitia e attraverso il falso discernimento bergogliano, come vedremo meglio più avanti, si legittimano peccati gravi appunto facendo pensare che siano voluti da Dio stesso[604].

Dio intervenga!

 

 

d) Precisazioni sulla I e sulla II attenuante contenuta nel n. 301 di Amoris Laetitia: l’ignoranza e la “grande difficoltà nel comprendere «valori insiti nella norma morale»[605]”.

 

 

d,1) La prima attenuante o scusante del n. 301 di Amoris laetitia: il caso dell’ignoranza.

 

 

Dice Papa Francesco “La Chiesa possiede una solida riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti. Per questo non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante. I limiti non dipendono semplicemente da una eventuale ignoranza della norma. …”

Questa è la prima attenuante: l’ignoranza della norma … Papa Francesco non spiega molte cose dell’ignoranza che abbiamo visto più sopra, resta nel vago.

Come vedemmo, l’ignoranza per la morale cattolica può definirsi come: carenza di conoscenza nel soggetto che è di essa capace.[606]

Riguardo all’ ignoranza occorre considerare, spiega il s. Dottore Angelico, che l’ignoranza si può relazionare in tre modi con l’atto della volontà: primo, con un rapporto di concomitanza; secondo, con un rapporto di conseguenza, cioè l’ignoranza è effetto di un atto di volontà; terzo con un rapporto di antecedenza, cioè l’ignoranza è causa di un atto di volontà.

1) L’ignoranza precede la volontà quando non è volontaria ma causa il volere una cosa che la persona altrimenti non vorrebbe; è il caso di chi, ignorando una circostanza che non era tenuto a conoscere, compie quello che non avrebbe fatto se l’avesse conosciuta; p. es. una persona, prese le debite cautele, ignorando che un uomo è per la strada, lancia una freccia e uccide quell’uomo. Tale ignoranza causa un fatto assolutamente involontario. ( Iª-IIae q. 6 a. 8 co.) Ciò che avviene per ignoranza involontaria che antecede il fatto è positivamente e semplicemente involontario e tale ignoranza scusa riguardo a ciò che si ignora.[607]

2) L’ignoranza si relaziona con un rapporto di concomitanza con l’atto della volontà, quando l’ignoranza riguarda un’azione, che la persona realizzerebbe ugualmente anche se non mancasse la conoscenza. Allora infatti l’ignoranza non spinge a volere che l’azione si compia, ma accade che questa azione viene compiuta pur essendo ignorata, come quando, p.es, uno che desidera uccidere il suo avversario, l’uccide senza saperlo, credendo di uccidere un cervo. ( Iª-IIae q. 6 a. 8 co.) Questa ignoranza non causa un atto involontario, come dice Aristotele, poiché non produce un’azione che ripugna alla volontà: ma genera un atto non volontario, poiché non può essere voluto ciò che è ignorato. [608]

3)L’ignoranza può avere con la volontà un rapporto di conseguenza cioè l’ignoranza può essere conseguenza della volontà, in quanto la stessa ignoranza può essere volontaria. ( Iª-IIae q. 6 a. 8 co.) E ciò avviene nei due modi dell’atto volontario.

a) Nel primo modo, quando l’atto della volontà ha per oggetto l’ignoranza: è il caso di chi vuole ignorare per avere una giustificazione per il compimento dell’atto peccaminoso, o di chi vuole ignorare per non essere distolto dal peccato, secondo le parole della Scrittura: ” … non vogliamo la conoscenza delle tue vie” (Giobbe 21,14). Questa ignoranza si dice affettata[609], secondo Zalba e Regatillo tale ignoranza è aggravante allorché è causata dal disprezzo della legge e dell’autorità.[610]

b) Si dice poi che l’ignoranza è volontaria nella seconda maniera, quando riguarda cose che uno può e deve conoscere; non agire, o non volere, in questo caso, è un atto volontario. Si parla d’ignoranza in questo senso, sia nel caso di chi non considera attualmente quello che può ed è tenuto a considerare e questa è l’ignoranza di cattiva scelta, e che proviene dalla passione o dall’abitudine, sia nel caso di uno che non si cura di acquistare le nozioni che è tenuto a possedere; rientra in questo caso l’ignoranza dei principi più comuni della legge, che ciascuno e tenuto a conoscere, la quale ignoranza si dice volontaria, perché proviene dalla negligenza. Ora, essendo questa ignoranza, che riguarda cose che uno può e deve conoscere, volontaria in uno dei modi suddetti, non può causare un atto semplicemente involontario, ma causa un atto semplicemente volontario che tuttavia secondo qualcosa, in quanto precede il moto della volontà nel compimento di un’azione che non avverrebbe se ci fosse la conoscenza, è involontario. Tale ignoranza diminuisce la volontarietà e il peccato sulla base del grado di vincibilità di tale ignoranza e in alcuni casi può rendere veniale un peccato mortale. [611]

Il Catechismo della Chiesa Cattolica parla di ignoranza imputabile al n. 1791 dove afferma che essa si verifica: “«quando l’uomo non si cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all’abitudine del peccato» (Gaudium et spes, 16).”

Inoltre lo stesso Catechismo afferma al n. 1860: “L’ ignoranza involontaria può attenuare se non annullare l’imputabilità di una colpa grave.”

La sana dottrina distingue l’ignoranza di diritto dall’ignoranza di fatto. L’ignoranza di diritto è quella per cui non si conosce l’esistenza della stessa legge, l’estensione di tale legge e/o il suo senso. L’ignoranza di fatto è quella per cui si ignora e quindi non si conosce la concreta circostanza di fatto che determina l’applicazione della legge presente.[612]

Al tema dell’ignoranza si lega quello della coscienza dubbiosa; ricordo che chi dubita che un atto sia un peccato grave e lo compie, compie un peccato grave.  Lo dicemmo più sopra.

È necessario adoperarsi perché la pienezza della Luce di Cristo entri nella nostra coscienza sicché essa sia corretta dai suoi errori, sia cancellata l’ignoranza in noi e possiamo agire sempre mossi dalla Verità.

L’ignoranza a volte esclude completamente la colpevolezza del soggetto e quindi scusa totalmente dal peccato, in altri casi attenua il peccato. Se una persona uccide un uomo non capendo che è suo padre sarà reo di assassinio ma non di parricidio, il peccato resta grave ma non così grave come il parricidio.

Si distingue, in dottrina, una ignoranza invincibile da una vincibile; la prima, detta anche involontaria, è quella che non può essere superata con la diligenza morale, la seconda, detta anche volontaria, è quella che può essere superata dalla diligenza morale.[613]

L’ignoranza vincibile è colpevole se deve essere superata, è incolpevole se non deve essere superata.[614]

Riguardo all’ ignoranza invincibile, cioè quella che non può essere superata con la diligenza morale, occorre precisare che tale diligenza è quella che le persone prudenti sogliono avere nelle situazioni concrete in cui si trovano e che appunto varia secondo le varie circostanze ad es. maggiore deve essere nel sacerdote che nel fedele, maggiore deve essere allorché è in pericolo la vita di qualcuno piuttosto che quando si tratta di beni di fortuna.[615]

Spiegano i proff. Colom e Rodríguez-Luño che: “l’ignoranza invincibile è quella che domina a tal punto la coscienza, da non lasciare alcuna possibilità di riconoscerla e di allontanarla.”[616]

Ulteriori precisazioni per riconoscere l’ignoranza invincibile sono le seguenti:“ L’ignoranza è invincibile: a) quando la persona non sospetta nemmeno che la propria opinione è errata e che, pertanto, deve essere abbandonata; b) quando, nonostante la riflessione, lo studio e le domande a persone prudenti e sperimentate su un certo problema, si arriva sinceramente a una soluzione oggettivamente erronea, anche se il soggetto non è affatto consapevole di ciò.”[617]

L’ignoranza invincibile elimina la libertà e l’imputabilità morale dell’atto, essa è incolpevole e causa un atto involontario o non volontario.[618]

Dice s. Tommaso che “… tutti sono tenuti a conoscere comunemente le cose di fede, e i precetti generali del diritto: ciascuno poi è tenuto a conoscere i doveri del proprio ufficio. … Ora, è evidente che fa un peccato di omissione chiunque trascura il possesso, o il compimento delle cose che è tenuto ad avere o a compiere. Perciò l’ignoranza di ciò che si è tenuti a conoscere è peccato, a causa della negligenza. Ma non si può attribuire a negligenza l’ignoranza di quanto non si può conoscere. Ecco perché quest’ultima ignoranza si denomina invincibile: per l’impossibilità di vincerla col nostro impegno. E non essendo volontaria, per l’impossibilità in cui siamo di allontanarla, codesta ignoranza non è peccato. Da ciò si conclude che l’ignoranza invincibile non è mai peccato e che l’ignoranza vincibile è peccato solo se si tratta di cose che uno è tenuto a sapere.”[619]

S. Alfonso M. de Liguori spiega, riprendendo il testo di s. Tommaso appena visto (I-II q. 76 a. 2) che non si dà ignoranza invincibile dei primi principi della legge morale naturale e neppure delle conclusioni immediate di essi, come sono i 10 comandamenti[620].

Nella linea di s. Alfonso, il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma al n. 2072 : “ I dieci comandamenti sono incisi da Dio nel cuore dell’essere umano.”

Di essi, evidentemente, non si dà ignoranza invincibile perché Dio li ha incisi in noi e ci aiuta a conoscerli.

Riguardo all’ignoranza vincibile occorre dire che si danno almeno tre gradi di ignoranza vincibile:

1)semplicemente vincibile, è l’ignoranza che la persona cerca di superare ma non facendo tutto quello che può;

2) ignoranza crassa, è quella di colui che per acquisire la scienza dovuta non fa nulla o quasi;

3) ignoranza affettata, è quella di colui che espressamente e industriosamente vuole ignorare per qualsiasi scopo. [621]

Tra i tre tipi di ignoranza vincibile appena visti quella moralmente più negativa è l’affettata che implica una volontà precisa di ignorare, poi viene la crassa che implica grande negligenza nel ricercare la verità e quindi la semplicemente vincibile.

L’ignoranza affettata è, come detto, in alcuni casi un’aggravante del peccato che attraverso essa si commette.

L’ignoranza vincibile è volontaria sia direttamente in sé sia solo indirettamente per negligenza.[622]

Spiegano Colom e Rodríguez-Luño che l’ignoranza vincibile non elimina la libertà e l’imputabilità morale dell’atto, anche se a volte può attenuarla. Occorre valutare bene se questa ignoranza presupponga una colpa grave o lieve e se presupponga una volontà di ignorare per poter fare ciò che si vuole o se derivi da una negligenza che attenua la responsabilità[623].

Sulla scia di Zalba e Regatillo[624] mi pare corretto affermare che l’ignoranza vincibile va distinta con precisione in base alla colpa morale in:

  1. a) grave, se in cosa grave e con grave negligenza si manca di effettuare la ricerca moralmente possibile;
  2. b) lieve, se in cosa lieve si omette la ricerca anche totalmente.

Sia l’ ignoranza affettata, che l’ignoranza crassa che la semplicemente vincibile mi pare possano dare luogo ad ignoranza grave o lieve.

In particolare mi pare importante precisare, sulla base di quanto detto che:

– la semplicemente vincibile può essere gravemente colpevole se  la persona in materia grave cerca di superare tale ignoranza ma lo fa con grave negligenza;

– l’ignoranza affettata è lievemente colpevole se riguarda cosa lieve;

– l’ignoranza crassa è lievemente colpevole se riguarda cosa lieve.

Come si vede, Papa Francesco in Amoris Laetitia n. 301  non dice praticamente nulla riguardo all’ignoranza come attenuante o scusante, lascia tutto nel vago … e in questo modo apre evidentemente una porta importante perché anche l’ignoranza colpevole sia considerata un’attenuante e veri peccati gravi fatti appunto con ignoranza colpevole siano considerati peccati veniali o imperfezioni perché il soggetto sarebbe impossibilitato a fare ciò che non conosce di dover fare.

Inoltre c’è da considerare che, dati gli errori che Papa Francesco diffonde sulla Confessione e sull’attività del sacerdote in essa, è molto probabile che un Confessore bergogliano non si informi adeguatamente sui peccati del penitente e sulle sue conoscenze in materia morale e quindi facilmente lasci il penitente in tale ignoranza colpevole, permettendogli, così, di continuare a peccare gravemente.

 

 

d,2) La seconda attenuante indicata nel n. 301 di Amoris Laetitia: la “grande difficoltà nel comprendere «valori insiti nella norma morale»[625]”.

 

 d,2,1)Come arriva l’uomo ad attuare i divini comandamenti.

 

 

d,2,1,1) La grazia e quindi la fede unita alla carità portano l’uomo ad attuare i precetti divini.

 

 

Nelle lettere di s. Paolo leggiamo: “È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore.” (Fil. 2,13) “E lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, … conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.” (2 Tess. 2,16s) “Il Dio della pace … vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.” (Eb. 13, 20s)

Da Dio viene il nostro buon operare, Dio ci rende capaci di vivere secondo la sua Legge e di salvarci.

Nel Vangelo di Giovanni leggiamo in questa linea: “Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre, che mi ha mandato.” (Gv. 6,44) Andiamo a Cristo nella fede e nella carità attirati da Dio, seguiamo Cristo perché il Padre ci attira a ciò ( Gv. 6, 65).

La salvezza viene a noi da Dio attraverso la grazia: “Noi … crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati, così come loro”. (At. 15,11;  anche At. 18, 27)

S. Paolo è molto chiaro su questo punto: “… tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù.” (Rm. 3,23s)

“Il peccato infatti non dominerà su di voi, perché non siete sotto la Legge, ma sotto la grazia.” (Rm. 6,14)

“Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio”. (Ef. 2, 8)

Le parole di Cristo: “… senza di me non potete far nulla” (Gv. 15, 5) vogliono farci capire anche che senza di Lui, senza la sua grazia, non possiamo fare nulla; abbiamo bisogno dell’aiuto di Dio e quindi della grazia divina per compiere atti che ci conducono alla salvezza, abbiamo bisogno di Dio e della sua grazia per vivere i comandamenti.

Leggiamo nel Vangelo: “Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile presso Dio».” (Mc 10,17-27)

Impossibile alle sole forze naturali degli uomini è attuare la Legge divina e salvarsi, ma tale attuazione e tale salvezza viene a noi offerta da Dio con il dono della grazia, come spiega efficacemente s. Tommaso (Iª-IIae q. 109 a. 4 co.).

Afferma più precisamente il s. Dottore che i precetti della legge si possono adempiere in due modi:

1) quanto alla sostanza delle opere, cioè in quanto uno compie azioni giuste, forti, e tutte le altre azioni virtuose;

2) non solo quanto alla sostanza delle opere, ma anche quanto al modo di compierle, cioè facendole mossi dalla carità ( I-II q. 109 a.4).

Nell’attuale stato di natura corrotta l’uomo non può adempiere tutti i divini precetti in ciascuno dei due modi indicati, senza la grazia e quindi senza la carità che scaturisce dalla grazia ( I-II q. 109 a.4)

Ovviamente la grazia, per la quale siamo salvi, ci permette di operare nella carità, virtù fondamentale e nella quale Dio ci comanda di vivere ( Mt 22, 37ss; Mr 12, 31; Lc. 10,27).

Dio, in particolare attraverso la grazia e quindi attraverso la carità, che è unita alla grazia santificante, ci fa osservare pienamente la Legge e i comandamenti e ci salva (Rm. 13,8; Gv. 14, 21.23; 15,10; 1 Gv. 2,5; 5,2s; 2 Gv. 6).

La carità è il frutto dello Spirito Santo (Gal. 5,22).

Cristo, nella carità, ha osservato i comandamenti del Padre ( Gv. 15,10).

Come dice chiaramente s. Giovanni, la carità ci fa osservare i comandamenti divini (Gv. 14, 21.23).

La carità implica necessariamente l’osservanza dei comandamenti. Nella I lettera di Giovanni è scritto: “In questo infatti consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi.” (1Gv 5,3) Nel vangelo di Giovanni leggiamo, ancora: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama.” (Gv 14,21).

Per rimanere nella carità occorre osservare i comandamenti, dice infatti Gesù nel  Vangelo “Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore” (Gv 15,10). La carità implica l’osservanza dei comandamenti e solo in tale osservanza si rimane in tale virtù ( VS, n. 24), una violazione grave dei comandamenti fa perdere la carità. Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma al n. 1855: “ Il peccato mortale distrugge la carità nel cuore dell’uomo a causa di una violazione grave della Legge di Dio …”

Anche s. Tommaso dice con grande chiarezza che  il peccato grave cancella la carità dal cuore dell’uomo[626].

Nella luce dell’insegnamento biblico il II Concilio di Orange (anno 529-530) fu molto chiaro nell’affermare la necessità della grazia per la vita cristiana[627] e quindi per l’attuazione della santa Legge divina.

Il Concilio di Trento ribadì la necessità della grazia per la salvezza e la giustificazione dell’uomo[628], precisò che con la giustificazione vengono infuse nell’uomo le virtù della fede, della speranza e della carità, e tutte le virtù infuse. Con la grazia e le virtù l’uomo può osservare i comandamenti divini secondo il volere di Dio. [629] Il Concilio di Trento ha inoltre condannato  la dottrina per cui sarebbe impossibile, per chi è giustificato, vivere i 10 comandamenti.[630]

Con la grazia, con la giustificazione e con le virtù infuse che vengono da Dio è possibile vivere secondo i comandamenti … ma senza la grazia non è possibile!

Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma: “La grazia dello Spirito Santo ha il potere di giustificarci, cioè di mondarci dai nostri peccati e di comunicarci la giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo[631] …” (Catechismo della Chiesa Cattolica 1987)

“La prima opera della grazia dello Spirito Santo è la conversione, che opera la giustificazione …” (Catechismo della Chiesa Cattolica 1989)

“Insieme con la giustificazione, vengono infuse nei nostri cuori la fede, la speranza e la carità, e ci è accordata l’obbedienza alla volontà divina.” (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1991)

La fede, la speranza e la carità sono dette virtù teologali e “… rendono le facoltà dell’uomo idonee alla partecipazione alla natura divina.” (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1812)

Queste virtù dispongono i cristiani a vivere la vita trinitaria, in Cristo, come figli di Dio ( Catechismo della Chiesa Cattolica n.1812)

Le virtù teologali “… fondano, animano e caratterizzano l’agire morale del cristiano. … Sono infuse da Dio nell’anima dei fedeli per renderli capaci di agire quali suoi figli e meritare la vita eterna” (Catechismo della Chiesa Cattolica 1813) Tali virtù rendono capace l’uomo di attuare i comandi divini secondo la divina volontà.

L’ obbedienza alla volontà divina e quindi l’attuazione dei comandi divini, secondo la volontà di Dio, viene in noi con la grazia, con la giustificazione e con le virtù infuse, in particolare con le virtù teologali (Catechismo della Chiesa Cattolica nn.1991 e 1812).

Di particolare interesse per il nostro studio sono la fede e la carità.

Come spiega il Catechismo: “La fede è la virtù teologale per la quale noi crediamo in Dio e a tutto ciò che egli ci ha detto e rivelato, e che la Chiesa ci propone da credere, perché egli è la stessa verità.” (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1814)

S. Paolo afferma: “Il giusto vivrà mediante la fede” (Rm 1,17).

La Veritatis Splendor, afferma al n. 89: “La fede possiede anche un contenuto morale: origina ed esige un impegno coerente di vita, comporta e perfeziona l’accoglienza e l’osservanza dei comandamenti divini. Come scrive l’evangelista Giovanni, «…  Chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato» (1 Gv 1,5-6; 2,3-6) …” (VS, n. 89)

Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma, ai nn. 143 s. “Con la fede l’uomo sottomette pienamente a Dio la propria intelligenza e la propria volontà. … La Sacra Scrittura chiama «obbedienza della fede» questa risposta dell’uomo a Dio che rivela.”

Come spiega s. Tommaso la fede è di ciò che non si vede (II-II q. 1 a. 4; II-II q. 2 a. 3 ad 3) e ci fa partecipare alla Verità divina[632]. La fede accoglie la Verità, ci fa partecipare di essa e conduce a vivere in essa e quindi ci fa attuare i divini comandi.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 1822 afferma inoltre che: “La carità è la virtù teologale per la quale amiamo Dio sopra ogni cosa per sé stesso, e il nostro prossimo come noi stessi per amore di Dio.”

La carità ci fa amare Dio al di sopra di tutto e quindi ci fa osservare la sua Legge ad ogni costo: “La carità, frutto dello Spirito e pienezza della Legge, osserva i comandamenti di Dio e del suo Cristo.” (Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 1824)

La carità include in sé stessa e perfeziona tutte le virtù, anche la fede.

Per s. Tommaso Dio è Legge, Legge eterna ( I-II q. 93 a.4 in c.) e la carità è virtù somma che ci fa partecipare alla carità divina, ci unisce a Dio, ci fa accogliere Dio come regola degli atti umani ( II-IIae q. 23 a. 3 co.) e quindi ci sottopone a Lui che è Legge e quindi alla sua Legge divina che Lui stesso ci ha dato.

Ovviamente, in quanto per la carità siamo guidati da Dio, per tale virtù siamo da Lui condotti a osservare i comandamenti che Lui stesso ci ha donato.

Con la carità vengono riversate e perfezionate in noi tutte le virtù infuse [633]; la carità in quanto perfeziona la fede ( II-II q. 4 a. 3) ci fa perfettamente credere alla Parola di Dio, all’ insegnamento di Cristo e della Chiesa, e ci fa osservare tale insegnamento.

S. Tommaso precisa in questa linea che la carità produce in noi necessariamente l’osservanza dei comandamenti: “Secundum quod facit caritas, est divinorum mandatorum observantia. Gregorius: nunquam est Dei amor otiosus: operatur enim magna si est; si vero operari renuit, amor non est. Unde manifestum signum caritatis est promptitudo implendi divina praecepta. Videmus enim amantem propter amatum magna et difficilia operari. Ioan. XIV, 23: si quis diligit me, sermonem meum servabit.” (“Collationes in decem praeceptis”, proemium)

La carità se è davvero nell’anima fa che la persona osservi, attui i comandamenti.

Dice inoltre p. Royo Marin: la carità porta nell’anima i doni dello Spirito Santo che sviluppano perfettamente la fede manifestando alla persona “le verità rivelate con tale chiarezza da lasciare nell’anima una sicurezza assoluta a loro riguardo”[634] e scoprendo e giudicando “rettamente delle relazioni di queste verità divine con il mondo naturale e sensibile che ci circonda”[635]

Concludendo occorre affermare che secondo la sana dottrina cattolica la nostra salvezza e quindi l’attuazione dei comandamenti, necessaria per tale salvezza, si compiono sotto la guida di Dio, per la grazia e per le virtù infuse.

La vita morale cristiana si compie appunto sotto la guida di Dio e sotto l’azione della grazia e delle virtù infuse.

Per i nostri interessi di studio è particolarmente importante concentrarci sulla fede e quindi sulla carità perché l’“attenuante” che stiamo esaminando in queste pagine ha a che fare in particolare con queste virtù. In questa linea nel prossimo paragrafo tratteremo del motivo di credere.

 

 

d,2,1,2) Il motivo di credere non consiste nel fatto che le verità rivelate appaiano come vere e intelligibili e quindi comprensibili alla luce della nostra ragione naturale.

 

 

La nostra vita morale trova la sua sorgente nella fede afferma chiaramente il Catechismo: “La nostra vita morale trova la sua sorgente nella fede in Dio che ci rivela il suo amore. …”(Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2087)

“Con la fede l’uomo sottomette pienamente a Dio la propria intelligenza e la propria volontà. …”  …”(Catechismo della Chiesa Cattolica n. 143) ma tale sottomissione dell’intelletto non si attua sotto la spinta della comprensione di esse infatti nello stesso Catechismo troviamo scritto ai nn. 155 ss.: “…  “Credere è un atto dell’intelletto che, sotto la spinta della volontà mossa da Dio per mezzo della grazia, dà il proprio consenso alla verità divina”.[636] … Il motivo di credere non consiste nel fatto che le verità rivelate appaiano come vere e intelligibili alla luce della nostra ragione naturale. Noi crediamo “per l’autorità di Dio stesso che le rivela, il quale non può né ingannarsi né ingannare[637]…  Indubbiamente, le verità rivelate possono sembrare oscure alla ragione e all’esperienza umana, ma “la certezza data dalla luce divina è più grande di quella offerta dalla luce della ragione naturale”[638].

Come si vede l’intelletto non dà il consenso alla verità divina spinto dalla comprensione di esse.

La fede si distingue molto bene dalla comprensione, s. Tommaso infatti, la cui teologia Papa Francesco dice di seguire totalmente in Amoris Laetitia, afferma: “La parola comprensione s’intende in due modi. Primo modo: in senso stretto e proprio, indica che qualche cosa è racchiuso nel comprendente.”[639]… e in questo senso “… comprendere una cosa vuol dire conoscerla alla perfezione. È conosciuto poi alla perfezione ciò che è conosciuto tanto quanto può essere conosciuto. Se quindi ciò che può essere conosciuto per dimostrazione scientifica fosse conosciuto soltanto con un’opinione fondata su ragioni probabili, non sarebbe compreso.”[640]

Inoltre: “… il termine comprensione è preso anche in un senso più largo, quando indica l’opposto di tendenza. Infatti ha raggiunto qualcuno, quando lo tiene stretto si dice che lo ha preso. E in questo senso si dice che Dio è preso o compreso dai beati”[641]

Questa comprensione è radicalmente diversa dalla fede, infatti: “… l’atto del credere ha un’adesione ferma a una data cosa, e in questo chi crede è nelle condizioni di chi conosce per scienza, o per intuizione: tuttavia la sua conoscenza non è compiuta mediante una percezione evidente; e da questo lato chi crede è nelle condizioni di chi dubita, di chi sospetta e di chi sceglie un’opinione. E sotto questo aspetto è proprio del credente il pensare approvando: ed è così che l’atto del credere si distingue da tutti gli atti intellettivi che hanno per oggetto il vero e il falso.”[642]

La conoscenza propria del credente non è compiuta mediante una percezione evidente che ci dona di conoscere profondamente una realtà, non è compiuta attraverso la comprensione.

La fede ci rende simili agli allievi che devono credere al loro maestro anche quando non comprendono, perciò s. Tommaso quando spiega che la fede contiene verità che superano la ragione umana afferma: “… qualsiasi scolaro … è tenuto a credere per giungere alla conoscenza perfetta. Anche il Filosofo, del resto, insegna, che “chi vuole apprendere deve credere”. Perciò affinché l’uomo raggiunga la visione perfetta della beatitudine, si richiede che prima creda a Dio, come fa un discepolo col suo maestro.”[643]

Come l’allievo deve credere al maestro che gli dice cose superiori alle conoscenze dell’allievo anche se questi non le comprende, e appunto credendo al maestro giunge alla conoscenza piena e comprensiva delle cose che prima credeva, così noi dobbiamo credere a Dio che insegna verità che superano la ragione umana e che noi non comprendiamo, e credendo giungeremo in Cielo dove comprenderemo tali verità.

Sottolineo come s. Tommaso affermi che occorre credere per giungere alla conoscenza perfetta, perché la fede non è comprensione … la conoscenza perfetta implica comprensione, la fede non implica tale comprensione.

E lo stesso s. Dottore precisa ulteriormente che: “La comprensione non è un’operazione diversa dalla visione: ma indica relazione al fine come ormai raggiunto. Cosicché la visione stessa, oppure l’oggetto della visione in quanto presente è oggetto della comprensione.” [644] Quindi la visione o l’oggetto della visione, secondo queste parole di s. Tommaso, è oggetto della comprensione … ma la fede è di ciò che non si vede (II-II q. 1 a. 4 ; II-II q. 2 a. 3 ad 3) la visione delle verità di fede ci sarà in Cielo e con essa la comprensione!

Riprendendo i testi visti più sopra (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 156s) dobbiamo dunque dire che le verità della fede non le accogliamo perché le comprendiamo, secondo quello che dice s. Tommaso, ma perché ci fidiamo di Dio che ce le rivela!

L’intelletto non accoglie le verità della fede perché gli appaiono intellegibili, cioè comprensibili, alla luce della ragione naturale, ma le accoglie sotto la spinta della volontà mossa da Dio per mezzo della grazia.

La fede si distingue radicalmente dalla comprensione.

La comprensione delle cose che ora crediamo sarà in Cielo, s. Tommaso indica come comprensori i beati del Cielo non i credenti di questo mondo (Super II Cor., cap. 12 l. 1.)

La fede, per sé stessa, ci fa credere e obbedire direttamente, non ci fa comprendere (Catechismo della Chiesa Cattolica afferma, ai nn. 143 s.)!

Particolarmente significativo a questo riguardo è il passo biblico che parla del sacrificio di Isacco, cioè del comando divino che giunse ad Abramo di immolare suo figlio Isacco (Ge. 22,1-18), Abramo in totale fiducia verso Dio che gli parlava, eseguì il comando; la Bibbia non dice che Abramo comprese i valori insiti nella norma, in particolare in questo caso, ma che ebbe fede sperando contro ogni speranza: “Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: Così sarà la tua discendenza.  Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo – aveva circa cento anni – e morto il seno di Sara.  Per la promessa di Dio non esitò con incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento.” (Rm 4,18-21)

Abramo ha creduto, non si dice che abbia compreso, i nn. 143 s. del Catechismo parlano di credere non di comprendere pienamente!

Gesù risorto dice: “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato.” (Mc 16,16)

La salvezza è legata alla fede, non alla comprensione!

Nel Catechismo troviamo scritto, ulteriormente, in questa linea, al n. 150 : “ La fede … è l’assenso libero a tutta la verità che Dio ha rivelato.”

La fede ci fa aderire liberamente a Dio e alla verità che Dio ha rivelato non perché comprendiamo ma semplicemente perché ci fidiamo di Lui.

La fede ci fa affidare a Dio che vede tutto e tutto comprende mentre noi comprendiamo poco … La fede ci fa affidare a Dio anche quando non comprendiamo …

“È bene e giusto affidarsi completamente a Dio e credere assolutamente a ciò che egli dice.” (Catechismo Chiesa Cattolica n. 150) Affidarsi è ben diverso dal comprendere pienamente … chi comprende “vede”, conosce bene quindi non ha bisogno di affidarsi …  La fede ci fa affidare a Dio, che comprende e vede perfettamente!

Questo affidamento riguarda anche la morale.

La Veritatis Splendor, afferma al n. 89: “La fede possiede anche un contenuto morale: origina ed esige un impegno coerente di vita, comporta e perfeziona l’accoglienza e l’osservanza dei comandamenti divini. Come scrive l’evangelista Giovanni, «…  Chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato» (1 Gv 1,5-6; 2,3-6) …” (VS, n. 89)

La fede va esercitata anche riguardo alla morale. La morale che Cristo ci dona attraverso la Scrittura è morale rivelata che va accolta anzitutto nella fede. I comandamenti che Cristo ci dona attraverso la Scrittura e la Chiesa vanno accolti nella fede … e la fede non è la comprensione!

I comandamenti che Cristo ci dona vanno accolti nella fede anche se non comprendiamo i valori insiti in essi!

Anche se non comprendi sei chiamato a credere e obbedire … La fede, come abbiamo già detto, ci rende simili agli allievi che devono credere al loro maestro anche quando non comprendono ( II-II q. 2 a. 3).

 

 

d,2,1,3) La fede, propriamente parlando, non è comprensione ma è un inizio della comprensione che si avrà in Cielo.

 

 

Dio ci illumini sempre meglio.

Quanto abbiamo appena detto va integrato con quanto riportano vari testi della Tradizione che affermano che la fede produce in noi una certa comprensione e anzitutto va integrato con quanto oggi viene inteso normalmente con la parola comprensione, nel dizionario Treccani leggiamo che essa significa riguardo alla questione da noi trattata: l’atto e la facoltà di comprendere con l’intelletto, di far propria una nozione. [645]

Comprendere significa: contenere in sé, abbracciare, racchiudere; accogliere spiritualmente in sé, sapersi spiegare, rendersi ragione di qualche cosa. [646]

La comprensione intesa come fare propria, accogliere, racchiudere una nozione può stare con la fede perché la fede fa proprie le verità salvifiche, le accoglie, in questa linea nel Catechismo della Chiesa Cattolica leggiamo al n. 91: “Tutti i fedeli sono partecipi della comprensione e della trasmissione della verità rivelata. Hanno ricevuto l’unzione dello Spirito Santo che insegna loro ogni cosa [Cf 1Gv 2,20; 1Gv 2,27] e li guida “alla verità tutta intera” (Gv 16,13).”

Nella Lumen Fidei si afferma al n. 24: “Ma proprio per il suo nesso intrinseco con la verità, la fede è capace di offrire una luce nuova … perché essa vede più lontano, perché comprende l’agire di Dio, che è fedele alla sua alleanza e alle sue promesse.” [647]

Al n. 26 della stessa Enciclica leggiamo: “La comprensione della fede è quella che nasce quando riceviamo il grande amore di Dio che ci trasforma interiormente e ci dona occhi nuovi per vedere la realtà.”[648]

Ancora nella Lumen Fidei leggiamo al n. 33: “Nella vita di sant’Agostino, troviamo un esempio significativo di questo cammino in cui la ricerca della ragione, con il suo desiderio di verità e di chiarezza, è stata integrata nell’orizzonte della fede, da cui ha ricevuto nuova comprensione” [649]

Nella stessa enciclica troviamo scritto: “La conoscenza di noi stessi è possibile solo quando partecipiamo a una memoria più grande. Avviene così anche nella fede, che porta a pienezza il modo umano di comprendere.”[650]

Ancora la Lumen Fidei afferma: “La fede fa comprendere l’architettura dei rapporti umani, perché ne coglie il fondamento ultimo e il destino definitivo in Dio, nel suo amore, e così illumina l’arte dell’edificazione, diventando un servizio al bene comune.” [651]

La fede porta all’anima la Luce divina e spinge la persona a capire, a comprendere meglio ciò che Dio insegna, come afferma il Catechismo al n.158 laddove viene citato un passo di s. Anselmo di Aosta che dice: “La fede cerca di comprendere”[652] cioè la fede spinge chi crede a conoscere meglio, più profondamente, ciò che crede. Dio comunica a chi si apre a Lui, attraverso la fede, luce per conoscere meglio le verità rivelate; la Dei Verbum afferma: “… affinché l’intelligenza della Rivelazione diventi sempre più profonda, lo […] Spirito Santo perfeziona continuamente la fede per mezzo dei suoi doni “.[653]

La grazia della fede apre gli “occhi” interiori dell’uomo (Ef 1,18) per una intelligenza viva dei contenuti della Rivelazione, e questa intelligenza si compie in particolare nella fede viva, cioè nella fede perfezionata dalla grazia santificante e dalla carità con i doni dello Spirito Santo. ( Catechismo della Chiesa Cattolica n.158)

La fede è “oscura” ma in questa oscurità vi è una certa luce che illumina e conduce l’uomo al Cielo e alla comprensione propria dei beati del Paradiso e, in certo modo, può far comprendere alcune verità già in questo mondo, come possiamo capire anche da questa famosa frase di s. Agostino «Credi per comprendere: comprendi per credere». [654]

In conclusione, la fede non è comprensione, secondo le affermazioni di s. Tommaso, ma conduce alla comprensione infatti in Cielo noi comprenderemo ciò che ora crediamo e possiamo giungere al Cielo appunto camminando nella fede; lo stesso s. Dottore precisa che la conoscenza del Cielo, che è comprensione perfetta, inizia con la fede[655] e spiega anche che per la fede partecipiamo alla conoscenza divina[656], che è comprensiva; la comprensione intesa come fare propria, accogliere, racchiudere una nozione può stare con la fede perché la fede fa proprie le verità salvifiche, le accoglie, le conosce e appunto in questo senso in Familiaris Consortio n. 33, come vedremo bene più avanti, si parla di comprensione laddove si afferma: “D’altra parte l’autentica pedagogia ecclesiale rivela il suo realismo e la sua sapienza solo sviluppando un impegno tenace e coraggioso nel creare e sostenere tutte quelle condizioni umane – psicologiche, morali e spirituali – che sono indispensabili per comprendere e vivere il valore e la norma morale.”

La fede, però, non è propriamente comprensione giacché non rende capaci di saperci spiegare le verità della fede, non ci mette in grado di renderci ragione delle verità di fede. [657]

La Croce sacra sia la nostra luce.

 

 

d,2,1,4) La fede e la morale rivelata.

 

 

La fede ci illumina anche riguardo al nostro agire, essa accoglie la Legge di Dio rivelata e in particolare la Legge Nuova, la fede accoglie gli insegnamenti magisteriali riguardanti la morale: “Ciò che concerne la morale può essere oggetto di magistero autentico, perché il Vangelo, che è Parola di vita, ispira e dirige tutto l’ambito dell’agire umano. … la competenza del Magistero si estende anche a ciò che riguarda la legge naturale”.[658] Attraverso questa azione del Magistero la Luce di Dio illumina le nostre coscienze che nella fede accolgono tali affermazioni magisteriali. In questa linea, nella Veritatis Splendor leggiamo: “Predicando i comandamenti di Dio e la carità di Cristo, il Magistero della Chiesa insegna ai fedeli anche i precetti particolari e determinati e chiede loro di considerarli in coscienza come moralmente obbligatori. Svolge, inoltre, un importante compito di vigilanza, avvertendo i fedeli della presenza di eventuali errori, anche solo impliciti, quando la loro coscienza non giunge a riconoscere la giustezza e la verità delle regole morali che il Magistero insegna.”[659] Sottolineo: “Predicando i comandamenti di Dio e la carità di Cristo, il Magistero della Chiesa insegna ai fedeli anche i precetti particolari e determinati e chiede loro di considerarli in coscienza come moralmente obbligatori.”

Le affermazioni del Magistero in campo morale sono moralmente obbligatorie, sono normative per la nostra coscienza. “Il Magistero ha dunque il compito di discernere, mediante giudizi normativi per la coscienza dei fedeli, gli atti che sono in sé stessi conformi alle esigenze della fede e ne promuovono l’espressione nella vita, e quelli che al contrario, per la loro malizia intrinseca, sono incompatibili con queste esigenze.”[660]

Attraverso questa azione del Magistero la Luce di Dio illumina le nostre coscienze che nella fede accolgono tali affermazioni magisteriali. La fede è luce che illumina anche in campo morale l’uomo … e, come si vede anche da questi documenti, i fedeli sono moralmente obbligati a vivere, nella fede, secondo questi testi che diffondono la Verità.

Ma occorre avere ben chiaro che la fede non ci fa comprendere, cioè non ci rende capaci di saperci spiegare fino in fondo la norma e il valore che Dio ci dona attraverso la Rivelazione, non ci mette in grado di renderci ragione fino in fondo della norma e del valore che Dio ci dona attraverso la Rivelazione, occorre avere ben chiaro che la fede non è la comprensione, intesa secondo le affermazioni di s. Tommaso e secondo alcune definizioni moderne, la fede è di ciò che non si vede (intellettualmente), comprendere è, in questa linea, di ciò che si vede. Quindi gli insegnamenti morali che la Chiesa ci offre vanno accolti nella fede anche se non si comprendono i valori insiti in essi; cioè gli insegnamenti morali della Chiesa vanno accolti nella fede anche se non siamo capaci di saperci spiegare tali norme e i valori insiti in esse; gli insegnamenti morali della Chiesa vanno accolti nella fede anche se non siamo in grado di renderci ragione di tali norme e dei valori insiti in esse.

In questa linea occorre notare che esistono due tipi di norme che dobbiamo accogliere nella fede:

1) insegnamenti morali che di per sé potrebbero essere conosciuti dalla ragione naturale e quindi compresi pienamente ma la condizione dell’uomo peccatore rende difficile l’accesso a tale conoscenza; [661]

2) insegnamenti morali che non possono essere conosciuti dalla ragione naturale e che sono noti solo dalla fede.

Per il fatto che non comprendiamo con la ragione i valori insiti in tali norme non siamo esentati dall’accoglierle e praticarle per la fede

 

 

d,2,2) Esame specifico delle affermazioni riguardanti coloro che hanno “grande difficoltà nel comprendere «valori insiti nella norma morale»[662]” (Amoris Laetitia 301).

 

 

d,2,2,1) Derivazione di questa affermazioni da alcuni testi di mons. Fernández e sua interpretazione.

 

 

Andiamo ora ad esaminare più direttamente la situazione che qui ci interessa in modo particolare e che è presentata in questi termini: “Un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel comprendere «valori insiti nella norma morale»[663]”. (Amoris Laetitia n. 301)

Diciamo subito che il testo in questione sembra praticamente copiato da un articolo di colui che appare con molta forza l’autore-ombra o uno degli autori-ombra dell’Amoris Laetitia[664], V. M. Fernández che attualmente è Cardinale Prefetto del Dicastero per la Fede.  V. M.  Fernández scrisse nel 2006 un articolo di cui è evidente che l’Amoris Laetitia segue in certo modo alcune o forse tutte le “orme”[665]; in tale articolo alla pag. 158 mons. Fernández afferma che un atto obiettivamente malvagio come una relazione prematrimoniale o l’uso del preservativo in un rapporto sessuale non necessariamente fa perdere la vita di grazia santificante dalla quale origina il dinamismo della carità. Mons. Fernández prosegue dicendo che per mezzo di un tale atto sessuale oggettivamente malvagio se non c’è colpevolezza soggettiva si può realizzare un valore soggettivo con densità teologica e trinitaria nella misura che sia espressione del dinamismo estatico dell’amore che imprime la grazia santificante.

Prosegue ulteriormente mons. Fernández dicendo che se in tale atto oggettivamente malvagio la persona “condizionata” esce di sé verso l’altro in un dinamismo di amore sincero, quell’atto può veramente costruire la persona, provocare una sua crescita interiore etc. Quindi quell’atto sebbene contraddica oggettivamente una legge morale si inserisce in una tappa di crescita del soggetto storico.

Alla pag. 159 di questo articolo mons. Fernández spiega quali sono le condizioni soggettive che escludono la colpevolezza soggettiva in colui che compie un peccato oggettivamente grave e cita la situazione di coloro che non sono in grado di poter comprendere i valori insiti nella norma: “Esta etapa no está necesariamente marcada por el pecado, sino “por la imperfección” (CCE 2343a), cuando el sujeto histórico no está en condiciones subjetivas de obrar de otra manera ni de comprender “los valores inherentes a la norma” (cf. FC 33c), o cuando “un compromiso sincero con respecto a una norma determinada puede no llevar inmediatamente a acertar en la observancia de semejante norma”.[666] En casos como este, “ciertas conductas que no coinciden con la ley podrían contribuir positivamente al progreso moral”, porque ejercitando y alimentando un dinamismo de autotrascendencia –todavía imperfecta– son una “realización del valor dentro de los límites de las capacidades morales del sujeto”[667].”

Questa tappa, spiega mons. Fernández, non è necessariamente segnata dal peccato ma dalla imperfezione (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2343) quando il soggetto storico non sta in condizioni soggettive tali da poter operare in altro modo né da poter comprendere i valori insiti nella norma o quando un impegno sincero rispetto ad una determinata norma può non portare immediatamente a realizzare l’osservanza di tale norma. In casi come questo certe condotte che non coincidono con la legge potrebbero contribuire al progresso morale perché sono una realizzazione del valore dentro i limiti delle capacità del soggetto.

Come potete vedere, in questo passo si parla, in particolare, di un fattore che esclude la responsabilità che si collega a Familiaris Consortio n. 33 e per il quale il soggetto non sta in condizioni soggettive di operare in altro modo, né di comprendere i valori insiti nella norma. Nel testo dell’Amoris Laetitia al n. 301 leggiamo: “Un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel comprendere «valori insiti nella norma morale»[668] o si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa.”

Esaminando bene le affermazioni di mons. Fernández occorre notare che egli cita un articolo di G. Irrazàbal [669] che mette in evidenza l’importanza di Familiaris Consortio 33 in quanto sottolinea la comprensione dei valori, infatti leggiamo in tale articolo proprio riguardo a tale passo dell’esortazione di s. Giovanni Paolo II : “ En el n. 33c se reconoce que “muchos esposos encuentran dificultades no sólo para la realización concreta, sino también para la misma comprensión de los valores inherentes a la norma”. Esta observación es importante: la referencia o meta de la gradualidad no es el solo cumplimiento de la norma, sino la comprensión del valor que da sentido a dicho cumplimiento.(10)”[670]

Irrazàbal dice che: nel numero 33c di Familiaris Consortio si riconosce che molti coniugi incontrano difficoltà non solo nella realizzazione concreta, ma anche nella comprensione stessa dei valori inerenti alla norma. Questa osservazione è importante: si riconosce che il riferimento o l’obiettivo della gradualità non è solo il rispetto della norma, ma la comprensione del valore che dà significato a tale adempimento.

Nella nota 10 del testo di Irrazabal leggiamo: “ Del mismo modo en 33e se trata de “comprender y vivir el valor y la norma moral”, y en 34a define el orden moral en términos de “valores y normas”. [671] Cioè: allo stesso modo nel n.33e di Familiaris Consortio si tratta di “comprendere e vivere il valore e la norma morale”, e nel n.34 si definisce l’ordine morale in termini di “valori e norme”.

Irrazabal quindi sottolinea l’importanza non solo dell’attuazione della norma ma anche della comprensione del valore che essa contiene e la gradualità della Legge che la Chiesa insegna, secondo lui, deve avere come meta non solo tale attuazione ma anche tale comprensione.

Come vedemmo già nel I volume, l’articolo di mons. Fernández di cui ho appena presentato alcuni passi è segnato da vari errori sia per quanto riguarda l’ordine della carità, sia per quanto riguarda la carità stessa e la misericordia, sia per quanto riguarda la legge di gradualità e la gradualità della Legge.

Occorre aggiungere qui che Fernández, con le parole che ho appena citato, afferma che non è peccaminoso ma è una semplice imperfezione l’atto di colui che agisce contro una norma negativa assoluta della Legge divina perché non sta in condizioni soggettive tali da poter operare in altro modo né da poter comprendere i valori insiti nella norma o quando un impegno sincero rispetto ad una determinata norma può non portare immediatamente a realizzare l’osservanza di tale norma.

Per i nostri attuali interessi occorre quindi sottolineare che per Fernández non è neppure peccato agire contro una norma negativa assoluta della Legge divina quando il soggetto non sta in condizioni soggettive tali da poter comprendere i valori insiti nella norma.

In questa linea se il soggetto non comprende i valori della norma può agire contro i comandi divini senza commettere peccato.

Anche in un altro articolo di mons. Fernández del 2011 presenta questa situazione[672].

Qui ora ci interessa notare come questi articoli di mons. Fernández:

1) appaiano come “fonte” cui si rifà l’Amoris Laetitia sulla questione che stiamo esaminando; più precisamente: negli articoli egli presenta come fattore che cancella o può cancellare del tutto la peccaminosità dell’atto il fatto che una persona non comprenda i valori insiti nella norma; in Amoris Laetitia n. 295 viene presentata ugualmente la situazione di persone che “non sono in grado di comprendere, valorizzare o mettere in pratica pienamente le esigenze oggettive della legge” (Amoris Laetitia 295) mentre in  Amoris Laetitia 301 viene presentata come circostanza attenuante il fatto che una persona abbia grande difficoltà nel comprendere “valori insiti nella norma morale”;

2) citino Familiaris Consortio n. 33 come testo magisteriale che fonda tale attenuante o cui collegare tale attenuante;

3) non precisino bene né cosa indicano allorché parlano di comprensione, né la differenza o la relazione tra tale comprensione e la piena avvertenza, necessaria perché si abbia un peccato grave;

3) considerino praticamente impossibilitata ad agire rettamente la persona che non comprende i valori insiti nella norma morale.

Nel 2017 Fernández, allorché interpreta Amoris Laetitia, in un articolo da lui scritto e intitolato “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.” [673] ribadisce sostanzialmente la dottrina già indicata nei suoi articoli precedenti che è pure la dottrina di tale Esortazione.

Infatti in tale articolo mons. Fernández presenta il caso di persone che hanno particolari difficoltà nell’attuare la Legge divina e afferma che l’argomento è complesso e comprende almeno due considerazioni di base:

1) primo, se una donna che sa dell’esistenza della norma può capire davvero che non abbandonare quell’uomo — dal quale per ora non può pretendere la continenza totale e permanente — è davvero una colpa gravissima;

2) secondo, se può davvero, in quel momento, prendere la decisione di abbandonare quell’uomo. [674]

Francesco, dice mons. Fernández, considera che, pur conoscendo la norma, una persona: “può trovarsi in condizioni specifiche che non gli consentono di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa. Come hanno ben espresso i Padri sinodali, possono esserci fattori che limitano la capacità decisionale” (Amoris Laetitia 301); Francesco, continua Fernández, parla di soggetti che «non sono in grado di comprendere, valorizzare o mettere in pratica pienamente le esigenze oggettive della legge» (Amoris Laetitia 295); in un altro paragrafo lo ribadisce: «In certe circostanze, le persone trovano molto difficile agire diversamente» (Amoris Laetitia 302). Il condizionamento, precisa Fernández, può mitigare o annullare la responsabilità e la colpevolezza di fronte a qualsiasi norma, anche di fronte a precetti negativi e norme morali assolute. Ciò fa sì che la vita della grazia santificante non si perda sempre in una convivenza “more uxorio”. [675]

Come si vede mons. Fernández interpreta i testi succitati (Amoris Laetitia 301, 295, 302) nel senso che una  persona che conosce la norma morale, in particolare la norma del Decalogo, può avere grande difficoltà a comprendere o può non comprendere che continuare a vivere in adulterio e non abbandonare una certa persona è una mancanza gravissima davanti a Dio, tale persona può non essere in grado di comprendere, valorizzare o mettere in pratica pienamente le esigenze oggettive della legge … e in questo modo, secondo mons. Fernández, la colpa della donna si attenuerebbe, diventerebbe lieve o diventerebbe solo una imperfezione, perché alla donna non sarebbe praticamente possibile attuare tale norma morale, perciò  non sarebbe tenuta a proporsi di evitare tali atti di adulterio e rimarrebbe in grazia pur restando in situazione di adulterio e continuando a vivere more uxorio e potrebbe prendere i Sacramenti appunto senza proporsi di vivere secondo la Legge divina. [676]

Sottolineo, per Fernández: la persona conosce la norma ma non la comprende, la persona sa che la norma afferma che certi atti sono peccato grave, ma non comprende, non capisce.

Anche qui Fernandez non precisa bene cosa è questa comprensione né la sua relazione o differenza rispetto alla piena avvertenza ma da quello che abbiamo visto finora appare chiaro che la comprensione non è la piena avvertenza e che attraverso le parole di Amoris Laetitia e di mons. Fernández si apre quindi una porta per cui chi ha la piena avvertenza della grave malvagità di un atto ma non la comprensione del valore della norma che vieta tale atto, può compierlo!

Ripeto e sottolineo: da tutto quello che ho detto finora possiamo capire che attraverso le parole di Amoris Laetitia e di mons. Fernández si apre una porta per cui chi ha la piena avvertenza della grave malvagità di un atto ma ha grande difficoltà nel comprendere o non comprende il valore della norma che vieta tale atto, può compierlo, cioè chi si trova di fronte ad un peccato grave (che implica materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso), può compierlo se ha grande difficoltà a comprendere o non comprende il valore della norma, come vedremo meglio nel prossimo paragrafo.

Dio ci guidi sempre più nella verità.

 

 

d,2,2,2) La mancata comprensione o la difficoltà nel comprendere i valori della norma da parte di un soggetto che conosce la norma nella fede, non è un fattore che possa rendere veniale un peccato grave.

 

 

Dio ci illumini sempre meglio.

Più sopra dicemmo che, secondo s. Alfonso il modo con cui il peccato è perfezionato è questo:

1) l’oggetto è presentato ai sensi ed essendo fisicamente attraente muove l’appetito sensitivo;

2) l’intelletto avverte la malizia dell’atto;

3) la volontà consente a orientarsi verso tale oggetto.

L’intelletto può rendersi conto in due modi circa l’oggetto dell’atto e la sua malizia: pienamente, quando con mente libera discerne; semipienamente, quando conosce con mente non del tutto libera perché il soggetto è semidormiente o distratto etc.

In questi casi il soggetto è responsabile dell’atto malvagio che compie.

Invece il soggetto non è responsabile dell’atto malvagio se l’intelligenza sua è talmente rapita dalla bellezza dell’oggetto che non avverte in esso niente di malvagio, in questo caso infatti l’intelletto non si rende conto della malvagità dell’atto.[677]

Il soggetto, cioè, è responsabile se avverte, almeno virtualmente, di stare per compiere l’atto malvagio.

Vedemmo più sopra che secondo i professori Colom e Rodríguez Luño : “L’avvertenza è l’atto mentale per il quale la persona si rende conto di ciò che sta per fare o di ciò che sta facendo e della moralità della sua azione.” [678]

L’avvertenza di cui parliamo qui è la conoscenza dell’atto e della sua moralità.

Principi morali sull’avvertenza, come vedemmo, sono i seguenti:

1) “Un’azione è moralmente imputabile se realizzata almeno con avvertenza virtuale, poiché essa è sufficiente per garantire la libertà dell’atto. … L’avvertenza virtuale è pure sufficiente per il peccato mortale e per un atto virtuoso eroico. …” [679].

L’ avvertenza attuale è “conoscenza dell’atto e della sua moralità nel momento in cui il soggetto lo compie” [680]; avvertenza virtuale: “… si ha quando precedentemente c’è stata un’avvertenza attuale che ancora influisce sull’atto, però non è presente nel momento di agire” [681]

2) “L’avvertenza generica della moralità è sufficiente per l’atto morale: sebbene essa non sia una conoscenza della moralità specifica dell’azione, è una conoscenza che distingue nettamente il bene dal male.” [682]

Precisiamo che si ha “avvertenza distinta (o chiara): quando si avvertono in modo preciso i particolari etici dell’atto” [683] si ha invece: “avvertenza generica (o confusa): quando si avverte soltanto la bontà o malizia, senza distinguere esattamente la moralità specifica …” [684]

3) “L’avvertenza semipiena diminuisce la libertà, e pertanto diminuisce l’imputabilità dell’atto.”;  perché si abbia peccato mortale occorre piena avvertenza; più concretamente: perché ci sia peccato grave è sufficiente avvertire pienamente, anche se in modo confuso, che quell’azione è cattiva, che non è bene farla, che non è congruente con gli insegnamenti del Signore, ecc. [685]

Precisiamo che si ha:

1) avvertenza piena: quando il soggetto si rende chiaramente conto sia di ciò che sta facendo sia della moralità di tale atto;

b) avvertenza parziale o semipiena: quando ci sono ostacoli che non annullano ma rendono difficoltosa la piena consapevolezza;

c) inavvertenza: quando qualcosa impedisce totalmente la consapevolezza. [686]

Dio ci illumini sempre meglio.

S. Alfonso afferma in questa linea: “È certo poi da quel che si è detto di sovra al num. 2., che il peccato per esser imputabile dev’esser volontario, e per esser volontario il peccato mortale, dev’essere pienamente acconsentito. Sicché per 1. vi si richiede la piena e perfetta avvertenza della malizia dell’oggetto; poiché i moti della concupiscenza chiamati primo primi, che affatto prevengono la ragione, questi sono esenti da ogni colpa. I moti secundo primi, che si fanno con semipiena avvertenza da’ semidormienti, o da quei che stanno distratti ecc., questi non sono più che veniali. I moti poi deliberati, di cui già pienamente l’intelletto avverte la grave malizia, almeno in confuso, e la volontà vi consente, questi sono colpe gravi; così comunemente tutti i teologi con s. Tommaso (De malo q.7, a. 6. per tot., et I-II q. 88. a. 6.), il quale dice, che ‘l peccato mortale di suo oggetto può diventar veniale, ob imperfectionem actus moralis, cum non sit deliberatus, sed subditus( Vide lib. 5. n. 3.).

Se poi al peccato mortale si richieda l’avvertenza attuale ed espressa della malizia dell’atto, o basti la virtuale, ed interpretativa. … il mio sentimento è, che parlando tra’ limiti del giusto le accennate due sentenze facilmente possono conciliarsi. Poiché il dire, che ad ogni peccato grave si richieda necessariamente l’attuale ed espressa avvertenza, ciò senza dubbio è falso; mentre in più modi può accadere, che alcuni mali benché attualmente non si avvertano, ben nondimeno s’imputano a colpa, secondo insegna s. Tommaso, se l’ignoranza in qualche modo è volontaria, o per negligenza, o per passione, o per mal abito, o per volontaria inconsiderazione nell’operare … 28. All’incontro in ogni conto dee tenersi, che se l’ignoranza in niuno de’ predetti modi è stata volontaria, e l’uomo non ha avuta alcuna avvertenza attuale della malizia dell’atto, o del suo pericolo, né direttamente, né indirettamente, né in sé, né nella sua causa, allora non gli si debbono imputare gli errori che non avverte. …  Un tale studio poi, o sia diligenza per toglier l’ignoranza   ….     non ha da esser somma, ma basta che sia morale, cioè quella che suol comunemente usarsi da’ prudenti nelle cose gravi. Sopravvenendo il dubbio, l’ignorante dee consigliarsi co’ periti; il dotto poi dee consigliarsi co’ libri, o pure con altri dotti. …  ”[687]

Bisogna aggiungere che, come vedemmo, se la persona dubita che un’azione che sta per compiere sia peccato grave occorre che tale persona si accerti a riguardo, e chi nonostante tale dubbio compie tale azione, pecca gravemente, infatti nella Veritatis Splendor, al n. 60, possiamo leggere: “Come la stessa legge naturale e ogni conoscenza pratica, anche il giudizio della coscienza ha carattere imperativo: l’uomo deve agire in conformità ad esso. Se l’uomo agisce contro tale giudizio, oppure, anche in mancanza di certezza circa la correttezza e la bontà di un determinato atto, lo compie, egli è condannato dalla sua stessa coscienza, norma prossima della moralità personale.” In questa stessa linea leggiamo in un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede: “Ora, dal punto di vista morale, questo è certo: anche se ci fosse un dubbio concernente il fatto che il frutto del concepimento sia già una persona umana, è oggettivamente un grave peccato osare di assumere il rischio di un omicidio.” [688].

S. Tommaso afferma: “qui aliquid committit vel omittit, in quo dubitat esse mortale peccatum, peccat mortaliter, discrimini se committens.” (In IV Sent. d. 21 q.2 a.3) Il che significa appunto che chi commette o omette qualcosa in cui dubita che sia peccato grave, pecca mortalmente.

Come visto finora, l’avvertenza piena in ordine al compimento di un peccato grave riguarda il fatto che l’intelletto avverte pienamente la malizia dell’atto stesso; si ha piena avvertenza quando il soggetto si rende chiaramente conto sia di ciò che sta facendo o che sta per fare sia della moralità di tale atto.

L’avvertenza piena quindi attiene al fatto che la persona si rende chiaramente conto della malvagità di ciò che sta per fare o di ciò che fa, non riguarda il fatto che la persona comprenda i valori della norma.

Ripeto: l’avvertenza piena attiene al fatto che la persona si rende chiaramente conto della malvagità sia di ciò che sta per fare o di ciò che fa, non riguarda il fatto che la persona comprenda i valori della norma cioè non riguarda il fatto che tale persona non riesca a sapersi spiegare tali valori della norma, non riesca a darsi ragione di essi[689], non riesca a conoscerli profondamente.

La donna dell’esempio fatto da mons. Fernández, e citato più sopra[690],  è ovviamente una cattolica, che ha fede, che conosce la norma, sa che la norma condanna qualcosa di grave, ma non comprende che tale azione è malvagia, cioè non sa spiegarsi i valori di tale norma, non riesce rendersi ragione[691] del fatto che quell’azione è malvagia.

Come ho detto, Fernández e Papa Francesco non specificano bene cosa è questa comprensione della norma né la sua differenza o la sua relazione rispetto all’avvertenza ma con le loro affermazioni aprono chiaramente una porta per cui chi ha la piena avvertenza della grave malvagità di un atto ma ha grande difficoltà nel comprendere o non comprende il valore della norma che vieta tale atto, può compierlo, cioè chi si trova di fronte ad un peccato grave (che implica materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso), può compierlo se ha grande difficoltà a comprendere o non comprende il valore della norma.

Il fattore attenuante o escludente la colpevolezza di cui parla mons. Fernández e a cui fa riferimento Amoris Laetitia, in questo senso, non è in realtà tale, esso, in particolare, non rende veniale un atto oggettivamente grave: se Cristo ti comanda di non uccidere, tu, credente, non sei immune da peccato grave se uccidi perché non comprendi i valori della norma.

Ripeto e preciso: per aversi un peccato grave non occorre la comprensione dei valori della norma, basta la  materia grave, la piena avvertenza e il deliberato consenso; se Cristo ti comanda di non uccidere o di non commettere adulterio, tu, credente, non sei immune da peccato grave se uccidi o commetti adulterio perché non comprendi i valori della norma o perché hai grande difficoltà a comprenderli.

Se la persona ha fede e conosce che la norma divina vieta un certo comportamento o se dubita che tale norma vieti un certo comportamento, quella persona ha l’avvertenza necessaria per compiere un peccato mortale, la mancanza di comprensione dei valori insiti nella norma o la difficoltà nel comprenderli non è in questo caso un’attenuante o una scusante che renda peccato veniale o imperfezione un atto gravemente contrario alla Legge divina.

Aggiungo che, contrariamente a ciò che Fernández e il Papa con lui, affermano, il fatto che una persona non comprenda i valori insiti nella norma non rende impossibile a questa persona di attuare tale norma.

Concludo: la mancata comprensione dei valori della norma o la difficoltà nel comprenderli non realizza ciò che il Papa e i suoi collaboratori affermano, cioè non rende impossibile di attuare tale norma e non rende semplice imperfezione o peccato veniale un atto gravemente malvagio compiuto con piena avvertenza e deliberato consenso; attraverso le parole di Amoris Laetitia e di mons. Fernández si apre una porta per cui chi si trova di fronte ad un peccato grave (che implica materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso), può compierlo se ha grande difficoltà a comprendere o non comprende il valore della norma.

Con questi errori Papa Francesco e i suoi collaboratori praticamente legittimano, cioè rendono leciti, veri peccati gravi.

Dio ci illumini sempre meglio.

 

 

d,2,2,2,1) Applicabilità delle parole del Papa a tutti i tipi di peccati e a molti peccatori.

 

 

Le affermazioni di Amoris Laetitia e di mons. Fernández appena esaminate, hanno una portata generale, possono applicarsi anche a qualsiasi peccatore, in quanto ha grande difficoltà a comprendere o non comprende i valori della norma. Anche pedofili, omicidi e stragisti etc. possono avere grande difficoltà a comprendere o possono non comprendere i valori della norma che essi infrangono ed evidentemente anche loro potrebbero mantenere, stando alle affermazioni di mons. Fernández e di Amoris Laetitia, la grazia pur essendo disposti a stuprare, uccidere etc. etc.

Il moralista d. Guenzi ha messo in chiaro sull’ Avvenire che la “logica” di Amoris Laetitia si estende a tutti : “ …  tale “logica evangelica” è riferibile non solo “ai divorziati che vivono in una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino” (AL 297).”[692]

Sottolineo che la situazione che stiamo studiando in queste pagine, indicata sia da mons. Fernández sia dall’Amoris Laetitia, è presentata come valida per tutti i peccati, e il ragionamento fatto dal Papa potrebbe estendersi quindi a tutti i peccatori, dice infatti mons. Fernández che Francesco considera che, pur conoscendo la norma, una persona «può trovarsi in condizioni specifiche che non gli consentono di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa. Come ben espresso dai Padri sinodali, possono esserci fattori che limitano la capacità decisionale» (Amoris Laetitia 301); Francesco parla di soggetti che «non sono in grado di comprendere, valorizzare o mettere in pratica pienamente le esigenze oggettive della legge» (Amoris Laetitia 295); in un altro paragrafo lo ribadisce: «In certe circostanze, le persone trovano molto difficile agire diversamente» (Amoris Laetitia 302). Il condizionamento può mitigare o annullare la responsabilità e la colpevolezza di fronte a qualsiasi norma, anche di fronte a precetti negativi e norme morali assolute, la persona infatti sarebbe praticamente impossibilitata ad attuarli a causa di tali condizionamenti. Ciò fa sì che la vita della grazia santificante non si perda sempre in una convivenza “more uxorio” [693]; perciò queste persone, come spiegano Amoris Laetitia e la Lettera dei Vescovi argentini[694], possono essere assolte senza doversi proporre di vivere secondo la Legge divina e possono ricevere l’Eucaristia.

Quello che si dice qui vale per tutti i peccatori, il ragionamento che fa il Papa è evidentemente universale, come ha già detto il prof. Guenzi, in tutti i peccatori si possono trovare “condicionamientos”, attenuanti e scusanti indicati qui sopra e quindi tutti potrebbero essere praticamente impossibilitati ad attuare la Legge divina a causa di tali condizionamenti, quindi praticamente tutti costoro possono essere assolti senza doversi proporre di vivere secondo la Legge divina e possono ricevere l’Eucaristia.

Seguendo questo ragionamento abbiamo che un omicida o un pedofilo cattolici che compiono atti di omicidio o pedofilia ma che, pur conoscendo le norme divine e credendo ad esse, hanno grande difficoltà a comprendere o non comprendono i valori insiti nelle norme che vietano tali peccati, potrebbero essere assolti in Confessione e potrebbero ricevere l’Eucaristia senza proporsi di non commettere omicidio o pedofilia, anche loro infatti possono, stando alle affermazioni di mons. Fernández e dell’Amoris Laetitia nonché dei Vescovi argentini[695], mantenere la grazia pur continuando a stuprare, uccidere etc. etc.

Va peraltro notato che chi vive in peccato è accecato dal peccato sicché gli è più difficile comprendere i valori insiti nella norma che condanna tale peccato, infatti s. Alfonso afferma: “Ogni peccato porta seco la cecità; accrescendosi i peccati, si accresce l’accecazione. Dio è la nostra luce; quanto più dunque l’anima si allontana da Dio, tanto resta più cieca. «Ossa eius implebuntur vitiis» (Iob. 20. 11). Siccome in un vaso, ch’è pieno di terra, non può entrarvi la luce del sole, così in un cuore pieno di vizi non può entrarvi la luce divina. E perciò si vede poi che certi peccatori rilasciati perdono il lume, e vanno di peccato (6) in peccato, e neppure pensano più ad emendarsi. «In circuitu impii ambulant» (Psal. 11.9). Caduti i miseri in quella fossa oscura, non sanno far altro che peccati, non parlano che di peccati, non pensano se non a peccare, e quasi non conoscono più che sia male il peccato. «Ipsa consuetudo mali (dice S. Agostino) non sinit peccatores videre malum, quod faciunt». Sicché vivono come non credessero più esservi Dio, paradiso, inferno, eternità.”[696]

In questo modo il peccato acceca il peccatore sicché gli è difficile comprendere i valori insiti nella norma che condanna tale peccato, quindi il peccato può generare un’ attenuante o una scusante che lega il peccatore al suo peccato, gli rende impossibile attuare la Legge divina a causa di tale incomprensione, e gli permette di ricevere i Sacramenti senza proposito di vivere secondo la Legge di Dio, e quindi continuando a peccare.

Inoltre, molti vivono in peccato, quindi molti accecati dal peccato possono far valere questa attenuante o scusante e più generalmente molti possono dire, specie quando sono tentati, di non comprendere o di avere grande difficoltà[697] nel comprendere «valori insiti nella norma morale»[698] quindi questa situazione si estende a molte persone facendo loro pensare che se hanno tale grande difficoltà a comprendere o non comprendono i valori di una norma morale sono scusati dall’attuare tale norma e permettendo loro di ricevere i Sacramenti senza proposito di vivere secondo la Legge di Dio ma continuando praticamente a peccare anche gravemente.

In questa linea, in molte persone il peccato specie se grave può genera una situazione che permette al peccatore di sentirsi praticamente esentato, per impossibilità, dalla norma morale e quindi di poter ricevere i Sacramenti senza proporsi di non commettere l’atto oggettivamente grave condannato dalla norma.

Anche coloro che non hanno peccato ma sono sotto la tentazione possono trovarsi nella condizione di non comprendere o di avere grande difficoltà[699] nel comprendere «valori insiti nella norma morale»[700] appunto  a causa della tentazione e quindi stando alla dottrina bergogliana possono lecitamente cedere alla tentazione perché quello non è un peccato grave e per loro è praticamente impossibile attuare la legge divina.

Consideriamo inoltre che Gesù, riguardo alla via della salvezza, ha affermato: “Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita! E pochi sono quelli che la trovano.”(Mt. 7,14)

Pensate che sia davvero facile comprendere a livello razionale i valori di norme che devono guidarci su questa via angusta?

Pensate soprattutto che sia facile comprendere a livello razionale tali valori quando la società e la cultura che ci circondano sono avversi al cristianesimo?

Pensate che sia facile comprendere a livello razionale i valori della castità evangelica soprattutto in una società come la nostra in cui la lussuria è esaltata ed è dilagante, in cui la contraccezione aiuta a prendersi i piaceri del sesso senza rischiare seriamente la gravidanza?

Mi pare abbastanza evidente che oggettivamente non è facile comprendere i valori della castità evangelica e non lo è specialmente oggi, in una società come la nostra in cui la lussuria è esaltata ed è dilagante, in cui la contraccezione aiuta a prendersi i piaceri del sesso senza rischiare seriamente la gravidanza

Non è facile comprendere a livello razionale i valori della castità evangelica soprattutto in una società come la nostra in cui la lussuria è esaltata ed è dilagante.

Mi pare realistico quindi affermare che oggi molte persone possono avere grandi difficoltà a comprendere a livello razionale i valori insiti nella castità.

Molte persone possono ritrovare in sé tale attenuante e molte possono essere aiutate da tale attenuante a cedere al peccato grave e a perseverare in esso.

L’attenuante di cui stiamo parlando data la sua portata ampia entra dunque molto efficacemente nel quadro di tradimento, in senso lassista, della sana dottrina e nel quadro di falsa integrazione e inclusione che Papa Francesco sta portando avanti, come detto e come vedremo ancora meglio più avanti.

Dio intervenga!

 

 

d,2,2,3) Precisazioni importanti su Familiaris Consortio n. 33 in relazione a questa situazione.

 

 

Dio ci illumini sempre meglio.

L’ affermazione di Amoris Laetitia n. 301 per cui la grande difficoltà a comprendere o il non comprendere (  Amoris Laetitia n. 295)  i valori insiti nella norma è un’attenuante o scusante che può generare praticamente l’esenzione del soggetto dalla norma morale, per impossibilità ad attuarla, e la ricezione dei Sacramenti senza il proposito di attuare la Legge di Dio, ha come fonte, citata nel testo, la Familiaris Consortio 33 che afferma: “Come Madre, la Chiesa … sa che tanti coniugi incontrano difficoltà non solo per la realizzazione concreta, ma anche per la stessa comprensione dei valori insiti nella norma morale. … D’altra parte l’autentica pedagogia ecclesiale rivela il suo realismo e la sua sapienza solo sviluppando un impegno tenace e coraggioso nel creare e sostenere tutte quelle condizioni umane – psicologiche, morali e spirituali – che sono indispensabili per comprendere e vivere il valore e la norma morale.

Non c’è dubbio che tra queste condizioni si debbano annoverare la costanza e la pazienza, l’umiltà e la fortezza d’animo, la filiale fiducia in Dio e nella sua grazia, il ricorso frequente alla preghiera e ai sacramenti dell’Eucaristia e della riconciliazione (cfr. ibid. 25).”

Nelle prossime pagine esamineremo a fondo questo testo in relazione con le affermazioni di Amoris Laetitia n. 301 e con quelle di mons. Fernández.

Dio ci doni una speciale luce per diffondere solo la sua Verità.

 

 

d,2,2,3,1) La comprensione cui fa riferimento Familiaris Consortio 33.

 

 

La Croce di Cristo sia la nostra luce.

Abbiamo visto che, secondo la dottrina tomista: “La parola comprensione s’intende in due modi. Primo modo: in senso stretto e proprio, indica che qualche cosa è racchiuso nel comprendente.”[701]… e in questo senso “… comprendere una cosa vuol dire conoscerla alla perfezione. È conosciuto poi alla perfezione ciò che è conosciuto tanto quanto può essere conosciuto. Se quindi ciò che può essere conosciuto per dimostrazione scientifica fosse conosciuto soltanto con un’opinione fondata su ragioni probabili, non sarebbe compreso.”[702]

Inoltre: “… il termine comprensione si prende anche in un senso più largo, quando indica l’opposto di tendenza o conato. Chi infatti ha raggiunto qualcuno, quando lo tiene stretto si dice che lo ha (com)preso. In tal senso si dice che Dio è preso o compreso (raggiunto) dai beati, secondo il detto del Cantico dei Cantici: “l’ho afferrato, e non lo lascio”.”[703]

Abbiamo visto che la parola comprensione, significa riguardo alla questione da noi trattata: l’atto e la facoltà di comprendere con l’intelletto, di far propria una nozione. [704]

Comprendere significa: contenere in sé, abbracciare, racchiudere; accogliere spiritualmente in sé, sapersi spiegare, rendersi ragione di qualche cosa. [705].

La comprensione intesa come fare propria, accogliere, racchiudere una nozione sta con la fede perché la fede fa proprie le verità della fede, le accoglie; invece sapersi spiegare, rendersi ragione di qualche cosa non sta normalmente con la fede. Ugualmente non sta con la fede la comprensione di cui parla s. Tommaso.

Per semplificare le cose possiamo dire che il termine comprensione può significare semplicemente conoscere qualche cosa o può significare conoscere perfettamente, profondamente; la fede ci dà di conoscere le verità della fede ma non ce le fa conoscere perfettamente, profondamente, solo in Cielo conosceremo perfettamente tali verità.

Nella Familiaris Consortio il termine comprensione e il verbo comprendere sono usati 29 volte, per lo più il significato di questi termini è quello appena visto: accogliere spiritualmente in sé, sapersi spiegare, rendersi ragione di qualche cosa, cioè conoscere profondamente[706]; in qualche caso il significato di questi termini è diverso: indica una semplice conoscenza.

Nel numero 33 di Familiaris Consortio i termini indicanti comprensione si trovano in 2 occasioni:

1) “Come Madre, la Chiesa … sa che tanti coniugi incontrano difficoltà non solo per la realizzazione concreta, ma anche per la stessa comprensione dei valori insiti nella norma morale.”

2) “D’altra parte l’autentica pedagogia ecclesiale rivela il suo realismo e la sua sapienza solo sviluppando un impegno tenace e coraggioso nel creare e sostenere tutte quelle condizioni umane – psicologiche, morali e spirituali – che sono indispensabili per comprendere e vivere il valore e la norma morale.”

Nel primo caso di che tipo di comprensione parla il Papa polacco?

Sembra che qui il Papa parli piuttosto di comprensione come di conoscenza profonda, perfetta, razionale dei valori insiti nella norma, sembra che parli di sapersi spiegare, rendersi ragione di dei valori insiti nella norma.[707]

Nel secondo caso invece il Papa parla piuttosto di una comprensione nella fede infatti subito dopo tale testo Woytila afferma: “Non c’è dubbio che tra queste condizioni si debbano annoverare la costanza e la pazienza, l’umiltà e la fortezza d’animo, la filiale fiducia in Dio e nella sua grazia, il ricorso frequente alla preghiera e ai sacramenti dell’Eucaristia e della riconciliazione (cfr. ibid. 25).”

Il Papa parla qui in particolare di coppie cattoliche e del cammino che conduce le coppie all’attuazione in particolare delle norme rivelate, abbiamo visto che per attuare tali norme occorrono la grazia e le virtù infuse, quindi la fede e la carità.

La fede viva (unita alla carità), come abbiamo visto più sopra, include una certa comprensione ed evidentemente a questa il Papa fa riferimento infatti afferma che le condizioni che conducono a tale comprensione sono: “… la filiale fiducia in Dio e nella sua grazia, il ricorso frequente alla preghiera e ai sacramenti dell’Eucaristia e della riconciliazione.”; queste condizioni implicano la fede e sono tutte orientate alla ricezione della grazia santificante e quindi alla carità.

Seguendo il discorso che egli fa in Familiaris Consortio n. 33 dobbiamo dire che il Papa parla in particolare delle coppie cattoliche e dice: la Chiesa sa che avete difficoltà ad accogliere le norme rivelate anche perché non le comprendete con la ragione ma dovete superare le vostre difficoltà facendovi aiutare da Cristo e dalla Chiesa, dovete superarle nella fede e nella grazia, esse vi danno una certa comprensione cioè una certa conoscenza delle norme rivelate e dei valori in esse insiti ma non è la comprensione profonda, perfetta, di esse.

La fede, in questo ultimo senso, comprende cioè fa propri, accoglie, conosce, il valore e la norma morale e porta a viverli; ma, d’altra parte, la fede non ci rende capaci di saperci spiegare le verità della fede, non ci mette in grado di renderci ragione delle verità di fede, la fede, in questa linea, non ci rende capaci di saperci spiegare la norma e il valore che Dio ci dona attraverso la Rivelazione, non ci mette in grado di renderci ragione della norma e del valore che Dio ci dona attraverso la Rivelazione, la fede non ci dona di conoscere a fondo, perfettamente, il valore e la norma rivelata.

Per intendere meglio questa comprensione nella fede ritengo che sia utile considerare ciò che leggiamo nella Veritatis Splendor. In tale enciclica il Pontefice polacco al n. 35 afferma “L’uomo è certamente libero, dal momento che può comprendere ed accogliere i comandi di Dio.”

Nella stessa Veritatis Splendor leggiamo inoltre al n. 83 “Dobbiamo, prima di tutto, mostrare l’affascinante splendore di quella verità che è Gesù Cristo stesso. In Lui, che è la Verità  (Gv 14,6), l’uomo può comprendere pienamente e vivere perfettamente, mediante gli atti buoni, la sua vocazione alla libertà nell’obbedienza alla legge divina, che si compendia nel comandamento dell’amore di Dio e del prossimo.”

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica leggiamo al n. 91 in questa stessa linea: “Tutti i fedeli sono partecipi della comprensione e della trasmissione della verità rivelata.”

In questa linea s. Giovanni Paolo, in II Familiaris Consortio n. 33 invita le coppie cattoliche a superare le difficoltà nella fede viva e nella comprensione che essa dona; infatti afferma: “… la Chiesa non cessa mai di invitare e di incoraggiare, perché le eventuali difficoltà coniugali siano risolte senza mai falsificare e compromettere la verità: è infatti convinta che non può esserci vera contraddizione tra la legge divina del trasmettere la vita e quella di favorire l’autentico amore coniugale (cfr. «Gaudium et Spes», 51).” (Familiaris Consortio n. 33)

Cioè la Chiesa invita le coppie cattoliche a superare le difficoltà nella fede viva e quindi nella Verità che la fede accoglie, in questa linea il Papa conclude affermando la necessità di seguire la sana dottrina e di unire la pedagogia a tale dottrina perché il vero bene delle anime si attua nella Verità: “«Non sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo è eminente forma di carità verso le anime» (Paolo PP. VI «Humanae Vitae», 29).

Il Papa evidentemente vuole dire: ci sono le difficoltà, tra cui la comprensione delle norme che la Chiesa presenta, ma tali difficoltà vanno risolte nella luce della Verità, cioè nella luce della fede, attuando le norme anche se non comprendiamo i valori insiti nelle norme; la fede infatti: non ci rende capaci di saperci spiegare razionalmente la norma e il valore che Dio ci dona attraverso la Rivelazione, non ci mette in grado di renderci ragione della norma e del valore che Dio ci dona attraverso la Rivelazione; la fede non ci dona una conoscenza profonda, perfetta della norma e del valore ma la fede ci dà di accogliere la norma che viene da Dio, ci dà di affidarci a Dio e di attuare la norma e questo è ciò che Dio ci chiede: affidarci a Lui e attuare la sua volontà. La salvezza delle anime e il vero bene delle famiglie è appunto in questa fede.

Concludo sottolineando che il Papa Giovanni Paolo II nel testo esaminato non dice che la mancanza di comprensione dei valori insiti nella norma rende impossibile l’attuazione di tale norma.

 

 

d,2,2,3,2) Mons. Fernández e Amoris Laetitia citano Familiaris Consortio n.33 ma praticamente sovvertendone il significato.

 

 

La comprensione che Mons. Fernández e l’Amoris Laetitia indicano riferendosi a Familiaris Consortio n. 33, sulla base di quanto detto, è evidentemente qualcosa più della conoscenza della norma divina.

Quelle di cui parlano Amoris Laetitia e Mons. Fernández sono persone che hanno la fede, conoscono bene la norma ma hanno grandi difficoltà a comprendere o non comprendono i valori insiti nella norma, cioè hanno grandi difficoltà a conoscere profondamente, perfettamente i valori insiti nella norma oppure non conoscono profondamente, perfettamente i valori insiti nella norma stessa.

Appunto perché hanno la fede e conoscono bene la norma, questi cattolici sanno nella fede che tale norma viene da Dio e appunto nella fede sanno che tale norma implica un divieto assoluto perché l’atto vietato è grave, quindi hanno piena avvertenza della malvagità dell’atto ma hanno difficoltà a comprendere o non comprendono i valori della norma, cioè hanno difficoltà a conoscere perfettamente, profondamente i valori insiti nella norma oppure non li conoscono affatto.

Amoris Laetitia e mons. Fernández citano Familiaris Consortio 33 concentrandosi sulla comprensione che, intesa nel senso più comune, come conoscenza profonda dei valori della norma cioè come atto dell’intelletto che si sa spiegare i valori della norma, sa rendersi ragione dei valori della norma.

Attraverso le parole di Amoris Laetitia e di mons. Fernández si apre una porta per cui chi ha la piena avvertenza della grave malvagità di un atto ma ha grande difficoltà nel comprendere o non comprende il valore della norma che vieta tale atto, può compierlo lecitamente; cioè chi si trova di fronte ad un peccato grave (che implica materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso), può compierlo se ha grande difficoltà a comprendere o non comprende il valore della norma, infatti per lui è impossibile, rimanendo tale difficoltà, l’attuazione di tale norma.

Mons. Fernández e Amoris Laetitia si basano su Familiaris Consortio ma la citano in modo da non far rilevare che la comprensione cui  Papa Woytila chiama le coppie di sposi è comprensione nella fede e non citano completamente questo passo di Familiaris Consortio 33:  “D’altra parte l’autentica pedagogia ecclesiale rivela il suo realismo e la sua sapienza solo sviluppando un impegno tenace e coraggioso nel creare e sostenere tutte quelle condizioni umane – psicologiche, morali e spirituali – che sono indispensabili per comprendere e vivere il valore e la norma morale.

Non c’è dubbio che tra queste condizioni si debbano annoverare la costanza e la pazienza, l’umiltà e la fortezza d’animo, la filiale fiducia in Dio e nella sua grazia, il ricorso frequente alla preghiera e ai sacramenti dell’Eucaristia e della riconciliazione (cfr. ibid. 25).”

Amoris Laetitia e mons. Fernández fanno passare l’idea che la grande difficoltà ad avere comprensione o la mancanza di comprensione dei valori insiti nella norma è un’attenuante o scusante così seria che rende  impossibile al soggetto l’attuazione della norma stessa, e quindi può  portare a ritenere in grazia di Dio chi con tale attenuante compie atti moralmente gravi e può addirittura portare a dare i Sacramenti a chi si trova in tale difficoltà e non si propone di vivere secondo la Legge di Dio.

Ora, contrariamente a quanto afferma mons. Fernández e a quanto dice Amoris Laetitia, la Familiaris Consortio al n. 33 non presenta come attenuante o scusante di questo livello la grande difficoltà nel comprendere i valori insiti nella norma morale, e certamente la Familiaris Consortio al n. 33 non presenta tale difficoltà come attenuante o scusante che renda lecita l’assoluzione sacramentale e quindi la Comunione Eucaristica ai peccatori che non vogliono proporsi di vivere secondo la Legge divina, anzi Familiaris Consortio al n. 84 è chiarissima nel dire che chi non si propone di non peccare non può essere ammesso ai Sacramenti.

Inoltre il Papa Giovanni Paolo II nel testo esaminato non dice che la mancanza di comprensione dei valori insiti nella norma rende impossibile l’attuazione di tale norma.

Ricapitolando: con la solita maestria, che ormai conosciamo bene, Amoris Laetitia cita qualcosa della Tradizione (Familiaris Consortio n. 33) per sovvertire la Tradizione stessa ma facendo pensare di essere pienamente nella linea tradizionale; con la solita maestria Amoris Laetitia apre le porte ad una seria deviazione dalla sana dottrina con discrezione, facendo pensare di essere perfettamente nella linea della Tradizione.

Per intendere meglio tale sovversione occorre considerare che sulla base delle indicazioni di Amoris Laetitia 301 dovremmo dire, per analogia, che anche un omicida, che conosce la Legge di Dio ed ha fede ma non comprende i valori della norma che condanna l’omicidio, sarebbe impossibilitato a vivere secondo tale norma e compirebbe per ciò stesso un peccato veniale o forse nessun peccato uccidendo qualcuno e potrebbe ricevere i Sacramenti senza proporsi di non commettere più omicidi.

Il che è evidentemente un colossale errore e va contro le affermazioni della Familiaris Consortio e della sana dottrina cattolica.

Per intendere meglio ancora tale sovversione occorre considerare che sulla base delle indicazioni di Amoris Laetitia 301 dovremmo dire anche, per analogia, che uno stupratore che conosce la Legge di Dio ed ha fede ma non comprende i valori della norma che condanna lo stupro, sarebbe impossibilitato a vivere secondo tale norma e compirebbe per ciò stesso un peccato veniale, o forse nessun peccato, stuprando qualcuno e potrebbe ricevere i Sacramenti senza proporsi di non commettere più assassini.

Il che è evidentemente un colossale errore … e va contro le affermazioni della Familiaris Consortio e della sana dottrina cattolica.

Infatti non è impossibilitato ad attuare la norma divina chi la conosce ma non comprende i valori insiti in essa.

Inoltre, come vedemmo più sopra, per l’avvertenza necessaria al peccato mortale basta che la persona, nella fede, conosca che una data azione è gravemente contraria alla Legge di Dio, non c’è bisogno che comprenda i valori insiti in essa.

Ulteriormente chi vuole ricevere il Sacramento della Confessione deve avere la contrizione e proporsi di vivere secondo la Legge di Dio, altrimenti non può essere validamente assolto e l’Eucaristia non  può essere amministrata a coloro che perseverano ostinatamente in peccato notorio.

Ripeto: con la solita maestria Amoris Laetitia apre le porte ad una profonda sovversione dalla sana dottrina, con discrezione, facendo pensare di ribadire e addirittura di sviluppare la sana dottrina.

Tale sovversione emerge ulteriormente considerando che chi vive in peccato grave e in modo particolare chi vive nel peccato impuro è facilmente accecato dal peccato sicché gli è difficile comprendere i valori insiti nella norma che condanna tale peccato, infatti s. Alfonso afferma: “Il peccato impuro in modo particolare porta la cecità nell’anima: “Per prima questo peccato acceca e fa perdere la vista di Dio e delle verità eterne. Dice s. Agostino che la castità fa che gli uomini vedano Dio…  All’incontro il primo effetto del vizio impuro è la cecità della mente, giusta s. Tommaso, che ne descrisse gli effetti: Caecitas mentis, odium Dei, affectus praesentis saeculi, horror futuri (II-II q. 153 a. 4.). Disse s. Agostino che la disonestà ci toglie il pensare all’eternità: Luxuria futura non sinit cogitare. Il corvo quando ritrova un cadavere, la prima cosa che fa è levargli gli occhi: l’incontinenza il primo danno che fa è toglier la luce delle cose divine.”[708] … e appunto l’Amoris Laetitia si occupa in modo particolare, nei passi che stiamo esaminando, di persone che vivono “more uxorio”.

In questo modo l’accecamento causato dal peccato produce mancanza di comprensione dei valori della norma, impossibilità di attuarla e permette al peccatore, sulla base della dottrina bergogliana, di poter continuare a compiere atti gravemente peccaminosi e di essere praticamente giustificato e di potere ricevere i Sacramenti senza proporsi di vivere secondo tutta la Legge divina …

Concludo: come dice mons. Aguer: lo stile della dissimulazione è proprio di Papa Francesco[709], cioè il Papa sta attuando una sovversione della dottrina cattolica in modo discreto, nascosto, subdolo ma reale e appunto con la solita maestria, che ormai conosciamo bene, Papa Francesco Amoris Laetitia cita, nel caso in oggetto, qualcosa della Tradizione (Familiaris Consortio n. 33) per sovvertire la Tradizione e per aprire le porte ad una seria deviazione dalla sana dottrina ma attua tutto questo facendo pensare di essere pienamente nella linea tradizionale e nella sana dottrina.

Dio intervenga e liberi la Chiesa dalla perversione dottrinale che Papa Francesco sta determinando.

 

 

d,2,2,4) Importante precisazione riguardo alla comprensione dei valori delle norme morali rivelate.

 

 

Come vedemmo più sopra e come ha affermato la Congregazione per la Dottrina della Fede: “ … la Rivelazione contiene insegnamenti morali che di per sé potrebbero essere conosciuti dalla ragione naturale, ma a cui la condizione dell’uomo peccatore rende difficile l’accesso. È dottrina di fede che queste norme morali possono essere infallibilmente insegnate dal Magistero.”[710]

Le affermazioni appena viste ci portano a riflettere su due tipi di norme morali rivelate e sulla comprensione dei loro valori.

1) La Rivelazione contiene insegnamenti morali che di per sé potrebbero essere conosciuti dalla sola ragione naturale, senza la Rivelazione, e quindi potrebbero essere compresi pienamente ma la condizione dell’uomo peccatore rende difficile l’accesso a tale conoscenza.

L’uomo a causa della sua condizione ha difficile accesso ad una conoscenza razionale, quindi anche ad una comprensione, di alcune importanti regole morali che possono essere scoperte attraverso la riflessione della ragione; per renderle facilmente accessibili a tutti e assolutamente certe e sicure, Dio le ha rivelate[711]; occorre perciò accogliere queste regole anzitutto nella fede, e, se possibile, anche attraverso una ricerca basata su dati della ragione, e metterle in atto anche se, appunto per la nostra condizione umana, non le comprendiamo, cioè non sappiamo spiegarcele, renderci ragione di esse; e dobbiamo attuarle nella fede anche se abbiamo grande difficoltà a comprendere o non comprendiamo affatto i valori insiti in esse.

Queste norme infatti, come tutte quelle del Decalogo, sono anzitutto precetti divini rivelati; inoltre queste norme sono anche parte della legge naturale, quindi anche se non sono comprese a livello razionale o se si ha grande difficoltà a comprendere i valori insiti in esse, vanno comunque attuate nella fede.

Come già detto, chi conosce adeguatamente nella fede queste norme ha già la piena avvertenza circa esse, piena avvertenza necessaria perché si abbia il peccato grave, non occorre la comprensione dei valori di tali norme perché chi le viola compia un peccato grave.

Chi dubita circa la gravità della violazione di tali norme ha già la piena avvertenza circa esse, piena avvertenza necessaria perché si abbia il peccato grave; infatti chi dubita circa la gravità di un atto e stando in tale dubbio lo compie, compie un peccato grave, come abbiamo visto più sopra ( VS n. 60).

2) La Rivelazione contiene anche insegnamenti morali che non possono essere conosciuti attraverso la ragione naturale e che sono noti solo dalla fede; attraverso la ragione non arriviamo a comprendere tali norme o i valori insiti in esse, ma dobbiamo accoglierli nella fede e attuarli in essa; quindi per il fatto che non li comprendiamo con la ragione non siamo esentati dall’accoglierli e praticarli per la fede, per il fatto che non comprendiamo con la ragione i valori insiti in tali norme non siamo esentati dall’accoglierli e praticarli per la fede.

Queste norme sono anzitutto precetti divini rivelati quindi anche se non sono comprese a livello razionale o se si ha grande difficoltà a comprendere i valori insiti in esse, vanno comunque attuate nella fede.

Chi conosce adeguatamente nella fede queste norme ha già la piena avvertenza circa esse, piena avvertenza necessaria perché si abbia il peccato grave, non occorre anche la comprensione dei valori di tali norme perché chi le viola compia un peccato grave.

Chi dubita circa la gravità della violazione di tali norme ha già la piena avvertenza circa esse, piena avvertenza necessaria perché si abbia il peccato grave, come vedemmo. ( VS n. 60)

Le affermazioni del Papa e dei suoi collaboratori viste sono, quindi, significativamente contrarie a ciò che  stiamo dicendo e alla sana dottrina cattolica, essere permettono praticamente di bypassare “lecitamente” le norme morali sulla base del fatto che il soggetto ha grande difficoltà a comprenderne i valori.

La Croce sacra sia la nostra luce.

 

 

d,2,2,5) Precisazioni ulteriori sulla comprensione dei valori insiti nella norma morale da parte dei fedeli cattolici, in relazione con la celebrazione del Sacramento della penitenza.

 

 

Dio ci illumini sempre meglio.

Esaminiamo, in relazione alla situazione indicata da Amoris Laetitia n.301, la situazione di un penitente durante la Confessione.

Da quanto abbiamo detto in precedenza emergono alcune considerazioni fondamentali a riguardo.

1) Se il penitente, ovviamente credente, sapeva che un certo comportamento è considerato grave e vietato da Dio ed ha attuato liberamente tale comportamento perché aveva difficoltà a comprendere o non comprendeva i valori insiti nella norma, la sua azione va considerata, peccato mortale appunto in quanto si ravvisano in essa: materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso.

2) Per l’assoluzione valida è necessaria la contrizione del penitente, e per tale contrizione (sia perfetta che imperfetta) è necessaria la fede[712]; ora, una persona che ha fede deve credere la Chiesa, come dice il Credo, e deve credere all’insegnamento della Chiesa fidandosi di quello che dice Cristo attraverso la Chiesa. Chi ha vera fede crede la Chiesa e quanto la Chiesa dice. Se la Chiesa, basandosi sulla santa Legge di Dio, afferma che un certo comportamento è gravemente illecito, il penitente anzitutto deve credere quello che dice Dio attraverso la Chiesa, deve semplicemente credere e poi deve impegnarsi a vivere secondo tale insegnamento.

3) Se il penitente non accetta di credere a quello che afferma la Chiesa, perché ha grande difficoltà a comprendere oppure non comprende affatto i valori della norma, e quindi non si propone di vivere appunto nella fede e nella carità secondo la Legge di Dio, non può essere assolto in Confessione perché manca di contrizione … e se qualcuno volesse assolverlo, tale assoluzione sarebbe nulla!

Ad es. se il fedele per il fatto che ha grande difficoltà a comprendere o non comprende affatto i valori insiti nella norma divina del Decalogo che vieta i peccati impuri, non si impegna ad osservarla, non può essere sacramentalmente assolto, infatti manca di contrizione.

4) Dio vuole donarci di vivere secondo la sua parola, Dio vuole donarci la fede, ma se non accogliamo la fede e in essa la contrizione per i peccati con il proposito di vivere secondo la Legge divina, non possiamo essere sacramentalmente assolti.

5) La coscienza morale cristiana è illuminata dalla fede e in tale fede accoglie gli insegnamenti che Cristo dona attraverso la Chiesa.  La Chiesa è Madre ma anche Maestra che diffonde la Verità divina, c’è una verità che la Chiesa ci presenta da parte di Dio cui nella obbedienza della fede dobbiamo conformarci anche se abbiamo grande difficoltà a comprendere o non comprendiamo i valori insiti della norma …

6) Il Signore ci chiama a rinnegare noi stessi e a seguirlo sulla via della Croce (Lc 9), e rinnegare noi stessi significa lasciarsi guidare dalla fede anche se abbiamo grande difficoltà a comprendere o non comprendiamo i valori insiti nelle norme che Lui ci dona, come l’allievo che si fa guidare dal maestro anche se non capisce il perché di certe norme.

7) Prendere la Croce, specie in alcuni casi, è davvero difficile, la Croce a volte è durissima da portare e i valori insiti nella norma che ci chiama a prendere la Croce spesso abbiamo grande difficoltà a comprenderli o non li comprendiamo, ma questa norma, nella fede, dobbiamo attuarla ugualmente.

8) La Chiesa, e Dio attraverso la Chiesa, aiuta le persone creando e sostenendo le condizioni umane indispensabili per accogliere nella fede e per vivere il valore e la norma morale, in particolare a livello soprannaturale, attraverso la fede viva ( Familiaris Consortio n. 33) ma la persona deve credere e deve obbedire nella fede e seguire Cristo sulla via della Croce anche quando le è difficile comprendere i valori insiti nella norma, anche quando le è difficile darsi ragione della norma,  anche quando non comprende i valori insiti nella norma.

9) La Chiesa ci insegna che non è impossibile credere e vivere i comandi divini … non è impossibile vivere obbedendo ai comandi divini nella fede, anche quando è difficile comprendere o quando non comprendiamo i valori insiti nella norma.

10) Nella linea di quanto stiamo dicendo è, per sé stesso, peccato grave, p. es., quello di un pedofilo che, sapendo nella fede che la pedofilia è condannata dalla Legge divina ed è peccato grave, compie ugualmente un atto di tale perversione perché ha grande difficoltà a comprendere o non comprende i valori insiti nella norma; questo soggetto inoltre non può essere assolto se non ha la contrizione e non si propone di vivere secondo la legge di Dio e di fuggire le occasioni prossime di peccato.

Nella linea di quanto stiamo dicendo è, per sé stesso, peccato grave, p. es., quello di un assassino che, sapendo nella fede che l’omicidio di un innocente è condannato dalla Legge divina ed è peccato grave, compie ugualmente un tale crimine perché ha gravi difficoltà a comprendere o non comprende i valori insiti nella norma; questo soggetto non può essere assolto se non ha la contrizione e non si propone di vivere secondo la legge di Dio e di fuggire le occasioni prossime di peccato.

Nella linea di quanto stiamo dicendo è, per sé stesso, peccato grave, quello di un adultero che, sapendo nella fede che l’adulterio è condannato dalla Legge divina ed è peccato grave, compie ugualmente un tale peccato perché ha difficoltà a comprendere o non comprende i valori insiti nella norma; questo soggetto non può essere assolto se non ha la contrizione e non si propone di vivere secondo la legge di Dio e di fuggire le occasioni prossime di peccato.

Nella linea di quanto stiamo dicendo è, per sé stesso, peccato grave, quello di una persona che, sapendo nella fede che la pratica omosessuale è condannata dalla Legge divina ed è peccato grave, compie ugualmente un tale peccato perché ha difficoltà a comprendere o non comprende i valori insiti nella norma; questo soggetto non può essere assolto se non ha la contrizione e non si propone di vivere secondo la legge di Dio e di fuggire le occasioni prossime di peccato.

11) Il ministro della Confessione deve ricordarsi bene che chi vive in peccato è facilmente accecato dal peccato sicché gli è difficile comprendere i valori insiti nella norma che condanna tale peccato, infatti s. Alfonso afferma: “Ogni peccato porta seco la cecità; accrescendosi i peccati, si accresce l’accecazione. Dio è la nostra luce; quanto più dunque l’anima si allontana da Dio, tanto resta più cieca. «Ossa eius implebuntur vitiis» (Iob. 20. 11). Siccome in un vaso, ch’è pieno di terra, non può entrarvi la luce del sole, così in un cuore pieno di vizi non può entrarvi la luce divina.[713]

Il peccato impuro in modo particolare porta la cecità nell’anima, il Catechismo Romano afferma riguardo a chi vive in tale peccato: “Accecato com’è nella mente (ed è già questa pena gravissima), non tiene più conto di Dio, della fama, della dignità, dei figli, e della stessa vita. Resta cosi depravato e inutilizzato, da non poterglisi affidare nulla di importante, o assegnarlo come idoneo ad alcun ufficio. Possiamo scorgere esempi di questo in David come in Salomone. Il primo, resosi reo di adulterio, subitamente cambio natura e da mitissimo divenne feroce, si da mandare alla morte l’ottimo Uria (2S 11); l’altro, perduto nei piaceri delle donne, si allontanò talmente dalla vera religione di Dio, da seguire divinità straniere (3 Re, 11). Secondo la parola di Osea, questo peccato travia il cuore dell’uomo (Os 4,11) e ne acceca la mente.”[714]

S. Alfonso afferma in questa linea: “Per prima questo peccato acceca e fa perdere la vista di Dio e delle verità eterne. Dice s. Agostino che la castità fa che gli uomini vedano Dio… All’incontro il primo effetto del vizio impuro è la cecità della mente, giusta s. Tommaso, che ne descrisse gli effetti: Caecitas mentis, odium Dei, affectus praesentis saeculi, horror futuri (II-II q. 153 a. 4.). Disse s. Agostino che la disonestà ci toglie il pensare all’eternità: Luxuria futura non sinit cogitare. Il corvo quando ritrova un cadavere, la prima cosa che fa è levargli gli occhi: l’incontinenza il primo danno che fa è toglier la luce delle cose divine.”[715] … e appunto l’Amoris Laetitia si occupa in modo particolare, nei passi che stiamo esaminando, di persone che vivono “more uxorio”.

In ordine ad una valida Confessione i penitenti e i Confessori non devono seguire gli errori che stiamo evidenziando nelle affermazioni del Papa Francesco e dei suoi collaboratori, anche riguardo all’attenuante che stiamo studiando, ma devono seguire la sana dottrina che la Chiesa insegna e che io vi ho presentato, altrimenti espongono la Confessione alla nullità.

Dio intervenga e liberi la Chiesa da questi gravi errori che Papa Francesco diffonde e fa diffondere..

 

 

d,2,3) Conclusione: con questa attenuante il Papa e i suoi collaboratori aprono ulteriori porte perché molti siano praticamente esentati dall’attuazione dei comandamenti e possano ricevere i Sacramenti senza proporsi di vivere secondo la Legge divina.

 

 

Ricapitolando: il Papa e alcuni suoi collaboratori con le parole: “Un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel comprendere «valori insiti nella norma morale»[716]”. (Amoris Laetitia n. 301) e con affermazioni simili ( Amoris Laetitia n. 295) aprono le porte ad una seria deviazione dalla sana dottrina ma lo fanno con la solita discrezione, facendo pensare di essere in piena ortodossia infatti citano come base delle loro affermazioni la Familiaris Consortio.

L’attenuante o scusante in oggetto, in realtà, non è in grado di rendere veniale ciò che ha tutte le caratteristiche di un peccato grave: se Cristo ti comanda di non uccidere, tu, credente, non sei immune da peccato grave se uccidi perché hai difficoltà a comprendere o non comprendi i valori della norma.

Il fatto di non comprendere i valori insiti nella norma non rende impossibile l’attuazione della norma divina al soggetto che la conosce come tale.

Va notato che il Papa e i suoi collaboratori quando vogliono, sanno essere molto precisi … e sono molto bravi a lasciare “porte aperte” quando vogliono … come disse il Cardinale Baldisseri, strettissimo collaboratore del Papa attuale: “E in effetti non tanto il Sinodo, sarà importante, ma la sintesi che ne verrà preparata, e che porterà la firma del Papa come “Esortazione post-sinodale”. E’ molto probabile che non sarà un testo chiaro e definitivo, ma basato su un’interpretazione “fluttuante”. In modo che ciascuno leggendolo, possa tirarselo dalla parte che più gli fa comodo.” [717] Sottolineo: “…  ciascuno leggendolo, possa tirarselo dalla parte che più gli fa comodo.”  Il testo di Amoris Laetitia n. 301 e quello del n. 295, in particolare con l’attenuante che abbiamo esaminato, offrono buone possibilità perché molti se li tirino dalla propria parte sicché si ritengano praticamente esentati da vivere secondo i comandamenti e possano anche ricevere i Sacramenti senza proporsi di vivere nella Legge di Dio; davvero molti possono tirarsi dalla propria parte questa attenuante.

Oggettivamente non è facile comprendere i valori della castità evangelica e non lo è specialmente oggi, in una società come la nostra in cui la lussuria è esaltata ed è dilagante, in cui la contraccezione aiuta a prendersi i piaceri del sesso senza rischiare seriamente la gravidanza.

Ripeto: non è facile comprendere a livello razionale i valori della castità evangelica soprattutto in una società come la nostra in cui la lussuria è esaltata ed è dilagante.

Mi pare realistico quindi affermare che oggi molte persone possono avere grandi difficoltà a comprendere a livello razionale i valori insiti nella castità.

Più generalmente non è facile comprendere a livello razionale i valori insiti nelle norme morali che Dio ci ha donato, sono pochi coloro che hanno la competenza filosofica e teologica per una tale vera comprensione.

Particolarmente difficile è comprendere tali valori quando si è tentati a peccare …

Molte persone possono ritrovare in sé tale attenuante e molte possono essere aiutate da tale attenuante a ritenere impossibile la loro attuazione della Legge divina e quindi a cedere a ciò che è realmente un peccato grave e a perseverare in esso.

Tale attenuante offre anche ai Confessori buone possibilità appunto per, praticamente, esentare i penitenti dalla vita secondo i comandamenti e quindi per amministrare tranquillamente ad essi i Sacramenti senza che tali fedeli si propongano di vivere nella Legge di Dio; basta che i penitenti dicano che hanno grande difficoltà a comprendere i valori insiti in una certa norma negativa della Legge divina perché siano praticamente esentati da essa e possano ricevere i Sacramenti nonostante non si propongano di attuarla.

In questo modo si apre una porta ampia per attuare l’integrazione di cui parla Papa Francesco (Amoris Laetitia nn. 291.296s.299.312) sicché tutti i cattolici possano ricevere i Sacramenti, tenendo conto del fatto che il Papa:

1) più volte ha mostrato di volere che non sia mai negata l’assoluzione ai penitenti[718];

2) fa amministrare normalmente l’Eucaristia a notori peccatori come il Presidente Biden[719].

Chiaramente si tratta di un’integrazione falsa e deviante dalla sana dottrina e la ricezione dei Sacramenti appena citata è chiaramente, in molti casi, sacrilega e produce anche l’invalidità di molte Confessioni.

Dio intervenga!

 

 

e) Precisazioni sulla III attenuante contenuta nel n. 301 di Amoris Laetitia: “Un soggetto … si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa”.

 

 

Dio ci illumini.

Qui di seguito voglio aggiungere qualcosa di specifico riguardo ad un’altra particolare attenuante o scusante che Papa Francesco pone nell’ Amoris Laetitia al n. 301 e per cui: “Un soggetto … si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa.”

 

 

e,1) Derivazione di questa attenuante o scusante da mons. Fernández e sua interpretazione

 

 

Dio ci illumini sempre meglio.

Anche il testo in questione appare “sorprendentemente” quasi copiato da un articolo di colui che molto probabilmente è l’autore nascosto o uno degli autori dell’Amoris Laetitia, il Cardinale V. M. Fernández [720].   Fernández scrisse nel 2006 un articolo di cui è evidente che l’Amoris Laetitia segue in certo modo alcune o forse tutte le “orme”[721]; in tale articolo alla pag.  159 leggiamo quali sono le condizioni soggettive che escludono la colpevolezza in colui che compie un peccato oggettivamente grave: “Esta etapa no está necesariamente marcada por el pecado, sino “por la imperfección” (CCE 2343a), cuando el sujeto histórico no está en condiciones subjetivas de obrar de otra manera ni de comprender “los valores inherentes a la norma” (cf. FC 33c), o cuando “un compromiso sincero con respecto a una norma determinada puede no llevar inmediatamente a acertar en la observancia de semejante norma”.[722] En casos como este, “ciertas conductas que no coinciden con la ley podrían contribuir positivamente al progreso moral”, porque ejercitando y alimentando un dinamismo de autotrascendencia –todavía imperfecta– son una “realización del valor dentro de los límites de las capacidades morales del sujeto[723]

Questa tappa, spiega mons. Fernández, non è necessariamente segnata dal peccato ma dalla imperfezione (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2343) quando il soggetto storico non sta in condizioni soggettive tali da poter operare in altro modo né da poter comprendere i valori insiti nella norma o quando un impegno sincero rispetto ad una determinata norma può non portare immediatamente a realizzare l’osservanza di tale norma. In casi come questi certe condotte che non coincidono con la legge potrebbero contribuire al progresso morale perché sono una realizzazione del valore dentro i limiti delle capacità del soggetto.

Come potete vedere, in questo passo di Fernández si parla, in particolare, di una attenuante per la quale il soggetto non sta in condizioni di operare in altro modo né di comprendere i valori insiti nella norma; un’attenuante che renderebbe al soggetto impossibile attuare la norma divina, anche quella negativa.

Nel testo dell’Amoris Laetitia al n. 301 leggiamo: “Un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel comprendere «valori insiti nella norma morale»[724] o si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa.”

Nella lettera dei Vescovi argentini leggiamo: “Se si giunge a riconoscere che, in un determinato caso, ci sono dei limiti personali che attenuano la responsabilità e la colpevolezza (cfr. 301-302), particolarmente quando una persona consideri che cadrebbe in ulteriori mancanze danneggiando i figli della nuova unione, Amoris lætitia apre la possibilità dell’accesso ai sacramenti della riconciliazione e dell’eucarestia (cfr. nota 336 y 351).”[725]

Qui ora ci interessa notare in particolare come l’articolo di Fernández visto più sopra appaia come “fonte” dell’Amoris Laetitia sulla questione che stiamo esaminando.

Nel 2017 il passo di Amoris Laetitia n. 301 che stiamo esaminando ha ricevuto l’intepretazione “autentica” appunto da mons. Fernández in un articolo da lui scritto [726]; in esso leggiamo:

“Francisco considera que, aun conociendo la norma, una persona “puede estar en condiciones concretas que no le permiten obrar de manera diferente y tomar otras decisiones sin una nueva culpa. Como bien expresaron los Padres sinodales, puede haber factores que limitan la capacidad de decisión” (301). Habla de sujetos que “no están en condiciones sea de comprender, de valorar o de practicar plenamente las exigencias objetivas de la ley” (295). En otro párrafo lo reafirma: “En determinadas circunstancias, las personas encuentran grandes dificultades para actuar en modo diverso” (302). … Los condicionamientos pueden atenuar o anular la responsabilidad y la culpabilidad frente a cualquier norma, aun frente a los preceptos negativos y a las normas morales absolutas. Ello hace posible que no siempre se pierda la vida de la gracia santificante en una convivencia “more uxorio … Francisco considera que, aun conociendo la norma, una persona “puede estar en condiciones concretas que no le permiten obrar de manera diferente y tomar otras decisiones sin una nueva culpa.” [727]

Mons. Fernández, come si vede in questo passo e in tutto questo articolo, interpreta i testi succitati nel senso che la persona può conoscere bene la norma ma essere in condizioni che non le permettono di agire in modo differente e di prendere decisioni senza nuova colpa, sicché a tale soggetto sarebbe praticamente impossibile agire secondo la Legge divina, per tale attenuante o scusante la responsabilità per il suo atto oggettivamente e gravemente peccaminoso si attenuerebbe o svanirebbe al punto da rendere tale atto peccato veniale o semplice imperfezione sicché, come dice l’Amoris Laetitia con i Vescovi argentini[728] e come ribadisce Fernández più avanti, non sarebbe tenuta a proporsi di non compiere tali atti, potrebbe rimanere in grazia pur rimanendo in situazione di adulterio e continuando a vivere more uxorio e potrebbe ricevere i Sacramenti senza proporsi di non commettere tale atto …

 

 

e,2) Precisazioni fondamentali su questa attenuante e sulla sua applicabilità a molte persone.

 

 

Dio ci illumini sempre meglio.

Il testo di Amoris Laetitia 301 afferma “Un soggetto … si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa.”

Diciamo subito che questa attenuante o scusante non si basa precisamente su nessun testo della Tradizione. Il soggetto si trova in una situazione per cui se non fa un peccato ne “deve fare” un altro. Il soggetto sarebbe praticamente “costretto” a peccare per non peccare in altro modo.

Il testo non precisa le condizioni concrete che non permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa.

Il testo non precisa quale sarebbe la “nuova colpa” che permetterebbe tale situazione; vista la perversione dottrinale che sta diffondendo Francesco, si può pensare che tale nuova colpa possa essere anche veniale, il Papa non precisa nulla a riguardo.

I Vescovi argentini scrivono: “Se si giunge a riconoscere che, in un determinato caso, ci sono dei limiti personali che attenuano la responsabilità e la colpevolezza (cfr. 301-302), particolarmente quando una persona consideri che cadrebbe in ulteriori mancanze danneggiando i figli della nuova unione, Amoris lætitia apre la possibilità dell’accesso ai sacramenti della riconciliazione e dell’eucarestia (cfr. nota 336 y 351).” [729]

Neanche i Vescovi argentini spiegano quali siano le ulteriori mancanze …

Evidentemente questa attenuante o scusante è capace, secondo le affermazioni di mons. Fernández, di rendere peccato veniale o imperfezione un atto di per sé grave e quindi è capace di aprire le porte dei Sacramenti al soggetto che vive in situazione di oggettivo peccato grave con questa attenuante e non si propone di vivere secondo tutta la Legge divina.[730]

Sottolineo che anche questa “attenuante” indicata sia da mons. Fernández sia dall’Amoris Laetitia è presentata come applicabile per tutti i peccati, e il ragionamento fatto dal Papa potrebbe estendersi quindi a tutti i peccatori, diceva infatti mons. Fernández: “En determinadas circunstancias, las personas encuentran grandes dificultades para actuar en modo diverso” (302). … Los condicionamientos pueden atenuar o anular la responsabilidad y la culpabilidad frente a cualquier norma, aun frente a los preceptos negativos y a las normas morales absolutas. Ello hace posible que no siempre se pierda la vida de la gracia santificante en una convivencia “more uxorio”[731].

Cioè in certe circostanze, le persone trovano molto difficile agire in modi diversi” (302). I condizionamenti possono attenuare o annullare la responsabilità e la colpevolezza di fronte a qualsiasi norma, anche di fronte a precetti negativi e norme morali assolute. Ciò rende possibile che non sempre si perda la vita di grazia santificante in una convivenza “more uxorio”.

Il testo di Amoris Laetitia afferma in modo generale “Un soggetto … si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa.”(301).

Ci possono essere assassini, pedofili, stragisti, ladri, stupratori etc. che si possono trovare in condizioni concrete che non permettano loro di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa.

Seguendo il ragionamento di Amoris Laetitia e di mons. Fernández abbiamo che un omicida o un pedofilo cattolici che compiono atti di omicidio o pedofilia ma che, pur conoscendo le norme divine, sono in condizioni concrete che non permettano loro di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa, per tale scusante o attenuante appunto compiendo tali atti gravi compirebbero solo un peccato veniale o una imperfezione e potrebbero essere assolti in Confessione e potrebbero ricevere l’Eucaristia senza proporsi di non più commettere tali crimini.

Seguendo il ragionamento di Amoris Laetitia e di mons. Fernández abbiamo che un omosessuale cattolico che compie atti impuri contro natura ma che, pur conoscendo le norme divine, è in condizioni concrete che non gli permettono di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa, per tale scusante o attenuante appunto compiendo tali atti gravi compirebbe solo un peccato veniale o una imperfezione e  potrebbe essere assolto in Confessione e ricevere l’Eucaristia senza proporsi di non più compiere tali atti.

Seguendo il ragionamento di Amoris Laetitia e dei Vescovi argentini abbiamo che, un concubino cattolico che vive appunto in peccato oggettivamente grave ma che, pur conoscendo le norme divine, è in condizioni concrete che non gli permettono di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa, per tale scusante o attenuante appunto compiendo tali atti gravi compirebbe solo un peccato veniale o una imperfezione e  potrebbe essere assolto in Confessione e ricevere l’Eucaristia senza proporsi di non più peccare.

Questa attenuante apre evidentemente le porte per la “legittimazione” di molti peccati gravi!

Va per di più notato che chi vive in peccato è facilmente accecato dal peccato sicché facilmente può pensare di essere in tali condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa, infatti s. Alfonso afferma: “Ogni peccato porta seco la cecità; accrescendosi i peccati, si accresce l’accecazione. Dio è la nostra luce; quanto più dunque l’anima si allontana da Dio, tanto resta più cieca. «Ossa eius implebuntur vitiis» (Iob. 20. 11). Siccome in un vaso, ch’è pieno di terra, non può entrarvi la luce del sole, così in un cuore pieno di vizi non può entrarvi la luce divina. E perciò si vede poi che certi peccatori rilasciati perdono il lume, e vanno di peccato (6) in peccato, e neppure pensano più ad emendarsi. «In circuitu impii ambulant» (Psal. 11.9). Caduti i miseri in quella fossa oscura, non sanno far altro che peccati, non parlano che di peccati, non pensano se non a peccare, e quasi non conoscono più che sia male il peccato. «Ipsa consuetudo mali (dice S. Agostino) non sinit peccatores videre malum, quod faciunt». Sicché vivono come non credessero più esservi Dio, paradiso, inferno, eternità.”[732]

In questo modo il peccato attuale può facilmente generare un’attenuante o una scusante che lega il peccatore a tale peccato e gli permette di ricevere i Sacramenti senza proposito di vivere secondo la Legge di Dio, e quindi continuando a peccare; a questo riguardo è bene notare che molti vivono in peccato, quindi molti sono accecati .

Sottolineo che, come detto, la “nuova colpa”(Amoris Laetitia n. 301) può essere anche una colpa veniale, il Papa non precisa nulla a riguardo; ora, tutti siamo peccatori e commettiamo almeno peccati veniali, quindi l’attenuante o scusante in questione per cui il soggetto “si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa”, in questa linea è applicabile a tutti i peccatori e permette a tutti i peccatori, praticamente, di continuare a peccare anche gravemente, di non cambiare e di ricevere anche i Sacramenti!

Preciso meglio quanto appena detto: tutti siamo peccatori e commettiamo almeno peccati veniali e tutti possiamo compiere peccati mortali, quindi l’attenuante o scusante in questione per cui il soggetto “si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa” può essere applicabile fondamentalmente a tutti i peccatori e permette a tutti i peccatori, di continuare a peccare anche gravemente, di non cambiare vita e di ricevere anche i Sacramenti, tutti infatti commettiamo di certo nuove colpe almeno veniali … quindi tutti siamo in condizioni concrete che non ci permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa …

Tale attenuante offre anche ai Confessori e ai direttori spirituali buone possibilità per attuare un falso discernimento e per concedere ai fedeli di compiere atti gravemente contrari anche ai comandi negativi della Legge divina e di ricevere anche i Sacramenti; cioè per compiere quelli che in realtà sono, ordinariamente, veri peccati mortali.

Questa attenuante apre, quindi, evidentemente le porte per la “legittimazione” di molti peccati gravi!

In conclusione: questa attenuante ha un’ apertura praticamente universale, cioè può essere fatta valere da tutti i cattolici qualsiasi siano i loro peccati, essa consente fondamentalmente a tutti i cattolici di continuare a peccare anche gravemente, di non cambiare vita e di ricevere anche i Sacramenti!

Dio intervenga!

 

 

e,3) Esaminiamo questa attenuante o scusante in relazione al principio morale per cui non si può fare il male perché ne venga un bene.

 

 

La Croce di Cristo sia la nostra luce.

Nella “Veritatis Splendor” leggiamo: “I precetti negativi della legge naturale sono universalmente validi: essi obbligano tutti e ciascuno, sempre e in ogni circostanza. Si tratta infatti di proibizioni che vietano una determinata azione semper et pro semper, senza eccezioni … È proibito ad ognuno e sempre di infrangere precetti che vincolano, tutti e a qualunque costo, a non offendere in alcuno e, prima di tutto, in sé stessi la dignità personale e comune a tutti. …  La Chiesa ha sempre insegnato che non si devono mai scegliere comportamenti proibiti dai comandamenti morali, espressi in forma negativa nell’Antico e nel Nuovo Testamento. … Gesù stesso ribadisce l’inderogabilità di queste proibizioni: «Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti…: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso» (Mt 19,17-18).” (VS n. 52)

Quindi certi peccati non sono mai giustificati, neppure se la persona pensa che se non li facesse cadrebbe in altri peccati danneggiando altre persone.

Non si può fare il male perché ne venga un bene.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma al n. 1753: “Un’intenzione buona (per esempio, aiutare il prossimo) non rende né buono né giusto un comportamento in sé stesso scorretto (come la menzogna e la maldicenza). Il fine non giustifica i mezzi. …”

Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma, anche, al n.1756: “… Ci sono atti che per sé stessi e in sé stessi, indipendentemente dalle circostanze e dalle intenzioni, sono sempre gravemente illeciti a motivo del loro oggetto … Non è lecito compiere il male perché ne derivi un bene.”

Non è lecito compiere un omicidio perché ne venga un bene, non è lecito compiere un atto di pedofilia perché ne venga un bene, non è lecito compiere atti di adulterio o di omosessualità perché ne venga un bene!

Non è lecito compiere un peccato grave, per evitare di compierne un altro; non è lecito commettere un peccato per evitare di commetterne un altro.

Il testo di Amoris Laetitia 301 afferma “Un soggetto … si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa.”

I Vescovi argentini scrivono: “Se si giunge a riconoscere che, in un determinato caso, ci sono dei limiti personali che attenuano la responsabilità e la colpevolezza (cfr. 301-302), particolarmente quando una persona consideri che cadrebbe in ulteriori mancanze danneggiando i figli della nuova unione, Amoris lætitia apre la possibilità dell’accesso ai sacramenti della riconciliazione e dell’eucarestia (cfr. nota 336 y 351).” [733]

Come abbiamo appena visto: non è lecito fare il male per evitare un altro male e in particolare non è lecito fare un male grave come è il concubinato per evitare un altro male; non possiamo metterci sotto i piedi i divieti fissati nel Decalogo per evitare ulteriori mancanze e per non danneggiare i figli; non possiamo metterci sotto i piedi i divieti fissati nel Decalogo per evitare possibili peccati o per fare del bene a qualcuno.

Dio ci aiuta a non peccare.

Con la fede e la preghiera e con il nostro impegno nell’attuazione della sua volontà possiamo e dobbiamo evitare di peccare anzitutto gravemente.

S. Giovanni Paolo II affermò: “Tutti, coniugi compresi, siamo chiamati alla santità, ed è vocazione, questa, che può esigere anche l’eroismo. Non lo si deve dimenticare.” [734]

Tutti i cristiani sono chiamati alla santità e quindi all’eroismo. Chi si trova a vivere una situazione di peccato grave e di scandalo come i divorziati risposati che vivono more uxorio deve uscirne appoggiandosi alla Divina Provvidenza, non può rimanere in tale situazione per non cadere in altre colpe. Rimanere in tale situazione è rimanere in peccato grave, e tale peccato non diventa veniale perché uscire da tale situazione significa, per la persona, cadere in altri peccati; fidandosi di Dio, che vuole donarle una vita santa, la persona deve assolutamente uscire da tale situazione di peccato!

La carità guida il fedele a mai peccare, e quindi certamente non lo guida a peccare gravemente per evitare un altro peccato!

D’ altra parte nessuno può dispensare sé stesso o altri dall’osservare tutti i comandamenti e non si può dare l’assoluzione a chi, per evitare altri peccati e per non danneggiare i figli, non si propone di vivere secondo tutti i comandamenti; non si può dare a chi, in particolare, non si propone di non commettere atti oggettivamente gravi perché considera che cadrebbe in ulteriori mancanze danneggiando altri p. es. i figli della nuova unione, come dice la lettera dei Vescovi argentini [735]; mancando tale proposito manca la vera contrizione, quindi la persona non può essere assolta e l’assoluzione eventualmente data è nulla … e i peccati restano non rimessi.

 

 

e,3,1) Il caso specifico per cui una persona che vive una relazione concubinaria pecca per evitare danni alla famiglia e per non peccare ulteriormente in altro modo …

 

 

Dio ci illumini sempre meglio.

Nel caso che stiamo esaminando in queste pagine, il Papa, con i Vescovi argentini[736] sta parlando di un’ attenuante o scusante che si estende, come detto, a molti casi, ma più specificamente il Papa parla qui di persone che evidentemente sono già colpevoli e si trovano in condizioni concrete che non permettano loro di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa.

Il fatto che il Papa parli ai numeri 301-2 dell’Amoris Laetitia di nuova colpa indica evidentemente che già c’era una colpa cui si aggiungerebbe la nuova colpa di diverso tipo.

Siamo davanti, in particolare, al caso di una persona già colpevole, che vive in una relazione concubinaria, e continua a peccare per evitare danni alla famiglia e per non peccare ulteriormente in altro modo, come vediamo nel testo della Lettera dei Vescovi argentini: “Se si giunge a riconoscere che, in un determinato caso, ci sono dei limiti personali che attenuano la responsabilità e la colpevolezza (cfr. 301-302), particolarmente quando una persona consideri che cadrebbe in ulteriori mancanze danneggiando i figli della nuova unione, Amoris lætitia apre la possibilità dell’ accesso ai sacramenti della riconciliazione e dell’eucarestia (cfr. nota 336 y 351). Questi, a loro volta, disporranno la persona a continuare il processo di maturazione e a crescere con la forza della grazia.”[737]

Nel suo testo “Come applicare l’ Amoris Laetitia”(ed. LEV, Città del Vaticano, 2017), alla pag. 57 il Cardinale Sistach afferma che con questo punto 6 della lettera dei Vescovi argentini si offrono dei criteri e un aiuto per accompagnare le persone divorziate in procinto di risposarsi civilmente; alla pag. 62 dello stesso testo leggiamo che: nel sesto criterio, cioè appunto nel n. 6 che stiamo vedendo, si spiega solo la circostanza attenuante per cui una persona ritiene che, con la rottura dell’unione, cadrebbe in una ulteriore mancanza, danneggiando i figli di tale unione. Quindi l’unica circostanza attenuante precisata bene sarebbe questa.

La situazione che è qui indicata, in particolare, è molto difficile e dolorosa: è la situazione di una persona che vive in concubinato e che ha avuto dei figli da tale relazione e che ritiene che se si allontanasse da tale concubinato cadrebbe in altri peccati.

Ma di fronte a tale situazione non bisogna lasciarsi prendere dai sentimenti semplicemente umani che tale situazione suscita, non sono infatti tali sentimenti che salvano le anime, è Cristo che le salva, perciò occorre lasciarsi prendere dalla Verità di Cristo Salvatore, e questa verità l’abbiamo sentita più sopra: tutti i cristiani sono chiamati alla santità e quindi all’eroismo. Chi si trova a vivere una situazione di peccato grave deve uscirne appoggiandosi alla Divina Provvidenza, non gli è lecito rimanere in tale situazione per non cadere in altre colpe. Rimanere in tale situazione è rimanere in situazione di peccato grave, e tale peccato non diventa veniale perché uscire da tale situazione significa, per la persona, cadere in altri peccati; fidandosi di Dio, che vuole donarle una vita santa, la persona deve assolutamente uscire da tale situazione di peccato e inoltre deve evitare ulteriori peccati!

Scegliere liberamente e consapevolmente di attuare una convivenza concubinaria è un atto moralmente grave anche se la persona lo fa per non danneggiare i figli e per non cadere in ulteriori peccati, in questo senso l’attenuante in questione in realtà per sé stessa non rende veniale un peccato grave.

Dio non vuole il peccato e le convivenze concubinarie, Dio chiama gli uomini alla santità e non al concubinato e aiuta a uscire dal peccato, i suoi comandi contengono implicitamente l’aiuto che Dio ci dona per attuarli.

Dio aiuta sempre a uscire dal concubinato perché Egli non vuole mai tale peccato; Dio ha vietato in modo radicale il concubinato, tale divieto è intrinseco al sesto comandamento e tale divieto è assoluto, vale semper et pro semper.

La Veritatis Splendor precisa che: ” Una volta riconosciuta in concreto la specie morale di un’azione proibita da una regola universale, il solo atto moralmente buono è quello di obbedire alla legge morale e di astenersi dall’azione che essa proibisce.” (VS n. 67)

Quando la persona si rende conto di essere in una relazione concubinaria deve uscirne, appoggiandosi all’aiuto di Dio, che appunto la aiuta a fare tale passo.

L’attenuante in questione per sé stessa non rende veniale un peccato grave: il pericolo di danneggiare i figli e di cadere in ulteriori peccati non rende per sé veniale, cioè leggero, un atto gravemente peccaminoso che è vietato sempre e per sempre. Il pericolo di danneggiare i figli e cadere in ulteriori peccati non rende per sé veniale un omicidio, uno stupro, un atto di pedofilia etc.

Rimanere in tale situazione di peccato concubinario è già danneggiare gravemente anche i figli della nuova unione.

Non solo gli ulteriori peccati danneggiano i figli ma anche lo stesso adulterio che vivono i due conviventi danneggia gravemente i figli: il peccato grave danneggia gravemente!

Dio ci aiuta a non peccare. Con la fede e la preghiera e con il nostro impegno nell’attuazione della sua volontà possiamo non peccare, possiamo evitare di danneggiare Cristo, la Chiesa e i nostri fratelli con i nostri peccati.

Gesù chiama tutti a seguirlo sulla via della santità, cioè sulla via della Croce … e la vera risoluzione di questa situazione che stiamo esaminando è nella Croce, cioè nel fatto che la persona che vive in tale relazione concubinaria scelga di non peccare e si carichi sulle spalle la Croce che implica tale scelta.

Disse s. Giovanni Paolo II “Chiamando il giovane a seguirlo sulla strada della perfezione, Gesù gli chiede di essere perfetto nel comandamento dell’amore, nel «suo» comandamento: di inserirsi nel movimento della sua donazione totale, di imitare e di rivivere l’amore stesso del Maestro «buono», di colui che ha amato «sino alla fine». È quanto Gesù chiede ad ogni uomo che vuole mettersi alla sua sequela: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16,24). … Essere discepoli di Gesù significa essere resi conformi a Lui, che si è fatto servo fino al dono di sé sulla croce (cf Fil 2,5-8).” (VS n.20)

Lo stesso Papa aggiunse “La testimonianza di Cristo è fonte, paradigma e risorsa per la testimonianza del discepolo, chiamato a porsi sulla stessa strada: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Lc 9,23). La carità, secondo le esigenze del radicalismo evangelico, può portare il credente alla testimonianza suprema del martirio. Sempre sull’esempio di Gesù che muore in croce: «Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, — scrive Paolo ai cristiani di Efeso — e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo ci ha amato e ha dato sé stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore» (Ef 5,1-2).” (VS n.89)

La Chiesa non ha né può avere altre vie da seguire e da insegnare se non la via della Croce, via buona, ma difficile e comunque via possibile con l’aiuto di Dio.

“Nessuna assoluzione, offerta da compiacenti dottrine anche filosofiche o teologiche, può rendere l’uomo veramente felice: solo la Croce e la gloria di Cristo risorto possono donare pace alla sua coscienza e salvezza alla sua vita.” (VS. n. 120)

Inoltre occorre sempre ricordare che tutta la nostra vita è nelle mani di Dio che permette il male per un maggior bene, permette situazioni difficili, prove, difficoltà perché attraverso di esse, affrontate santamente, venga un maggior bene; nel caso più direttamente in oggetto Dio permette questa situazione difficile e dolorosa perché sia superata nella Verità, nella fede e nella vera carità, sulla via della Croce, in modo che il concubinato finisca e con esso il peccato e da ciò venga un bene più grande anche per i figli … e poi venga la salvezza e il Cielo.

Scegliere il peccato grave e quindi la permanenza nel concubinato è via di dannazione e di scandalo; una tale scelta è incompatibile con la fede che professiamo, è una scelta radicalmente errata.

Ripeto: in situazioni come quella che stiamo esaminando non si tratta di seguire i sentimenti, le passioni umane, si tratta di seguire la fede, la Verità, la santità perché questa è la strada veramente buona, è la strada della salvezza e del buon esempio.

Scegliere ciò che è moralmente grave come il concubinato significa scegliere di crocifiggere Cristo, perché ogni peccato, specie se grave, crocifigge Cristo ( Catechismo della Chiesa Cattolica n. 598) e una tale scelta non è mai giustificata. Scegliere il concubinato è scegliere anche lo scandalo (peccato molto grave) e anche questo significa crocifiggere Cristo  … e una tale scelta non è mai giustificata.

Amoris Laetitia segue una via apparentemente buona per una persona che vive in concubinato, segue la via che appare buona ai sentimenti semplicemente umani ma questa non è la via di Cristo, non è la via della Croce, non è la via della Verità, è una via che sembra buona ma che in realtà danneggia terribilmente l’anima e, oggettivamente, le prepara una terribile dannazione eterna …

La via dell’ Amoris Laetitia è, in realtà, via di satana, che non porta al Cielo ma all’inferno.

Dio ci liberi da questi errori che il Papa diffonde!

 

 

e,4) Conclusione sull’attenuante o scusante in oggetto.

 

 

Dio ci illumini sempre meglio.

L’attenuante o scusante fissata in Amoris Laetitia 301 e per cui “Un soggetto … si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa.” ha dunque per fonte alcuni testi di mons. Fernández.

Nel 2017 il passo di Amoris Laetitia n. 301 che stiamo esaminando ha ricevuto l’interpretazione “autentica” appunto da mons. Fernández in un articolo da lui scritto.[738]

Questa attenuante non si basa precisamente su nessun testo della Tradizione. Il soggetto si trova in una situazione per cui se non fa un peccato ne “deve fare” un altro. Il soggetto sarebbe praticamente “costretto” a peccare per non peccare in altro modo.

Nella “Veritatis Splendor” leggiamo: “I precetti negativi della legge naturale sono universalmente validi: essi obbligano tutti e ciascuno, sempre e in ogni circostanza. Si tratta infatti di proibizioni che vietano una determinata azione semper et pro semper, senza eccezioni … È proibito ad ognuno e sempre di infrangere precetti che vincolano, tutti e a qualunque costo, a non offendere in alcuno e, prima di tutto, in sé stessi la dignità personale e comune a tutti. …  La Chiesa ha sempre insegnato che non si devono mai scegliere comportamenti proibiti dai comandamenti morali, espressi in forma negativa nell’Antico e nel Nuovo Testamento. … Gesù stesso ribadisce l’inderogabilità di queste proibizioni: «Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti…: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso» (Mt 19,17-18).” (VS n. 52)

Quindi certi peccati non sono mai giustificati! …. neppure se la persona pensa che se non li facesse cadrebbe in altri peccati danneggiando altre persone.

Non si può fare il male perché ne venga un bene.

Non è lecito compiere un omicidio perché ne venga un bene, non è lecito compiere un atto di pedofilia perché ne venga un bene, non è lecito compiere atti di adulterio o di omosessualità perché ne venga un bene!

Come abbiamo appena visto: non è lecito fare il male per evitare un altro male e in particolare non è lecito fare un male grave come è il concubinato per evitare un altro male; non possiamo metterci sotto i piedi i divieti fissati nel Decalogo per evitare ulteriori mancanze e per non danneggiare i figli; non possiamo metterci sotto i piedi i divieti fissati nel Decalogo per evitare possibili peccati o per fare del bene a qualcuno.

Dio ci aiuta a non peccare. Con la fede e la preghiera e con il nostro impegno nell’attuazione della sua volontà possiamo e dobbiamo evitare di peccare.

La carità guida il fedele a mai peccare, e quindi certamente non lo guida a compiere atti gravi per evitare un altro peccato!

Sottolineiamo bene che anche questa attenuante o scusante indicata sia da mons. Fernández sia dall’Amoris Laetitia è presentata come applicabile per tutti i peccati.

Seguendo il ragionamento di Amoris Laetitia e di mons. Fernández abbiamo che, un omicida o un pedofilo cattolici che compiono atti di omicidio o pedofilia ma che, pur conoscendo le norme divine, sono in condizioni concrete che non permettano loro di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa potrebbero continuare a compiere tali atti e quindi potrebbero essere assolti in Confessione e potrebbero ricevere l’Eucaristia senza proporsi di non commettere tali atti.

Il Papa non specifica che la “nuova colpa”(Amoris Laetitia n. 301) debba essere necessariamente mortale, quindi apre la porta perché possa essere anche veniale; ora, tutti siamo peccatori e commettiamo almeno peccati veniali e tutti possiamo compiere peccati mortali, quindi l’attenuante o scusante in questione per cui il soggetto “si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa” è applicabile fondamentalmente a tutti i peccatori e permette a tutti i peccatori, di continuare a peccare anche gravemente, di non cambiare vita e di ricevere anche i Sacramenti!

Tutti infatti commettiamo di certo nuove colpe almeno veniali … quindi tutti siamo in condizioni concrete che non ci permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa …

Tale attenuante offre anche ai Confessori e ai direttori spirituali buone possibilità appunto per attuare un falso discernimento e per concedere ai fedeli di compiere atti gravemente contrari anche ai comandi negativi della Legge divina e di ricevere anche i Sacramenti; cioè per compiere quelli che in realtà sono, ordinariamente, veri peccati mortali.

Anche quest’ attenuante, come visto, non rende veniale un atto che ha tutte le caratteristiche del peccato mortale (materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso).

Va inoltre notato che chi vive in peccato è accecato dal peccato sicché facilmente può ritenere in coscienza di essere in tali condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa, anche in questa linea questa attenuante si può estendere a molte persone permettendo loro di ricevere i Sacramenti senza proposito di vivere secondo la Legge di Dio, e continuando a peccare gravemente, molti, infatti, vivono in peccato.

L’attenuante che stiamo vedendo, offre quindi buone possibilità perché praticamente tutti se la tirino dalla propria parte sicché si ritengano praticamente esentati da vivere secondo i comandamenti e possano anche ricevere i Sacramenti senza proporsi di vivere nella Legge di Dio.

Questa attenuante, sottolineo in modo particolare, ha un’apertura praticamente universale, cioè può essere fatta valere praticamente da tutti i cattolici; tutti infatti commettiamo di certo nuove colpe almeno veniali, quindi tutti siamo in condizioni concrete che non ci permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa; questa attenuante permette a tutti i cattolici di continuare a peccare anche gravemente, di non cambiare vita e di ricevere anche i Sacramenti!

L’attenuante che abbiamo esaminato, offre quindi buone possibilità perché molti se la tirino dalla parte che più fa loro comodo, come disse il Cardinale Baldisseri[739], si ritengano praticamente esentati dal vivere secondo i comandamenti e possano anche ricevere i Sacramenti senza proporsi di vivere nella Legge di Dio; come disse il Cardinale Baldisseri, strettissimo collaboratore del Papa attuale: “E in effetti non tanto il Sinodo, sarà importante, ma la sintesi che ne verrà preparata, e che porterà la firma del Papa come “Esortazione post-sinodale”. E’ molto probabile che non sarà un testo chiaro e definitivo, ma basato su un’interpretazione “fluttuante”. In modo che ciascuno leggendolo, possa tirarselo dalla parte che più gli fa comodo.” [740] Sottolineo: “…  ciascuno leggendolo, possa tirarselo dalla parte che più gli fa comodo.”  

Tale attenuante offre anche ai Confessori buone possibilità appunto per praticamente esentare i penitenti dalla vita secondo i comandamenti e quindi per amministrare tranquillamente ad essi i Sacramenti senza che tali fedeli si propongano di vivere nella Legge di Dio.

In questo modo si attua l’integrazione di cui parla Papa Francesco (Amoris Laetitia nn. 291.296s.299.312) e si apre una porta attraverso cui praticamente tutti i cattolici possono ricevere i Sacramenti, anche perché il Papa più volte ha mostrato di volere che non sia mai negata l’assoluzione ai penitenti [741] e fa amministrare l’Eucaristia a notori peccatori come il Presidente Biden[742].

Chiaramente tutto questo è in completa opposizione alla sana dottrina cattolica ed è causa di peccati gravi, Sacramenti invalidi e/o sacrileghi; come detto, la via dell’ Amoris Laetitia è, in realtà, via di satana, che non porta al Cielo ma all’inferno.

Dio intervenga!

 

 

f) Le attenuanti o scusanti dei Vescovi maltesi propagandate dall’Osservatore Romano, frutti marci di Amoris Laetitia …

 

 

Diciamo anzitutto che il testo dei Vescovi maltesi appoggia pienamente le perversioni dottrinali bergogliane che si trovano in Amoris Laetitia che mai sono criticate e anzi appaiono applicate in modo pieno, tanto è vero che il testo è stato pubblicato dai mezzi di comunicazione vaticani.

Una seria riflessione meritano in particolare le affermazioni dei vescovi maltesi che, nel loro documento di applicazione della Amoris Laetitia, affermano: “D’altronde, ci sono delle situazioni complesse quando la scelta di vivere «come fratello e sorella» risulta umanamente impossibile o reca maggior danno (cfr. Amoris Laetitia, nota 329). ”[743]

Queste affermazioni dei Vescovi maltesi sostengono altri passaggi dello stesso documento per cui coloro che vivono in peccato notorio e si sentono in pace con Dio devono essere ammessi ai Sacramenti della penitenza e dell’Eucaristia.

Domandiamoci: quando la scelta di vivere «come fratello e sorella» risulta umanamente impossibile?

Anzitutto, come detto, la dottrina infallibile della Chiesa afferma che i comandamenti divini non sono impossibili, è praticamente eretico affermare il contrario.

Nella Veritatis Splendor leggiamo: “L’osservanza della legge di Dio, in determinate situazioni, può essere difficile, difficilissima: non è mai però impossibile. È questo un insegnamento costante della tradizione della Chiesa … “(VS, n. 102)  Dio ci chiama a vivere i 10 comandamenti, Dio ci dona di poter vivere secondo i comandamenti.

La Veritatis Splendor cita, nel testo appena presentato (VS 102) un passo del Concilio di Trento, tale Concilio infatti ha condannato la dottrina per cui sarebbe impossibile vivere i 10 comandamenti con queste parole: nessuno, poi, per quanto giustificato, deve considerarsi libero dall’osservanza dei comandamenti (can. 20), nessuno deve usare quell’espressione, temeraria e proibita dai Padri sotto pena di anatema, per cui è impossibile per l’uomo giustificato osservare i comandamenti di Dio (can. 18 e 22). “Dio, infatti, non comanda l’impossibile; ma quando comanda ti ammonisce di fare quello che puoi  e di chiedere quello che non puoi”[744], e ti aiuta perché tu possa; i suoi comandamenti non sono gravosi (1 Gv. 5,3), il suo giogo è soave e il peso leggero (Mt.11,30). I figli di Dio amano Cristo e quelli che lo amano (come lui stesso afferma) osservano i suoi comandi (Gv. 14,23), questa osservanza può essere certamente attuata con il suo aiuto. [745]

Se qualcuno dice che anche per l’uomo giustificato e costituito in grazia i comandamenti di Dio sono impossibili da osservarsi, sia scomunicato[746]

Dio ci aiuta con la sua grazia perché possiamo attuare tali suoi comandi.

Dio ci dona la sua grazia appunto per farci attuare la sua volontà e farci realizzare la sua Legge al di sopra delle nostre possibilità.

Certamente vi possono essere degli impedimenti nell’attuazione della Legge divina e l’impotenza assoluta scusa da ogni legge perché nessuno è tenuto a ciò che per lui è impossibile. Nessuno, affermano i moralisti [747], è tenuto a ciò che è assolutamente impossibile; deve essere però una vera impotenza assoluta e non deve essere prodotta dal soggetto per fare certi atti; inoltre anche in caso di impotenza assoluta il soggetto è obbligato a vivere secondo la Legge divina ma è scusato per la violazione della stessa a causa di tale impotenza; ma occorre verificare bene che si tratti di vera impotenza assoluta.

I Vescovi maltesi restano nel vago nelle affermazioni appena viste riguardanti l’impossibilità e in questo modo aprono la porta all’interpretazione lassista nella linea del “cambio di paradigma” che il Papa diffonde e quindi agli errori, ai peccati e ai sacrilegi che esso “legittima”.

In questa linea, considerando che umanamente impossibilitati sono coloro che sono impossibilitati sulla base della loro natura umana, praticamente tutti possono dire di essere umanamente impossibilitati a vivere come fratello e sorella perché solo sulla base della grazia e non su quella della natura possono essere attuati i comandi divini così come Dio vuole, cioè nella carità.

Sottolineo che è significativo, infatti, che essi parlino di “umanamente impossibile” senza precisare nulla riguardo alla grazia.

Ciò che è umanamente impossibile può diventare possibile con la grazia divina.

L’ intento di perversione in senso bergogliano, cioè lassista, della dottrina si riconosce molto bene anche dal fatto che questi Vescovi aggiungono  che vivere come fratello e sorella in alcuni casi reca maggior danno che vivere in adulterio: “D’altronde, ci sono delle situazioni complesse quando la scelta di vivere «come fratello e sorella» risulta umanamente impossibile o reca maggior danno (cfr. Amoris Laetitia, nota 329). ”[748]

Se è necessario vivere secondo i comandamenti per salvarsi, come vedemmo più sopra, ovviamente è bene e non può fare male, non può fare danni, che persone non sposate sacramentalmente vivano secondo il sesto comandamento “come fratello e sorella”.

Dio ci comanda il bene e non il male e le sue affermazioni e i suoi comandi non fanno danno né tantomeno maggior danno; le affermazioni dei Vescovi maltesi appaiono blasfeme …

Danni li fa il peccato, non l’osservanza della Legge divina … danni li fa l’omicidio, non l’osservanza della Legge divina; danni li fa la pedofilia, non l’osservanza della Legge divina; danni li fa l’adulterio, non l’osservanza della Legge divina; danni li fa la pratica omosessuale, non l’osservanza della Legge divina etc.

La conclusione del discorso dei Vescovi maltesi è,comunque, questa: “Qualora come esito del processo di discernimento, compiuto con «umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento, nella ricerca sincera della volontà di Dio e nel desiderio di giungere ad una risposta più perfetta ad essa» (Amoris laetitia, 300), una persona separata o divorziata che vive una nuova unione arriva — con una coscienza formata e illuminata — a riconoscere e credere di essere in pace con Dio, non le potrà essere impedito di accostarsi ai sacramenti della riconciliazione e dell’eucaristia (cfr. Amoris laetitia, nota 336 e 351).” [749]

Quindi seppure il soggetto vive chiaramente in peccato grave e non si propone di vivere secondo i Comandi divini ma si sente in pace con Dio, deve essere assolto e deve ricevere l’Eucaristia, ovviamente tale assoluzione sarà invalida e tale Comunione sacrilega nonché scandalosa.

Dio intervenga e liberi i maltesi e tutti i cristiani da queste aberrazioni teologiche!

Le affermazioni dei Vescovi maltesi sono agli antipodi del Vangelo e ovviamente aprono le porte a peccati, Sacramenti invalidi e sacrilegi, nella linea delle affermazioni di Papa Francesco.

Invece di aprire le porte a peccati e sacrilegi con affermazioni lontane dalla sana dottrina i Vescovi maltesi dovrebbero invitare i peccatori a dedicarsi alla preghiera, alla penitenza e alle opere di misericordia, per avere la forza di convertirsi e vivere la santa e benefica Legge divina!

Invece di sfruttare abilmente casi limite di alcune persone (che hanno reali ed evidenti limiti ad attuare i comandamenti) per sovvertire la Legge di Dio e quindi per aiutare le anime a dannarsi, come sta facendo Papa Francesco con alcuni suoi collaboratori, i Vescovi maltesi dovrebbero impegnarsi a ribadire la sana dottrina per aiutare i peccatori a salvarsi.

Concludo ricordando che il documento dei Vescovi maltesi contenente le affermazioni viste è stato pubblicato sull’Osservatore Romano; il Papa, dunque, lo sostiene, esso fa parte del “cambio di paradigma” cioè del tradimento della sana dottrina portato avanti con discrezione dal Pontefice e dai suoi seguaci.  Evidentemente anche per il Papa la legge di Dio in certi casi è dannosa … perciò combatte fortemente quelli che, come il card. Burke, come mons. Melina e padre José Noriega, ribadiscono che essa è sempre buona e guida alla salvezza …

 

 

g) Precisazioni sulla crescita della carità e della grazia in una “situazione oggettiva di peccato … non soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno”.

 


Dio ci illumini sempre meglio.

Nell’ Amoris Laetitia leggiamo anche : “A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa” (n. 305)

Faccio notare anzitutto che questo passo ha un significativo collegamento con un testo di mons. Fernández che afferma: “Esta etapa no está necesariamente marcada por el pecado, sino “por la imperfección” (CCE 2343a), cuando el sujeto histórico no está en condiciones subjetivas de obrar de otra manera ni de comprender “los valores inherentes a la norma” (cf. FC 33c), o cuando “un compromiso sincero con respecto a una norma determinada puede no llevar inmediatamente a acertar en la observancia de semejante norma”.[750] En casos como este, “ciertas conductas que no coinciden con la ley podrían contribuir positivamente al progreso moral”, porque ejercitando y alimentando un dinamismo de autotrascendencia –todavía imperfecta– son una “realización del valor dentro de los límites de las capacidades morales del sujeto[751][752]

Questa tappa, spiega mons. Fernández, non è necessariamente segnata dal peccato ma dalla imperfezione (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2343) quando il soggetto storico non sta in condizioni soggettive tali da poter operare in altro modo né da poter comprendere i valori insiti nella norma o quando un impegno sincero rispetto ad una determinata norma può non portare immediatamente a realizzare l’osservanza di tale norma. In casi come questo certe condotte che non coincidono con la legge potrebbero contribuire al progresso morale perché sono una realizzazione del valore dentro i limiti delle capacità del soggetto.

Sottolineo: certe condotte che non coincidono con la legge possono contribuire al progresso morale perché sono una realizzazione del valore dentro i limiti delle capacità del soggetto.

Nel 2017 il passo di Amoris Laetitia n. 305 che stiamo esaminando ha ricevuto l’intepretazione “autentica” appunto da mons. Fernández in un articolo da lui scritto e intitolato “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.”

“Francisco considera que, aun conociendo la norma, una persona “puede estar en condiciones concretas que no le permiten obrar de manera diferente y tomar otras decisiones sin una nueva culpa. Como bien expresaron los Padres sinodales, puede haber factores que limitan la capacidad de decisión” (301). Habla de sujetos que “no están en condiciones sea de comprender, de valorar o de practicar plenamente las exigencias objetivas de la ley” (295). En otro párrafo lo reafirma: “En determinadas circunstancias, las personas encuentran grandes dificultades para actuar en modo diverso” (302). … Los condicionamientos pueden atenuar o anular la responsabilidad y la culpabilidad frente a cualquier norma, aun frente a los preceptos negativos y a las normas morales absolutas. Ello hace posible que no siempre se pierda la vida de la gracia santificante en una convivencia “more uxorio” [753]

Fernández spiega che la persona può conoscere bene la norma ma può essere in condizioni che non le permettono di agire in modo differente e di prendere decisioni senza nuova colpa, si possono avere fattori che limitano la capacità di decisione (Amoris laetitia n. 301), ci possono essere soggetti che non sono in grado di comprendere, di apprezzare o di praticare pienamente le esigenze oggettive della legge (Amoris laetitia n. 295), in alcune circostanze le persone hanno grande difficoltà ad agire in modo diverso (Amoris laetitia n. 302) i condizionamenti possono attenuare o annullare la responsabilità e la colpevolezza anche riguardo ai precetti negativi e alle norme assolute, ciò rende possibile che non sempre si perda la grazia santificante in una convivenza more uxorio; sicché il soggetto potrebbe ricevere i Sacramenti senza che si proponga di non peccare più, come dicono anche i Vescovi argentini[754] e il Papa con loro[755].

Qui è importante notare che la grazia di cui parla il testo di Amoris Laetitia e mons. Fernández è la grazia santificante che è unita necessariamente alla carità di cui parla lo stesso testo.

Come vedemmo ampiamente nel I volume (cap. V) e anche qualche paragrafo più sopra, nel presente capitolo, la carità ci porta a non peccare e a vivere secondo la Legge di Dio, la carità ha inoltre un intrinseco proposito di fare grandi cose e di attuare in pienezza la Legge divina.

La carità, infatti, è virtù somma che ci fa partecipare alla carità divina, ci unisce a Dio e ci fa accogliere Dio come regola degli atti umani ( II-IIae q. 23 a. 3 co.), ci fa osservare la Legge divina, e ci guida a vivere in Cristo sulla via dei santi comandamenti e della sua Parola; la carità ci fa vivere in Cristo che è Legge Vivente (VS, n. 16). Come Cristo, nella carità, ha osservato i comandamenti del Padre ( Gv. 15,10), la carità porta anche noi ad osservare i comandamenti di Dio.

La carità in quanto perfeziona la fede ( II-II q. 4 a. 3) ci fa perfettamente credere alla Parola di Dio, all’ insegnamento di Cristo e della Chiesa, e ci fa osservare tale insegnamento.

La carità implica, perciò, l’osservanza dei comandamenti e solo in tale osservanza dei comandamenti si rimane nella carità ( VS, n. 24); Gesù dice, infatti : “Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore” (Gv 15,10).

S. Agostino afferma in questa linea: “Chi ha i miei comandamenti e li osserva: ecco chi mi ama. Chi li custodisce nella memoria, e li attua nella vita; chi li tiene presenti nelle sue parole, e li esprime nei costumi; chi li ha perché li ascolta, e li osserva praticandoli; oppure chi li ha perché li pratica, e li osserva costantemente, ecco chi mi ama. L’amore bisogna dimostrarlo con i fatti altrimenti è una parola vuota e sterile.”[756]

S. Tommaso spiega ugualmente in questa linea che la carità produce in noi necessariamente l’osservanza dei comandamenti : “Secundum quod facit caritas, est divinorum mandatorum observantia. Gregorius: nunquam est Dei amor otiosus: operatur enim magna si est; si vero operari renuit, amor non est. Unde manifestum signum caritatis est promptitudo implendi divina praecepta. Videmus enim amantem propter amatum magna et difficilia operari. Ioan. XIV, 23: si quis diligit me, sermonem meum servabit.” (“Collationes in decem praeceptis”, proemium)

La carità se è davvero nell’anima fa che la persona osservi, attui i comandamenti.

La vera carità, che è il cuore della contrizione, inoltre, ci porta a preferire qualsiasi pena alla colpa cioè ci porta a preferire anche la pena della morte alla colpa del peccato: “Dicendum, quod contritus tenetur in generali velle pati magis quamcumque poenam quam peccare; et hoc ideo quia contritio non potest esse sine caritate, per quam omnia dimittuntur peccata. Ex caritate enim plus homo diligit Deum quam seipsum; peccare au-tem est facere contra Deum; puniri autem est aliquid pati contra seipsum; unde caritas hoc requirit ut quamlibet poenam homo contritus praeeligat culpae.” (Quodlibet. I, 9)

In questa linea s. Alfonso dice nell’ atto di preparazione alla morte “Affermo che v’amo sopra tutte le cose, perché siete un bene infinito; e perché v’amo, mi pento sopra ogni male di tutte le offese che vi ho fatte, e propongo prima morire che più offendervi. Vi prego a levarmi la vita piuttosto che permettere ch’io v’abbia da perdere con un altro peccato.”[757]  Ricordiamo cosa dice il  Catechismo Tridentino  : “…. come Dio è il primo dei beni da amare, così il peccato è il primo e il maggiore dei mali da odiare. Quindi, la stessa ragione che ci obbliga a riconoscere che Dio deve essere sommamente amato, ci obbliga anche a portare sommo odio al peccato. Ora, che l’amore di Dio si debba anteporre a ogni altra cosa, sicché non sia lecito peccare neppure per conservare la vita, lo mostrano apertamente queste parole del Signore: “Chi ama suo padre o sua madre più di me, non è degno di me” (Mt 10,37); “Chi vorrà salvare la sua vita, la perderà” (Mt 16,25; Mc 8,35).”[758]

La carità ci rende pronti a perdere tutto e a dare la vita piuttosto che peccare e soprattutto piuttosto che peccare gravemente.

I dieci comandamenti rivelano, nel loro contenuto essenziale, obbligazioni gravi e  nessuno può dispensare sé o altri  da essi (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2072); “la carità implica obbligatoriamente il rispetto dei comandamenti anche nelle circostanze più gravi”(VS, n. 91)  e quindi  ci rende pronti a dare la vita e a perdere tutto  piuttosto che violare i comandamenti divini.

S. Ignazio di Loyola, fondatore dei gesuiti, l’Ordine cui apparteneva Papa Francesco, scrisse a questo riguardo: “Il primo modo di umiltà è necessario per la salvezza eterna e consiste nell’abbassarmi e umiliarmi tanto quanto mi è possibile, perché io obbedisca in tutto alla legge di Dio nostro Signore; in modo tale che, anche se fossi fatto signore di tutte le cose create, o anche a costo della mia vita terrena, io non decida mai di trasgredire alcun comandamento divino o umano che mi obblighi sotto pena di peccato mortale.”[759]

La carità ci porta a non peccare, ci porta a preferire la morte al peccato grave, la carità ardente ci porta ad essere pronti a dare la vita anche per non cadere in peccato veniale, s. Ignazio di Loyola scrive significativamente negli “Esercizi spirituali” :

“ Il secondo modo di umiltà è più perfetto e consiste in questo, che io mi trovi in una disposizione tale da non volere né affezionarmi ad avere la ricchezza piuttosto che la povertà, a cercare l’onore piuttosto che il disonore, a desiderare una vita lunga piuttosto che una vita breve, purché sia uguale il servizio di Dio nostro Signore e la salvezza della mia anima; e inoltre che non decida mai di commettere un peccato

veniale, neppure in cambio di tutte le cose create né a costo di perdere la vita.”[760]

La grazia santificante e quindi la carità, cioè la vita divina in noi, ci portano a mai trasgredire la santa Legge di Dio e ad essere pronti a morire piuttosto che a compiere atti contro tale Legge, i martiri sono chiaro esempio di questa carità.

La storia della Chiesa presenta meravigliose testimonianze di santi che, mossi dalla carità, hanno osservato la Legge fino a dare la vita per questo ed hanno preferito la morte al peccato: “  La Chiesa propone l’esempio di numerosi santi e sante, che hanno testimoniato e difeso la verità morale fino al martirio o hanno preferito la morte ad un solo peccato mortale. Elevandoli all’onore degli altari, la Chiesa ha canonizzato la loro testimonianza e dichiarato vero il loro giudizio, secondo cui l’amore di Dio implica obbligatoriamente il rispetto dei suoi comandamenti, anche nelle circostanze più gravi, e il rifiuto di tradirli, anche con l’intenzione di salvare la propria vita.” (VS, n. 91)

L’amore di Dio , cioè la carità, implica obbligatoriamente il rispetto dei comandamenti anche nelle circostanze più gravi e quindi implica, secondo la sapienza divina, il rifiuto assoluto di violare tali comandamenti anche con l’intenzione di salvare la vita nostra o quella di altre persone!

Lo dicevamo già più sopra, non ci possiamo mettere “sotto i piedi” i comandamenti divini per salvare una famiglia o per altre “buone” ragioni: la carità non lo tollera!

Con l’aiuto della grazia divina e della carità possiamo osservare la Legge divina sempre: “L’osservanza della legge di Dio, in determinate situazioni, può essere difficile, difficilissima: non è mai però impossibile. È questo un insegnamento costante della tradizione della Chiesa  … ” (VS, n. 102 ,), la Veritatis Splendor cita qui il testo del Concilio di Trento per cui Dio non comanda l’impossibile, i comandamenti, quindi, non sono impossibili, Dio infatti ci aiuta donandoci in particolare la grazia e la carità, perciò nessuno sebbene giustificato deve ritenersi libero dai comandamenti.[761]

L’osservanza dei comandamenti diventa particolarmente difficile quando per essa rischiamo la vita o la rischiano altri a causa nostra ma “ … la carità implica obbligatoriamente il rispetto dei comandamenti anche nelle circostanze più gravi”(VS n. 91) e ci porta a preferire la morte al peccato!

La carità appunto ci fa osservare i comandamenti divini anche quando tale osservanza diventa pericolosa per noi o per gli altri ; quindi la carità ci rende pronti al martirio. Dice la Veritatis Splendor : “ Il rapporto tra fede e morale splende in tutto il suo fulgore nel rispetto incondizionato che si deve alle esigenze insopprimibili della dignità personale di ogni uomo, a quelle esigenze difese dalle norme morali che proibiscono senza eccezioni gli atti intrinsecamente cattivi.” (VS, n. 90) Questo rispetto incondizionato  rimane fermo e immutabile anche davanti alla morte.

La Bibbia ci offre vari esempi di ciò anche nell’ Antica Alleanza (VS n. 91) si pensi al caso di Susanna (Dn. 13) o dei 7 fratelli maccabei e della loro madre (2 Mac. 7)

Il precursore di Cristo, s. Giovanni Battista : “ … rifiutandosi di tacere la legge del Signore e di venire a compromesso col male, «immolò la sua vita per la verità e la giustizia» (Missale Romanum, In Passione S. Ioannis Baptistae, Collecta) e fu così precursore del Messia anche nel martirio (cf Mc 6,17-29).” (VS n. 91)

Nella Nuova Alleanza troviamo numerose testimonianze di questa fedeltà assoluta alla Legge santa di Dio e quindi a Cristo ( VS n. 91)

Sottolineo che questo rispetto incondizionato della Legge divina deve rimanere anche di fronte alla morte e alle sofferenze dei propri cari, infatti a volte i persecutori per spingere le loro vittime a peccare fanno del male ai parenti di esse o minacciano di farlo.

La carità ci porta a rimanere saldi nella Legge divina anche in questi casi, essa ci spinge sempre ad evitare il peccato e non ci fa cedere neppure per evitare che i nostri cari siano maltrattati o uccisi, essa infatti mette sempre Dio e la sua Legge al primo posto.

Vedemmo già nel capitolo V che la carità di Papa Francesco è carità falsa[762] che implica, come diceva il prof. Seifert[763], il crollo radicale della morale cattolica attuato con gli errori di Amoris Laetitia e di tanti suoi interpreti; è una falsa carità che si lega alla falsa misericordia bergogliana e che giustifica (falsamente) a livello radicale gli altri errori che emergono da Amoris Laetitia.

Quanto stiamo dicendo ci porta a capire che la grazia e la carità di cui parlano l’ Amoris Laetitia e mons. Fernández nei testi citati in questo paragrafo hanno caratteristiche poco compatibili con la vera carità e la vera grazia di cui stiamo parlando.

In particolare faccio notare che Papa Francesco, nel testo che stiamo esaminando, e i suoi collaboratori, nei testi citati e in quelli che citeremo in questo paragrafo, si guardano bene dal precisare che, secondo la sana dottrina, la vera grazia e la vera carità portano il soggetto ad attuare a tutti i costi i comandamenti, specie quelli negativi, e quindi a uscire immediatamente da situazioni di peccato grave e da occasioni prossime volontarie di peccato grave; se il soggetto è assolutamente impotente[764] ad agire, la vera carità e la vera grazia fanno sì che egli si proponga di realizzare tale attuazione appena possibile.

La vera carità e la vera grazia portano, quindi, coloro che convivono more uxorio a rompere tale convivenza immediatamente, cioè portano a troncare immediatamente con il peccato grave.

Più generalmente bisogna dire chiaramente che la vera carità e la vera grazia non tollerano le perversioni dottrinali bergogliane che abbiamo visto e stiamo vedendo e con cui Papa Francesco e i suoi collaboratori praticamente legittimano veri peccati gravi tra cui Confessioni e Comunioni sacrileghe nonché scandali.

La carità e la grazia bergogliane, entrano a pieno titolo nella sovversione della dottrina che lui stesso sta realizzando:

si veda il n. 311 e la nota 364 di Amoris Laetitia, si vedano i numeri 305, 306 e 308; nel primo di tali numeri leggiamo: “A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa” (n. 305); nel secondo leggiamo“ In qualunque circostanza, davanti a quanti hanno difficoltà a vivere pienamente la legge divina, deve risuonare l’invito a percorrere la via caritatis.  La carità fraterna è la prima legge dei cristiani (cfr Gv 15,12; Gal 5,14). Non dimentichiamo la promessa delle Scritture: «Soprattutto conservate tra voi una carità fervente, perché la carità copre una moltitudine di peccati» (1 Pt 4,8); «sconta i tuoi peccati con l’elemosina e le tue iniquità con atti di misericordia verso gli afflitti» (Dn 4,24); «l’acqua spegne il fuoco che divampa, l’elemosina espia i peccati» (Sir 3,30).”(Amoris Laetitia n. 306), al n. 308 leggiamo: “ Tuttavia, dalla nostra consapevolezza del peso delle circostanze attenuanti – psicologiche, storiche e anche biologiche – ne segue che «senza sminuire il valore dell’ideale evangelico, bisogna accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone che si vanno costruendo giorno per giorno», lasciando spazio alla «misericordia del Signore che ci stimola a fare il bene possibile». (Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 44: AAS 105 (2013), 1038).” ( Amoris Laetitia n. 308);

In questa linea, nella lettera dei Vescovi argentini, all’inizio e quindi  al n. 3 si afferma: “ … Francisco ha abierto varias puertas en la pastoral familiar y estamos llamados a aprovechar este tiempo de misericordia, para asumir como Iglesia peregrina la riqueza que nos brinda la Exhortación Apostólica en sus distintos capítulos. … 3) El acompañamiento pastoral es un ejercicio de la “via caritatis”. Es una invitación a seguir “el camino de Jesús, el de la misericordia y de la integración” (296). ” [765] Francesco ha aperto diverse porte nella pastorale familiare e noi siamo chiamati ad approfittare di questo tempo di misericordia, per assumere come Chiesa pellegrina la ricchezza che l’Esortazione Apostolica ci offre nei suoi diversi capitoli. … L’accompagnamento pastorale è un esercizio della “via caritatis”. È un invito a seguire “la strada di Gesù, quella della misericordia e dell’integrazione”;

Ugualmente in questa linea nell’articolo di commento all’Amoris Laetitia che mons. Fernández ha realizzato nel 2017[766] in cui egli contrappone la comoda rigidezza di alcuni, che determina, a suo parere, l’annacquamento del Vangelo, alle indicazioni  misericordiose di tale esortazione ( Amoris Laetitia n. 311)  volendo evidentemente dire che la vera misericordia non è nella sana dottrina che la Chiesa ha diffuso per 2000 anni ma  nelle perversioni morali che il Papa attuale e i suoi seguaci diffondono; nello stesso articolo del 2017[767], mons. Fernández sottolinea anche il contrasto tra l’agire di alcuni confessori che fanno sfumare la misericordia nella ricerca di una giustizia supposta come pura e il modo di operare che indica Papa Francesco attraverso Amoris Laetitia ( Amoris Laetitia nota 364).

Come si vede chiaramente questa falsa carità, questa falsa grazia e questa falsa misericordia bergogliane sono strettamente legate alla dottrina che Papa Francesco diffonde circa i fattori che attenuano o annullano la responsabilità per il peccato e tutto questo entra pienamente nel “cambio di paradigma” che il Papa sta attuando, in questo modo la falsa carità e la falsa grazia bergogliane indirizzano le anime a camminare verso ciò che è in realtà peccato grave, sacrilegio, Confessione invalida, Comunione eucaristica sacrilega, indirizzano le anime verso la dannazione eterna e non verso la salvezza eterna.

Dio intervenga!

 

 

h) Il caso di un soggetto che ha un impegno deciso ad attuare una norma ma è impedito a farlo immediatamente, riflettiamo in particolare sulle parole del prof. Kiely e su quelle del Cardinale Coccopalmerio.

 

 

h,1) Le parole di V. M. Fernández alla base di questa attenuante e le affermazioni del prof. Kiely alla base di tali parole.

 

 

Dio ci illumni sempre meglio.

In un articolo di mons. Fernández  scritto nel 2006 leggiamo : “Esta etapa no está necesariamente marcada por el pecado, sino “por la imperfección” (CCE 2343a), cuando el sujeto histórico no está en condiciones subjetivas de obrar de otra manera ni de comprender “los valores inherentes a la norma” (cf. FC 33c), o cuando “un compromiso sincero con respecto a una norma determinada puede no llevar inmediatamente a acertar en la observancia de semejante norma”.[768] En casos como este, “ciertas conductas que no coinciden con la ley podrían contribuir positivamente al progreso moral”, porque ejercitando y alimentando un dinamismo de autotrascendencia –todavía imperfecta– son una “realización del valor dentro de los límites de las capacidades morales del sujeto”[769].” [770]

Questa tappa, spiega mons. Fernández, non è necessariamente segnata dal peccato ma dalla imperfezione (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2343) quando il soggetto storico non sta in condizioni soggettive tali da poter operare in altro modo né da poter comprendere i valori insiti nella norma o quando un impegno sincero rispetto ad una determinata norma può non portare immediatamente a realizzare l’osservanza di tale norma. In casi come questo certe condotte che non coincidono con la legge potrebbero contribuire al progresso morale perché sono una realizzazione del valore dentro i limiti delle capacità del soggetto.

Sappiamo che questo articolo è per vari aspetti una fonte dell’Amoris Laetitia perciò voglio soffermarmi, all’interno di tale articolo, su un testo del prof. Kiely, gesuita, che mons. Fernández cita, nell’articolo del 2006, su cui basa il suo ragionamento e che afferma: “un compromiso sincero con respecto a una norma determinada puede no llevar inmediatamente a acertar en la observancia de semejante norma”.[771]

Kiely, sacerdote e professore di psicologia che è intervenuto più volte su questioni di teologia morale, nel passo in oggetto afferma: “un impegno sincero rispetto ad una determinata norma può non portare immediatamente a realizzare l’osservanza di tale norma.”

Come si può capire facilmente, il soggetto cui si riferisce qui il professore gesuita ha un impegno di vivere secondo la legge di Dio ma è impedito a realizzare immediatamente l’osservanza di tale norma.

Ricordo che l’impotenza assoluta scusa da ogni legge perché nessuno è tenuto a ciò che è impossibile. Nessuno, affermano i moralisti [772] , è tenuto a ciò che è assolutamente impossibile; le parole che abbiamo visto più sopra e che sono tratte dal Concilio di Trento[773],  per cui Dio non comanda l’impossibile ma quando comanda ti ammonisce di fare quello che puoi e di chiedere quello che non puoi, e ti aiuta perché tu possa, significano anche che nessuno è tenuto all’impossibile. Anche in caso di impotenza, resta l’obbligo fondamentale ad attuare i divini comandi.

Ben differente dall’impotenza assoluta, come detto, è l’impotenza morale.

I precetti negativi del Decalogo, come abbiamo già visto, valgono semper et pro semper e obbligano anche con grande disagio, cioè anche in caso di impotenza morale.

Il disagio che determina l’impotenza morale deve essere grave e congiunto all’osservanza della legge solo per accidens.[774] Perché il disagio determini impotenza morale e scusi in alcuni dall’attuazione della legge deve essere inevitabile, cioè lo si può evitare solo non attuando la legge.[775]

Nell’ordine fisico vengono indicati come disagi di questo genere danni gravi ai beni di fortuna e alla salute fisica del soggetto, nell’ordine morale sono indicati come disagi di questo genere gravi danni all’anima del soggetto stesso o di altri come scrupoli e scandali. [776]

L’impotenza morale scusa dalla legge positiva sia affermativa che negativa, scusa dalla mancata attuazione delle norme affermative della Legge naturale e della Legge divina positiva ma non scusa dalla mancata attuazione delle norme negative della Legge naturale e della Legge divina positiva[777].

Sottolineo: l’impotenza morale non scusa dalla mancata attuazione delle norme negative della Legge naturale e della Legge divina positiva; cioè chi viola gravemente tali norme perché impotente a livello morale, con piena avvertenza e deliberato consenso compie un peccato grave, Dio infatti ci dona grazia per vincere tale impotenza e attuare la sua Legge perciò possiamo e dobbiamo attuare tali comandamenti anche in tale situazione di impotenza morale.

Inoltre l’impotenza morale non scusa se l’atto si rivolge in disprezzo della fede e dell’autorità ecclesiastica e se l’atto si rivolge a danno delle anime, infatti il bene spirituale del prossimo deve essere preferito al nostro bene temporale. [778]

Sottolineo: l’impotenza morale non scusa dal compimento della Legge divina se l’atto si rivolge in disprezzo della fede e dell’autorità ecclesiastica e se l’atto si rivolge a danno delle anime, infatti il bene spirituale del prossimo deve essere preferito al nostro bene temporale.

Aggiungo che in caso di impotenza morale l’uomo resta obbligato all’osservanza di tutta Legge ma è scusato per la sua inadempienza nei limiti in cui tale impotenza scusa.

Se dunque le parole del p. Kiely vanno nel senso che il soggetto pur essendo chiaramente impegnato a vivere la norma divina è impotente assolutamente ad attuarla immediatamente occorre affermare che tale impossibilità scusa gli eventuali atti contrari alla legge positiva sia affermativa che negativa e alle norme affermative e negative della Legge naturale e della Legge divina positiva sempreché tale impotenza non sia indotta da lui stesso per non osservare tale norma.

L’impotenza assoluta scusa, infatti, da ogni legge.

Se le parole del p. Kiely vanno nel senso che il soggetto pur essendo chiaramente impegnato a vivere la norma divina è impotente moralmente ad attuarla, tale impossibilità toglie ogni colpevolezza agli eventuali atti contrari alla legge positiva sia affermativa che negativa e alle norme affermative della Legge naturale e della Legge divina positiva, ma non scusa se l’atto si rivolge contro le norme negative della Legge naturale e della Legge divina positiva; inoltre l’impotenza morale non scusa se l’atto si rivolge in disprezzo della fede e dell’autorità ecclesiastica e se l’atto si rivolge a danno delle anime, infatti il bene spirituale del prossimo deve essere preferito al nostro bene temporale.

Sottolineo: se le parole del p. Kiely vanno nel senso che il soggetto, pur essendo chiaramente impegnato a vivere la norma divina, è impotente moralmente ad attuarla, tale impossibilità non scusa dagli atti contrari alle norme negative della Legge naturale e della Legge divina positiva, non scusa inoltre se l’atto si rivolge in disprezzo della fede e dell’autorità ecclesiastica e se l’atto si rivolge a danno delle anime, infatti il bene spirituale del prossimo deve essere preferito al nostro bene temporale.

L’argomento che stiamo trattando ci porta a domandarci se l’impegno di cui parla il prof. Kiely è sufficiente per una valida assoluzione, esamineremo questo tema nel prossimo paragrafo.

 

 

h,2) Precisazioni in ordine alla Confessione di un penitente impegnato a vivere la norma ma impossibilitato ad attuarla immediatamente; esame delle affermazioni di p. Kiely e del libro del Card. Coccopalmerio.

 

 

h,2,1) Dati teologici di base.

 

 

In ordine all’assoluzione del penitente sappiamo che occorre la contrizione che implica detestazione del peccato, dolore per esso e proposito di non più peccare.

Riprendiamo quello che dicemmo nel I volume a questo riguardo.

La mancanza di vera contrizione e di impegno ad attuare tutta la Legge di Dio rende falsa la Penitenza, come  il Concilio Lateranense II affermò[779]. Di falsi penitenti aveva già parlato Gregorio VII nel V Concilio Romano e nel VII Concilio Romano (P. L. 148 col. 801 . 815s), soprattutto nelle affermazioni del VII Concilio Romano (PL 148 col. 815s). Il santo Papa affermava in tali testi chiaramente che come il falso Battesimo non purifica l’anima, così la falsa Penitenza non distrugge il peccato commesso; perciò chi ha commesso un peccato grave deve affidarsi a buoni e prudenti sacerdoti e deve convertirsi sicché, lasciate le cattive azioni, permanga nelle buone azioni, cioè evidentemente nella vita secondo tutta la Legge di Dio. Se il peccatore si converte ha la vita di grazia altrimenti rimane nella morte spirituale.

La contrizione, precisa s. Tommaso, attua una ordinazione e conversione della mente a Dio  con l’aversione dal peccato , il dolore per il peccato commesso e il proposito di non peccare più ( “Summa Contra Gentiles”, lib. 4 cap. 72 n. 4.) che è il proposito di vivere secondo tutta la Legge divina, nella carità … e la Legge divina comanda di vivere tutti i suoi precetti e di fuggire le cosiddette occasioni prossime di peccato.[780]

In questa linea il Concilio di Trento ha dichiarato: “… che questa contrizione include non solo la cessazione del peccato e il proposito e l’inizio di una nuova vita, ma anche l’odio della vecchia vita, conforme all’espressione: Allontanate da voi tutte le vostre iniquità, con cui avete prevaricato e costruitevi un cuore nuovo ed un’anima nuova (Ez. 18,31)”. [781]

Quindi la contrizione include evidentemente l’impegno a vivere secondo tutta la Legge di Dio e a non violarla con il peccato; il Catechismo Romano, riportando un passo dello stesso Concilio di Trento afferma: “Ecco come definiscono la contrizione i Padri del concilio di Trento: La contrizione è un dolore dell’animo e una detestazione del peccato commesso con il proposito di non più peccare per l’avvenire (Sess. 14, e. 4)”[782] … il proposito di non peccare più è evidentemente il proposito di vivere secondo tutta la Legge divina; infatti nello stesso Catechismo[783] troviamo scritto: “Da quanto abbiamo detto è facile dedurre le condizioni necessarie per una vera contrizione, condizioni che devono essere spiegate ai fedeli con la maggiore diligenza, affinché tutti sappiano con quali mezzi possano acquistarla, e abbiano una norma sicura per discernere fino a qual punto siano lontani dalla perfezione di essa. La prima condizione è l’odio e la detestazione di tutti i peccati commessi. Se ne detestassimo soltanto alcuni, la contrizione non sarebbe salutare, ma falsa e simulata, poiché scrive san Giacomo: Chi osserva tutta la legge e in una sola cosa manca, trasgredisce tutta la legge (Gc 2,10).” [784]

Ulteriormente, nello stesso Catechismo leggiamo: ” La seconda è che la contrizione comprenda il proposito di confessarci e di fare la penitenza: cose di cui parleremo a suo luogo. La terza è che il penitente faccia il proposito fermo e sincero di riformare la sua vita. …

Del resto la natura e la ragione mostrano chiaramente che vi sono due cose assolutamente necessarie, per rendere la contrizione vera e sincera: il pentimento dei peccati commessi, e il proposito di non commetterli più per l’avvenire. Chiunque si vuole riconciliare con un amico che ha offeso, deve insieme deplorare l’ingiuria fatta, e guardarsi bene, per l’avvenire, dall’offendere di nuovo l’amicizia. Queste due cose devono necessariamente essere accompagnate dall’obbedienza, poiché è giusto che l’uomo obbedisca alla legge naturale, divina e umana alle quali è soggetto. Pertanto, se un penitente ha rubato con violenza o con frode qualche cosa al suo prossimo, è obbligato alla restituzione; se ha offeso la sua dignità e la sua vita con le parole o con i fatti, deve soddisfarlo con la prestazione di qualche servizio o di qualche beneficio. E noto a tutti, in proposito, il detto di sant’Agostino: Non è rimesso il peccato, se non si restituisce il maltolto (Epist. CL3,6,20).”[785]

Anche alcune condanne emanate dai Pontefici, nella linea delle affermazioni del Concilio di Trento, riaffermano la necessità della vera contrizione che implica evidentemente  l’impegno a vivere secondo tutta la Legge di Dio.[786]

Il proposito che rende una Confessione valida deve essere: fermo, efficace e universale[787].

Dice s. Alfonso M. de Liguori “Propositum firmum importat ut poenitens habeat voluntatem omnino deliberatam non recidendi; et sit animo ita dispositus, ut nullius mali timore et nullius boni cupidine, peccatum in posterum admittere velit.” [788]

La fermezza del proposito importa che il penitente abbia la volontà deliberata di non ricadere in peccato e sia disposto in modo da escludere assolutamente il peccato.

L’universalità del proposito implica che il penitente si proponga di non commettere peccati gravi, s. Alfonso M. de Liguori afferma tale universalità[789] basandola sulla dottrina di s. Tommaso che dice: “Et ideo poenitentia de peccatis mortalibus requirit quod homo proponat abstinere ab omnibus et singulis peccatis mortalibus.” (III, q. 87 a.1 ad 1), spiega s. Alfonso inoltre che tale requisito è necessario in particolare sulla base di ciò che dice il Concilio di Trento[790]

L’efficacia del proposito implica che sia adatto a realizzare ciò che si propone “Requiritur ut propositum sit efficax, id est aptum efficere quod proponitur. Et ideo oportet quod poenitens non solum proponat peccatum vitare, sed etiam media adhibere ad peccatum vitandum, et signanter occasiones proximas peccandi; ut communiter docent doctores.” [791]

In un’altra opera s. Alfonso afferma ugualmente: “Tre sono le condizioni del vero proposito per la confessione: dee esser fermo, universale, ed efficace.

E per I. dee esser fermo, in modo il penitente abbia animo risoluto di non peccare in qualunque caso. … Per II. Il proposito dev’essere universale (parlando de’ peccati mortali), come insegnano tutti con s. Tommaso[792] ; né debbono sentirsi alcuni aa., i quali dicono, che come vale il dolore particolare, così può valere ancora il proposito particolare; poiché si risponde, che il dolore particolare si ammette perché il dolore riguarda i soli peccati commessi; ma non può ammettersi il proposito particolare, mentre ciascuno ha d’aver la volontà d’evitare tutti i peccati mortali che può commettere; perciò il Tridentino, parlando del dolore, dice, Dolor, ac detestatio de peccato commisso; ma parlando del proposito dice, cum proposito peccandi de cetero. Si è detto de’ peccati mortali, perché in quanto a’ veniali è certo con s. Tommaso[793], che basti il proporre di astenersi da alcuno, senza che si proponga l’astenersi dagli altri[794]. Del resto (come dicono Suar., Croix ec.) ben l’uomo può proporre di fuggire tutti i veniali deliberati, ed in quanto agl’indeliberati basta proporre di fuggirli per quanto comporta l’umana fragilità, come dice lo stesso angelico al luogo citato.

Per III. dev’esser efficace, cioè che l’uomo proponga, non solo di non commettere peccati, ma anche di prendere i mezzi opportuni per evitarli, specialmente di rimuovere le occasioni prossime. … Resta solamente qui a vedere, se per la confessione basta il proposito virtuale incluso nel dolore. Qui vi sono tre sentenze. La 1. sentenza lo nega con Scoto, Cano, Gaetano, Toledo, Conc. ec., e lo ricavano dal trid.1, dove par che si richieda il proposito formale, dicendosi che la prima parte essenziale della penitenza è il dolore, cum proposito non peccandi de cetero. La 2. sentenza che tengono Laym., Nav., Carden., e che la chiama moralmente certa Lugo ec., l’afferma sempre che il dolore sia per motivo universale; ed anche questo si fonda sul concilio, dove si dice, che l’attrizione se esclude la volontà di peccare, già dispone alla grazia. Ed a questa aderì Benedetto XIII. nel concil. rom., in cui approvò l’istruzione ivi posta al popolo, dove si dice2 che chi non ha meno l’attrizione col fermo proposito, almeno implicito, di non peccare più, non riceve il perdono. La 3. sentenza con Suar., Bellarm., Bonac., ed Holzm., il quale la chiama comune, distingue e dice, che se ‘l penitente niente pensa al futuro, come facilmente può accadere agl’infermi prossimi a morire, allora basta il proposito implicito. Altrimenti poi dee dirsi di chi pensa al futuro, perché (come dice lo stesso concilio) la contrizione contiene così la cessazione del peccato, come l’incominciamento di nuova vita, secondo quel d’Ezechiele: proiicite a vobis iniquitates… et facite vobis cor novum3. Del resto, perché la prima sentenza è abbastanza probabile, prima del fatto quella dee seguirsi: ma dopo il fatto, se taluno in buona fede s’è confessato col proposito implicito, non è tenuto a ripetere le confessioni, come dicono Bellarm., Suarez, Vasq., Bonac., ed altri comunemente, mentre chi probabilmente ha ricevuto il sacramento valido non è obbligato a ripeterlo, poiché allora cessa il pericolo dell’ingiuria del sacramento di frustrarlo4.”[795] La vera contrizione include il proposito di vivere secondo tutta la Legge di Dio, nella carità, e quindi di non peccare. In tale proposito deve essere incluso l’impegno di fuggire le occasioni prossime di peccato perché la Legge di Dio non solo comanda di fuggire i peccati ma anche le occasioni[796]

In un’altra sua opera s. Alfonso afferma: “ Ora per esser vero il proposito, ha da avere tre condizioni, dee esser fermo, universale ed efficace.

Per 1. dee esser fermo, sì che proponga risolutamente il penitente di patir prima ogni male che di offendere Dio. … il vero proposito, come ho detto di sopra, è una volontà ferma e risoluta di soffrire qualunque male prima che di tornar a peccare. … Dio è più forte del demonio, e coll’aiuto suo possiamo vincere tutte le tentazioni dell’inferno. … Chi nelle tentazioni si raccomanda a Dio, non mai cadrà. …

Per 2., il proposito dee essere universale, cioè di evitare ogni peccato mortale. …

… perché in quanto a’ peccati veniali, uno può aver il proposito di fuggire un peccato veniale, ed un altro no, e con tal proposito può esser buona la confessione. .

Per 3., il proposito dee essere efficace, viene a dire che ci faccia prendere i mezzi per evitare in avvenire il peccato; ed uno de’ mezzi più necessari per fare un buon proposito è di fuggire l’occasione di tornare a peccare. Attenti a questo punto, perché se gli uomini attendessero a fuggire le male occasioni, da quanti peccati si asterrebbero, e così quante anime non resterebbero dannate! Il demonio senza l’occasione poco guadagna; ma quando la persona volontariamente si mette nell’occasione, specialmente di peccati disonesti, è moralmente impossibile che non vi cada.” [797]

Nella linea di quanto detto finora,  leggiamo alcune importanti affermazioni diffuse dalla Sacra Congregatio de Propaganda Fide (indicata qui spesso con S. C. d. P. F.).  Anzitutto  leggiamo che in vari casi è necessario negare l’assoluzione perché manca la vera contrizione e il penitente non è disposto ad allontanarsi dal peccato e a fuggire le occasioni prossime di peccato etc. [798]

Evidentemente non vanno assolti coloro che non si impegnano seriamente a vivere secondo i 10 comandamenti e a fuggire le occasioni prossime di peccato.

Inoltre, secondo la Sacra Congregatio de Propaganda Fide:  i Confessori prima di assolvere devono vedere se nelle anime dei penitenti c’è la vera contrizione che si richiede per l’integrità del Sacramento, quindi devono vedere se in costoro c’è il vero odio dei peccati, se c’ è realmente, e non solo a parole,  vero odio per la vita di peccato e se c’è l’inizio reale della nuova vita in Cristo etc., in questa linea vengono raccomandate le istruzioni date su questo punto da s. Carlo Borromeo, e la nuova vita di cui si parla è quella legata alla contrizione e alla carità che implica l’impegno serio a vivere secondo tutta la Legge di Dio.[799]

Il Catechismo di s. Pio X afferma in questa linea: ““731. In che consiste il proponimento? Il proponimento consiste in una volontà risoluta di non commettere mai più il peccato e di usare tutti i mezzi necessari per fuggirlo.

  1. Quali condizioni deve avere il proponimento per essere buono? Il proponimento, affinché sia buono, deve avere principalmente tre condizioni: deve essere assoluto, universale ed efficace.
  2. Che cosa vuoi dire: proponimento assoluto? Vuol dire che il proponimento deve essere senza alcuna condizione di tempo, di luogo, o di persona.
  3. Che cosa vuol dire: il proponimento deve essere universale? Il proponimento deve essere universale, vuoi dire che dobbiamo voler fuggire tutti i peccati mortali, tanto quelli già altre volte commessi, quanto altri che potremmo commettere.
  4. Che cosa vuoi dire: il proponimento deve essere efficace?   Il proponimento deve essere efficace, vuol dire che bisogna avere una volontà risoluta di perdere prima ogni cosa che commettere un nuovo peccato, di fuggire le occasioni pericolose di peccare, di distruggere gli abiti cattivi, e di adempiere gli obblighi contratti in conseguenza dei nostri peccati.”[800]

Il famoso moralista Merkelbach affermava che la vera contrizione deve includere  “propositum includere non peccandi de cetero, quod sit a) verum seu absolutum, b) firmum, c) efficax, d) universale.”[801]

Rispetto a s. Alfonso Merkelbach afferma che il proposito deve essere vero o assoluto e fermo:

1) per vero o assoluto si intende che : “debet existere hic et nunc voluntas absoluta non peccandi iterum, sed peccatum cavendi in posterum.” cioè deve esistere qui e ora la volontà di non peccare nuovamente e di evitare il peccato in avvenire;

2) per fermo si intende che: “ i. e. ita in voluntate radicatum ut hic et nunc adsit voluntas non peccandi, non obstante cuiuscumque mali metu vel cuiuscumque boni amore; quare neganda foret absolutio ei qui non sit hic et nunc dispositus, ut generaliter malit omne malum pati et quovis bono carere, potius quam Deum iterum offendere.”[802]

Scriveva s. Giovanni Paolo II nell’ enciclica Dominum et Vivificantem al n. 42 “Senza una vera conversione, che implica una interiore contrizione e senza un sincero e fermo proposito di cambiamento, i peccati rimangono «non rimessi», come dice Gesù e con lui la Tradizione dell’Antica e della Nuova Alleanza.”

Il Card. De Paolis ebbe a dire riguardo a questo punto della contrizione, riferendosi in particolare ai divorziati risposati “Una seconda norma di diritto divino è che la sessualità è lecita soltanto tra persone congiunte in matrimonio; questo implica che chi convive con una persona che, secondo le leggi della Chiesa non è coniuge, si trova in una situazione grave di peccato che esclude dall’accesso all’Eucaristia, e non solo, ma non può ricevere neppure il sacramento della penitenza, perché questo implica che il penitente non può essere assolto perché intende e se intende perseverare in quella situazione. Infatti l’assoluzione implica che vi sia il pentimento e il proposito di non ripetere il peccato.” [803]

Ulteriormente lo stesso Cardinale affermò: “Legge divina: il sacramento della penitenza. Qualsiasi peccato per quanto grave esso possa essere, può essere perdonato da Dio e dalla Chiesa. Per ricevere tuttavia l’assoluzione sacramentale si richiede il pentimento per il peccato e il proposito di non ricadere e quindi  di fuggire le occasioni di peccato.”[804]

Concludo con un illuminante testo del Catechismo Romano: “ Che se l’uomo può essere giustificato, e da malvagio divenire buono, anche prima di praticare nelle azioni esterne le singole prescrizioni della Legge; non può pero, chi abbia già l’uso della ragione, trasformarsi da peccatore in giusto, se non sia disposto a osservare tutti i comandamenti di Dio.”[805]

Sulla base di quanto abbiamo appena detto e di quanto dicemmo perché un proposito sia adeguato in ordine ad una valida Confessione deve essere parte della contrizione o dell’attrizione, quindi deve attuarsi sotto l’azione di Dio e deve essere unito alla detestazione del peccato e al dolore per il peccato commesso.

Il proposito di cui stiamo parlando deve includere il proposito di fuggire le occasioni prossime di peccato, mancando il quale la Confessione è invalida, come dicemmo riportando la dottrina della Chiesa a riguardo[806].

Riguardo alla detestazione o odio del peccato occorre ricordare che s. Tommaso parla di questo odio al peccato in varie testi, tra i quali il seguente: “Ad octavum dicendum, quod Deus non odit in aliquo quod suum est, scilicet bonum naturale vel quodcumque aliud, sed solum illud quod suum non est, scilicet peccatum; et sic etiam nos in hominibus debemus diligere quod Dei est, et odire quod est alienum a Deo;  et  secundum    hoc   dicitur  in   Psalm. CXXXVIII,  22:  perfecto odio oderam illos.” (De virtutibus, q. 2 a. 8 ad 8.)

Afferma il Catechismo Tridentino al n. 249 :“Poiché la perfetta contrizione è un atto di carità che procede dal timore filiale, ne segue che la misura della contrizione dev’essere la carità. Siccome la carità con cui amiamo Dio è la più grande, ne segue che la contrizione deve portar con sé un veementissimo dolore di animo. Se dobbiamo amare Dio sopra ogni cosa, dobbiamo anche detestare sopra ogni cosa ciò che da lui ci allontana. Giova qui notare che la Scrittura adopera i medesimi termini per esprimere l’estensione della carità e della contrizione. Dice infatti della carità: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore” (Dt 6,5; Mt 22,37; Mc 12,30; Lc 10,27); della seconda il Signore dice per bocca del profeta: “Convertitevi con tutto il vostro cuore” (Gl 2,12). In secondo luogo, come Dio è il primo dei beni da amare, così il peccato è il primo e il maggiore dei mali da odiare. Quindi, la stessa ragione che ci obbliga a riconoscere che Dio deve essere sommamente amato, ci obbliga anche a portare sommo odio al peccato. Ora, che l’amore di Dio si debba anteporre a ogni altra cosa, sicché non sia lecito peccare neppure per conservare la vita, lo mostrano apertamente queste parole del Signore: “Chi ama suo padre o sua madre più di me, non è degno di me” (Mt 10,37); “Chi vorrà salvare la sua vita, la perderà” (Mt 16,25; Mc 8,35).”  (Dal  Catechismo Tridentino, ed. Cantagalli 1992, n.249)

Le caratteristiche del dolore necessario per una valida contrizione appaiono molto ben spiegate sinteticamente nel seguente testo del Catechismo Maggiore di s. Pio X  laddove afferma: “682. Che cosa è la contrizione, ossia il dolore dei peccati?

La contrizione ossia il dolore dei peccati, è un dispiacere dell’animo, pel quale si detestano i peccati commessi e si propone di non farne più in avvenire.

… “4. – Del dolore

  1. Che cosa il dolore dei peccati?

Il dolore dei peccati consiste in un dispia-cere ed in una sincera detestazione dell’offesa fatta a Dio.

  1. Di quante sorta è il dolore?

Il dolore è di due sorta: perfetto, ossia di contrizione; imperfetto, ossia di attrizione.

  1. Qual è il dolore perfetto, o di contrizione?

Il dolore perfetto è il dispiacere di avere offeso Dio, perché infinitamente buono e de-gno per se stesso di essere amato.

… 713. Qual è il dolore imperfetto o di attrizione?

Il dolore imperfetto o di attrizione è quello per cui ci pentiamo di avere offeso Dio, co-me sommo Giudice, cioè per timore dei ca-stighi meritati in questa o nell’altra vita o per la stessa bruttezza del peccato.

  1. Quali condizioni deve avere il dolore per essere buono?

Il dolore per essere buono, deve avere quattro condizioni: deve essere interno, so-prannaturale, sommo e universale.

  1. Che cosa vuoi dire che il dolore deve essere interno?

Vuoi dire che deve essere nel cuore e nella volontà e non nelle sole parole.

  1. Perché il dolore dev’essere interno?

Il dolore deve essere interno, perché la volontà che si è allontanata da Dio col peccato, deve ritornare a Dio detestando il peccato commesso.

  1. Che cosa vuol dire che il dolore deve essere soprannaturale?

Vuol dire che deve essere eccitato in noi dalla grazia del Signore e concepito per mo-tivi di fede.

  1. Perché il dolore dev’essere soprannaturale?

Il dolore deve essere soprannaturale, perché è soprannaturale il fine a cui si dirige, cioè il perdono di Dio, l’acquisto della grazia santificante ed il diritto alla gloria eterna.

  1. Spiegate meglio la differenza tra il dolore soprannaturale e il naturale?

Chi si pente per avere offeso Dio infinita-mente buono e degno per se stesso di essere amato, per aver perduto il paradiso e meritato l’inferno, ovvero per la malizia intrinseca del peccato, ha un dolore soprannaturale perché questi sono motivi di fede: chi invece si pen-tisse solo pel disonore, o castigo che gli vie-ne dagli uomini, o per qualche danno pura-mente temporale, avrebbe un dolore naturale, perché si pentirebbe solo per motivi umani.

  1. Perché il dolore deve essere sommo?

Il dolore deve essere sommo, perché dob-biamo riguardare e odiare il peccato come sommo di tutti i mali, essendo offesa di Dio sommo Bene.

  1. Pel dolore dei peccati é forse neces-sario piangere, come alle volte si piange per le disgrazie di questa vita?

Non è necessario che materialmente si pianga pel dolore dei peccati; ma basta che nel cuore si faccia più gran caso di avere offeso Dio, che di qualunque altra disgrazia.

  1. Che vuol dire che il dolore deve es-sere universale?

Vuol dire che deve estendersi a tutti i peccati mortali commessi.

  1. Perché il dolore deve estendersi a tut-ti i peccati mortali commessi?

Perché chi non si pente anche di un solo peccato mortale, rimane nemico di Dio.”

Offrendoci una ottima sintesi sulle disposizioni necessarie per una valida confessione Merkelbach afferma: “ Contritio … quibusdam vestiri conditionibus, scil. esse a) veram et internam, b) supernaturalem, c) summam, d) universalem 2) propositum includere non peccandi de cetero, quod sit a) verum seu absolutum, b) firmum, c) efficax, d) universale; 3) insuper ordinari ad sacramentum Poenitentiae, si quis illud recipere et in eo remissionem peccati obtinere intendat.” [807]

La contrizione deve essere vera, interna, soprannaturale, somma e universale, deve includere il proposito di non peccare più, tale proposito deve essere vero, fermo, efficace e universale, tale contrizione deve essere ordinata al Sacramento della Confessione.

Il Rituale spiega: “Il sacerdote dovrà considerare attentamente quando e a chi l’assoluzione sia da impartire, o da negare, o da differire; non avvenga che egli assolva chi è incapace di tale benefi-cio, come sarebbe: chi non dà nessun segno di dolore; chi non vuole deporre un odio o una inimi-cizia; o chi, potendolo, non vuole restituire l’altrui; chi non vuole lasciare un’occasione prossima di peccato, o altrimenti abbandonare una via di peccato ed emendare la sua vita in meglio; chi ha da-to scandalo in pubblico, salvo che dia una pubblica soddisfazione e rimuova lo scandalo; chi è in-corso in peccati riservati ai Superiori.”

 

 

h,2,2) Precisazioni sulle parole del prof. Kiely citate da mons. Fernández.

 

 

Ordunque, sulla base di quanto visto nel precedente paragrafo, cosa dire riguardo all’impegno di cui parla il prof. Kiely? Può stare con la contrizione o con l’attrizione e può essere elemento di una Confessione valida?

Riprendiamo il testo del padre gesuita citato: “un compromiso sincero con respecto a una norma determinada puede no llevar inmediatamente a acertar en la observancia de semejante norma”.[808]

Traduzione: “un impegno sincero rispetto ad una determinata norma può non portare immediatamente a realizzare l’osservanza di tale norma.”

Sulla base di quanto detto finora dobbiamo affermare che per una assoluzione valida non basta solo un impegno sincero rispetto ad una determinata norma per un’assoluzione sacramentale valida, occorre che il penitente abbia dolore dei peccati (e una detestazione inclusa  nel dolore) con le caratteristiche viste nel precedente paragrafo ed abbia un proposito vero, fermo, universale ed efficace di non peccare, come detto. Se questo c’è l’assoluzione è valida.

Chiaramente il proposito necessario per una valida assoluzione implica l’impegno ad attuare subito, con l’aiuto di Dio, tutta la Legge divina nella carità.

Il Catechismo di s. Pio X è molto chiaro a riguardo:

  1. Quali condizioni deve avere il proponimento per essere buono? Il proponimento, affinché sia buono, deve avere principalmente tre condizioni: deve essere assoluto, universale ed efficace.
  2. Che cosa vuoi dire: proponimento assoluto? Vuol dire che il proponimento deve essere senza alcuna condizione di tempo, di luogo, o di persona.
  3. Che cosa vuol dire: il proponimento deve essere universale? Il proponimento deve essere universale, vuoi dire che dobbiamo voler fuggire tutti i peccati mortali, tanto quelli già altre volte commessi, quanto altri che potremmo commettere.
  4. Che cosa vuoi dire: il proponimento deve essere efficace?

Il proponimento deve essere efficace, vuol dire che bisogna avere una volontà risoluta di perdere prima ogni cosa che commettere un nuovo peccato, di fuggire le occasioni pericolose di peccare, di distruggere gli abiti cattivi, e di adempiere gli obblighi contratti in conseguenza dei nostri peccati.”[809]

Se il soggetto non ha un tale proposito non può essere validamente assolto.

 

 

h,2,3) Precisazioni sulle affermazioni del Cardinale Coccopalmerio nel suo libro circa l’interpretazione di Amoris laetitia.

 

 

h,2,3,1) Superficialità sconcertante del Cardinale che diffonde gravi errori dottrinali e anzitutto “dimentica” che il primo dovere di ogni cristiano è amare Dio soprattutto e quindi obbedire anzitutto alla sua Legge!

 

 

La Croce sacra sia la nostra luce.

Esaminiamo ora un testo, che vedemmo più superficialmente nel I volume, scritto dal Cardinale Coccopalmerio, un porporato italiano esperto in Diritto Canonico; [810] torniamo a studiare questo libro perché ha una stretta relazione con quanto abbiamo visto nelle pagine precedenti.

Il testo è un commento al capitolo ottavo dell’ Amoris Laetitia.

Il libro è di una superficialità, a livello teologico, impressionante; al di fuori di un testo del Concilio Vaticano II non presenta citazioni e dati della Tradizione per evidenziare cosa afferma la sana dottrina e confrontarla seriamente e profondamente con ciò che dice Papa Francesco.

Anzitutto il prelato riporta testi dell’Amoris laetitia che indicherebbero, secondo lui, la volontà da parte del Papa di restare fermo nella sana dottrina[811], in realtà noi sappiamo che l’Amoris Laetitia è vera e propria sovversione radicale della sana dottrina cattolica come prova anche tutto questo libro in 3 volumi e come provano tantissimi testi di autori che hanno criticato tale esortazione.

Il Cardinale poi esamina, con testi di Amoris Laetitia, le condizioni per cui un soggetto che vive in situazione di oggettivo peccato grave potrebbe essere in grazia santificante e afferma che tali condizioni attengono a:

1) “una eventuale ignoranza della norma”;

2) “grande difficoltà nel comprendere i valori insiti nella norma morale”;

3) “condizioni concrete che non… permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa”, “fattori che limitano la capacità di decisione”. [812]

Il porporato conclude: “La prima e la seconda motivazione richiedono attenzione e discernimento. L’ attività pastorale, da una parte, deve procurare che le coscienze dei fedeli siano formate alla conoscenza della norma.”

Il Cardinale non precisa che l’ignoranza che evita la responsabilità per la violazione di una norma divina è quella non colpevole.

Il porporato non precisa, inoltre, che la condizione n. 2 in quanto riferita a fedeli cattolici, come visto più sopra, non è un’attenuante che renda veniale un peccato grave infatti le norme che Dio presenta attraverso la sua Parola, specie le norme negative, vanno credute e attuate e per fare questo non occorre comprendere i valori di tali norme  … ripeto: le norme citate vanno credute e attuate e per fare questo non occorre comprendere i valori di tali norme!

È un atto moralmente grave violare in materia grave la Legge divina semplicemente per la mancata comprensione dei valori insiti in esse, come vedemmo più sopra.

Riguardo a coloro che sono in “condizioni concrete che non… permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa” Coccopalmerio afferma che ciò riguarda la separazione dei divorziati risposati ma non precisa che il testo può riguardare, analogicamente, anche altri casi in cui il soggetto non è in condizioni tali da poter agire diversamente senza una nuova colpa.

Il prelato a questo proposito riporta un testo di Amoris Laetitia in cui si parla di: “… una seconda unione consolidata nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione e grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe. La Chiesa riconosce situazioni in cui «l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione» (Familiaris consortio, 84)” (Amoris Laetitia n. 298).

Secondo il Cardinale le “condizioni concrete che non … permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa” e i “fattori che limitano la capacità di decisione”, sono, in questa linea:

a)“nuova unione consolidata nel tempo”

b) “con nuovi figli”

c) “con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano”

d) “consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione”

e) “grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe”

f) “seri motivi”

g) “non possono soddisfare l’obbligo della separazione”.

Il Cardinale, alla p. 21, ci offre un esempio di una persona che ha delle attenuanti o scusanti nella linea ora indicata e che perciò può continuare a compiere atti adulterini e ricevere i Sacramenti secondo la dottrina dell’Amoris Laetitia: “… ricorriamo a un caso concreto, cioè al caso di una donna che è andata a convivere con un uomo sposato canonicamente e abbandonato dalla moglie con tre bambini ancora piccoli. Precisiamo che questa donna ha salvato l’uomo da uno stato di profonda prostrazione, probabilmente dalla tentazione di suicidio; ha allevato i tre bambini non senza notevoli sacrifici; è nato un nuovo figlio; la loro unione dura ormai da dieci anni. Questa donna sa di essere in una situazione irregolare. Vorrebbe sinceramente cambiare vita. Ma, evidentemente, non lo può. Se, infatti, lasciasse l’ unione, l’uomo tornerebbe nella condizione di prima, i figli resterebbero senza mamma. Lasciare l’unione significherebbe, dunque, non adempiere gravi doveri verso persone di per sé innocenti. È perciò evidente che non potrebbe avvenire “senza una nuova colpa”.”

Le affermazioni del prelato sono purtroppo errate laddove affermano che la donna vorrebbe sinceramente cambiare vita ma, evidentemente, non lo può, se, infatti, lasciasse l’ unione, l’uomo tornerebbe nella condizione di prima, i figli resterebbero senza mamma.

La donna può e deve anzitutto vivere secondo la Legge di Dio che le comanda assolutamente di cessare dall’adulterio e cambiare vita in questo senso; il suo obbligo principale e assoluto è questo.

I gravi doveri sono anzitutto verso Dio!

La donna può e deve allontanarsi dall’uomo se con lui non riesce a vivere secondo la Legge di Dio, cioè se l’uomo la porta a cadere in atti gravi contro la Legge di Dio.

La cura per i suoi figli viene sempre dopo la cura che lei deve avere per la sua anima e per l’attuazione della Legge divina.

I suoi atti gravi di adulterio con l’uomo indicato sono gravemente dannosi per lui, per lei e danneggiano i figli della donna e quelli dell’uomo.

Le parole del Cardinale sono radicalmente devianti dalla sana dottrina e mostrano anche fede molto misera.

L’autore, si noti bene, non muove critica agli errori di Amoris Laetitia, ma anzi mostra fondamentalmente di accettarli e sostenerli e cade lui stesso in gravi errori.

 

 

h,2,3,2) 6 grossi errori del Cardinale riguardo al proposito in Amoris Laetitia.

 

 

In particolare  riguardo al proposito necessario per la validità della Confessione, il porporato afferma che l’Amoris Laetitia rispetta la dottrina per cui, in ordine ad una valida Confessione, è necessario un vero proposito di non peccare infatti tale Esortazione permette l’assoluzione di fedeli che hanno coscienza della situazione di peccato in cui si trovano ed hanno l’impegno di cambiare anche se sono impossibilitati a farlo (p. 29).

Invece, continua il porporato, non possono essere assolti coloro che sanno di essere in peccato e possono cambiare ma non hanno intenzione di farlo. (p. 29)

Il Cardinale milanese in realtà commette non uno ma cinque errori con queste affermazioni infatti:

1) i casi indicati dal Cardinale, sulla base delle parole del Papa, come di situazioni di impossibilità sono, ordinariamente, semplicemente situazioni di grande difficoltà, le sue parole appaiono imprecise e devianti;

2 ) la lettera dei Vescovi argentini[813] e quindi l’Amoris Laetitia non parlano di assoluta necessità del proposito per essere assolti, come visto in precedenza, e quindi evidentemente permettono che si dia l’assoluzione anche a chi non ha tale proposito ed ha dei condizionamenti e delle difficoltà nell’osservare la Legge divina;

3)il proposito necessario per una valida Confessione non è quello che Coccopalmerio indica, ma è un impegno assoluto, universale, efficace di non peccare;

4)chi è incapace di un tale proposito assoluto, universale, efficace, di non peccare è incapace di ricevere l’assoluzione; le persone di cui parla il prelato sono dunque incapaci di ricevere l’assoluzione;

5) l’ Amoris Laetitia non rispetta la sana dottrina circa la necessità di un vero proposito di non peccare per una valida Confessione;

6) il porporato milanese rende praticamente possibile al Confessore dispensare il penitente dall’osservanza dei comandamenti. [814]

Esaminiamo più specificamente questi errori.

1) Diciamo subito che il Papa e i suoi collaboratori non sottolineano direttamente che per le persone di cui essi parlano è impossibile attuare la Legge di Dio, il Papa e i suoi collaboratori non dicono che queste persone sono assolutamente impotenti a proporsi e ad attuare la Legge di Dio , il Pontefice e i suoi collaboratori evidenziano che queste persone hanno delle significative difficoltà ad osservare la Legge di Dio a causa di vari condizionamenti.

L’Amoris Laetitia non parla di impossibilità se non 5 volte ( nn. 46.100.109.273.286) e mai si riferisce ad essa a partire dal n. 280, mai si riferisce ad essa quando parla di “Accompagnare, discernere, integrare la fragilità”(nn. 291ss), cioè quando parla di situazioni “irregolari”.

Le affermazioni del Cardinale che, commentando l’Amoris Laetitia, parlano di impossibilità appaiono devianti da una diretta esegesi del testo papale.

Tuttavia la dottrina che Papa Francesco presenta riguardo al bene possibile, e che vedremo più avanti, apre la porta a considerare certi atti come impossibili.

Il Cardinale non precisa bene la dottrina cattolica, non spiega la differenza tra impossibilità assoluta e impossibilità morale, e fa passare per situazioni praticamente di assoluta impossibilità casi che non sono tali.

Le situazioni di cui parla il Cardinale Coccopalmerio dalla pag. 17 alla pag. 27 del suo libro, commentando Amoris Laetitia, e che, a suo parere, rendono impossibile l’osservanza del VI comandamento, sono, ordinariamente, sulla base delle affermazioni papali, situazioni di grande difficoltà, e quindi superabili con l’aiuto di Dio e in particolare con l’aiuto del Confessore che illumina l’anima del penitente attraverso la sana dottrina, con la preghiera  e con la grazia divina, come disse s. Giovanni Paolo II “… non sarà fuori luogo ricordare che la fede insegna la possibilità di evitare il peccato con l’aiuto della grazia [815][816]; non sono ordinariamente situazioni che rendono impossibile assolutamente l’attuazione del VI comandamento.

Come dice il Concilio di Trento: “Dio infatti non comanda ciò che è impossibile, ma nel comandare ti esorta a fare tutto quello che puoi, a chiedere ciò che non puoi e ti aiuta perché tu possa; infatti “i comandamenti di Dio non sono gravosi” (cf. 1 Gv 5,3) e “il suo giogo è soave e il suo peso è leggero” (cf. Mt 11,30)».”[817]

In questa luce, tutti si devono impegnare radicalmente a pregare e ad osservare integralmente la Legge divina e in modo speciale le norme negative di essa; tali norme infatti, sono assolutamente obbligatorie.

Le grandi difficoltà ad attuare le norme negative del Decalogo non esentano dall’attuazione di esse infatti tali norme sono assolutamente obbligatorie sempre e per sempre.

Sottolineo che i casi indicati dal Papa e dal Cardinale Coccopalmerio sono per lo più casi di grave difficoltà o forse di impossibilità morale a compiere in particolare i comandi negativi della Legge divina, non casi di vera impossibilità assoluta; ora, i precetti negativi del Decalogo, come abbiamo già visto, valgono semper et pro semper e obbligano anche con grande disagio, cioè anche in caso di impotenza morale o di grande difficoltà: quindi i soggetti di cui parlano, ordinariamente, il Papa e il Cardinale sono pienamente obbligati ad osservare tali comandi negativi.

Ripeto: le grandi difficoltà ad attuare le norme negative del Decalogo non esentano dall’attuazione di esse infatti tali norme sono assolutamente obbligatorie sempre e per sempre.

Il cristiano, deve essere pronto anche al martirio per l’osservanza della Legge divina, PER QUESTO OCCORRE PREGARE INCESSANTEMENTE, MORTIFICARSI E FARE OPERE DI MISERICORDIA.

Dio ci aiuta ad osservare sempre e per sempre tali norme negative ma noi dobbiamo collaborare e ciò si attua anzitutto con la preghiera, per questo, come dice il testo, appena presentato, del Concilio di Trento occorre pregare intensamente e il Vangelo ci chiama a pregare incessantemente.

Il libro del Cardinale si conferma come deviante dalla sana dottrina anche per il fatto che non parla adeguatamente della necessità della preghiera e non invita intensamente a pregare.

2) Riguardo all’errore n. 2 sono eloquenti le parole del n. 6 della lettera dei Vescovi argentini che il Papa ha elevato a “Magistero autentico”, in esse si afferma in particolare riguardo ai divorziati risposati che, se possibile, vivano in castità, se ciò non è fattibile è possibile un cammino di discernimento, e quindi si aggiunge :“ Si se llega a reconocer que, en un caso concreto, hay limitaciones que atenúan la responsabilidad y la culpabilidad (cf. 301-302), particularmente cuando una persona considere que caería en una ulterior falta dañando a los hijos de la nueva unión, Amoris laetitia abre la posibilidad del acceso a los sacramentos de la Reconciliación y la Eucaristía (cf. notas 336 y 351). Estos a su vez disponen a la persona a seguir madurando y creciendo con la fuerza de la gracia.”[818]

Se si giunge a riconoscere che, nel caso concreto, esistono limitazioni che attenuano la responsabilità e la colpevolezza (cfr. 301-302), soprattutto quando una persona ritiene che cadrebbe in un’ulteriore colpa nuocendo ai figli della nuova unione, Amoris Laetitia apre la possibilità di accesso ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia (cfr. note 336 e 351). Questi a loro volta dispongono la persona a continuare a maturare e a crescere con la forza della grazia.

Come si vede non si parla della necessità di un vero proposito per una valida Confessione.

Il presunto ghostwriter di Amoris Laetitia, l’attuale Cardinale Fernández, nel suo commento a tale Esortazione[819], non ha parlato della necessità di un vero proposito di non peccare, in ordine ad una valida assoluzione.

Anche altri testi di Vescovi che seguono il Papa nei suoi errori non hanno ribadito la necessità di un tale impegno (si pensi ai testi pubblicati dai Vescovi tedeschi e maltesi a commento di Amoris Laetitia).

La strategia che il Pontefice e questi suoi seguaci stanno attuando è evidentemente quella di cancellare attraverso l’oblio la dottrina sulla necessità del proposito di non peccare, in ordine ad una valida Confessione.

Il fatto che tale dottrina non sia citata e sottolineata come merita da questi prelati significa evidentemente che per loro essa non è importante e che non deve essere importante neppure per il Confessore cioè significa che il Papa sta cancellando in modo discreto ma netto questa dottrina; alcuni autori però, in chiara opposizione rispetto agli errori del Papa, hanno ribadito tale dottrina ed hanno messo in evidenza la necessità della contrizione in ordine ad una valida Confessione.

Il testo del Cardinale Coccopalmerio è quindi molto utile in ordine al sostegno dei gravi errori del Papa, perché afferma che la dottrina di Amoris Laetitia è perfettamente coerente con quella proclamata in particolare dal Concilio di Trento sulla necessità, in ordine ad una valida Confessione, del proposito di non peccare; come stiamo vedendo e come meglio vedremo, tale affermazione del suddetto porporato è falsa: la dottrina di Amoris Laetitia è in radicale opposizione rispetto a quella fissata dal Concilio citato e ribadita più volte dal Magistero.

3) L’errore n. 3 va individuato nel fatto che, secondo il Cardinale in oggetto, il proposito necessario per una valida Confessione è quello per cui il penitente si impegna a cambiare vita in futuro, anche se al momento non è in grado di attuare tale proposito “a motivo dell’impossibilità di farlo”(p. 29)

Notiamo subito che l’Amoris Laetitia presenta casi di difficoltà o grande difficoltà ad attuare la Legge di Dio, non parla di impossibilità se non 5 volte e mai si riferisce ad essa a partire dal n. 280, mai si riferisce ad essa quando parla di “Accompagnare, discernere, integrare la fragilità”(nn. 291ss), cioè quando parla di situazioni “irregolari”; tuttavia allorché parla di “bene possibile”, il Papa sottintende che alcuni atti possono essere impossibili ad un certo soggetto, quindi il fatto che Coccopalmerio parli di impossibilità non è una deviazione da ciò che fondamentalmente Francesco afferma.

Sottolineo che i casi indicati dal Papa e dal Cardinale Coccopalmerio sono per lo più casi di grave difficoltà o forse di impossibilità morale a compiere in particolare i comandi negativi della Legge divina, non casi di vera impossibilità assoluta; ora, i precetti negativi del Decalogo, come abbiamo già visto, valgono semper et pro semper e obbligano anche con grande disagio, cioè anche in caso di impotenza morale o di grande difficoltà: quindi i soggetti di cui parla il Papa e il Cardinale sono pienamente obbligati ad osservare tali comandi negativi.

Volendo poi precisare adeguatamente l’errore che stiamo vedendo del porporato milanese occorre considerare quanto segue.

Le affermazioni del porporato circa il proposito necessario per la Confessione sono nel senso che le persone che sono impossibilitate ad attuare il sesto comandamento possono proporsi di attuare questo comando quando sarà loro possibile, ma a questo riguardo va notato che l’osservanza di un comando negativo come il sesto implica che il fedele semplicemente debba non fare certi atti, perciò: l’impossibilità di cui parla il Cardinale è impossibilità a non compiere certi atti; ora:

a) se il soggetto è impossibilitato a non compiere tali atti, è dunque praticamente costretto a compierli, ma se è costretto e lui non vuole e prende tutte le precauzioni adatte per non peccare, tale costrizione è una violenza che il penitente subisce senza esserne colpevole, quindi: se si propone di non peccare per l’avvenire e di fuggire le occasioni prossime di peccato, e se ha una vera contrizione, può essere validamente assolto;

b) se invece il soggetto non vuole proporsi di non peccare o non vuole proporsi di fuggire le occasioni prossime di peccato, non può essere assolto validamente.

Ricordo inoltre che, come leggiamo nel Catechismo di s. Pio X :

“731. …  Il proponimento consiste in una volontà risoluta di non commettere mai più il peccato e di usare tutti i mezzi necessari per fuggirlo.

  1. … Il proponimento, affinché sia buono, deve avere principalmente tre condizioni: deve essere assoluto, universale ed efficace.
  2. Che cosa vuol dire: proponimento assoluto?

Vuol dire che il proponimento deve essere senza alcuna condizione di tempo, di luogo, o di persona.

  1. Che cosa vuol dire: il proponimento deve essere universale?

Il proponimento deve essere universale, vuol dire che dobbiamo voler fuggire tutti i peccati mortali, tanto quelli già altre volte commessi, quanto altri che potremmo commettere.

  1. Che cosa vuol dire: il proponimento deve essere efficace?

Il proponimento deve essere efficace, vuol dire che bisogna avere una volontà risoluta di perdere prima ogni cosa che commettere un nuovo peccato, di fuggire le occasioni pericolose di peccare, di distruggere gli abiti cattivi, e di adempiere gli obblighi contratti in conseguenza dei nostri peccati.”

Un proposito che manchi delle caratteristiche dette rende invalida l’assoluzione.

Questo significa ovviamente che il penitente, con l’aiuto di Dio, deve proporsi di non più peccare dal momento in cui si confessa e da allora deve proporsi di fuggire le occasioni prossime di peccato.

Se manca questo proposito l’assoluzione è invalida, come visto.

Ricordo anche che il Concilio di Trento richiede che la contrizione, e quindi il proposito, escluda assolutamente la volontà di peccare[820]; lo Spirito Santo guida le anime a non voler peccare.

Con l’aiuto di Dio Onnipotente, che ci ha dato la Legge e ci aiuta ad attuarla, e in particolare con l’aiuto della grazia, il penitente si deve proporre di non peccare più e quindi di non compiere certi atti gravi fin da subito e si deve anche proporre, fin da subito, di fuggire le occasioni prossime di peccato.

Le affermazioni del Cardinale secondo cui il proposito necessario per una valida Confessione è quello per cui il penitente si impegna a cambiare vita in futuro e non subito, perché attualmente non è in grado di attuare tale proposito “a motivo dell’impossibilità di farlo”(p. 29) sono dunque in chiara opposizione alla sana dottrina infatti:

a) il proposito che ogni fedele deve emettere per una valida Confessione è, secondo la sana dottrina come appena detto, un impegno assoluto, universale ed efficace di non peccare, tale proposito non è quello che indica il Cardinale, infatti, contrariamente a ciò che dice il porporato, il penitente, con l’aiuto di Dio, deve proporsi, per una valida Confessione, di non più peccare dal momento in cui si confessa e da allora deve proporsi di fuggire le occasioni prossime di peccato;

b) i soggetti veramente e assolutamente impossibilitati ad attuare la Legge di Dio, se non possono fare il proposito assoluto, universale ed efficace di non peccare per il quale si impegnano a non più peccare dal momento in cui si confessano e da allora si propongono di fuggire le occasioni prossime di peccato, sono incapaci a ricevere validamente l’assoluzione sacramentale; di questo parleremo più ampiamente qualche rigo più avanti.

Il proposito necessario per una valida assoluzione, infatti, come detto più sopra, si lega ad una vera detestazione del peccato e quindi al dolore per i peccati fatti, se il soggetto ha questo dolore e questa detestazione che si attuano sotto l’azione dello Spirito Santo è ovvio che si propone assolutamente e immediatamente di non peccare più.

4) Quanto appena detto ci introduce all’errore n. 4 del prelato che va individuato nel fatto che le sue affermazioni si oppongono alla sana dottrina per cui chi è incapace di un tale proposito assoluto, universale, efficace di non peccare, visto poc’anzi, è incapace di ricevere l’assoluzione; per tale dottrina le persone cui il Cardinale afferma che possa essere concessa una valida assoluzione sono in realtà incapaci di riceverla.

A questo riguardo occorre ricordare che chi è incapace di credere con la fede cattolica non può ricevere validamente questo Sacramento della Confessione, ugualmente chi non ha ricevuto il Battesimo è incapace a ricevere validamente la Confessione o la Cresima, in modo simile chi è incapace della contrizione, e quindi di un proposito assoluto, universale ed efficace di non peccare e perciò di evitare atti gravemente contrari ai comandi negativi della Legge divina, è evidentemente incapace a ricevere questo Sacramento della Penitenza[821].

Il Rituale spiega: “Il sacerdote dovrà considerare attentamente quando e a chi l’assoluzione sia da impartire, o da negare, o da differire; non avvenga che egli assolva chi è incapace di tale beneficio, come sarebbe: chi non dà nessun segno di dolore; chi non vuole deporre un odio o una inimicizia; o chi, potendolo, non vuole restituire l’altrui; chi non vuole lasciare un’occasione prossima di peccato, o altrimenti abbandonare una via di peccato ed emendare la sua vita in meglio; chi ha dato scandalo in pubblico, salvo che dia una pubblica soddisfazione e rimuova lo scandalo; chi è incorso in peccati riservati ai Superiori.” [822]

Chi è incapace del beneficio dell’assoluzione non può essere assolto.

Il Confessore non può assolvere il penitente che manca della contrizione e quindi di un vero proposito di non peccare.

L’assoluzione data a chi manca di un vero proposito di non peccare con tutte le caratteristiche viste e quindi manca di una vera contrizione è nulla[823].

Va inoltre precisato che, come dice s. Tommaso “Ad secundam quaestionem dicendum, quod sicut Deus non alligavit virtutem suam rebus naturalibus, ut non possit praeter eas operari cum voluerit quod in miraculosis actibus facit, ita non alligavit virtutem suam sacramentis, ut non possit sine sacramentorum ministris aliquem sanctificare”(Super Sent., lib. 4 d. 6 q. 1 a. 1 qc. 2 co.).

Dio non ha legato la sua potenza ai Sacramenti e può santificare qualcuno anche senza ministri dei Sacramenti.

Questo vuol dire in particolare che coloro che sono incapaci di compiere un atto di fede o di contrizione e quindi non sono capaci di un vero proposito di non peccare, penso in particolare ai bambini infanti o ai dementi etc. e quindi non possono ricevere il Sacramento della Confessione validamente non per questo sono dannati, Dio ha altri percorsi per la loro salvezza e santificazione.

Sottolineo e preciso che le affermazioni del Cardinale milanese sono causa di nullità per le Confessioni non solo perché presentano una falsa dottrina sul proposito di non peccare ma anche perché esse, come anche quelle del Papa e dei Vescovi argentini nonché del Cardinale Fernández, viste in precedenza, non menzionano la necessità di un vero proposito di fuggire le occasioni prossime di peccato in ordine ad una valida Confessione, tale impegno è praticamente messo da parte da tali autori, esponendo così, ulteriormente le Confessioni alla nullità!

Preciso ulteriormente: le affermazioni di Coccopalmerio sono, quindi, causa di Confessioni invalide e sacrileghe, infatti è nulla l’assoluzione di chi non ha un vero proposito di non peccare ed è sacrilegio ricevere colpevolmente[824] il Sacramento della Confessione senza tale proposito, perché ciò costituisce profanazione di tale Sacramento; si noti che tale sacrilegio riguarda non solo il penitente colpevole ma anche il sacerdote, infatti è sacrilegio amministrare l’assoluzione sapendo che il penitente non ha il suddetto proposito e quindi manca di contrizione.

Le affermazioni del Cardinale in oggetto causano anche Comunioni sacrileghe, infatti la mancanza dell’impegno di non peccare oltre a invalidare la Confessione implica ordinariamente la mancanza della carità, perché questa virtù porta sempre il soggetto a evitare il peccato grave e a proporsi di evitarlo[825]; la mancanza di tale proposito quindi implica ordinariamente  la mancanza della grazia santificante, che è sempre unita alla carità, perciò rende ordinariamente sacrilega la Comunione Eucaristica.

5) Quanto sto dicendo e quanto ho detto significa anche che è chiaramente falsa l’affermazione del Cardinale Coccopalmerio circa l’ ortodossia  della dottrina dell’ Amoris Laetitia riguardo al proposito necessario per una valida Confessione: tale esortazione è infatti doppiamente eterodossa su questo punto sia perché mette da parte la necessità del proposito di non peccare e sia perché mette da parte la necessità del proposito di fuggire l’occasione; ugualmente eterodossa è la dottrina di Coccopalmerio sullo stesso punto, come detto.

6) Ulteriore errore del Cardinale e di Amoris Laetitia consiste nel dare al Confessore il permesso di dispensare praticamente il penitente dall’osservanza dei comandi negativi della Legge divina.

Se infatti il Confessore, come dicono la suddetta esortazione papale e il porporato milanese, dà l’assoluzione sapendo che il penitente non si propone di evitare di peccare gravemente, oltre che compiere sacrilegio, con tale assoluzione egli praticamente dispensa il penitente dall’osservanza dei comandamenti, come detto; ciò è espressamente riprovato dalla sana dottrina. [826]

Aggiungo che la carità (e quindi la grazia) porta il cristiano ad accettare subito di perdere tutto piuttosto che peccare e compiere atti gravi contro la Legge di Dio, specialmente contro i precetti negativi di essa, tale virtù, inoltre, porta a proporsi subito di accettare di perdere tutto piuttosto che peccare e compiere atti gravi contro la Legge di Dio, specialmente contro i precetti negativi di essa, come vedemmo ampiamente nel I volume di questo mio libro[827].

Né il Confessore né il penitente in quanto guidati dalla carità possono indirizzare il penitente stesso a compiere adulterio o altro atto intrinsecamente grave.

Il penitente in quanto guidato dalla carità si propone necessariamente e immediatamente di evitare l’adulterio, o altro atto intrinsecamente grave, e quindi di fuggire, secondo retta prudenza, le occasioni prossime di peccato.

Il Confessore, in quanto guidato dalla carità, dispone necessariamente il penitente a proporsi immediatamente di non peccare e quindi di non commettere adulterio.

La carità guida noi stessi assolutamente e immediatamente a non commettere atti gravi contro i comandi negativi della Legge divina e ci porta a guidare gli altri assolutamente a non commetterli.

La carità fa che la persona ami Dio al di sopra di tutto, anche della sua famiglia, e fa quindi che la persona mai violi in maniera grave un comandamento divino.

Dio e la sua volontà vengono prima di tutto!

 

 

h,2,3,3) Ulteriori gravi errori del Cardinale circa la castità e la carità.

 

 

L’evidente perversione dottrinale in senso lassista che presenta il Cardinale emerge chiaramente anche  dall’affermazione per cui è corretta l’applicazione che Amoris Laetitia fa nella nota 329 di un testo della Gaudium et Spes (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 51),  accomunando la situazione dei divorziati risposati con quella delle coppie sacramentalmente unite in matrimonio e quindi estendendo a tali coppie concubinarie, praticamente, l’invito all’unione sessuale perché senza di essa la coppia non si mantiene unita.(p. 24 del testo del porporato milanese)

Il Cardinale, parlando dell’obbligo di vivere come fratello e sorella fissato dalla sana dottrina cattolica, in particolare da Familiaris Consortio n. 84, per i divorziati risposati che non possono interrompere la coabitazione e che hanno figli, afferma: “qualora … tale impegno determini difficoltà, i due conviventi sembrano di per sé non obbligati, perché verificano il caso del soggetto del quale parla il n. 301 con questa chiara espressione: “si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa”. (p. 24 del testo del porporato milanese)

L’affermazione di Coccopalmerio è assolutamente inaccettabile e di estrema gravità, un colossale tradimento della Verità; come vedemmo più volte il precetto “non commettere atti impuri”, essendo norma negativa del Decalogo vale sempre e per sempre, tutti sono obbligati ad essa e nessuno può dispensare da essa, in nessun caso, neppure per salvare qualcuno!

Dio dà grazia per osservare i suoi comandamenti!

I conviventi, per ragioni gravi che impediscono la separazione, possono continuare la convivenza ma lo devono fare prendendo tutte le cautele necessarie per non cadere di nuovo in peccato grave impuro: dormire in stanze diverse e ovviamente in letti diversi, osservare la decenza nel vestire in casa etc..

Nel caso che i conviventi continuino a peccare nonostante le cautele prese devono interrompere assolutamente la convivenza perché il comando divino ha priorità sulle ragioni gravi che consigliavano la convivenza[828].

Il Cardinale in oggetto cita poi alle pagg. 26s il n. 301 di Amoris laetitia e un numero ad esso collegato in cui si afferma che il soggetto, nonostante la situazione di peccato grave in cui si trova, può essere in grazia e in essa crescere.

Come dicemmo più sopra, la grazia e la carità, se ci sono, fanno uscire immediatamente la persona da una “situazione di peccato grave”, cioè rendono pronto il soggetto a non volere mai più peccare, specie se gravemente, e lo portano a prendere tutte le precauzioni necessarie per non ricadervi.

La grazia e la carità non portano certamente i conviventi a unirsi sessualmente come permette il porporato in oggetto, esse inoltre donano al soggetto un vero proposito di non peccare e di morire piuttosto che peccare, non il proposito distorto di cui parla questo porporato!

La carità di cui parla il Cardinale milanese è evidentemente la falsa carità di cui parla Papa Francesco infatti, come detto, questo porporato accetta  e sostiene in pieno l’ Amoris Laetitia con gli errori che essa contiene.

Dio intervenga.

 

h,2,3,4) Il cardinale Coccopalmerio diffonde colossali errori anche sulla “legge di gradualità” e non si rende conto, o non vuole rendersi conto, che Papa Francesco emargina Cristo e coloro che difendono la sana dottrina …

 

 

Il Cardinale si sofferma, poi, alle pagg. 31ss ulteriormente sulla questione delle attenuanti e anzitutto parla dell’ontologia della persona umana.

Le parole del Cardinale però, non mettono in evidenza né che Dio conosce l’uomo meglio dell’uomo stesso né che il Signore ci ha dato comandi assoluti, né che esiste nella Chiesa un’antichissima tradizione sulle circostanze dell’atto e sulle attenuanti. Se il porporato avesse studiato a fondo questi argomenti e tale tradizione prima di scrivere questo libro e quindi se avesse presentato in modo serio e scientifico tale tradizione, avrebbe capito e avrebbe fatto capire a tutti che il Papa Francesco, in questa materia, devia radicalmente dalla sana dottrina, ma, come detto, il testo del Cardinale è davvero di sconvolgente superficialità nonché di grave perversione dottrinale!

Le caratteristiche negative di questo libro si mostrano anche per il fatto che a parere del porporato milanese la trattazione svolta dall’ Amoris laetitia sull’ontologia della persona umana e quindi sulle attenuanti e i limiti dell’uomo, conduce: “a tre importanti conseguenze: la cosiddetta “legge della gradualità”, la valorizzazione del bene possibile, la non immediata imputabilità di tutte quelle persone che non adempiono la legge o la adempiono solo in parte e la conseguente necessità di astenersi dal giudicare queste persone come colpevoli e quindi in condizione di peccato grave.”

Riguardo alla legge di gradualità il prelato rimane nella sua colossale superficialità e non si  documenta né presenta alcuna documentazione circa la Tradizione riguardo a tale legge, perciò non si rende conto che l’Amoris Laetitia, come dicemmo nel I volume (p. 285), pur sostenendo tale gradualità e condannando la “gradualità della Legge” in realtà apre la porta alla “gradualità della Legge” e la sostiene.  Il Vademecum pubblicato dal Pontificio Consiglio per la Famiglia fece un’affermazione illuminante di grande forza e precisione riguardo alla legge di gradualità: “La « legge della gradualità » pastorale, che non si può confondere con « la gradualità della legge », che pretende di diminuire le sue esigenze, consiste nel chiedere una decisiva rottura col peccato e un progressivo cammino verso la totale unione con la volontà di Dio e con le sue amabili esigenze.””[829]

L’obbedienza ai precetti negativi del Decalogo è presupposto per l’applicazione della legge di gradualità, come vedemmo nel I volume (p. 277), ma Amoris Laetitia, come pure vedemmo, praticamente mette da parte la dottrina dell’assoluta inviolabilità di tali precetti e appunto apre le porte realmente alla gradualità della Legge anche attraverso una dottrina falsa e imprecisa su scusanti e attenuanti …

La legge di gradualità così bene precisata dal testo appena citato del Pontificio Consiglio per la Famiglia e più generalmente dalla sana dottrina non è certamente quella che presenta il Cardinale Coccopalmerio sulla base di Amoris Laetitia perché la vera legge di gradualità, a differenza di ciò che affermano il Papa attuale e il porporato milanese, riconosce la Legge divina come vera Legge da attuare qui e ora e riconosce che i comandi negativi della Legge divina sono assolutamente obbligatori, sempre e per sempre.

Il prelato in oggetto parla delle “conquiste” realizzate da Amoris laetitia e cita: la valorizzazione del bene possibile e “la non immediata imputabilità di tutte quelle persone che non adempiono la legge o la adempiono solo in parte e la conseguente necessità di astenersi dal giudicare queste persone come colpevoli e quindi in condizione di peccato grave.”

Come dicemmo nel I volume l’ Amoris Laetitia contiene e una radicale perversione della sana dottrina che riguarda anche queste “conquiste” di cui parla molto superficialmente il Cardinale Coccopalmerio.

Vedemmo altrove[830] , vedremo nella III appendice e anche fra qualche pagina come Papa Francesco e i suoi collaboratori distorcono e pervertono la sana dottrina sul bene possibile.

Anche su questo aspetto le affermazioni del Cardinale Coccopalmerio sono di colossale superficialità nonché di radicale perversione dottrinale.

Conclude il Cardinale dicendo: “Da qui discende un principio che è elemento fondamentale nella vita di Papa Francesco: la sua contrarietà a ogni forma di emarginazione delle persone. Lo ripete continuamente. Nessuna emarginazione per nessuna persona.”

Dispiace dover notare che anche questo è falso : Papa Francesco emargina Cristo facendo amministrare i Sacramenti a notori peccatori come il Presidente Biden e Nancy Pelosi e distorcendo radicalmente la sana dottrina, come ho mostrato in queste pagine e negli altri miei documenti su questo tema[831] inoltre   emargina  quelli che seguono Cristo e che perciò ribadiscono la sana dottrina, come il Card. Burke, il Cardinale Muller, mons. Melina e altri … purtroppo!

Il testo del Cardinale è quindi un monumento alla superficialità, alla falsità in ambito teologico e alla perversione dottrinale; Dio ci liberi da testi di questo genere!

 

 

h,2,3,5) Nessuna condanna ma solo giudizi positivi sulla stampa bergogliana per il pessimo libro del Cardinale Coccopalmerio.

 

 

Ovviamente nessuna condanna ha ricevuto questa sfilza di gravissimi errori del Card. Coccopalmerio che appaiono, purtroppo, un pessimo “frutto” dell’Amoris Laetitia.

Anzi, per la presentazione di questo libro, pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana (!), possiamo leggere le lodi fatte da vari esperti al suo autore per questo testo!

Nel resoconto fatto dal SIR, cioè dai Vescovi italiani (!!) leggiamo le parole del professor Costa :  “Noi come editori diamo voce a interlocutori così autorevoli – ha precisato Costa a proposito del volume, firmato dal cardinale e pubblicato dalla Lev – ma il libro del cardinale Coccopalmerio non è una risposta ufficiale del Vaticano. Il dibattito è sempre aperto, noi lo incoraggiamo e offriamo strumenti di approfondimento”. Un libro “destinato alla gente”, lo ha definito Costa, di natura “pastorale”: “Un testo leggibile, fruibile e chiarificatore”.” [832]

Il professor Costa era allora il direttore della Libreria Editrice Vaticana.

Nessuna condanna quindi per un testo di colossale perversione dottrinale … ma solo elogi!

Dio intervenga.

Il teologo Gronchi ha realizzato per l’Osservatore Romano una recensione del libro del Card. Coccopalmerio in cui ha scritto: “ Il pregio principale della lettura guidata del capitolo ottavo di Amoris laetitia del Cardinale Francesco Coccopalmerio (Città del Vaticano, Libreria editrice vaticana, 2017, pagine 56, euro 8) è di far parlare il documento, lasciando emergere ciò che a un rapido sguardo fin troppo sbrigativo rischia di venir trascurato, se non sacrificato o ancor peggio travisato, come talvolta è avvenuto. Con asciutta precisione e chiarezza essenziale, il canonista mostra che non sono necessarie acrobazie per cogliervi la novità pastorale nella continuità della tradizione dottrinale della Chiesa. I fondamenti della teologia del matrimonio sono uniti, senza confusione, con quelli della teologia morale; il profilo ideale della famiglia cristiana è distinto, senza separazione, dalla saggezza pastorale rivolta a quanti hanno sperimentato il fallimento matrimoniale. L’acribia con cui viene commentato il documento pontificio mostra in modo limpido in quale maniera sia sempre necessario interpretare i testi magisteriali: non per dubitarne, ma per comprenderli e accoglierli.”[833]

Luciano Moia, su Avvenire ha scritto , riportando anche le parole del Cardinale Coccopalmerio: “Il cuore della questione, secondo quanto spiega Coccopalmerio, è il proposito del cambiamento. Le persone che vivono in condizioni di “irregolarità” – le virgolette sono usate nel testo di Amoris laetitia – sono «coscienti della loro condizione di peccato… si pongono il problema di cambiare e quindi – si legge nel testo – hanno l’intenzione o, almeno, il desiderio di cambiare la loro condizione». La serietà della questione di coscienza è quindi il punto decisivo, come argomentato anche da don Gronchi, per «la possibilità di accedere ai sacramenti da parte di coloro che non riescono ad astenersi dai rapporti coniugali».  Una situazione che, secondo quanto scrive il presidente del Pontificio consiglio per i Testi legislativi, non fa venir meno né la dottrina dell’indissolubilità del matrimonio, né quella del sincero pentimento, e neppure la dottrina della grazia santificante. «Ed è proprio questo – conclude – l’elemento teologico che permette l’assoluzione e l’accesso all’Eucaristia, sempre nell’impossibilità di cambiare subito la condizione di peccato». [834]

Anche questi giudizi, evidentemente, sono “frutti” pessimi dell’Amoris Laetitia e di questo Pontificato, infatti:

– esaltano un libro che su vari punti devia dalla sana dottrina  cattolica;

– esaltano un libro che sostiene totalmente i gravi errori di Amoris Laetitia facendoli apparire del tutto concordi con l’insegnamento della Tradizione;

– esaltano un testo che, come detto, causa Confessioni invalide e sacrileghe e Comunioni sacrileghe!

Dio intervenga!

 

 

h,2,3,6) Sottolineatura finale circa le affermazioni del Cardinale Coccopalmerio riguardo al proposito necessario per una valida Confessione.

 

 

Dio ci illumini sempre meglio.

Concludendo la trattazione delle affermazioni del porporato milanese nel suo libro su Amoris Laetitia mi sembra importante sottolineare qualcosa che ho detto riguardo al fatto che, secondo il Cardinale in oggetto, il proposito necessario per una valida Confessione è quello per cui il penitente si impegna a cambiare vita in futuro, anche se al momento non è in grado di attuare tale proposito “a motivo dell’impossibilità di farlo”(p. 29)

Tali affermazioni hanno avuto una certo eco …

Il prof. Meiattini le ha commentate in senso negativo: “Per l’autore se i divorziati risposati «hanno coscienza, hanno convinzione, della situazione di peccato oggettivo nella quale attualmente si trovano e, dall’altra, hanno il proposito di cambiare la loro condizione di vita, anche se, in questo momento, non sono in grado di attuare il loro proposito»[835], per loro si aprirebbe la possibilità di accesso ai sacramenti, anche se vivono l’unione non legittima more uxorio, senza ottemperare le condizioni previste da Familiaris consortio n. 84. Ma un proposito emesso nella consapevolezza che non può essere attuato perché al momento non attuabile, come sostiene il cardinale, non può essere sufficiente per un’assoluzione sacramentale.”[836]

La Stampa, su Vatican Insider, il cui coordinatore era allora Andrea Tornielli, pubblicò un articolo in cui un teologo applicava anche queste affermazioni del Card. Coccopalmerio per risolvere un caso di morale.[837]

L’agenzia di informazione della CEI ha parlato positivamente[838] delle affermazioni , del porporato, e del libro che le contiene, lo stesso hanno fatto l’Osservatore Romano[839] e l’Avvenire[840].

Appunto perché le affermazioni errate del Cardinale su questo punto hanno infatti avuto una certa eco e sono particolarmente dannose, riguardando il Sacramento della Confessione è bene evidenziare particolarmente la risoluzione retta del problema dottrinale da lui posto e malamente risolto.

Le affermazioni del porporato circa il proposito necessario per la Confessione sono nel senso che le persone che sono impossibilitate ad attuare il sesto comandamento possono proporsi di attuare questo comando quando sarà loro possibile, ma a questo riguardo va notato che, esaminando a fondo la questione, come detto, si capisce chiaramente che l’osservanza di un comando negativo come il sesto implica che il fedele semplicemente debba non fare certi atti, perciò: l’impossibilità di cui parla il Cardinale è impossibilità a non compiere certi atti… ripeto: impossibilità a non compiere certi atti; ora:

a) se il soggetto è impossibilitato a non compiere tali atti, è dunque praticamente costretto a compierli, ma se è costretto e lui non vuole e prende tutte le precauzioni adatte per non peccare, tale costrizione è una specie di violenza che il penitente subisce senza esserne colpevole, quindi: se il penitente si propone di non peccare per l’avvenire e di fuggire le occasioni prossime di peccato, e se ha una vera contrizione, può essere validamente assolto;

b) se invece il soggetto non vuole proporsi di non peccare o non vuole proporsi di fuggire le occasioni prossime di peccato, non può essere assolto validamente.

Il problema posto e risolto malamente dal Cardinale è in realtà una questione intricata che si risolve radicalmente con ciò che ho appena detto e che ripeto:

l’osservanza di un comando negativo come il sesto implica che il fedele semplicemente debba non fare certi atti, perciò: l’impossibilità di cui parla il Cardinale è impossibilità a non compiere certi atti; ora:

a) se il soggetto è impossibilitato a non compiere tali atti, è dunque praticamente costretto a compierli, ma se è costretto e lui non vuole e prende tutte le precauzioni adatte per non peccare, tale costrizione è una violenza che il penitente subisce senza esserne colpevole, quindi: se si propone di non peccare per l’avvenire e di fuggire le occasioni prossime di peccato, e se ha una vera contrizione, può essere validamente assolto;

b) se invece il soggetto non vuole proporsi di non peccare o non vuole proporsi di fuggire le occasioni prossime di peccato, non può essere assolto validamente.

Ricordo inoltre che, sulla base della sana dottrina (si veda in particolare il Catechismo di s. Pio X ai nn. 731-735) il penitente, con l’aiuto di Dio, deve proporsi di non più peccare dal momento in cui si confessa e da allora deve proporsi di fuggire le occasioni prossime di peccato; il Concilio di Trento richiede che la contrizione, e quindi il proposito, escluda assolutamente la volontà di peccare.[841]

Lo Spirito Santo che guida le anime a confessarsi validamente, le guida a non voler peccare mai più.

Con l’aiuto di Dio Onnipotente, il penitente si deve proporre di non peccare più e quindi di non compiere certi atti gravi fin da subito, si deve anche proporre di fuggire le occasioni prossime di peccato.

Se manca questo doppio proposito l’assoluzione è invalida, come visto.

Le affermazioni del Cardinale secondo cui il proposito necessario per una valida Confessione è quello per cui il penitente si impegna a cambiare vita in futuro, anche se attualmente non è in grado di attuare tale proposito “a motivo dell’impossibilità di farlo”(p. 29) sono dunque in chiara opposizione alla sana dottrina.

Più precisamente:

a) il proposito che ogni fedele deve emettere per una valida Confessione è, secondo la sana dottrina come appena detto, un impegno assoluto, universale ed efficace di non peccare, tale proposito non è quello che indica il Cardinale, infatti, contrariamente a ciò che dice il porporato, il penitente, con l’aiuto di Dio, deve proporsi, per una valida Confessione, di non più peccare dal momento in cui si confessa e da allora deve proporsi di fuggire le occasioni prossime di peccato;

b) i soggetti veramente e assolutamente impossibilitati ad attuare la Legge di Dio, se non possono fare il proposito assoluto, universale ed efficace di non peccare per il quale si impegnano a non più peccare dal momento in cui si confessano e da allora si propongono di fuggire le occasioni prossime di peccato, sono incapaci a ricevere validamente l’assoluzione sacramentale.

Il proposito necessario per una valida assoluzione, infatti, come detto più sopra, si lega ad una vera detestazione del peccato e quindi al dolore per i peccati fatti, se il soggetto ha questo dolore e questa detestazione che si attuano sotto l’azione dello Spirito Santo è ovvio che si propone assolutamente e immediatamente di non peccare più.

Aggiungo che il Cardinale non precisa bene la dottrina cattolica, non spiega la differenza tra impossibilità assoluta e impossibilità morale, e appunto in tale confusione fa passare per situazioni praticamente di assoluta impossibilità casi che non sono tali.

Le situazioni di cui parla il Cardinale Coccopalmerio dalla pag. 17 alla pag. 27 del suo libro, commentando Amoris Laetitia, e che, a suo parere, rendono impossibile l’osservanza del VI comandamento, sono, ordinariamente, sulla base delle affermazioni papali, situazioni di grande difficoltà, a vivere la Legge di Dio e forse casi di impossibilità morale, ma né la grave difficoltà né l’impotenza morale scusano dalla mancata attuazione delle norme negative della Legge naturale e della Legge divina positiva[842]; inoltre l’impotenza morale non scusa se l’atto si rivolge in disprezzo della fede e dell’autorità ecclesiastica e se l’atto si rivolge a danno delle anime, infatti il bene spirituale del prossimo deve essere preferito al nostro bene temporale[843].

Quindi chi viola gravemente tali norme negative perché impotente a livello morale, con piena avvertenza e deliberato consenso, compie un peccato grave e non è scusato, Dio infatti ci dona grazia per vincere tale impotenza e attuare la sua Legge perciò possiamo e dobbiamo attuare tali comandamenti anche in tale situazione di impotenza morale, come detto.

Tali situazioni sono quindi superabili con l’aiuto di Dio e in particolare con l’aiuto del Confessore che illumina l’anima del penitente attraverso la sana dottrina, con la preghiera e con la grazia divina, come disse s. Giovanni Paolo II “… non sarà fuori luogo ricordare che la fede insegna la possibilità di evitare il peccato con l’aiuto della grazia [844][845].

Dio aiuta a superare tali situazioni, se collaboriamo pienamente con lui.

Il cristiano, come detto più sopra, deve essere pronto anche al martirio per l’osservanza della Legge divina, PER QUESTO OCCORRE PREGARE INCESSANTEMENTE, MORTIFICARSI E FARE OPERE DI MISERICORDIA.

In conclusione le affermazioni del Cardinale sul punto dottrinale che stiamo esaminando sono molto gravi e dannose e  causano, purtroppo, peccati gravi e in particolare Confessioni invalide e  Comunioni praticamente sacrileghe, spero che le mie precisazioni e sottolineature con cui ho evidenziato la loro contrarietà alla sana dottrina aiutino teologi e fedeli a prendere le distanze da esse e a condannarle.

Dio intervenga.

 

 

i) Il “bene possibile” bergogliano: astuto stratagemma per bypassare la Legge divina e far crollare la morale cattolica.

 

 

Come ho più volte rilevato il Papa e i suoi collaboratori aprono le porte ad una gravissima deviazione dalla sana dottrina ma lo fanno con discrezione, per far pensare di essere in piena ortodossia e di essere coloro che seguono e fanno evolvere la sana dottrina cattolica, perciò il Pontefice e i suoi seguaci si sono più volte richiamati a dottrine e autori del passato per apparire come continuatori della Tradizione.

In questa linea il Pontefice e i suoi seguaci, in collegamento con la dottrina delle attenuanti e delle scusanti, hanno ripreso la dottrina classica sul bene possibile, ma l’hanno pervertita sottilmente appunto per raggiungere i loro scopi sovversivi.

Al n. 303 dell’Amoris Laetitia leggiamo: “Ma questa coscienza può riconoscere non solo che una situazione non risponde obiettivamente alla proposta generale del Vangelo; può anche riconoscere con sincerità e onestà ciò che per il momento è la risposta generosa che si può offrire a Dio, e scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo”.(Amoris Laetitia 303)

Al n. 304 di Amoris Laetitia leggiamo:“Un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà” (Amoris Laetitia 304)

In Amoris Laetitia n. 305 leggiamo :“Il discernimento deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che dànno gloria a Dio” (Amoris Laetitia  305).

Afferma ancora l’Amoris Laetitia “ Per evitare qualsiasi interpretazione deviata, ricordo che in nessun modo la Chiesa deve rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio …  Comprendere le situazioni eccezionali non implica mai nascondere la luce dell’ideale più pieno né proporre meno di quanto Gesù offre all’essere umano. ” (Amoris Laetitia n. 307)

In Amoris Laetitia leggiamo, al n. 308: “Ma credo sinceramente che Gesù vuole una Chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alla fragilità: una Madre che, nel momento stesso in cui esprime chiaramente il suo insegnamento obiettivo, «non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada».[ …] ..”

E ancora: “Tuttavia, dalla nostra consapevolezza del peso delle circostanze attenuanti – psicologiche, storiche e anche biologiche – ne segue che «senza sminuire il valore dell’ideale evangelico, bisogna accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone che si vanno costruendo giorno per giorno», lasciando spazio alla «misericordia del Signore che ci stimola a fare il bene possibile». (Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 44… ).” ( Amoris Laetitia n. 308)

Come si vede, Francesco parla varie volte di bene possibile ma la dottrina sul “bene possibile” che egli presenta non è quella che la Tradizione morale cattolica presenta quando usa tale termine e quando afferma “ad impossibilia nemo tenetur”.

Nei testi dei collaboratori del Papa si trovano termini equivalenti al “bene possibile” appena evidenziato nell’Amoris Laetitia; nella lettera dei Vescovi argentini troviamo al numero 6 il termine “factible” cioè fattibile che appunto indica il “bene possibile” da attuare[846].

Come ho spiegato ampiamente altrove[847], il Papa e i suoi collaboratori, negando che Dio sia radicalmente opposto alle violazioni delle norme negative della sua Legge, e addirittura affermando che Dio chieda di compiere atti oggettivamente contrari a tali norme[848], presentano una falsa dottrina sulla coscienza morale[849], cancellano la dottrina sull’assoluta obbligatorietà delle norme negative della Legge divina[850] e negano che si diano degli assoluti nella vita morale[851]; diffondendo, poi, un falso concetto di carità e grazia, essi cancellano anche la dottrina per cui, con la grazia, all’uomo è possibile attuare la Legge di Dio ed evitare atti contrari alle norme negative del Decalogo come afferma il Concilio di Trento [852] e con esso s. Giovanni Paolo II[853], e, attraverso una vaga e falsa dottrina sui condizionamenti dell’agire umano, permettono che si compiano tali atti come unico “bene possibile” [854].

Spiega, in questa linea, monsignor Melina, criticando un testo della Pontificia Accademia della Vita ma, più fondamentalmente, il Papa e il “nuovo paradigma” da lui introdotto : “Un altro concetto chiave, che caratterizza il “nuovo paradigma”, è quello di “bene possibile” (TB[855]  104. 129), che era stato usato anche nell’esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia (n. 308).  […] Da un lato, infatti esso esprime l’idea del tutto tradizionale che solo ciò che è possibile può essere un bene che obbliga (ad impossibilia nemo tenetur). D’altra parte però, quando viene usata, come è il caso del Testo Base, in riferimento ad asseriti conflitti di norme, per affermare che esse costituirebbero solo un ideale troppo difficile da chiedere, allora, come giustamente ha osservato Angel Rodriguez Luño, «si corre il rischio di fare del bene possibile il secondo nome del male». […] E proprio qui si manifesta il punto più critico della proposta del “nuovo paradigma”. In nome di un personalismo equivoco e di un primato della coscienza esso nega la possibilità che si diano nella vita morale degli assoluti, cioè delle norme morali negative che per il loro contenuto intenzionale oggettivo sono incompatibili col bene della persona, cioè con le virtù morali e con la carità. Come insegna l’enciclica di san Giovanni Paolo II Veritatis splendor, al n. 78, tali atti, sono esclusi sempre e in ogni caso, perché contrari ai comandamenti di Dio, e non possono essere sottoposti ad un discernimento soggettivo della coscienza, che li permetta in via eccezionale come l’unico “bene possibile”.
Si vede così come ciò che smarrisce il sedicente “nuovo paradigma” è proprio il mistero dell’agire morale stesso, cioè quel nesso intimo tra la persona e il suo atto, per cui il soggetto agente, mediante le sue libere scelte non solo produce mutamenti nel mondo esteriore, ma muta se stesso, in qualche modo generando la propria identità etica. […]”[856]

Il “nuovo paradigma” bergogliano negando fondamentalmente che si diano nella vita morale degli assoluti, cioè delle norme assolutamente obbligatorie, e perciò negando che gli atti condannati da tali norme siano vietati sempre e in ogni caso, permettono tali atti in via eccezionale come l’unico “bene possibile”.

La dottrina bergogliana del “bene possibile” è quindi un astuto stratagemma per bypassare la legge di Dio e in particolare i comandi negativi di essa.

Il “bene possibile” di cui parla Papa Francesco non è, perciò, quello di cui parlano il Concilio di Trento o la Veritatis Splendor allorché afferma: “L’osservanza della legge di Dio, in determinate situazioni, può essere difficile, difficilissima: non è mai però impossibile. È questo un insegnamento costante della tradizione della Chiesa … ” (VS, n. 102), la Veritatis Splendor cita qui il testo del Concilio di Trento per cui Dio non comanda l’impossibile, i comandamenti, quindi, non sono impossibili, Dio infatti ci aiuta donandoci in particolare la grazia e la carità, perciò nessuno sebbene giustificato deve ritenersi libero dai comandamenti.[857]

Tale Concilio infatti ha condannato la dottrina per cui sarebbe impossibile vivere i 10 comandamenti con queste parole: nessuno, poi, per quanto giustificato, deve considerarsi libero dall’osservanza dei comandamenti (can. 20), nessuno deve usare quell’espressione, temeraria e proibita dai Padri sotto pena di anatema, per cui è impossibile per l’uomo giustificato osservare i comandamenti di Dio (can. 18 e 22). “Dio, infatti, non comanda l’impossibile; ma quando comanda ti ammonisce di fare quello che puoi  e di chiedere quello che non puoi”[858], e ti aiuta perché tu possa; i suoi comandamenti non sono gravosi (1 Gv. 5,3), il suo giogo è soave e il peso leggero (Mt.11,30). I figli di Dio amano Cristo e quelli che lo amano (come lui stesso afferma) osservano i suoi comandi (Gv. 14,23), questa osservanza può essere certamente attuata con il suo aiuto. [859]

Se qualcuno dirà che anche per l’uomo giustificato e costituito in grazia i comandamenti di Dio sono impossibili da osservarsi, sia scomunicato.[860]

Contrariamente alle affermazioni del Concilio di Trento e della Veritatis Splendor, quindi, Papa Francesco considera impossibile ciò che è possibile e perciò porta a dare i Sacramenti a coloro che non si propongono di evitare gli atti oggettivamente gravi della Legge divina, come vediamo ai nn. 5 e 6 della lettera dei Vescovi argentini; in tali numeri, infatti, leggiamo, in particolare riguardo ai divorziati risposati: se possibile, vivano in castità, se tale possibilità non è fattibile è possibile un cammino di discernimento e quindi :“ Si se llega a reconocer que, en un caso concreto, hay limitaciones que atenúan la responsabilidad y la culpabilidad (cf.  301-302), particularmente cuando una persona considere que caería en una ulterior falta dañando a los hijos de la nueva unión,  Amoris laetitia  abre la posibilidad del acceso a los sacramentos de la Reconciliación y la Eucaristía (cf. notas  336  y  351). Estos a su vez disponen a la persona a seguir madurando y creciendo con la fuerza de la gracia.”[861] Se si giunge a riconoscere che, nel caso concreto, esistono limitazioni che attenuano la responsabilità e la colpevolezza (cfr. 301-302), soprattutto quando una persona ritiene che cadrebbe in un’ulteriore colpa nuocendo ai figli della nuova unione, Amoris laetitia apre la possibilità di accesso ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia (cfr. note 336 e 351). Questi a loro volta dispongono la persona a continuare a maturare e a crescere con la forza della grazia.

Evidentemente, secondo Francesco, il “bene possibile” a queste persone non comprende la possibilità, con l’aiuto della grazia, di attuare la Legge di Dio e neppure quella di proporsi una tale attuazione, anche perché secondo Amoris Laetitia n. 303 è Dio stesso che chiede alle persone di continuare a compiere atti contrari alla Legge divina e quindi esse sono praticamente esentate da tale Legge e quindi, senza proposito di evitare gli atti oggettivamente contrari alla Legge di Dio, vengono assolte e possono ricevere anche l’Eucaristia.

Attenzione bene: le persone di cui parlano i Vescovi argentini e quindi il Papa hanno semplicemente difficoltà o grande difficoltà ad attuare la Legge di Dio e appunto secondo le perversioni dottrinali bergogliane e attraverso la dottrina del “bene possibile” vengono praticamente esentate da Dio dall’attuazione della sua Legge.

Sottolineo che, contrariamente a ciò che afferma Francesco dobbiamo dire che non bastano delle grandi difficoltà per esentare le persone dall’attuazione e dal proposito di attuazione dei comandi divini e in particolare dei comandi negativi.

Il Vangelo, infatti, non è una strada facile, Gesù indica la strada della salvezza come difficile, avente una porta stretta e una via angusta, Gesù afferma che essa è impossibile alle sole nostre forze umane, ma è possibile con l’aiuto di Dio; le grandi difficoltà appunto vanno superate con l’aiuto di Dio e in particolare con la grazia.

L’aiuto di Dio Onnipotente, la grazia, rende possibile ciò che supera le nostre possibilità umane, cioè rende possibile la piena attuazione della volontà di Dio, rende possibile il proposito di tale piena attuazione e quindi rende possibile evitare il peccato, specialmente quello grave.[862]

Tale aiuto va implorato con la preghiera, con la penitenza e con le opere di misericordia, come dice il Concilio di Trento[863]  e con esso la sana dottrina, ma di tale implorazione non c’è traccia nei testi bergogliani che trattano questi argomenti.

Ricapitolando: il “bene possibile” per l’uomo, nei casi di difficoltà appena presentati, con l’aiuto della grazia che Dio ci vuole donare, è l’attuazione della Legge di Dio, invece il “bene possibile” di cui parlano i Vescovi argentini [864] e con essi Papa Francesco è la non attuazione della Legge di Dio, escludendo anche il proposito di essa .

Il “bene possibile” di cui parlano i Vescovi argentini e con essi Papa Francesco è in radicale opposizione alla sana dottrina sull’obbligatorietà dei comandi divini e sulla grazia[865], nonché in radicale opposizione alla Bibbia, come detto[866].

Il Papa e i Vescovi citati parlano di grazia ma, come detto più sopra, in modo impreciso, ambiguo, deviante, la grazia e la carità bergogliane sono false e accolgono in sé gli errori e i peccati cui il Papa apre le porte.

Unitamente alla dottrina bergogliana sulle attenuanti e le scusanti, la dottrina bergogliana sul bene possibile è, quindi, uno strumento astuto di radicale sovversione della morale cattolica, con essa i comandamenti apparentemente rimangono in piedi ma in realtà crollano perché per coloro che hanno attenuanti tali comandamenti sono considerati praticamente impossibili e quindi  il soggetto può lecitamente evitare di osservarli e, senza proporsi di evitare atti gravemente contrari alla Legge divina, può ricevere anche i Sacramenti.

Come visto le attenuanti bergogliane hanno una estensione praticamente universale … e quindi si “aprono le porte” ad una estensione universale dell’esenzione dai comandamenti per impossibilità di attuarli.

Realmente ci troviamo dinanzi al crollo della morale cattolica.

Ripeto e preciso: con la dottrina bergogliana “si aprono le porte” perché coloro che hanno attenuanti siano praticamente esentati dall’attuazione dei comandamenti per impossibilità e quindi sicché il soggetto possa “lecitamente” evitare di osservarli e, senza proporsi di evitare atti gravemente contrari alla Legge divina, possa ricevere “lecitamente” anche i Sacramenti; come visto le attenuanti bergogliane hanno una estensione praticamente universale … e quindi si “aprono le porte” ad una pratica estensione universale dell’esclusione dei comandamenti.

Realmente ci troviamo dinanzi al crollo della morale cattolica.

Esamineremo a fondo questo crollo più avanti, dopo avere parlato del discernimento bergogliano. Qui di seguito vedremo una conseguenza evidente di ciò che abbiamo detto finora: la scomparsa del martirio e della sua necessità nei testi di Amoris  Laetitia e di vari commentatori di tale Esortazione.

 

 

i,1) Scompare l’insegnamento cattolico sul martirio come testimonianza dell’assoluta obbligatorietà delle norme negative della Legge divina.

 

 

Ovviamente nella linea deviante da loro seguita, il Papa e i suoi collaboratori, nei testi indicati (Amoris Laetitia e vari commenti citati), fanno scomparire anche l’insegnamento cattolico sul martirio.

Cristo ci chiama a vivere in modo radicale e senza deviazioni sulla via della sua Legge e ci vuole rendere pronti al martirio (Mt. 10,28.37-44; 16,24s; Lc 9,22-25; 14,25-27; Gv. 15,12; 1 Gv. 3,14-18 etc.); la vera carità implica questo: essere pronti a dare la vita piuttosto che trasgredire gravemente un comando della Legge di Dio, specialmente un comando negativo di tale Legge; al n. 91 della Veritatis Splendor di s. Giovanni Paolo II leggiamo: “La Chiesa propone l’esempio di numerosi santi e sante, che hanno testimoniato e difeso la verità morale fino al martirio o hanno preferito la morte ad un solo peccato mortale. Elevandoli all’onore degli altari, la Chiesa ha canonizzato la loro testimonianza e dichiarato vero il loro giudizio, secondo cui l’amore di Dio implica obbligatoriamente il rispetto dei suoi comandamenti, anche nelle circostanze più gravi, e il rifiuto di tradirli, anche con l’intenzione di salvare la propria vita.” (VS n.91)

Sottolineo: l’amore di Dio, cioè la carità, implica obbligatoriamente il rispetto dei suoi comandamenti, anche nelle circostanze più gravi, e il rifiuto di tradirli, anche con l’intenzione di salvare la propria vita.

Il martirio pone in evidenza appunto l’assoluta obbligatorietà della Legge divina che implica, per la fedeltà dovuta a Dio, il dovere assoluto di accettare la morte e la perdita di tutto, in questo mondo, piuttosto che compiere atti contrari a tale Legge;[867] questa assoluta obbligatorietà e questo dovere assoluto si fondano sul radicale aiuto che Dio ci dona in Cristo per vivere pienamente la sua Legge.

Dio ci aiuta ad essere radicalmente fedeli alla sua Legge fino alla morte e alla perdita di tutto, in questo mondo; perciò possiamo e dobbiamo essergli fedeli nell’assoluta osservanza della sua Legge, e soprattutto nell’osservanza assoluta delle norme negative di tale Legge, appunto fino alla morte e alla perdita di tutto, in questo mondo.

Questo aiuto di Dio si sostanzia nella grazia e nella carità che Dio ci dona, che ci rendono invincibili dal peccato grave e quindi dai nostri nemici spirituali e che appunto ci rendono pronti a perdere tutto, anche la vita, piuttosto che compiere atti contrari alla Legge divina.

È perciò possibile ed è un nostro preciso dovere, con l’aiuto di Dio e quindi con la grazia  e la carità, l’assoluta osservanza della Legge divina, e soprattutto l’osservanza assoluta delle norme negative di tale Legge, fino ad accettare la morte e la perdita di tutto, in questo mondo, piuttosto che compiere atti contrari a tale Legge.[868]

S. Ignazio di Antiochia affermò in questa linea: “Se noi, con la grazia sua, non siamo pronti a morire per partecipare alla sua Passione, la sua vita non è in noi.”[869]

Tutto questo crolla dinanzi alle affermazioni del Papa Francesco e dei suoi collaboratori i quali attraverso la dottrina sulle attenuanti, le scusanti e il bene possibile, mettono praticamente da parte il dovere assoluto di accettare la morte e la perdita di tutto, in questo mondo, piuttosto che compiere atti contrari alla Legge divina[870]; per il Pontefice e i suoi seguaci infatti bastano delle attenuanti, che sono praticamente universali, per considerare i comandi di tale Legge al di fuori delle possibilità dell’uomo e quindi, di fatto, tale dovere diventa praticamente impossibile e il soggetto può agire lecitamente in altro modo. Capiamo, in questa linea, perché l’Amoris Laetitia e i testi dei commentatori citati praticamente non parlino mai di martirio Amoris Laetitia usa questo termine 2 volte e mai per indicare come la Legge di Dio implichi la prontezza al martirio … a differenza della Veritatis Splendor, scritta da s. Giovanni Paolo II, che ne parla ampiamente infatti usa tale termine 19 volte e la sezione che va dai nn. 90 a 94 è intitolata: “Il martirio, esaltazione della santità inviolabile della legge di Dio.”

Dio intervenga.

 

 

l) Il falso discernimento bergogliano.

 

 

l,1) A proposito di discernimento retto.

 

 

La Croce sacra sia la nostra luce.

Nei testi della Lettera dei Vescovi argentini [871] e nei testi di Amoris Laetitia si parla di discernimento molte volte.

Cosa significa la parola discernimento e il verbo, ad esso collegato, discernere?

Più generalmente possiamo dire che discernere significa esaminare una situazione sotto la guida dello Spirito Santo per far emergere il giudizio di Dio riguardo ad essa.

I termini usati nel Nuovo Testamento per indicare l’atto del discernere sono 2:

1) il verbo δοκιμάζω, questo termine si trova utilizzato circa 30 volte nel Nuovo Testamento e circa 40 volte nella LXX, esso significa essenzialmente approvare o esaminare per conoscerne le qualità; unito a questo verbo è il termine δοκιμασία usato 1 volta nel Nuovo Testamento e 2 nella LXX e il termine δόκιμος usato 7 volte nel Nuovo Testamento e 6 nella LXX; questi termini vanno collegati in particolare con i termini ebraici bhn e m’s che mettono in evidenza:

a) il giudizio finale di Dio cui è sottoposta la storia del mondo;

b) la prova cui Dio sottopone gli uomini in questa vita[872];

2) il verbo διακρίνω che indica più precisamente distinguere, separare, decidere ma soprattutto giudicare; questo verbo è usato circa 20 volte nel Nuovo Testamento e circa 30 volte nella LXX; unito a questo verbo è il termine διάκρισις che si trova usato 3 volte nel Nuovo Testamento e 1 nella LXX; questi termini vanno collegati soprattutto con l’ebraico spt, più raramente con djn e rjb, termini ampiamente usati in ambito giuridico[873].

Il discernimento consiste nell’esaminare, giudicare sotto la guida di Dio una situazione per trovare la cosa migliore da fare, per la maggior gloria di Dio stesso, e quindi significa anche distinguere, separare ciò che viene veramente da Dio, da ciò che viene da satana, così appunto da seguire la volontà di Dio e rigettare la tentazione del diavolo.

La Commissione Teologica Internazionale in un documento su Bibbia e morale tratta in modo profondo del discernimento sulla base della Scrittura e nota che: “La conoscenza e il discernimento fanno parte del dono di Dio. L’uomo è capace e, come creatura, obbligato a indagare il progetto di Dio e a cercare di discernere la volontà di Dio per poter agire giustamente. A causa della libertà che gli è data, l’uomo è chiamato al discernimento morale, alla scelta, alla decisione.”[874]

Continua tale documento: “Anche se Paolo chiede poche volte ai credenti di discernere, lo fa in modo tale da far capire loro che tutte le decisioni devono essere prese con discernimento, come dimostra l’inizio della parte esortativa della lettera ai Romani (Rm 12,2). … Il discernimento consiste nell’esaminare, sotto la guida dello Spirito, ciò che è migliore e perfetto in ogni circostanza (cf. 1 Ts 5,21; Fil 1,10; Ef 5,10). … Paolo è convinto che lo Spirito che si manifesta nell’esempio di Cristo e che è vivo nei cristiani (cf. Gal 5,25; Rm 8,14), darà loro la capacità di decidere che cosa sia conveniente in ogni occasione.”[875]

La vera sapienza, che viene da Dio, ci rende capaci di discernere rettamente, spiega Diadoco di Fotice, Vescovo: “E’ lume della vera saggezza discernere il bene dal male senza sbagliare. Quando ciò avviene, allora la via della giustizia conduce la mente a Dio, sole di giustizia, e introduce nello sfolgorio infinito della scienza la mente stessa che cerca ormai con grande fiducia l’amore. … Il discernimento della mente è la perfetta sapienza con la quale le cose vengono giudicate. Quando l’organismo è sano, con il senso del gusto noi sappiamo distinguere ciò che fa bene da quanto ci fa male e cerchiamo quanto ci piace. ”[876]

In questa linea occorre ricordare anche l’importanza della “διαϰρίσις πνευμάτων”, il discernimento degli spiriti, di cui parla s. Paolo in 1 Cor. 12, 10 e che consiste nel distinguere sotto la guida dello Spirito le profezie che vengono dallo Spirito Santo da quelle che vengono da satana[877].

Dio ci doni questa sapienza e questo discernimento.

Come già emerge dal testo della Commissione Teologica Internazionale visto qui sopra,  Dio ci ha donato precise indicazioni riguardo alla pratica del discernimento: “” Anche se il Nuovo Testamento non associa che una volta esplicitamente i due termini “coscienza” morale e “Spirito Santo” (Rm 9,1), è chiaro che in regime cristiano il “discernimento del buono dal cattivo” ha per chiave di volta “gli elementi essenziali delle parole di Dio” (Eb 5,12-14), che conducono “alla perfezione” (6,1) “coloro che una volta per tutte sono stati illuminati, hanno gustato il dono celeste e sono divenuti partecipi dello Spirito Santo” (6,4) “[878]

La Parola di Dio, interpretata dalla Chiesa, è quindi somma guida per il nostro discernimento, perché in tutto facciamo la volontà di Dio, “ciò che è migliore e perfetto in ogni circostanza ( 1 Ts 5,21; Fil 1,10; Ef 5,10)” [879]

Il retto discernimento ci guida ad una vita conforme agli insegnamenti della S. Scrittura, quindi ad una vita santa: “Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo” (Lv 19, 2). “Io sono il Signore che vi vuole fare santi” (Lv 20, 8), “. . . a immagine del Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta; poiché sta scritto: «Voi sarete santi, perché io sono santo»” (1 Pt 1, 15).

Il retto discernimento ci porta ad una vita nella carità: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.” (Gv. 13, 34), “Dopo aver purificato le vostre anime con l’obbedienza alla verità per amarvi sinceramente come fratelli, amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri …” (1 Pt. 1,22)

Il retto discernimento ci guida ad una vita di perfezione appunto nella santità e nella carità: “Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5, 48), “E la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla.” (Gc. 1,4)

Il retto discernimento ci porta ad essere conformi a Cristo, alla sua perfezione, Gesù ci ha dato l’esempio perché lo imitiamo: “Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi.”(Gv. 15,15). “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.” (Gv. 13, 34).

S. Pietro scrive: “Cristo patì per voi,

lasciandovi un esempio,

perché ne seguiate le orme:

22 egli non commise peccato

e non si trovò inganno sulla sua bocca;

23 insultato, non rispondeva con insulti,

maltrattato, non minacciava vendetta,

ma si affidava a colui

che giudica con giustizia.

24 Egli portò i nostri peccati nel suo corpo

sul legno della croce,

perché, non vivendo più per il peccato,

vivessimo per la giustizia;

dalle sue piaghe siete stati guariti.” (1 Pt. 2,21ss)

In questa linea s. Gregorio di Nissa: “Tre sono gli elementi che manifestano e distinguono la vita del cristiano: l’azione, la parola e il pensiero. Primo fra questi è il pensiero, al secondo posto viene la parola che dischiude e manifesta con vocaboli ciò che è stato concepito col pensiero. Dopo, in terzo luogo, si colloca l’azione, che traduce nei fatti quello che è stato pensato. Se perciò una qualunque delle molte cose possibili ci porta naturalmente o a pensare o a parlare o ad agire, è necessario che ogni nostro detto o fatto o pensiero sia indirizzato e regolato da quelle norme con le quali Cristo si è manifestato, in modo che non pensiamo, né diciamo, né facciamo nulla che possa allontanarci da quanto ci indica quella norma sublime.  E che altro, dunque, dovrebbe fare colui che è stato reso degno del grande nome di Cristo, se non esplorare diligentemente ogni suo pensiero, parola e azione, e vedere se ognuno di essi tenda a Cristo oppure se ne allontani? In molti modi si può fare questo importante esame. … Ciò che invece è libero e puro da ogni sordida voglia, questo è certamente indirizzato all’autore e principe della pace, Cristo.”[880]

Il retto discernimento ci porta ad essere “altri Cristo” cioè a seguire Cristo e ad imitarlo sulla via dell’attuazione della sua Parola, sulla via della Croce; Gesù è molto chiaro su questo punto: “chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.”(Mt. 10,38), “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.” (Mt. 16,24; Mc. 8,34; Lc. 9,23) “Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.”(Lc. 14,27)

Il discernimento retto ci porta a camminare verso il Cielo, in Cristo.

Gesù ha detto, significativamente, al giovane che voleva raggiungere la vita eterna: “Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti”. Gli chiese: “Quali?”. Gesù rispose: “Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso,  onora il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso”.”(Mt. 19,17-20)

S. Paolo ha affermato in questa linea: “Pensate alle cose del cielo e non a quelle di questo mondo. Perché voi siete già come morti: la vostra vera vita è nascosta con Cristo in Dio. E quando Cristo, che è la vostra vita, sarà visibile a tutti, allora parteciperete anche voi visibilmente alla sua gloria.”(Col. 3)

Sottolineo che la via del retto discernimento conduce al Cielo attraverso la pratica dei comandamenti, sotto la guida della: “Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità” (1 Tim. 3).

Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma al n. 2072, in questa linea: “Poiché enunciano i doveri fondamentali dell’uomo verso Dio e verso il prossimo, i dieci comandamenti rivelano, nel loro contenuto essenziale, obbligazioni gravi. Sono sostanzialmente immutabili e obbligano sempre e dappertutto. Nessuno potrebbe dispensare da essi. I dieci comandamenti sono incisi da Dio nel cuore dell’essere umano.”

Vedemmo nel I volume, nella parte relativa alla contrizione, che, secondo l’insegnamento che emerge dalla Bibbia e che la Chiesa ci presenta, non esiste gradualità della Legge; infatti s. Giovanni Paolo II nel 1980 nell’omelia a conclusione della V Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi affermò: “… la cosiddetta “legge della gradualità” o cammino graduale non può identificarsi con la “gradualità della legge”, come se ci fossero vari gradi e varie forme di precetto nella legge divina per uomini e situazioni diverse.”[881]. Nella Familiaris Consortio al n. 34 s. Giovanni Paolo II, riprendendo quanto aveva detto nell’omelia di cui sopra, scrisse: “Essi, tuttavia, non possono guardare alla legge solo come ad un puro ideale da raggiungere in futuro, ma debbono considerarla come un comando di Cristo Signore a superare con impegno le difficoltà. «Perciò la cosiddetta “legge della gradualità”, o cammino graduale, non può identificarsi con la “gradualità della legge”, come se ci fossero vari gradi e varie forme di precetto nella legge divina per uomini e situazioni diverse. … »[882].”

Non ci sono, dunque vari gradi e varie forme di precetto nella legge divina per uomini e situazioni diverse. Tutti i coniugi sono chiamati, secondo il disegno divino, alla santità nel matrimonio e questa alta vocazione si realizza in quanto la persona umana è in grado di rispondere al comando divino, in Cristo, con animo sereno confidando nella grazia divina e nella propria volontà.[883]  Tutti i cristiani sono chiamati alla perfezione della carità e quindi alla santità[884].

S. Giovanni Paolo II ha affermato: ““Tutti nella Chiesa – dice il Concilio – . . . sono chiamati alla santità, secondo il detto dell’Apostolo: «Certo la volontà di Dio è questa, che vi santifichiate» (1 Ts 4, 3; cf. Ef 1, 4) (Lumen Gentium, 39). Le parole dell’Apostolo sono un’eco fedele dell’insegnamento di Cristo maestro che, secondo il Concilio, “mandò a tutti lo Spirito Santo, che li muova internamente ad amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutte le forze (cf. Mc 12, 30), e ad amarsi a vicenda come Cristo ha amato loro” (cf. Gv 13, 34; 15, 12) (Lumen Gentium, 40).”[885]

Lo Spirito Santo, attraverso il retto discernimento, ci chiama e ci guida alla santità vera sulla via della “legge della gradualità” e  non su quella della “gradualità della Legge”; s. Giovanni Paolo II affermò: “la cosiddetta “legge della gradualità” o cammino graduale non può identificarsi con la “gradualità della legge”, come se ci fossero vari gradi e varie forme di precetto nella legge divina per uomini e situazioni diverse.”[886]

Il retto discernimento, in questa linea, ci fa camminare nell’osservanza dei comandamenti e non ci porta mai, in particolare, a violare i comandi negativi del Decalogo e della Legge naturale, infatti, come insegna il Magistero cattolico: “I precetti negativi della legge naturale sono universalmente validi: essi obbligano tutti e ciascuno, sempre e in ogni circostanza. Si tratta infatti di proibizioni che vietano una determinata azione semper et pro semper, senza eccezioni … La Chiesa ha sempre insegnato che non si devono mai scegliere comportamenti proibiti dai comandamenti morali, espressi in forma negativa nell’Antico e nel Nuovo Testamento. … Gesù stesso ribadisce l’inderogabilità di queste proibizioni: «Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti…: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso» (Mt 19,17-18).” (VS n. 52) … SOTTOLINEO: QUESTE PROIBIZIONI SONO INDEROGABILI …

Il retto discernimento, quindi, non ci guida a derogare o a dispensare noi o altri dalle suddette proibizioni divine. Come dissi altrove, la S. Scrittura e la Tradizione sono molto chiari nell’affermare che Dio, quando attraverso la sua Parola e la sua Chiesa indica dei comandi come assolutamente inderogabili, li rende  assolutamente tali; sono assolutamente inderogabili, in questa linea, i precetti morali divini negativi[887].

Non è Dio ma satana che ci conduce ad agire contro tali precetti negativi.

Nella lettera ai Galati leggiamo al capitolo 5: “Il frutto dello Spirito invece è carità, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge.”

Faccio notare che il primo frutto dello Spirito è la carità, lo Spirito Santo ci spinge a vivere nella carità e la carità porta in noi l’osservanza di tutti i comandamenti soprattutto di quelli negativi.

Gesù è molto chiaro: “ Se mi amate, osserverete i miei comandamenti.”(Gv. 14,15)

“Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama.” (Gv. 14,21)

Ai frutti dello Spirito Santo si contrappongono le opere della carne indicate nello stesso capitolo della stessa lettera di s. Paolo ai Galati, ai versetti 19ss: “Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio.” (Gal. 5)

Notate bene: opere della carne sono anzitutto fornicazione, impurità, dissolutezza … e poi orge …

Non lo Spirito Santo ci porta a queste opere, non è lo Spirito Santo che ci spinge all’adulterio, o al peccato impuro contro natura, ma la carne, che si oppone allo Spirito …

Il dinamismo della carne è stato innescato in noi dal peccato compiutosi sotto la spinta tentatrice di satana, dietro la spinta della carne c’è fondamentalmente satana.

Satana è fondamentalmente origine e causa di ogni peccato, come dice uno dei formulari della Rinnovazione delle promesse battesimali che si proclamano a Pasqua.

Quindi è fondamentalmente satana e non Dio che ci spinge alle opere della carne e quindi all’adulterio e ad ogni peccato specie se grave.

Il retto discernimento non produce in noi le opere della carne ma i frutti dello Spirito!

Il retto discernimento più generalmente, ci guida sulla via della sana dottrina, sulla via della Verità, sulla via della perfezione in Cristo, non sulla via dell’apostasia, dell’eresia, dell’errore, della sovversione del deposito della fede, non sulla via del peccato impuro, dell’adulterio etc.

Riguardo al retto discernimento aggiungeva Baldovino di Canterbury, vescovo: “Il Signore conosce i pensieri e le intenzioni del nostro cuore. Senza dubbio egli li conosce tutti, mentre noi solo quelli che ci è concesso di percepire per il dono del discernimento. …  Chi mai può esaminare le ispirazioni, se vengono da Dio, se non gli è stato dato da Dio il loro discernimento, così da poter esaminare esattamente e con retto giudizio i pensieri, le disposizioni, le intenzioni dello spirito? Il discernimento infatti è come la madre di tutte le virtù ed è necessario a tutti nel guidare la vita, sia propria che altrui. … Il retto sentire non cede all’errore. La pia intenzione esclude la finzione. Questo è dunque il discernimento, l’unione del retto pensiero e della virtuosa intenzione. Tutto quindi si deve fare nella luce del discernimento, come sta in Dio e sotto lo sguardo di Dio.”[888]

Il discernimento retto è dono di Dio, che conosce tutto, e ci guida sulla via della virtù, della santità, non del peccato; tale dono attua in noi l’unione del retto pensiero e della virtuosa intenzione ed è necessario a tutti per guidare la propria vita secondo il volere divino e per non cedere alle seduzioni del peccato e di satana.

Dio ci doni questo discernimento.

 

 

l,2) Il discernimento perverso previsto da Amoris Laetitia, dai Vescovi argentini e da Mons. Fernández che permette praticamente di dispensare dai precetti negativi del Decalogo persone aventi attenuanti e quindi di assolvere chi non è contrito.

 

 

l,2,1) Il discernimento perverso previsto da Amoris Laetitia, dai Vescovi argentini e da Mons. Fernández.

 

 

La Croce sacra sia la nostra luce.

Notiamo anzitutto che l’Amoris Laetitia parla di discernimento ben 41 volte.

Il termine si trova utilizzato sia nel corpo del testo sia in alcuni titoli di paragrafi; ben tre titoli di paragrafi di tale Esortazione, in particolare, dal n. 296 al n. 306, parlano esplicitamente di discernimento.

Il discernimento che invita a fare il Papa, come spiegano i Vescovi argentini, in particolare, riguarda alcune situazioni: “En otras circunstancias más complejas, y cuando no se pudo obtener una declaración de nulidad, la opción mencionada puede no ser de hecho factible. No obstante, igualmente es posible un camino de discernimiento. Si se llega a reconocer que, en un caso concreto, hay limitaciones que atenúan la responsabilidad y la culpabilidad (cf. 301-302), particularmente cuando una persona considere que caería en una ulterior falta dañando a los hijos de la nueva unión, Amoris Laetitia abre la posibilidad del acceso a los sacramentos de la Reconciliación y la Eucaristía (cf. notas 336 y 351).”[889]

In altre circostanze più complesse, e qualora non sia possibile ottenere una dichiarazione di nullità, la suddetta opzione, cioè la vita casta, potrebbe infatti non essere praticabile. Tuttavia, un cammino di discernimento è altrettanto possibile. Se si riconosce che, nel caso concreto, esistono limitazioni che mitigano la responsabilità e la colpa (cfr. 301-302), soprattutto quando una persona ritiene che cadrebbe in un’ulteriore colpa nuocendo ai figli della nuova unione, Amoris laetitia apre la possibilità di accesso ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia (cfr. note 336 e 351). Questi a loro volta preparano la persona a continuare a maturare e a crescere con la forza della grazia.

Quindi il discernimento che invitano a fare questi Vescovi e il Papa riguarda casi in cui vi sono attenuanti che limitano la responsabilità e la colpevolezza.

Questo discernimento attraversa ovviamente il passato, il presente e si rivolge al futuro e riguarda persone per le quali, come dice il testo, non è “di fatto possibile” vivere in castità.

Più precisamente il discernimento deve portare ad esaminare nella luce dello Spirito Santo la situazione di queste persone per vedere se vi sono: “… limitaciones que atenúan la responsabilidad y la culpabilidad (cf. 301-302) particularmente cuando una persona considere que caería en una ulterior falta dañando a los hijos de la nueva unión.” Cioè occorre vedere se vi sono limitazioni che attenuano la responsabilità e la colpevolezza particolarmente quando una persona consideri che cadrebbe in un ulteriore peccato danneggiando i figli della nuova unione.

Questo discernimento deve, ripeto, partire dal passato e dal presente ma deve riguardare in particolare il futuro …  e in particolare, secondo le affermazioni dei vescovi Argentini, dovrebbe poter affermare che la persona in questione, sulla base della sua esperienza passata, non è (oggi) pienamente responsabile e colpevole per gli atti che compie, particolarmente quando una persona consideri che cadrebbe in un ulteriore peccato danneggiando i figli della nuova unione. Quindi pur non proponendosi (oggi) di non commettere (in futuro) atti oggettivamente gravi, tale persona dovrebbe essere sacramentalmente assolta e si dovrebbe amministrare a lei l’Eucaristia.

In questa linea mons. Fernández, ora Cardinale, vicinissimo al Papa e possibile autore nascosto di Amoris Laetitia affermava, commentando tale esortazione e la lettera dei Vescovi argentini : “Por eso mismo, también es lícito preguntarse si los actos de una convivencia more uxorio deban caer siempre, en su sentido íntegro, dentro del precepto negativo que prohíbe “fornicar”.” [890] Occorre dunque domandarsi, secondo il monsignore, se gli atti di una convivenza more uxorio siano sempre condannati dalla norma che proibisce la fornicazione intesa in senso pieno. Spiegava poi il monsignore che può darsi il caso di una donna praticamente “crocifissa” dal suo sposo cattolico la quale si rifugia presso un altro uomo che la aiuta e aiuta i suoi figli e con lei genera altri figli in tale relazione adulterina; mons. Fernández affermava che di fatto non è facile trattare questa donna da adultera[891]. Il problema, spiegava il monsignore argentino, non è solo se la donna sappia di peccare, il Papa infatti precisa che appunto non è solo questione di ignoranza.  Quindi il problema, spiegava mons. Fernández, è complesso e include due considerazioni fondamentali: “Primero, si una mujer que sabe de la existencia de la norma, realmente puede comprender que no abandonar a ese hombre —a quien no puede exigirle por ahora una continencia total y permanente— es realmente una falta gravísima contra la voluntad de Dios. Segundo, si ella realmente puede, en este momento, tomar la decisión de abandonar a ese hombre. Allí es donde la limitada formulación de la norma es incapaz de expresarlo todo.”[892] Occorre quindi domandarsi, ha spiegato mons. Fernández, se una donna pur sapendo della esistenza della norma possa comprendere che non abbandonare quell’uomo è una mancanza gravissima contro la volontà di Dio; occorre poi domandarsi se quella donna possa prendere la decisione di abbandonare quell’uomo.

Aggiunge mons. Fernández che il Papa sottolinea la questione dell’attenuazione della responsabilità e della colpevolezza: “Pero su acento está puesto más bien en la cuestión de la eventual disminución de la responsabilidad y de la culpabilidad. Los condicionamientos pueden atenuar o anular la responsabilidad y la culpabilidad frente a cualquier norma, aun frente a los preceptos negativos y a las normas morales absolutas. Ello hace posible que no siempre se pierda la vida de la gracia santificante en una convivencia “more uxorio”.”[893]

Le circostanze condizionanti, secondo mons. Fernández, possono attenuare o annullare la responsabilità e la colpevolezza davanti a qualunque norma anche di fronte ai precetti negativi sicché può accadere che non sempre si perda la grazia santificante pur vivendo una convivenza adulterina, questo evidentemente permetterebbe, secondo mons. Fernández, secondo il Papa e i Vescovi argentini, ad una persona che non ha il proposito di non commettere atti adulterini di poter ricevere l’assoluzione sacramentale e l’Eucaristia.

Il discernimento che i Vescovi argentini[894] e con essi il Papa, chiedono di fare dovrebbe essere dunque questo: verificare che la persona sia in un tale stato interiore per cui nonostante viva una relazione adulterina e non si proponga di evitare di commettere adulterio, resti in grazia di Dio. Se tale discernimento giunge a concludere che tale persona resta in grazia, secondo Mons. Fernández e secondo i Vescovi argentini può essere assolta anche se non si propone di non commettere atti oggettivamente gravi.

 

 

l,2,2) Perché il discernimento bergogliano è falso e perverso.

 

 

Il discernimento bergogliano è radicalmente falso e perverso perché si basa su colossali errori per cui, come ho detto altrove e come ribadirò nella III appendice,:

1) viene cancellata la dottrina dell’assoluta obbligatorietà delle norme negative del decalogo;

2) Dio può chiedere ad alcuni di agire gravemente contro i comandi negativi della Legge divina;

3) la coscienza morale può capire, attraverso il discernimento, che Dio le chiede di compiere atti contrari alla sua Legge;

4) viene stravolta la regola che afferma: “ad impossibilia nemo tenetur”;

5) viene presentata una falsa dottrina sulle attenuanti e sulle scusanti;[895]

6) viene stravolta la dottrina cattolica sulla carità e sulla grazia.

Sottolineo, come appunto dissi altrove e come ripeterò nella III appendice[896], che per Fernández come per Francesco, e anche per i Vescovi argentini, attraverso il discernimento, si può arrivare a capire che Dio voglia che una persona, che ha alcuni limiti e difficoltà nell’attuare la Legge di Dio, continui a compiere atti gravi contro le norme negative della Legge divina, e in particolare che continui a compiere atti di adulterio.

Abbiamo visto più sopra e vedremo più avanti, anche nella III appendice, che Dio comanda assolutamente di evitare atti contro i comandi negativi della sua Legge. Non è Dio, dicemmo, che vuole che le persone compiano adulterio ma il diavolo!

Il discernimento di Fernández, dei Vescovi argentini e del Papa devia i fedeli ponendoli sotto la guida di satana, li espone a Sacramenti invalidi e sacrileghi.

Tale discernimento appare triplicemente blasfemo perché illudendo i fedeli e facendo loro pensare che esso stesso è compiuto sotto la guida di Dio, conduce i fedeli non solo (1) a compiere atti gravemente contrari ai comandi negativi della Legge divina ma anche (2) a Confessioni invalide e sacrileghe e a (3) Comunioni eucaristiche sacrileghe; il discernimento bergogliano è quindi triplicemente blasfemo perché attribuisce a Dio fondamentalmente il compimento di tre peccati molto gravi, che sono in realtà opera di satana.

Contrariamente a ciò che affermano il Papa e i suoi seguaci, il Confessore, che tiene il posto di Dio, mai può dichiarare che il frutto di un discernimento sia che Dio voglia che una persona commetta adulterio e in quanto ministro di Dio non può e non deve assolvere un penitente che:

1) non si propone assolutamente, universalmente ed efficacemente[897] di non peccare e quindi di evitare atti gravemente contrari alla Legge divina;

2) che non si propone di fuggire le occasioni prossime di peccato.

Assolvere un penitente che non abbia il proposito di evitare il peccato e le occasioni di peccato rende invalida tale assoluzione.

Sottolineo che assolvere una persona manifestamente priva di contrizione è un sacrilegio e ugualmente farsi assolvere sapendo di non avere vera contrizione è sacrilegio.

Fernández e con lui il Papa parlano di grazia e di carità, ma la carità, che è sempre unita alla grazia santificante, porta il cristiano ad accettare di perdere tutto piuttosto che peccare e compiere atti gravi contro la Legge di Dio, specialmente contro i precetti negativi di essa.

La carità, inoltre, porta a proporsi di accettare di perdere tutto piuttosto che peccare e compiere atti gravi contro la Legge di Dio, specialmente contro i precetti negativi di essa, come vedemmo ampiamente nel I volume[898], quindi non esiste alcuna giustificazione che porti la carità e chi è guidato da essa ad accettare il compimento di atti gravemente contrari ai precetti negativi del Decalogo, come l’adulterio.

Il discernimento fatto nella carità mai può affermare che Dio chieda a qualcuno di agire contro la Legge di Dio e in particolare contro i comandi negativi di essa.

Il penitente in quanto guidato dalla carità, e quindi dal retto discernimento in essa, si propone necessariamente di evitare l’adulterio e quindi di fuggire, secondo retta prudenza, le occasioni prossime di peccato.

Il Confessore, in quanto guidato dalla carità, e in quanto in essa discerne rettamente, dispone necessariamente il penitente a proporsi di non peccare e quindi di non commettere adulterio.

La carità guida noi stessi assolutamente a non commettere atti gravi contro i comandi negativi della Legge divina e ci porta a guidare gli altri assolutamente a non commetterli.

In tale virtù il discernimento si compie nella pienezza della Verità.

Un Confessore che agisce secondo le indicazioni dei Vescovi argentini[899] e di Fernández, nonché del Papa, e che aiuta il penitente nel discernimento e lo conferma nell’idea che sulla base del discernimento può continuare a compiere atti gravemente contrari ai comandi negativi del Decalogo afferma una colossale e gravissima falsità, si carica di un gravissimo peccato e praticamente di una blasfemia e se lo assolve in questa linea, sapendo che il penitente non si propone di non peccare e di fuggire le occasioni prossime di peccato, compie sacrilegio, rende invalida l’assoluzione ed espone lo stesso fedele al sacrilegio nella Confessione e quindi nelle Comunioni che andrà a ricevere dopo tale assoluzione; un sacerdote di questo genere è, in realtà, un lupo vestito da pastore … e purtroppo dobbiamo dire lo stesso del Papa e dei suoi collaboratori che spingono i sacerdoti e i fedeli a compiere un tale falso e blasfemo discernimento che mette le anime sotto la guida di satana: sono essi stessi dei lupi vestiti da pastori!

Aggiungo poi che è radicalmente falsa l’idea che emerge dall’Amoris Laetitia (nota 336) e dall’articolo di mons. Fernández[900] per cui il Confessore può assolvere il penitente che non ha il proposito di evitare atti gravemente contrari ai comandi negativi della Legge divina perché ritiene che per tale penitente tali atti sono peccato veniale, infatti il proposito riguarda il futuro e se per il passato tali atti sono stati colpa veniale nessuno può affermare che in futuro lo siano ancora, ricordo anche che tutti sono obbligati ad attuare la Legge divina, nessuno può sottrarsi a tale obbligazione e quindi tutti coloro che vogliono essere assolti validamente devono accogliere tale obbligazione e proporsi, come detto, di non peccare e di fuggire le occasioni prossime di peccato!

Le affermazioni di Amoris Laetitia e Fernández sono un concentrato di gravissimi errori.

Concludo notando che se un Confessore può consentire a chi commette atti gravi contrari alle norme negative del Decalogo attraverso il falso discernimento bergogliano, basandosi sulla vaga e falsa dottrina sulle attenuanti e sul bene possibile e sulle indicazioni di coscienza del fedele, attuando lo stesso falso discernimento basato sugli stessi errori anche i fedeli da soli possono ritenersi ammessi a commettere gli stessi atti.

Dio intervenga.

 

 

l,2,3) Il discernimento perverso di Papa Francesco: facendo leva su vaghe e distorte dottrine circa le attenuanti e il “bene possibile” vengono “misericordiosamente” sottomesse le anime alla guida di satana.

 

 

Volendo sintetizzare la sovversione dottrinale bergogliana di cui stiamo parlando possiamo dire che il Papa e i suoi collaboratori, negando che Dio sia radicalmente opposto alle violazioni delle norme negative della sua Legge, e addirittura affermando che Dio chieda di compiere atti oggettivamente contrari a tali norme[901], cancellano la dottrina sull’assoluta obbligatorietà delle norme negative della Legge divina[902] e negano che si diano degli assoluti nella vita morale; diffondendo, poi, un falso concetto di carità e grazia, essi cancellano anche la dottrina per cui con la grazia per l’uomo è possibile attuare la Legge di Dio ed evitare atti contrari alle norme negative del Decalogo come afferma il Concilio di Trento [903] e con esso s. Giovanni Paolo II[904], e, attraverso una falsa dottrina sui condizionamenti dell’agire umano, permettono che si compiano tali atti come unico “bene possibile”, in questo modo Francesco e i suoi seguaci pervertono anche il retto discernimento e quindi sottomettono le anime alle ispirazioni diaboliche, che spinge a compiere atti contrari alla Legge divina, invece che alla volontà di Dio, come detto.

Concentriamoci qui di seguito sulla significativa e negativa incidenza della dottrina bergogliana circa le attenuanti e il “bene possibile” in relazione al falso discernimento bergogliano.

Il fedele che si trova a dover discernere sul da farsi e il Confessore che deve aiutarlo in questa opera ha davanti a sé il soggetto ha la Parola di Dio che, in Verità, lo chiama alla porta stretta e alla via angusta (Mt. 7) di Cristo ma tale via è appunto difficile, è una via di rinnegamento di sé (Mt. 16,24s) è una via di carità, di castità, di umiltà, di obbedienza, di preghiera incessante, di mortificazione … non piace alla nostra natura umana ferita dal peccato.

Il fedele prova difficoltà dinanzi a tale via di Cristo, che è piena di combattimenti contro i nemici spirituali, umiliazioni, è via di Croce, di mortificazione etc. …

La sana dottrina, a questo punto, e con essa il buon Confessore dicono al soggetto che discerne: con la grazia di Dio ce la puoi fare, impegnati, segui la via di Cristo anche se stretta, prega, mortificati, ricevi i Sacramenti, come hanno fatto i santi puoi fare anche tu.

Sostenuto da queste parole e dalla grazia divina il buon fedele va avanti, prende la Croce e procede dietro a Cristo, pronto anche al martirio; egli cammina, su questa via stretta, verso il Cielo e dà anche buon esempio con la sua buona e santa condotta, sicché anche altri possano fare come lui.

Al contrario, laddove entra in gioco l’ Amoris Laetitia e il Confessore bergogliano con la sua vaga dottrina sui fattori attenuanti o scusanti e con quella riguardante il “bene possibile” ci sono ampie possibilità per far valere qualche condizionamento e quindi poter dire che percorrere la via della Croce nella castità, nella carità, nell’umiltà, nella preghiera incessante, evitando certi atti contrari alla Legge divina, è al di sopra del “bene possibile” al soggetto.

La via della Croce è dunque dichiarata impossibile e il soggetto può prendere la via a lui possibile e lecitamente darsi al compimento di atti anche gravemente contrari alle norme negative della Legge di Dio, cioè può camminare sulla via che per i bergogliani è via del peccato “veniale” o della imperfezione ma che in realtà è ordinariamente via di peccato grave, e per tale via può ricevere anche i Sacramenti, aggiungendo così, al peccato grave anche il sacrilegio di ricevere indegnamente la Confessione e poi l’Eucaristia.

Senza grossi proclami di condanna della sana dottrina cattolica, attraverso una astuta “gestione” in particolare delle attenuanti e del bene possibile il Papa ha radicalmente pervertito il discernimento ed ha aperto le porte a peccati gravi, sacrilegi e scandali.

Ovviamente, date queste premesse, come già vedemmo, nella linea deviante da loro seguita il Papa e i suoi collaboratori fanno scomparire anche l’insegnamento cattolico, collegato a quanto stiamo dicendo, sul martirio.

Lo vedemmo più sopra … Cristo ci chiama a vivere in modo radicale e senza deviazioni sulla via della sua Legge e ci vuole rendere pronti al martirio (Mt. 10,28.37-44; 16,24s; Lc 9,22-25; 14,25-27; Gv. 15,12; 1 Gv. 3,14-18 etc.); la vera carità implica questo: essere pronti a dare la vita piuttosto che trasgredire gravemente un comando della Legge di Dio, specialmente un comando negativo di tale Legge; al n. 91 della Veritatis Splendor di s. Giovanni Paolo II leggiamo: “La Chiesa propone l’esempio di numerosi santi e sante, che hanno testimoniato e difeso la verità morale fino al martirio o hanno preferito la morte ad un solo peccato mortale. Elevandoli all’onore degli altari, la Chiesa ha canonizzato la loro testimonianza e dichiarato vero il loro giudizio, secondo cui l’amore di Dio implica obbligatoriamente il rispetto dei suoi comandamenti, anche nelle circostanze più gravi, e il rifiuto di tradirli, anche con l’intenzione di salvare la propria vita.” (VS n.91); s. Ignazio di Antiochia afferma in questa linea: “Se noi, con la grazia sua, non siamo pronti a morire per partecipare alla sua Passione, la sua vita non è in noi.”[905] … ma di tutte queste affermazioni e di molte altre in questa linea non c’è traccia nell’ Amoris Laetitia, evidentemente essa ha messo da parte una bella fetta di Vangelo …

Ripeto: di tutte queste affermazioni e di altre che parlano di martirio necessario, in alcuni casi, e glorioso e di molte altre in questa linea non c’è traccia nell’ Amoris Laetitia.

Il perverso discernimento bergogliano perde chiaramente queste dimensioni fondamentali, mette da parte il martirio[906], consegna l’uomo nelle mani del diavolo e manifesta la miseria dell’uomo stesso irretito dall’errore dottrinale e dal peccato.

Allo “splendore della Verità” che si manifesta nell’uomo guidato dal retto discernimento, sulla via dei divini comandi, divinizzato in Cristo e che è celebrato da s. Giovanni Paolo II nella “Veritatis Splendor”, si contrappone la tenebra dell’uomo irretito dalle perversioni morali e dottrinali e quindi dal perverso discernimento che diffonde Papa Francesco ammantandolo di falsa misericordia.

Questo falso discernimento bergogliano, infatti, si presenta come “misericordioso” e “compassionevole” per situazioni di difficoltà:

– nell’ Amoris Laetitia, oltre che nei due passi appena citati ( Amoris Laetitia n. 311 e nota 364) , anche nei numeri 306 e 308; nel primo di tali numeri leggiamo: “ In qualunque circostanza, davanti a quanti hanno difficoltà a vivere pienamente la legge divina, deve risuonare l’invito a percorrere la via caritatis.

La carità fraterna è la prima legge dei cristiani (cfr. Gv 15,12; Gal 5,14). Non dimentichiamo la promessa delle Scritture: «Soprattutto conservate tra voi una carità fervente, perché la carità copre una moltitudine di peccati» (1 Pt 4,8); «sconta i tuoi peccati con l’elemosina e le tue iniquità con atti di misericordia verso gli afflitti» (Dn 4,24); «l’acqua spegne il fuoco che divampa, l’elemosina espia i peccati» (Sir 3,30).”(Amoris Laetitia n. 306), al n. 308 leggiamo: “ Tuttavia, dalla nostra consapevolezza del peso delle circostanze attenuanti – psicologiche, storiche e anche biologiche – ne segue che «senza sminuire il valore dell’ideale evangelico, bisogna accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone che si vanno costruendo giorno per giorno», lasciando spazio alla «misericordia del Signore che ci stimola a fare il bene possibile». (Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 44: AAS 105 (2013), 1038).” ( Amoris Laetitia n. 308);

– nella lettera dei Vescovi argentini che all’inizio e quindi  al n. 3 afferma: “ … Francisco ha abierto varias puertas en la pastoral familiar y estamos llamados a aprovechar este tiempo de misericordia, para asumir como Iglesia peregrina la riqueza que nos brinda la Exhortación Apostólica en sus distintos capítulos. … 3) El acompañamiento pastoral es un ejercicio de la “via caritatis”. Es una invitación a seguir “el camino de Jesús, el de la misericordia y de la integración” (296). ” [907] Francesco ha aperto diverse porte nella pastorale familiare e noi siamo chiamati ad approfittare di questo tempo di misericordia, per assumere come Chiesa pellegrina la ricchezza che l’Esortazione Apostolica ci offre nei suoi diversi capitoli. … L’accompagnamento pastorale è un esercizio della “via caritatis”. È un invito a seguire “la strada di Gesù, quella della misericordia e dell’integrazione”;

– nell’articolo di commento all’Amoris Laetitia che mons. Fernández ha realizzato nel 2017[908] in cui egli contrappone la comoda rigidezza di alcuni, che determina, a suo parere, l’annacquamento del Vangelo, alle indicazioni  misericordiose di tale esortazione ( Amoris Laetitia n. 311)  volendo evidentemente dire che la vera misericordia non è nella sana dottrina che la Chiesa ha diffuso per 2000 anni ma  nelle perversioni morali che il Papa attuale e i suoi seguaci diffondono; nello stesso articolo del 2017[909] mons. Fernández sottolinea anche il contrasto tra l’agire di alcuni confessori che fanno sfumare la misericordia nella ricerca di una giustizia supposta come pura e il modo di operare che indica Papa Francesco attraverso Amoris Laetitia ( Amoris Laetitia nota 364).

Tutti questi riferimenti alla misericordia sono chiaramente falsi e devianti; la vera misericordia e il retto discernimento aiutano le anime a convertirsi e ad uscire dal peccato ad aprirsi a Cristo e alla divinizzazione, la “misericordia” bergogliana aiuta le anime a farsi guidare da satana, a rimanere nel peccato grave, a ricevere i Sacramenti sacrilegamente, senza vera conversione  e le illude facendo loro pensare che sia Dio a volere ciò.

Il Papa e i suoi collaboratori nascondono, quindi, sotto il mantello di una falsa misericordia, contraria a quella che Cristo ha praticato e che la Chiesa insegna da 2000 anni, la sovversione della morale cattolica e del retto discernimento.

Tale misericordia, si noti bene, è così “compassionevole” e “buona” che porta le anime ad essere guidate, attraverso un falso discernimento, a precipitare negli abissi del peccato e a evitare le vette delle sante virtù, a sottomettersi a satana e non a seguire la Legge di Dio, a camminare verso l’inferno e abbandonare la via che conduce al Cielo!

Dio intervenga.

 

 

m) Il crollo della morale cattolica attraverso la dottrina bergogliana sulle attenuanti e scusanti, sul bene possibile e sul discernimento e la strategia del “caudillo”.

 

 

Come ho spiegato ampiamente altrove[910], il Papa e i suoi collaboratori, negando che Dio sia radicalmente opposto alle violazioni delle norme negative della sua Legge, e addirittura affermando che Dio chieda di compiere atti oggettivamente contrari a tali norme[911], presentano una falsa dottrina sulla coscienza morale[912], cancellano la dottrina sull’assoluta obbligatorietà delle norme negative della Legge divina[913] e negano che si diano degli assoluti nella vita morale[914]; diffondendo, poi, un falso concetto di carità e grazia, essi cancellano anche la dottrina per cui, con la grazia, all’uomo è possibile attuare la Legge di Dio ed evitare atti contrari alle norme negative del Decalogo come afferma il Concilio di Trento [915] e con esso s. Giovanni Paolo II[916], e, attraverso una vaga e falsa dottrina sui condizionamenti dell’agire umano, permettono che si compiano tali atti come unico “bene possibile” [917].

Tutto ciò determina evidentemente un colossale crollo della morale cattolica.

Lo aveva intuito il professor Seifert allorché disse: “che il n° 303 di Amoris Laetitia è “una bomba atomica teologica che minaccia di abbattere l’intero edificio morale dei 10 comandamenti e dell’insegnamento morale cattolico”[918] .

Ripeto: negando che Dio sia radicalmente opposto alle violazioni delle norme negative della sua Legge, e addirittura affermando che Dio chieda di compiere atti oggettivamente contrari a tali norme[919], cancellando la dottrina sull’assoluta obbligatorietà delle norme negative della Legge divina[920],  negando che si diano degli assoluti nella vita morale, pervertendo la dottrina sulla coscienza morale e sul discernimento, diffondendo, poi, un falso concetto di carità e grazia, e, attraverso una falsa dottrina sui condizionamenti dell’agire umano, permettendo che si compiano tali atti come unico “bene possibile”, nonché facendo amministrare i Sacramenti a notori peccatori e a gente che non ha la contrizione per i peccati fatti, Papa Francesco ha attuato un vero crollo della morale cattolica.

Qui è per noi di particolare interesse sottolineare come la dottrina bergogliana sulle attenuanti, le scusanti e il bene possibile aprono delle significative porte in ordine a tale crollo.

Riprendendo quanto dissi occorre sottolineare che la dottrina bergogliana in materia di attenuanti e scusanti è vaga e imprecisa.

Francesco e i suoi collaboratori che ho citato, usano un modo impreciso o vago per trattare questioni delicatissime come queste riguardanti le attenuanti e le scusanti.

Il Pontefice non fa una trattazione profonda e completa su questo argomento ma presenta in modo superficiale il suo insegnamento, citando solo alcune parti della sana dottrina a riguardo.

Papa Francesco afferma: “La Chiesa possiede una solida riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti.” (Amoris Laetitia n. 301) ma non indica i fondamenti biblici di tale riflessione né presenta con completezza le affermazioni della Tradizione riguardo ad essa.

Più specificamente il Papa non precisa questioni fondamentali a riguardo:

1) non distingue le attenuanti che possono rendere veniale un peccato grave da quelle che non possono farlo;

2) non precisa cosa è l’impotenza assoluta e l’impotenza morale ad attuare la Legge e quali sono le norme dalla cui inosservanza si è scusati per impotenza morale;

3) non precisa che alcune attenuanti o scusanti possono essere prodotte volontariamente e liberamente dal soggetto per peccare e restare praticamente impunito.

Lasciare nel vago questi aspetti e altri simili apre le porte al crollo della morale cattolica perché, se non si danno chiare indicazioni punti di dottrina fondamentali circa le attenuanti e le scusanti, veri peccati gravi sono considerati veniali, atti moralmente possibili sono considerati impossibili etc.

In particolare occorre sottolineare che attraverso i testi del Papa e dei suoi più stretto collaboratori citati la porta è aperta perché tutte le attenuanti permettano al soggetto di compiere atti gravemente contrari alla Legge divina, come l’adulterio, e di ricevere i Sacramenti senza una vera conversione e quindi senza un vero proposito di non peccare più.

Il che significa, nella luce della sana dottrina, che attraverso la dottrina bergogliana si aprono le porte perché qualsiasi attenuante permetta di compiere peccati gravi, come adulterio, e di ricevere i Sacramenti senza una reale conversione.

Infatti le affermazioni papali, come detto, hanno una portata generale.

È appunto l’apertura ad un colossale crollo della morale cattolica.

Dio intervenga!

Ulteriori aperture in questa linea si producono, come visto, con le affermazioni sulle attenuanti stesse.

Come vedemmo, il Papa e alcuni suoi collaboratori con le parole: “Un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel comprendere «valori insiti nella norma morale»[921]”. (Amoris Laetitia n. 301) e con affermazioni simili ( Amoris Laetitia n. 295)  offrono buone possibilità perché molti se le tirino dalla propria parte sicché si ritengano praticamente esentati da vivere secondo i comandamenti e possano anche ricevere i Sacramenti senza proporsi di vivere nella Legge di Dio.

Faccio notare subito che, come visto, tale attenuante non rende veniale un atto che ha tutte le caratteristiche del peccato mortale (materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso).

Oggettivamente non è facile comprendere i valori della castità evangelica e non lo è specialmente oggi, in una società come la nostra in cui la lussuria è esaltata ed è dilagante, in cui la contraccezione aiuta a prendersi i piaceri del sesso senza rischiare seriamente la gravidanza

Ripeto: non è facile comprendere a livello razionale i valori della castità evangelica soprattutto in una società come la nostra in cui la lussuria è esaltata ed è dilagante.

Mi pare realistico quindi affermare che oggi molte persone possono avere grandi difficoltà a comprendere a livello razionale i valori insiti nella castità.

Più generalmente non è facile comprendere a livello razionale i valori insiti nelle norme morali che Dio ci ha donato, sono pochi coloro che hanno la competenza filosofica e teologica per una tale vera comprensione.

Particolarmente difficile è comprendere tali valori quando si è tentati a peccare …

Molte persone possono ritrovare in sé tale attenuante e molte possono essere aiutate da tale attenuante a cedere a ciò che è realmente un peccato grave e a perseverare in esso.

Tale attenuante offre anche ai Confessori e ai direttori spirituali buone possibilità appunto per attuare un falso discernimento e, praticamente, esentare i penitenti dalla vita secondo i comandamenti e quindi per amministrare tranquillamente ad essi i Sacramenti senza che tali fedeli si propongano di vivere nella Legge di Dio; basta che i penitenti dicano che hanno grande difficoltà a comprendere i valori insiti in una certa norma negativa della Legge divina perché siano praticamente esentati da essa e possano ricevere i Sacramenti nonostante non si propongano di attuarla.

Come pure vedemmo, l’attenuante o scusante fissata in Amoris Laetitia 301 e per cui “Un soggetto … si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa.”  è presentata come applicabile per tutti i peccati; il Papa non specifica che la “nuova colpa”(Amoris Laetitia n. 301) debba essere necessariamente mortale, quindi apre la porta perché possa essere anche veniale, ora, tutti siamo peccatori e commettiamo almeno peccati veniali e tutti possiamo compiere peccati mortali, quindi l’attenuante o scusante in questione per cui il soggetto “si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa” è applicabile fondamentalmente a tutti i peccatori e permette a tutti i peccatori, di continuare a peccare anche gravemente, di non cambiare vita e di ricevere anche i Sacramenti!

Tutti infatti commettiamo di certo nuove colpe almeno veniali … quindi tutti siamo in condizioni concrete che non ci permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa …

Tale attenuante offre anche ai Confessori e ai direttori spirituali buone possibilità appunto per attuare un falso discernimento e per concedere ai fedeli di compiere atti gravemente contrari anche ai comandi negativi della Legge divina e di ricevere anche i Sacramenti; cioè per compiere quelli che in realtà sono, ordinariamente, veri peccati mortali.

Anche quest’ attenuante, come visto, non rende veniale un atto che ha tutte le caratteristiche del peccato mortale (materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso).

Va inoltre notato che chi vive in peccato è accecato dal peccato sicché facilmente può ritenere in coscienza di essere in tali condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa, anche in questa linea questa attenuante si può estendere a molte persone permettendo loro di ricevere i Sacramenti senza proposito di vivere secondo la Legge di Dio, e continuando a peccare gravemente; molti, infatti, vivono in peccato.

L’attenuante che stiamo vedendo, offre quindi buone possibilità perché praticamente tutti se la tirino dalla propria parte sicché si ritengano praticamente esentati da vivere secondo i comandamenti e possano anche ricevere i Sacramenti senza proporsi di vivere nella Legge di Dio.

Questa attenuante, sottolineo in modo particolare, ha un impiego praticamente universale, cioè può essere fatta valere da tutti i cattolici; tutti infatti commettiamo di certo nuove colpe almeno veniali, quindi tutti siamo in condizioni concrete che non ci permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa; questa attenuante permette a tutti i cattolici di continuare a peccare anche gravemente, di non cambiare vita e di ricevere anche i Sacramenti!

Quanto stiamo vedendo e vedremo qui di seguito ben si accorda con ciò che affermò il Cardinale Baldisseri:“ … non tanto il Sinodo, sarà importante, ma la sintesi che ne verrà preparata, e che porterà la firma del Papa come “Esortazione post-sinodale”. E’ molto probabile che non sarà un testo chiaro e definitivo, ma basato su un’interpretazione “fluttuante”. In modo che ciascuno leggendolo, possa tirarselo dalla parte che più gli fa comodo.” [922]

Sottolineo: “… ciascuno leggendolo, possa tirarselo dalla parte che più gli fa comodo.” …

Appunto attraverso imprecise, vaghe ed errate affermazioni circa le attenuanti e le scusanti il Papa e grazie ad un falso discernimento, attraverso l’esortazione Amoris Laetitia, sta attuando il crollo della morale cattolica e sta permettendo che ciascuno possa tirarsi dalla parte che gli fa comodo le affermazioni di tale Esortazione, potendo, così, continuare “lecitamente” a peccare gravemente e potendo anche ricevere i Sacramenti.

Le affermazioni bergogliane sulle attenuanti, in ordine al crollo della morale, vanno saldate con la dottrina del “bene possibile”, che come detto, implica, contrariamente alle affermazioni del Concilio di Trento e della Veritatis Splendor, che Papa Francesco consideri impossibile ciò che è possibile, cioè l’attuazione della Legge divina da parte di chi ha serie difficoltà e in questo senso ha delle attenuanti, e perciò porta, attraverso un falso discernimento, a dare i Sacramenti a coloro che non si propongono di evitare gli atti oggettivamente gravi della Legge divina, come vediamo anche ai nn. 5 e 6 della lettera dei Vescovi argentini. [923]

Evidentemente, secondo Francesco, il “bene possibile” a queste persone non comprende la possibilità, con l’aiuto della grazia, di attuare la Legge di Dio e neppure quella di proporsi una tale attuazione, anche perché secondo Amoris Laetitia n. 303 è Dio stesso che chiede ad esse di continuare a compiere atti contrari alla Legge divina perciò esse, attraverso un falso discernimento, sono praticamente esentate da tale Legge e quindi, senza proposito di evitare gli atti oggettivamente contrari a tale Legge, vengono assolte e possono ricevere anche l’Eucaristia.

Attenzione bene: le persone di cui parlano i Vescovi argentini e quindi il Papa hanno semplicemente difficoltà o grande difficoltà ad attuare la Legge di Dio, perciò hanno delle attenuanti, e appunto secondo le perversioni dottrinali bergogliane, sotto la guida di un falso discernimento, attraverso la dottrina del “bene possibile”, vengono praticamente esentate da Dio dall’attuazione della sua Legge, per esse, evidentemente,  l’attuazione dei comandi negativi della Legge divina è “un ideale troppo difficile da chiedere”. [924]

In questa linea, quando Papa Francesco ha affermato che l’attività omosessuale è peccaminosa, ha tenuto ha precisare che “bisogna considerare anche le circostanze, che diminuiscono o annullano la colpa”, perché “sappiamo bene che la morale cattolica, oltre alla materia, valuta la libertà, l’intenzione; e questo, per ogni tipo di peccato” e p. Martin ha sottolineato ugualmente le circostanze e in particolare le attenuanti o le scusanti[925] … come detto la trattazione bergogliana delle attenuanti e scusanti praticamente “legittima” veri peccati gravi e tra essi possono rientrare anche gli atti omosessuali.

In questa linea il Cardinale Coccopalmerio, nel suo libro di commento ad Amoris Laetitia[926] come visto, sulla base della dottrina bergogliana sulle attenuanti e scusanti praticamente esenta da alcuni comandamenti negativi della Legge divina i penitenti.

In questa linea, come spiega monsignor Melina[927] il “nuovo paradigma” bergogliano negando fondamentalmente che si diano nella vita morale degli assoluti, cioè delle norme assolutamente obbligatorie, e perciò negando che gli atti condannati da tali norme siano vietati sempre e in ogni caso, permettono tali atti in via eccezionale come l’unico “bene possibile”.

Sottolineo che, contrariamente a ciò che afferma Francesco dobbiamo dire che non bastano delle grandi difficoltà, e quindi delle attenuanti, per esentare le persone dall’attuazione e dal proposito di attuazione dei comandi divini e in particolare dei comandi negativi.

Tutti i cristiani, in particolare, sono obbligati a seguire il s. Vangelo, nessuno può esserne esentato!

Inoltre il Vangelo, non è una strada facile, Gesù indica la strada della salvezza come difficile, avente una porta stretta e una via angusta (Mt.7), Gesù afferma che essa è impossibile alle sole nostre forze umane, ma è possibile con l’aiuto di Dio (Mt. 10,27); le grandi difficoltà appunto vanno superate con l’aiuto di Dio e in particolare con la grazia.

L’aiuto di Dio Onnipotente, la grazia, rende possibile ciò che supera le nostre possibilità umane, cioè rende possibile la piena attuazione della volonta di Dio, rende possibile il proposito di tale piena attuazione e quindi rende possibile evitare il peccato, specialmente quello grave.[928]

Tale aiuto va implorato con la preghiera, con la penitenza e con le opere di misericordia, come dice il Concilio di Trento[929]  e con esso la sana dottrina, ma di tale implorazione non c’è traccia nei testi bergogliani che trattano questi argomenti.

Faccio notare che tutti fondamentalmente hanno grandi difficoltà a vivere veramente il Vangelo che è una via stretta e difficile, specialmente in occasione delle tentazioni e delle persecuzioni, nella linea dottrinale bergogliana del bene possibile occorre quindi concludere che il Vangelo non è possibile da vivere per alcuna persona specialmente durante le tentazioni e le persecuzioni; è evidentemente il crollo della morale cristiana, crollo che si manifesta con l’emarginazione, come detto, della categoria del martirio dall’Amoris Laetitia e dai testi di commento che abbiamo visto!

Ripeto: quanto abbiamo appena detto attua fondamentalmente il crollo della morale cristiana, crollo che si manifesta anche con l’emarginazione, come detto, della categoria del martirio dall’Amoris Laetitia e dai testi di commento che abbiamo visto!

La dottrina bergogliana del “bene possibile” in unione con quella sulle attenuanti aprono quindi una porta ampia perché praticamente tutti possano lecitamente perseverare nel peccato grave, infatti come detto i testi dell’Amoris Laetitia che presentano tali dottrine  hanno una portata generale; inoltre tali dottrine aprono un’ampia porta perché si attui l’integrazione generale di cui parla Papa Francesco (Amoris Laetitia nn. 291.296s.299.312) sicché tutti i cattolici, anche quelli che vogliono perseverare in peccato, possano ricevere i Sacramenti, tenendo conto del fatto che il Papa:

1) più volte ha mostrato di volere che non sia mai negata l’assoluzione ai penitenti[930];

2) fa amministrare normalmente l’Eucaristia a notori e impenitenti peccatori come il Presidente Biden[931].

Che tutti possano ricevere questi Sacramenti senza conversione e perseverando nel peccato implica che la conversione e la santità, che si richiedono per la recezione degna di essi, siano praticamente lo stesso che l’ostinazione nel peccato grave, con conseguente crollo della morale.

Questo crollo della morale cristiana i miei testi[932] mettono in chiara evidenza, come vedremo anche nei successivi capitoli di questo libro.

Ovviamente di questo crollo che essi stessi hanno portato, il Papa e i suoi collaboratori non parleranno mai chiaramente perché rischierebbero una radicale rivolta nella Chiesa con gravi conseguenze, ma la realtà profonda delle cose appare precisamente questa.

Precisazione importante sul crollo di cui sto parlando: la dottrina cattolica vera non è toccata fondamentalmente dagli errori bergogliani, cioè essi si oppongono ad essa ma essa stessa resta ben salda e non crolla perché la Verità di Cristo, Supremo Custode e Difensore della nostra fede, è invincibile e Cristo ha già vinto essa resta ben salda e non crolla perché la Verità di Cristo è invincibile; ugualmente resta ben salda e invincibile la morale cattolica nei cattolici che non si sono fatti deviare dalle perversioni dottrinali di Papa Francesco; crolla invece la morale cattolica nelle parole e nella vita del Papa e dei suoi seguaci con grande danno appunto per tante anime e con grande scandalo per tanti che vedono tutto questo.

E non si dica che il Papa con le citazioni che fa di documenti di altri Papi rimanda alla sana dottrina che essi presentano sulle attenuanti e scusanti perché come abbiamo visto: Papa Francesco si serve di tali citazioni per mostrarsi fedele alla Tradizione ma in realtà egli sovverte l’insegnamento tradizionale; cioè Papa Francesco è bravo a dissimulare … Come disse mons. Aguer: “Lo stile è quello della dissimulazione proprio di Papa Francesco: le cose si dicono senza troppa convinzione, ma in modo da essere pienamente comprese, contrariamente alla Tradizione. …”  L’Arcivescovo  ha quindi affermato che: “Fiducia Supplicans mostra dove puntava il capitolo ottavo dell’esortazione Amoris laetitia” e che ora si rivela in tutta la sua realtà il piano di Papa Francesco che si attua attraverso la dissimulazione, attraverso tale piano: “l’attuale pontificato su numerose questioni propone una nuova posizione che corregge la dottrina della Chiesa. E la sua Tradizione inalterabile.” Che equivale a dire che questo Pontificato diffonde errori di livello praticamente ereticale[933], in quanto essi si oppongono alla Tradizione che non può essere alterata![934]

È interessante notare che il Papa e i suoi collaboratori, per realizzare la sovversione dottrinale di cui stiamo parlando hanno usato una strategia molto simile a quella del “caudillo” di cui parla s. Ignazio di Loyola, fondatore dei gesuiti, negli “Esercizi spirituali” al n. 327 (Papa Francesco è un gesuita che ovviamente conosce bene tale libro).

Il “caudillo”, cioè il comandante (ed anche satana), spiega il santo spagnolo, per attaccare e prendere un castello lo studia bene e lo assalta dalla parte più debole, in modo simile il Papa e i suoi collaboratori hanno attaccato la sana dottrina, per sovvertirla, in particolare nei suoi punti più “deboli” e complicati, per alcuni aspetti, come le attenuanti e le scusanti, punti sui quali, inoltre, non c’è un’ampia trattazione magisteriale;

tale attacco, per di più, è particolarmente insidioso perché è attuato dallo stesso Vicario di Cristo, cioè da colui che in realtà è già nel castello e che dovrebbe difendere tale castello.

S. Giovanni Paolo II, forse presentendo un attacco alla sana morale cattolica del tipo di quello lanciato da Papa Francesco affermò: “Se è da apprezzare ogni tentativo sincero e prudente di chiarire il mistero psicologico e teologico del peccato, la Chiesa però ha il dovere di ricordare a tutti gli studiosi di questa materia la necessità, da una parte, di essere fedeli alla parola di Dio che ci istruisce anche sul peccato, e il rischio, dall’altra, che si corre di contribuire ad attenuare ancora di più, nel mondo contemporaneo, il senso del peccato.”[935]

Occorre aggiungere che il Vicario di Cristo ha lanciato questo attacco senza dirlo chiaramente ma in modo subdolo; come ha detto mons. Aguer: lo stile della dissimulazione è proprio di Papa Francesco[936], cioè il Papa sta attuando una sovversione della dottrina cattolica in modo discreto, nascosto, subdolo, facendo credere che lui sta attuando uno sviluppo di tale dottrina; per tutto ciò questo attacco è straordinariamente insidioso!

Lo Spirito Santo, però, ha suscitato e sta suscitando tante persone che hanno capito la sovversione in atto e si stanno opponendo efficacemente ad essa.

Cristo, che è il Supremo Custode e Difensore del suddetto “castello” cioè della Chiesa, non lascia che la sua dottrina morale sia pervertita da Papa Francesco e dai suoi seguaci; Lui sta già intervenendo e sempre più interverrà con grande forza per abbattere questo terribile attacco capeggiato dal suo Vicario.

Concludo ribadendo che: la dottrina cattolica vera non è toccata dagli errori bergogliani, cioè essi si oppongono ad essa ma essa resta ben salda e non crolla perché la Verità di Cristo, Supremo Custode e Difensore della nostra fede, è invincibile e Cristo ha già vinto; ugualmente resta ben salda e invincibile la morale cattolica nei cattolici che non si sono fatti deviare dalle perversioni dottrinali di Papa Francesco; crolla invece la morale cattolica nelle parole e nella vita del Papa e dei suoi seguaci con grande danno appunto per tante anime e con grande scandalo per tanti che vedono tutto questo.

Cristo intervenga appunto per la conversione del Pontefice e dei suoi seguaci … prima che sia troppo tardi!

Cristo liberi presto il mondo dagli scandali che diffondono le affermazioni e le azioni del Papa e dei suoi seguaci.

 

 

n) La dottrina bergogliana sui fattori attenuanti o escludenti la responsabilità come parte fondamentale del “cambio di paradigma”, e la risposta di molti autori cattolici a tutto questo.

 

 

Dio ci illumini sempre meglio.

Come possiamo capire sulla base di tutto quello che ho detto finora in questo testo e anche nei due volumi precedenti a questo, la perversa dottrina sulle attenuanti diffusa da Papa Francesco e dai suoi collaboratori ha una posizione importante nel grande piano che Papa Francesco sta attuando per la radicale sovversione della dottrina cattolica, il cosiddetto “cambio di paradigma”, essa infatti è alla radice:

1) dello scardinamento della sana dottrina cattolica circa l’amministrazione dei Sacramenti a coloro che vivono in situazione di peccato;

2) dello scardinamento della sana dottrina morale sulla coscienza morale;

3) della pratica legittimazione dell’adulterio e degli atti omosessuali;

4) del falso discernimento bergogliano;

5) del situazionismo morale bergogliano, come vedremo meglio nel prossimo capitolo;

6) della falsa dottrina bergogliana sul “bene possibile”;

7) della cancellazione della dottrina sull’assoluta obbligatorietà delle norme negative della Legge divina.

Va sottolineato che tale dottrina bergogliana sulle attenuanti e sulle scusanti ha una portata fondamentalmente generale per la perversione della morale cattolica.

Abbiamo visto come i gravi errori contenuti nella dottrina bergogliana appena citata abbiano una portata praticamente universale, cioè possono applicarsi fondamentalmente a tutti i cristiani, e aiutano molti o tutti i peccatori a cedere al peccato grave e a ricevere sacrilegamente i Sacramenti, con un reale crollo della morale cattolica.

Si attua in questo modo l’integrazione e l’inclusione totali di tutti i fedeli cattolici nella vita della Chiesa, cioè l’inclusione e integrazione anche di coloro che vivono chiaramente in peccato grave e vogliono perseverare in ciò; di questo parla Papa Francesco, in modo vago, in Amoris Laetitia (nn. 291, 295-297, 299,311) ne parla anche  il Cardinale McElroy in un suo articolo[937]; ovviamente tali Sacramenti saranno, appunto a causa degli errori bergogliani, per molti invalidi e/o sacrileghi perché ricevuti indegnamente, senza le condizioni fissate dalla Chiesa, per una ricezione e amministrazione veramente fruttuosa.

Questa integrazione totale, come detto, emerge chiaramente dalle parole del Papa per cui tutti devono essere assolti in Confessione e dalle azioni del Pontefice con cui ha sostenuto la Comunione eucaristica di noti abortisti, come il Presidente Biden e Nancy Pelosi.

Papa Francesco, infatti, ha più volte affermato che l’assoluzione non va mai negata e che chi la nega è un delinquente[938]; inoltre, come ho detto altrove, Papa Francesco fa amministrare tranquillamente la Comunione a notori come il Presidente Biden e altri … quindi anche chi vive notoriamente in peccato grave e non si pente può ricevere l’Eucaristia[939]!

La dottrina bergogliana sulle attenuanti e scusanti inoltre, come detto, data la sua indeterminatezza, è molto utile per aprire la strada ad altri ed ulteriori errori secondo le famose parole del Cardinale Baldisseri per cui : “ … non tanto il Sinodo, sarà importante, ma la sintesi che ne verrà preparata, e che porterà la firma del Papa come “Esortazione post-sinodale”. E’ molto probabile che non sarà un testo chiaro e definitivo, ma basato su un’interpretazione “fluttuante”. In modo che ciascuno leggendolo, possa tirarselo dalla parte che più gli fa comodo.” [940]

Tale dottrina quindi è servita e servirà magnificamente per aprire la strada al mare di errori in linea ereticale che appunto vediamo diffondersi da parte di prelati cattolici insieme con il Papa, all’interno del suddetto “cambio di paradigma”, penso in particolari a errori diffusi dal Papa[941] e da vari importanti personaggi del panorama ecclesiale contemporaneo: il Cardinale Kasper[942], il Vescovo Elbs [943] , il Cardinale Vallini[944], i Vescovi emiliani [945], il Cardinale Sistach[946], il Cardinale Cupich[947],  mons. Chiodi[948] , mons. Macìn[949] e l’allora Vescovo Marto, ora promosso al cardinalato [950], i Vescovi tedeschi [951], i Vescovi maltesi[952], il Cardinale Cupich[953], don Guenzi [954], il Cardinale Jean Claude Hollerich [955], il Cardinale Marx[956] , mons. Bonny [957], don A. Fumagalli [958], p. A. Oliva [959], il Cardinale Fernández [960], la Pontificia Accademia della Vita[961] etc. etc.

Dio intervenga!

E Dio sta già intervenendo per condannare radicalmente questa falsa misericordia e questa falsa dottrina bergogliana sulle attenuanti, con i suoi pessimi frutti ereticali; infatti contro tutto quello che abbiamo appena visto si sono levate le voci di prelati e teologi cattolici:

1) la voce di monsignor Aguer, che più volte ha duramente criticato la perversione dottrinale che il Papa sta producendo nella Chiesa, ricordo in particolare le  ormai famose parole di questo Vescovo argentino per cui: lo stile della dissimulazione è proprio di Papa Francesco, dice le cose “senza troppa convinzione, ma in modo da essere pienamente comprese, contrariamente alla Tradizione. …” l’Arcivescovo  ha quindi affermato che: “l’attuale pontificato su numerose questioni propone una nuova posizione che corregge la dottrina della Chiesa. E la sua Tradizione inalterabile.”[962], cioè il Papa sta attuando una sovversione della dottrina cattolica in modo discreto, nascosto, subdolo ma reale;

2) le parole del Cardinale Sarah che, in particolare, qualche mese fa ha chiaramente parlato di eresia riguardo all’insegnamento che il Papa diffonde[963];

3) le parole di Mons. Schneider che ha significativamente affermato che Papa Francesco sta promuovendo “de facto” l’ eresia[964];

4) le parole del Cardinale Müller[965] per cui “alcune delle dichiarazioni di Papa Francesco sono formulate in modo tale da poter essere ragionevolmente comprese come eresia materiale, indipendentemente dal loro significato soggettivo poco chiaro”, per cui il Papa sta affermando l’”eresia della prassi” e per cui si stanno diffondendo con approvazione papale chiare eresie[966];

5) le altre parole del Cardinale Müller per cui: “Dietro il discorso pseudointellettuale del ‘mutamento di paradigma’, si trova solo l’eresia non mascherata che falsifica la parola di Dio”.[967];

6) gli interventi del Card. Burke[968];

7) in modo particolare gli interventi dell’Arcivescovo Viganò[969], che ha parlato chiaramente di eresia di Papa Francesco e che è stato scomunicato dallo stesso Pontefice;

6)  le parole di p. Weinandy per cui: la Chiesa, nella sua lunga storia, non si è mai trovata di fronte ad una situazione come quella in cui si trova ora,  l’unica frase che si può trovare per descrivere questa situazione è “scisma papale interno”, perché il Papa, proprio come Papa, vuole essere effettivamente il leader di un segmento della Chiesa che attraverso la sua dottrina, l’insegnamento morale e la struttura ecclesiale, è a tutti gli effetti pratici scismatico; questo è il vero scisma che è in mezzo a noi e deve essere affrontato, ma non credo che Papa Francesco abbia in alcun modo paura di questo scisma, finché avrà il controllo, temo che lo accoglierà, perché vede l’elemento scismatico come il nuovo “paradigma” per la Chiesa futura;[970]

7) le parole di importanti professori come monsignor Livi[971], J. Rist[972], A. Nichol[973], Finnis[974] etc.

8) le parole di sacerdoti e teologi, come il sottoscritto.

Sottolineo che nelle coraggiose parole degli autori appena citati risuona la dottrina della Bibbia e della Tradizione e quindi la Parola eterna di Dio che ha già vinto contro i suoi avversari e che perciò, al momento opportuno, interverrà per cancellare radicalmente e condannare gli errori che il Papa attuale e i suoi collaboratori stanno diffondendo a danno delle anime e della Chiesa.

Amen.

 

 

9) Importanti precisazioni conclusive sulle attenuanti e scusanti presentate dall’ Amoris Laetitia: il Papa non sta sviluppando la sana dottrina ma la sta tradendo!

 

 

Dio ci illumini sempre meglio.

Riprendendo quello che vedemmo nel primo volume allorché trattammo della differenza tra sviluppo della dottrina e cambiamento di essa, dobbiamo ricordare che il Magistero, come detto, è chiamato a interpretare la Tradizione e la Scrittura e che il Magistero non è superiore alla Tradizione o alla Scrittura ma le serve quindi esso deve interpretare e non distruggere o deformare il deposito della fede.

Vedemmo quello che affermò s. Vincenzo di Lerins (  Sancti Vincentii Lirinensis “Commonitorium” PL 50, 640s.649).

Come un bambino si sviluppa rimanendo sempre la stessa persona; anche il dogma della religione cristiana progredisce ma deve restare sempre assolutamente intatto e inalterato e, per un vero sviluppo, non devono esserci contraddizioni tra la dottrina che precede e quella che segue, il vero progresso avviene mediante lo sviluppo interno, quindi devono rimanere “sempre uguali il genere della dottrina, la dottrina stessa, il suo significato e il suo contenuto.”[975]

Nella Costituzione Dogmatica “Dei Filius” leggiamo che: “…  deve essere approvato in perpetuo quel significato dei sacri dogmi che la Santa Madre Chiesa ha dichiarato, né mai si deve recedere da quel significato con il pretesto o con le apparenze di una più completa intelligenza. Crescano dunque e gagliardamente progrediscano, lungo il corso delle età e dei secoli, l’intelligenza e la sapienza, sia dei secoli, sia degli uomini, come di tutta la Chiesa, ma nel proprio settore soltanto, cioè nel medesimo dogma, nel medesimo significato, nella medesima affermazione [Vinc. Lir. Common., n. 28].”[976] La regola fissata dal Concilio Vaticano I vale anche per il Papa: “… deve essere approvato in perpetuo quel significato dei sacri dogmi che la Santa Madre Chiesa ha dichiarato, né mai si deve recedere da quel significato con il pretesto o con le apparenze di una più completa intelligenza.” … anzi il Papa dovrebbe dare esempio di attuazione di questa regola … la Bolla “Ineffabilis Deus” di Pio IX ribadisce tale regola  [977] e con essa riafferma tale norma la Dichiarazione “Mysterium Ecclesiae” circa la dottrina cattolica sulla Chiesa per difenderla da alcuni errori d’oggi pubblicata nel 1973 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede[978].

Nella linea di queste affermazioni ricordiamo che il modernismo con i suoi errori è stato condannato dalla Chiesa anche per: “… l’eretica invenzione dell’evoluzione dei dogmi, che passano da un significato all’altro, diverso da quello che prima ritenne la Chiesa” [979].

Lo sviluppo della dottrina implica che la fede rimanga sostanzialmente la stessa e che la dottrina vada intesa “nello stesso senso e sempre nello stesso contenuto” … altrimenti non si ha sviluppo ma deformazione e tradimento della dottrina …

Sottolineo che, come vedemmo più sopra, per verificare che l’interpretazione dei dogmi e lo sviluppo della dottrina si compia rettamente e non sia una deformazione o una distruzione della verità diffusa da Cristo, san J. H. Newman, famoso teologo inglese, ha offerto sette principi: “

1) Preservazione del tipo…

2) Continuità dei principi …

3) Potere di assimilazione …

4) Conseguenza logica …

5) Anticipazione del futuro …

6) Influsso preservatore del passato …

7) Vigore duraturo …”[980]

Dice s. J. H. Newman: “There is no corruption if it retains one and the same type, the same principles, the same organization; if its beginnings anticipate its subsequent phases, and its later phenomena protect and subserve its earlier; if it has a power of assimilation and revival, and a vigorous action from first to last.”[981]

Non c’è corruzione se conserva lo stesso tipo, gli stessi principi, la stessa organizzazione; se i suoi inizi anticipano le sue fasi successive, e i suoi fenomeni successivi proteggono e conservano quelli ad essi precedenti ; se ha un potere di assimilazione e di rinascita, e un’azione vigorosa dal primo all’ultimo.

Dice s. Tommaso d’Aquino: “Dicendum quod hoc pro firmo est tenendum, unam esse fidem antiquorum et modernorum: alias non esset una Ecclesia.”(De veritate, q. 14, a. 12c). … si deve mantenere con fermezza che una è la fede degli antichi e dei moderni altrimenti la Chiesa non sarebbe una.

La Chiesa per essere sempre una deve professare una sola fede; l’unità della Chiesa implica l’unità della fede.

Gli errori da me evidenziati in questo capitolo nelle affermazioni del Papa non appaiono uno sviluppo della sana dottrina ma un cambiamento della stessa, infatti essi non si presentano nel senso della continuità dei principi, non si sviluppano come conseguenza logica e non realizzano un influsso preservatore del passato, sono semplicemente un tradimento della sana dottrina.

Tale tradimento partendo da una falsa e imprecisa dottrina sulle attenuanti e scusanti nonché sul “bene”possibile, attacca insegnamenti fondamentali della nostra fede, specie in ambito morale, alcuni dei quali già fissati in modo molto netto, chiaramente collegati alla S. Scrittura e ribaditi dalla Tradizione, si pensi in particolare alla dottrina circa la necessità di una vera contrizione, e quindi di un vero proposito di non peccare e di fuggire le occasioni prossime di peccato, per una valida assoluzione sacramentale; si pensi alla dottrina circa l’obbligatorietà semper et pro semper delle norme negative del decalogo; si pensi alla dottrina per cui è vietato fare il male perché ne venga un bene.

Appunto attraverso una distorta dottrina sulle attenuanti e scusanti Papa Francesco arriva a dire addirittura che Dio, dopo avere condannato nella Bibbia l’adulterio e dopo aver ribadito tale condanna attraverso la Tradizione, chiede ad alcuni di compiere proprio tali atti, il che, come ho già detto anche altrove[982], è semplicemente falso e blasfemo, anzi la blasfemia è triplice perché in pratica si attribuiscono alla richiesta di Dio non solo atti più direttamente contrari ai comandi del Decalogo ma addirittura Confessioni e Comunioni sacrileghe, infatti si legano a tale falsa dottrina alcune affermazioni, che abbiamo visto, del Papa circa l’opera del Confessore e circa il discernimento da realizzare all’interno del Sacramento della Riconciliazione, per esse al penitente viene accordata una “dispensa” dall’attuazione dei comandi divini permettendogli di continuare a peccare in modo oggettivamente grave, cioè ordinariamente in modo grave, e di ricevere i Sacramenti della Confessione e dell’Eucaristia, senza vera contrizione, causando perciò Sacramenti invalidi e sacrilègi.

Il discernimento bergogliano porta quindi a considerare come ispirazione divina l’amministrazione di Sacramenti invalidi e sacrileghi a persone chiaramente indegne e indisposte, amministrazione che si attua appunto sulla base degli errori di Papa Francesco e dei suoi collaboratori.

Abbiamo anche visto che la dottrina bergogliana vaga e imprecisa sulle attenuanti e scusanti apre le porte ad un drammatico crollo della morale cristiana sia attraverso l’applicabilità praticamente universale di certe attenuanti e scusanti, sia attraverso la dottrina del “bene possibile”, sia attraverso un falso discernimento; grazie a questi insegnamenti bergogliani, come detto, chi pecca anche gravemente trova modo per sentirsi legittimato a continuare nel suo peccato e anche per ricevere i Sacramenti.

In questa linea l’attuale Pontefice ha significativamente affermato che l’assoluzione non va mai negata e che chi la nega è un delinquente[983]; inoltre Papa Francesco fa amministrare tranquillamente la Comunione a notori come il Presidente Biden e altri … quindi anche chi vive chiaramente e notoriamente in peccato grave e non si pente può ricevere l’Eucaristia[984]!

Le affermazioni dei Vescovi argentini[985] che il Papa ha elevato a Magistero autentico e che applicano e in certo modo precisano la dottrina di Amoris Laetitia sulle attenuanti sono un concentrato dei gravissimi errori che il Papa ovviamente sostiene.

Le affermazioni, pubblicate dai media papali, dei Vescovi maltesi per cui in certe situazioni e con certe attenuanti l’osservanza della Legge divina può danneggiare le persone, sono, ugualmente sovversive della sana dottrina e blasfeme!

Il testo sull’Amoris Laetitia, pubblicato e sostenuto dai media papali, del Cardinale Coccopalmerio che tratta anche delle attenuanti e delle scusanti nella linea bergogliana è un coacervo di gravissimi errori in ambito morale che “legittima” gravi peccati e sacrilegi, con l’evidente sostegno del Papa.[986]

Tutto ciò, sottolineo, è in radicale opposizione alla sana dottrina, è di grande scandalo e implica un vero crollo della morale cattolica.

Preciso subito che: la dottrina cattolica vera non è toccata dagli errori bergogliani, cioè essi si oppongono ad essa ma essa resta ben salda e non crolla perché la Verità di Cristo, Supremo Custode e Difensore della nostra fede, è invincibile e Cristo ha già vinto; ugualmente resta ben salda e invincibile la morale cattolica nei cattolici che non si sono fatti deviare dalle perversioni dottrinali di Papa Francesco; crolla invece la morale cattolica nelle parole e nella vita del Papa e dei suoi seguaci con grande danno appunto per tante anime e con grande scandalo per tanti che vedono tutto questo.

S. John Henry Newman affermava: “As developments which are preceded by definite indications have a fair presumption in their favour, so those which do but contradict and reverse the course of doctrine which has been developed before them, and out of which they spring, are certainly corrupt; for a corruption is a development in that very stage in which it ceases to illustrate, and begins to disturb, the acquisitions gained in its previous history.”[987]

Come gli sviluppi che seguono il percorso fissato da indicazioni certe hanno una giusta presunzione a loro favore, così quelli che non fanno altro che contraddire e invertire il corso della dottrina che è stata sviluppata prima di loro, e da cui scaturiscono, sono certamente corrotti; perché uno sviluppo diventa una corruzione allorché cessa di illustrare, e comincia a disturbare, le acquisizioni attuate nella sua storia precedente.

Lo stesso Newman diceva anche che un vero sviluppo dottrinale può essere descritto come qualcosa che conserva il corso degli sviluppi antecedenti: è un’aggiunta che illustra, non oscura, corrobora, non corregge, il corpo di pensiero da cui procede; questa è la sua caratteristica ed è in netto contrasto con le caratteristiche della corruzione dottrinale. [988]

Gli errori suddetti del Papa sono una chiara inversione del corso della dottrina sviluppata prima di essi, essi stanno pervertendo e non sviluppando la sana dottrina cattolica.

Il Papa e alcuni suoi collaboratori cercano di far passare tale perversione dottrinale come legittima evoluzione dell’ insegnamento cattolico ma essi stessi la definiscono come un “cambio di paradigma”, cioè appunto un cambio dottrinale radicale, ossia, come detto, una radicale sovversione della sana dottrina.

Riguardo a tale “cambio di paradigma” il Cardinale Müller ha significativamente detto: “Dietro il discorso pseudointellettuale del ‘mutamento di paradigma’, si trova solo l’eresia non mascherata che falsifica la parola di Dio”.[989] Nel 2018 lo stesso Cardinale affermò: “Ora, il capitolo VIII di Amoris Laetitia è stato oggetto di interpretazioni contraddittorie. Quando in un contesto simile alcuni parlano di un cambio di paradigma, ciò sembra essere una ricaduta nel modo modernista e soggettivista di interpretare la fede cattolica. … Chi parla di una svolta copernicana nella teologia morale, che trasforma una diretta violazione dei comandamenti di Dio in una lodevole decisione di coscienza, si esprime abbastanza chiaramente contro la fede cattolica. … è impossibile per un cattolico ricevere i sacramenti in maniera degna, senza decidere di abbandonare un modo di vivere che è in opposizione agli insegnamenti di Cristo.”[990]

Questo tradimento della sana dottrina, ovviamente, non è consentito al Papa ed è grandemente dannoso per la Chiesa, ce lo fanno capire anche le tante affermazioni di Prelati e teologi che in questi anni, dopo Amoris Laetitia, hanno fortemente ribadito la dottrina tradizionale e in qualche caso hanno addirittura affermato che il Papa attuale sta aprendo le porte a dottrine e prassi eterodosse o addirittura ereticali; nel nostro percorso stiamo vedendo varie di queste pubbliche affermazioni di Cardinali, Vescovi e teologi.

Il Pontefice non è al di sopra della Parola di Dio e della Tradizione ma al servizio di esse[991]. Il Papa non deve decidere secondo il proprio arbitrio, ma secondo la volontà del Signore, che parla all’uomo attraverso la S. Scrittura vissuta ed interpretata dalla Tradizione; il ministero del Pontefice ha i limiti che procedono dalla legge di Dio e dall’inviolabile costituzione divina della Chiesa contenuta nella Rivelazione. [992] Il Vicario di Cristo non ha un potere assoluto[993], lo ho già detto molte volte.

Il Pontefice ha da Dio il suo ministero per conoscere, diffondere e sostenere la Verità e non per conculcarla e pervertirla (2 Cor. 13,8).

Purtroppo Papa Francesco sta tradendo in modo scandaloso questa Verità, perciò vari Cardinali hanno parlato di vere e proprie eresie che emergono da questo Pontificato[994]; anche vari Vescovi hanno fatto affermazioni simili[995].

Padre Weinandy un ex membro della Commissione Teologica Internazionale ha significativamente affermato riguardo alla sovversione che Papa Francesco sta attuando: “The Church, in her long history, has never been confronted with the situation like the one in which she now finds herself. … The only phrase that I can find to describe this situation is “internal papal schism,” for the pope, even as pope, will effectively be the leader of a segment of the Church that through its doctrine, moral teaching, and ecclesial structure, is for all practical purposes schismatic.  This is the real schism that is in our midst and must be faced, but I do not believe Pope Francis is in any way afraid of this schism.   As long as he is in control, he will, I fear, welcome it, for he sees the schismatic element as the new “paradigm” for the future Church.”[996] La Chiesa, nella sua lunga storia, non si è mai trovata di fronte ad una situazione come quella in cui si trova ora,  l’unica frase che si può trovare per descrivere questa situazione è “scisma papale interno”, perché il Papa, proprio come Papa, vuole essere effettivamente il leader di un segmento della Chiesa che attraverso la sua dottrina, l’insegnamento morale e la struttura ecclesiale, è a tutti gli effetti pratici scismatico. Questo è il vero scisma che è in mezzo a noi e deve essere affrontato, ma non credo che Papa Francesco abbia in alcun modo paura di questo scisma. Finché avrà il controllo, temo che lo accoglierà, perché vede l’elemento scismatico come il nuovo “paradigma” per la Chiesa futura.[997]

Sottolineo: il Papa, proprio come Papa, vuole essere effettivamente il leader di un segmento della Chiesa che attraverso la sua dottrina, l’insegnamento morale e la struttura ecclesiale, è a tutti gli effetti pratici scismatico. Papa Francesco vede l’elemento scismatico come il nuovo “paradigma” per la Chiesa futura.

In sostanza Weinandy afferma che il Papa è, fondamentalmente, scismatico e sta favorendo lo scisma … o addirittura è eretico e sta favorendo l’eresia.

Il famoso professore di  Oxford, John Finnis, già membro della Commissione Teologica Internazionale della Santa Sede dal 1986 al 1991, membro del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace (1990-95) e della Pontificia Accademia Pro Vita (2001-2016), ha significativamente affermato a commento di un libro: con ammirevole lucidità e con una ricchezza di prove e argomentazioni, questo libro tempestivo raccoglie i principali documenti pubblicati che dimostrano che le eresie progettate da Papa Francesco sono oggi una causa primaria e una manifestazione della peggiore crisi mai esistita del cristianesimo. [998]

Importanti professori e teologi come monsignor Livi[999], J. Rist[1000], p. A. Nichol[1001]  etc. hanno ugualmente rilevato eresie nelle affermazioni di Papa Francesco.

Interceda per noi la gloriosa Madre di Dio, che annienta le dottrine eretiche, schiaccia la potenza dell’errore e smaschera l’insidia degli idoli[1002], e che già sin dai tempi antichi e stata invocata dal popolo cristiano “in «difesa» della fede ”.[1003]

Dio liberi presto la Chiesa dalle perversioni dottrinali che Francesco diffonde.

NOTE

[1] J. Seifert “Sulla Amoris laetitia di Papa Francesco: gioie, domande, tristezze.” Corrispondenza Romana 8.6.2016 , www.corrispondenzaromana.it

[2] A. Schneider “RORATE EXCLUSIVE: Bishop Athanasius Schneider reaction to Synod Door to communion for divorced & remarried officially kicked open.” Rorate Coeli 2-11-2015  rorate-caeli.blogspot.com

[3]Heinrich  Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003 n.1536  e 1568

[4] S. Agostino di Ippona “De natura et gratia.” 43, n.50 PL 44,271

[5] Concilio di Trento, Sessione VI, can. 18;  Heinrich Denzinger

“Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003, n.1568

[6]“ Discorso ai Membri della Penitenzieria, ai Padri Penitenzieri, e ai partecipanti al corso sul “Foro interno ” del 18.3.1995 , ai Membri della Penitenzieria,, www.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1995/march/documents/hf_jp-ii_spe_19950318_penitenzieria.html

[7]Concilio Vaticano II, Cost. dogm. “Lumen gentium”, 21.11.1964 , 24: AAS 57 (1965), www.vatican.va,  http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19641121_lumen-gentium_it.html

[8]“Omelia” del 10.3.1985, www.vatican.va ,  http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/homilies/1985/documents/hf_jp-ii_hom_19850310_nostra-signora-bonaria.html

[9]Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica “Evangelium Vitae”, 25.3.1995, n. 52, www.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_25031995_evangelium-vitae.html

[10]Giovanni Paolo II , “Udienza”, 13.10.1999, www.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/audiences/1999/documents/hf_jp-ii_aud_13101999.html

[11]Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Del gran mezzo della preghiera, parte 1, c. 1, ed. G. Cacciatore (Roma 1962) p. 32 , www.intratext.com, http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PH4.HTM

[12] Pietro Crisologo, vescovo, Discorsi. 43; PL 52, 320 e 322, Ufficio delle Letture del martedì della III settimana  di Quaresima https://www.chiesacattolica.it/la-liturgia-delle-ore/?data-liturgia=20240305&ora=ufficio-delle-letture

[13]  Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba  “Camminare nella luce dell’amore. I fondamenti della morale cristiana.” Cantagalli 2008 p. 437 , si veda in particolare la nota 9 che rimanda a X. Leon Dufour (a cura di)“Vocabulaire de theologie biblique” Cerf 1970 p. 933

[14] Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba “Camminare nella luce dell’amore. I fondamenti della morale cristiana.” Cantagalli 2008 p. 438

[15] F. Zorell “Lexicon graecum  Novi Testamenti” Editrice Pontificio Istituto Biblico Roma 1990 colonna 74ss.

[16] S. Lyonnet  “Péché” in X. Leon Dufour (a cura di)“Vocabulaire de theologie biblique” Cerf 1970 p. 943

[17] F. Zorell “Lexicon graecum  Novi Testamenti” Editrice Pontificio Istituto Biblico Roma 1990 colonna 122 e 996.

[18] F. Zorell “Lexicon graecum  Novi Testamenti” Editrice Pontificio Istituto Biblico Roma 1990 colonna 993.

[19] F. Zorell “Lexicon graecum  Novi Testamenti” Editrice Pontificio Istituto Biblico Roma 1990 colonna 13

[20] F. Zorell “Lexicon graecum  Novi Testamenti” Editrice Pontificio Istituto Biblico Roma 1990 colonna 575

[21]Commissione Teologica Internazionale “La Riconciliazione e la Penitenza” 1982 , www.vatican.va , B, I, 1 http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_1982_riconciliazione-penitenza_it.html

[22]Commissione Teologica Internazionale “La Riconciliazione e la Penitenza” 1982, B, I , 2 , www.vatican.va , http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_1982_riconciliazione-penitenza_it.html

[23]Commissione Teologica Internazionale “La Riconciliazione e la Penitenza” 1982, B, I, 3 , www.vatican.va , http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_1982_riconciliazione-penitenza_it.html

[24] San Massimo il Confessore, Ambiguorum liber: PG 91, 1156.

[25] S. Lyonnet  “Péché” in X. Leon Dufour (a cura di)“Vocabulaire de theologie biblique” Cerf 1970 p. 933

[26] Commissione Teologica Internazionale “Le nove tesi di Hans Urs Von Balthasar” I,4  1974  www.vatican.va https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_1974_morale-cristiana_it.html

[27] Commissione Teologica Internazionale “Le nove tesi di Hans Urs Von Balthasar” I,4  1974  www.vatican.va https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_1974_morale-cristiana_it.html

[28] S. Lyonnet  “Péché” in X. Leon Dufour (a cura di)“Vocabulaire de theologie biblique” Cerf 1970 p. 933

[29] S. Lyonnet  “Péché” in X. Leon Dufour (a cura di)“Vocabulaire de theologie biblique” Cerf 1970 p. 936-939

[30] S. Lyonnet  “Péché” in X. Leon Dufour (a cura di)“Vocabulaire de theologie biblique” Cerf 1970 p. 940

[31] S. Lyonnet  “Péché” in X. Leon Dufour (a cura di)“Vocabulaire de theologie biblique” Cerf 1970 p. 940s

[32] S. Lyonnet  “Péché” in X. Leon Dufour (a cura di)“Vocabulaire de theologie biblique” Cerf 1970 p. 942s

[33] S. Lyonnet  “Péché” in X. Leon Dufour (a cura di)“Vocabulaire de theologie biblique” Cerf 1970 p. 942s

[34] S. Lyonnet  “Péché” in X. Leon Dufour (a cura di)“Vocabulaire de theologie biblique” Cerf 1970 p. 942s

[35] S. Lyonnet  “Péché” in X. Leon Dufour (a cura di)“Vocabulaire de theologie biblique” Cerf 1970 p. 942s

[36] S. Lyonnet  “Péché” in X. Leon Dufour (a cura di)“Vocabulaire de theologie biblique” Cerf 1970

[37] “Catechismo Romano”, 1, 5, 11: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 64; cf Eb 12,3.

[38] Cf. Es 21, 29-30 (ebraico: kofer, greco: lytron).

[39] Cf. Es 32, 7-14.30-34; 33, 12-17; 34, 8-9; Nm 14, 10-19; Dt 9, 18-19; Am 7; Ger 15, 1; Is 53, 12; 2Mac 15, 12-16.

[40] Es 1-15.

[41] Cf. specialmente Est 14, 3-19.

[42] Cf. Mc 1, 5.

[43] Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, III, 1, 2.

[44] Gv 12, 32.

[45] Cf. Col 1, 24.

[46] Cf. Rm 8, 15-17.

[47] Commissione Teologica Internazionale “Alcune questioni sulla teologia della Redenzione.” 1995,  www.vatican.va, 2,1.3-7; 4,1-6.10.11.12.17.32.47. https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_1995_teologia-redenzione_it.html

[48]  Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba  “Camminare nella luce dell’amore. I fondamenti della morale cristiana.” Cantagalli 2008 p. 448

[49] Giovanni Paolo II Enciclica “Dominum et Vivificantem” 18.5.1986 n. 27 www.vatican.va https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_18051986_dominum-et-vivificantem.html

[50] Commissione Teologica Internazionale “Alcune questioni sulla teologia della Redenzione.” 1995,  www.vatican.va,  4,12 https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_1995_teologia-redenzione_it.html

[51]Sant’Agostino d’ Ippona, Contra Faustum manichaeum, 22, 27: CSEL 25, 621 (PL 42, 418); traduzione italiana  www.augustinus.it https://www.augustinus.it/italiano/contro_fausto/index2.htm ;  San Tommaso d’Aquino,  I-II, q. 71, a. 6

[52] S. Alphonsi Mariae de Ligorio: “Theologia moralis” t. II , Romae, Typis Polyglottis Vaticanis MCCCCVII, cura et studio Leonardi Gaudé, l. V n.3 p. 706, https://www.santalfonsoedintorni.it/theologia-moralis_1.html

[53] Somma contro i Gentili l. 1 c.16

[54] Pio XII “Discorso ai Parroci e quaresimalisti”, del 23 febbraio 1944 https://w2.vatican.va/content/pius-xii/it/speeches/1944/documents/hf_p-xii_spe_19440223_inscrutabile-consiglio.html

[55] Giovanni Paolo II “Dominum et Vivificantem”, 18.5.1986,” n. 39  , www.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_18051986_dominum-et-vivificantem.html

[56] Iª-IIae q. 21 a. 2 co. https://www.edizionistudiodomenicano.it/Docs/Sfogliabili/La_Somma_Teologica_Seconda_Parte/index.html#240/z

[57]S. Alphonsi Mariae de Ligorio: “Theologia moralis” t. II , Romae, Typis Polyglottis Vaticanis MCCCCVII, cura et studio Leonardi Gaudé, l.V c. 1 p. 705-706 www.santalfonsoedintorni.it  https://www.santalfonsoedintorni.it/Libri/Morale2/2Mor5-0-01_a.pdf

[58] E. Colom e A. Rodríguez-Luño :“Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003, alla p. 397

[59] E. Colom e A. Rodríguez-Luño :“Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003, alla p. 398

[60] Giovanni Paolo II Esortazione Apostolica “Reconciliatio et Paenitentia” 2.12.1984 n.17 www.vatican.va https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_02121984_reconciliatio-et-paenitentia.html

[61] Giovanni Paolo II Esortazione Apostolica “Reconciliatio et Paenitentia” 2.12.1984 n.17 www.vatican.va https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_02121984_reconciliatio-et-paenitentia.html

[62] E. F. Regatillo, M. Zalba “Theologiae moralis summa”. Vol. I  Matriti 1952  p. 177

[63]  “La Bibbia Commentata dai Padri” Città Nuova, 2005 vol. XI pp. 267ss

[64]  “La Bibbia Commentata dai Padri” Città Nuova, 2005 vol. XI pp. 267ss

[65] M. Sales “Il Nuovo Testamento commentato dal p. M. Sales” Ed. L.I.C.E.T.  – Marietti Torino 1914 pp. 592s

[66]   A. Bellon “Qual è il peccato che secondo San Giovanni conduce alla morte e per il quale dice di non pregare.” www.amicidomenicani.it  https://www.amicidomenicani.it/qual-e-il-peccato-che-secondo-san-giovanni-conduce-alla-morte-e-per-il-quale-dice-di-non-pregare/

[67] Giovanni Paolo II Esortazione Apostolica “Reconciliatio et Paenitentia” 2.12.1984 n.17 www.vatican.va https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_02121984_reconciliatio-et-paenitentia.html

[68]  “La Bibbia Commentata dai Padri” Città Nuova, 2005 vol. XI pp. 267ss

[69] Giovanni Paolo II Esortazione Apostolica “Reconciliatio et Paenitentia” 2.12.1984 n.17 www.vatican.va https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_02121984_reconciliatio-et-paenitentia.html

[70]  Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba  “Camminare nella luce dell’amore. I fondamenti della morale cristiana.” Cantagalli 2008 p. 458

[71]S. Agostino di Ippona “Ottantatre questioni diverse”, n. 26, www.augustinus.it https://www.augustinus.it/italiano/ottantatre_questioni/ottantatre_questioni_libro.htm

[72] S. Agostino di Ippona, Questioni sul Levitico, l. 3, 6 www.augustinus.it https://www.augustinus.it/italiano/questioni_ettateuco/quest_ettateuco_3_libro.htm

[73] S. Agostino di Ippona, “Discorso 71” www.augustinus.it  https://www.augustinus.it/italiano/discorsi/discorso_092_testo.htm

[74] S. Agostino di Ippona, Questioni a Simpliciano 1, 4 , www.augustinus.it https://www.augustinus.it/italiano/questioni_simpliciano/questioni_simpliciano_1_libro.htm

[75] Giovanni Paolo II Esortazione Apostolica “Reconciliatio et Paenitentia” 2.12.1984 n.17 www.vatican.va https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_02121984_reconciliatio-et-paenitentia.html

[76]  San Gregorio Magno “Commento morale a Giobbe” Città Nuova Editrice, Roma 1997, vol. 3 p. 430-433

[77]  San Gregorio Magno “Commento morale a Giobbe” Città Nuova Editrice, Roma 1997, vol. 3 p. 430-433

[78]  San Gregorio Magno “Commento morale a Giobbe” Città Nuova Editrice, Roma 1997, vol. 3 p. 430-433

[79]  San Gregorio Magno “Commento morale a Giobbe” Città Nuova Editrice, Roma 1997, vol. 3 p. 430-433

[80]  E. F. Regatillo, M. Zalba “Theologiae moralis summa”. Vol. I  Matriti 1952  p. 613

[81] Giovanni Paolo II Esortazione Apostolica “Reconciliatio et Paenitentia” 2.12.1984 n.17 www.vatican.va https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_02121984_reconciliatio-et-paenitentia.html

[82] E. F. Regatillo, M. Zalba “Theologiae moralis summa”. Vol. I  Matriti 1952  p. 612

[83] H. Denzinger – I. B. Umberg “Enchiridion Symbolorum” Barcelona 1951 n. 410.464.531.693.835

[84] H. Denzinger – I. B. Umberg “Enchiridion Symbolorum” Barcelona 1951 n. 107.108

[85] H. Denzinger – I. B. Umberg “Enchiridion Symbolorum” Barcelona 1951 n. 808.835.837

[86] H. Denzinger – I. B. Umberg “Enchiridion Symbolorum” Barcelona 1951 n. 899.917

[87] H. Denzinger – I. B. Umberg “Enchiridion Symbolorum” Barcelona 1951 n. 828

[88] H. Denzinger – I. B. Umberg “Enchiridion Symbolorum” Barcelona 1951 n. 107.108

[89] H. B. Merkelbach  “Summa Theologiae Moralis” Desclée de Brouwer , Brugis – Belgica 1959, t.1, p. 427

[90] Origene “Commentarium in Ioannem” l. 19, 14,84s, Sources Chrétiennes 290,99; “Hom. In Leviticum” hom. 11,2 Sources Chrétiennes 287,156

[91] L. Melina, José Noriega, Juan José Pérez Soba “Camminare nella Luce dell’ Amore.” Cantagalli 2008 pp. 458ss

[92] “Catechismo Tridentino” Catechismo ad uso dei parroci, pubblicato dal Papa S. Pio V per Decreto del Concilio di Trento. Traduzione italiana a cura del P. Tito S. Centi OP Edizioni Cantagalli, Siena, 1981, nn. 126s; nn. 246, 249, 254s, 261 https://www.maranatha.it/catrident/01page.htm

[93]  Tullio Rotondo “Tradimento della sana dottrina attraverso “Amoris Laetitia”” Youcanprint, 2022 p. 217ss il testo è interamente leggibile e scaricabile gratuitamente da questo sito https://www.tradimentodellasanadottrina.it/

[94]Giovanni Paolo II Esortazione Apostolica “Reconciliatio et Paenitentia” 2.12.1984 n.17 www.vatican.va https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_02121984_reconciliatio-et-paenitentia.html, Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1863

[95] E. F. Regatillo, M. Zalba “Theologiae moralis summa”. Vol. I  Matriti 1952  p. 619

[96] Per il testo del Catechismo Maggiore di Pio X si veda   http://www.maranatha.it/catpiox/01page.htm .

[97] H. B. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis”, Desclée de Brouwer , Brugis – Belgica , 1962, III, p. 436

[98] E. F. Regatillo, M. Zalba “Theologiae moralis summa”. Vol. I  Matriti 1952  p. 618s

[99]Cf.  Cf. Innocenzo IV, Ep. Sub catholicae professione, 6.3.1254: Denz 835; Pio II, Proposizioni condannate nella lettera Cum sicut accepimus, 14.11.1459: Denz 1367; Sant’Offizio, Decreti del 24.9.1665 e 2.3.1679: Denz 2045 e 2148; Pio XI. Enc. Casti connubii, 31.12.1930: 22(1930), 558-559; EE 5/497-499.  Cf. LEONE IX, Ep. Ad splendidum nitentis, a. 1054: Denz 687-688; Sant’Offizio, Decreto del 2.3.1679: Denz 2149; Pio XII, Allocuzioni dell’8 ottobre 1953 e del 19 maggio 1956: AAS 45(1953), 677s e 58(1956), 472s.  Sant’ Offizio, Decreto del 18 marzo 1666: Denz 2060; Paolo VI, Enc. Humanae vitae, nn. 13 e 14: nn. 65-69; EV 3/599s.

[100]Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione “Persona humana” n. 10  www.vatican.va http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19751229_persona-humana_it.html

[101] S. Caterina da Siena, Il Dialogo, a cura di G. Cavallini, Siena, Cantagalli, 1995, 2a ed. (Testi Cateriniani; I), capitolo XXXII; www.centrostudicateriniani.it  http://www.centrostudicateriniani.it/images/documenti/download/download-gratuiti/4-Il_Dialogo.pdf

[102]  S. Tommaso d’ Aquino Super Sent., lib. 4 d. 9 q. 1 a. 4 qc. 1 ad 5; Super Sent., lib. 4 d. 9 q. 1 a. 4 qc. 2 co.; Super Sent., lib. 2 d. 24 q. 3 a. 4 ad 1; Super Sent., lib. 2 d. 24 q. 3 a. 4 co.; Super Sent., lib. 2 d. 24 q. 3 a. 5 ad 2; II-II, q. 13 a. 2 ad 3; II-II, q. 98 a. 3 ad 2; II-II, q. 150 a. 2 co.; De ver, q. 24 a. 12 co

[103]S. Alfonso M. de’ Liguori “Istruzione e pratica del confessore” “Opere di S. Alfonso Maria de Liguori”, Pier Giacinto Marietti, Vol. IX, Torino 1880, pagg. 66ss http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PWP.HTM#-70V

[104] Il s. Dottore afferma che il peccato è“ … transgressio legis, sive (ut ait Toletus) est voluntarius recessus a regula divina: per quam regulam intelligitur praeceptum tam naturale et humanum quam divinum. – « Per recessum intelligitur actus (vel ejus omissio) qui sit non tantum voluntarius, sed etiam liber cum aliqua actuali advertentia malitiae. Quod addo, quia, ut docet Sanchez cum Vasquez, Bonacina 2, etc., non suffìcit ad actum peccaminosum libertas et advertentia quaevis virtualis vel interpretativa, qua scilicet quìs advertere poterat et debebat; nec quaecumque actualis, qua scìlicet intellectus rationes commodi et incommodi in objecto attendat: sed requiritur ut advertat moralem malitiam objecti, aut saltem de ea dubium vel scrupulum concipiat. Ratio est: tum quia sine ista advertentia non est voluntarium, cum non sit cognitum; tum quia, quamdiu talis cogitatio intellectuì non occurrit, non est sufficiens principium deliberandi de malitia, ideoque nec libertas, ac proinde nec culpa  et censetur illa inadvertentia naturalis et invincibilis oblivio.”S. Alphonsi Mariae de Ligorio: “Theologia moralis” t. II , Romae, Typis Polyglottis Vaticanis MCCCCVII, cura et studio Leonardi Gaudé, l. V n.3 p. 706; https://www.santalfonsoedintorni.it/theologia-moralis_2.html#more-7326

[105] ” – Notandum l°. Quod modus quo peccatum perficitur hic est: Primo,objectum repraesentatur sensibus, et sua delectabilitate physica commovet appetitum sensìtìvum, Deìnde intellectus ad illud et ad suam malìtìam advertit. Demum voluntas in illud sìc cognitum consentit Notandum 2°. Quod intellectus duplici modo advertere potest: vel piene, nimirum quando nos mente expedita discernimus. Vel semipiene, quando rem cognoscimus mente non plene expedita, quia forte sumus vel semidormientes, vel semiebrii, vel alio distracti. Potest autem intellectus ita rapi a delectabilitate objecti oblati ut nihil malitiae moralìs in illo advertat. Hinc triplici huic cognitioni correspondent tres motus, videlicet: l°. Motus primo primi qui antevertunt omnem advertentiam rationis; et hi sunt omnino culpae expertes. – 2°. Motus secundo primi; qui fìunt cum semiplena advertentia. Et hi culpam venialem non excedunt; quia, cum in eis non praecesserit plena advertentia, voluntas in eos non consentìt cum perfecta libertate requisita ad mortale. – 3°. Motus deliberati denique, qui fiunt cum plena advertentia intellectus clare discernentis malitiam moralem, saltem confuse in genere, et cum pleno consensu voluntatis: et hi sunt mortalia, si objecta sub gravi sunt vetita. – Ita communiter S. Thomas a; Cajetanus, Vasquez, Sanchez, Azor a), Bonacina, Navarrus a), etc., cum Salmant. ‘.”S. Alphonsi Mariae de Ligorio: “Theologia moralis” t. II , Romae, Typis Polyglottis Vaticanis MCCCCVII, cura et studio Leonardi Gaudé, l. V n.3 p. 706, https://www.santalfonsoedintorni.it/theologia-moralis_1.html

[106] Giovanni Paolo II, Esort. Ap. Postsin. “Reconciliatio et Paenitentia” n. 17

[107]S. Alfonso de’ Liguori “Istruzione e pratica dei confessori”c. I p. II  http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PWE.HTM

[108]Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione sull’aborto procurato del 18.11.1974 /www.vatican.va http://www.vatican.va/roman_curia//congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19741118_declaration-abortion_it.html

[109]Il Catechismo afferma: “ Nella formazione della coscienza la Parola di Dio è la luce sul nostro cammino … Dobbiamo anche esaminare la nostra coscienza rapportandoci alla croce del Signore.” ( Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1785) S. Alfonso Maria de Liguori, “L’amore delle anime” in “Opere ascetiche” Vol. V, p. 11, CSSR, Roma 1934 http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PT.HTM

[110] S. Alfonso Maria de Liguori “La vera sposa di Gesù Cristo cioè la monaca santa

per mezzo delle virtù proprie d’una religiosa” in “OPERE ASCETICHE” Voll. XIV-XV, CSSR, Roma 1935 pp.209ss http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_P390.HTM

[111] Sant’Alfonso Maria de Liguori “Confessore diretto per le confessioni della gente di campagna.”  in «Opere di S. Alfonso Maria de Liguori», Pier Giacinto Marietti, Vol. IX Torino 1880, pp. 642ss.

[112] J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis.” Mariet-ti, 1956, vol. I p.83ss

[113] J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis.” Mariet-ti, 1956, vol. I p.83ss

[114] J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis.” Mariet-ti, 1956, vol. I p.83ss

[115] J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis.” Mariet-ti, 1956, vol. I p.83ss

[116]  S. Tommaso d’ Aquino Super Sent., lib. 4 d. 9 q. 1 a. 4 qc. 1 ad 5; Super Sent., lib. 4 d. 9 q. 1 a. 4 qc. 2 co.; Super Sent., lib. 2 d. 24 q. 3 a. 4 ad 1; Super Sent., lib. 2 d. 24 q. 3 a. 4 co.; Super Sent., lib. 2 d. 24 q. 3 a. 5 ad 2; II-II, q. 13 a. 2 ad 3; II-II, q. 98 a. 3 ad 2; II-II, q. 150 a. 2 co.; De ver, q. 24 a. 12 co

[117]S. Alfonso M. de’ Liguori “Istruzione e pratica del confessore” “Opere di S. Alfonso Maria de Liguori”, Pier Giacinto Marietti, Vol. IX, Torino 1880, pagg. 66ss http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PWP.HTM#-70V

[118] “Certum est peccatum voluntate committi ut docent omnes cum S. Augustino et S. Thoma . Sed hic praenotandum l° ad peccatum mortale requiri omnìno perfectum consensum, sive deliberationem voluntatis. – Id commune et certum est apud DD. adhuc rigidioris sententiae. Ita enim rigidissimus Contenson , Contino Tournely , Concina , Wigandt , Genettus , ubi ait: Cum peccatum ex voluntate tantum proveniat…., si deliberatio sit imperfecta tantum, peccatum erit tantum veniale. Ita etiam Navarrus 7, ubi: Ad constituendum peccatum mortale judicium integrum requiritur…. cap. l, de delict. pueror. Item Salmant. cum Cajetano, Vasquez, Sanchez, Palao et aliis innumerìs, ex D. Thoma 9, ubi docet: Potest….. quod est ex genere mortale, esse veniale propter imperfectionem actus, quia non perfecte pertingit ad rationem actus moralis, cum non sit deliberatus, sed subitus. Idemque docet S. Doctor, ubi ait tunc pollutionem semidormientis esse mortale, quando est cum deliberato consensu advertenter acceptata . Idem D. Antoninus” S. Alphonsi Mariae de Ligorio: “Theologia moralis” t. II , Romae, Typis Polyglottis Vaticanis MCCCCVII, cura et studio Leonardi Gaudé, l. V n.5 p. 713; www.santalfonsoedintorni.it https://www.santalfonsoedintorni.it/theologia-moralis_1.html

[119]Card. L. G. Muller: “Indissolubilità del matrimonio e dibattito su divorziati risposati e Sacramenti.” in L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 243, Merc. 23/10/2013

[120] E. Colom e  A. Rodríguez Luño, “Scelti in Cristo per essere santi. I. Morale fondamentale”, Edusc 2003, p. 215

[121] E. Colom e A. Rodríguez Luño, “Scelti in Cristo per essere santi. I. Morale fondamentale”, Edusc 2003, p. 216

[122] E. Colom e A. Rodríguez Luño, “Scelti in Cristo per essere santi. I. Morale fondamentale”, Edusc 2003, p. 216

[123] E. Colom e A. Rodríguez Luño, “Scelti in Cristo per essere santi. I. Morale fondamentale”, Edusc 2003, p. 216

[124] E. Colom e A. Rodríguez Luño, “Scelti in Cristo per essere santi. I. Morale fondamentale”, Edusc 2003, p. 216

[125] Prummer “Manuale Theologiae Moralis”, Herder  1961, vol. I p. 249

[126] “Catechesi” del 29.10.1986 , www.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/audiences/1986/documents/hf_jp-ii_aud_19861029.html

[127]Congregazione per la Dottrina della Fede “Risposta riguardante l’obbligo  di premettere la confessione sacramentale prima della sacra comunione  quando c’è la coscienza del peccato grave”, 11.7.1968, www.vatican.va ,  http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19680711_responsum_it.html

[128]Commissione Teologica Internazionale “Problemi attuali di escatologia”,1990 www.vatican.va , http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_1990_problemi-attuali-escatologia_it.html

[129]Pio XII “Discorso “Una ben intima gioia”” del 10 marzo 1948 , www.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/pius-xii/it/speeches/1948/documents/hf_pxii_spe_19480310_intima-gioia.html

[130]“Discorso ai membri della Sacra Penitenzieria Apostolica e ai Penitenzieri delle Basiliche Patriarcali di Roma” 30 gennaio 1981: AAS 73 (1981), 203. Cfr Conc. Ecum. Tridentino, Sess. XIII, Decretum de ss. Eucharistia, cap. 7 et can. 11: DS 1647, 1661.

[131]S. Giovanni Paolo II “Ecclesia de Eucharistia” 17.4.2003 nn. 36-37, www.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_20030417_eccl-de-euch.html

[132]Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio “Misericordia Dei” 2.5.2002 , www.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/motu_proprio/documents/hf_jp-ii_motu-proprio_20020502_misericordia-dei.html

[133]  Tullio Rotondo “Tradimento della sana dottrina attraverso “Amoris Laetitia”” Youcanprint, 2022 p. 217ss il testo è interamente leggibile e scaricabile gratuitamente da questo sito https://www.tradimentodellasanadottrina.it/

[134]A. Bellon “Secondo il Magistero della Chiesa il peccato mortale si identifica col peccato grave; ecco perché” 21.5.2018 Amici Domenicani  https://www.amicidomenicani.it/secondo-il-magistero-della-chiesa-il-peccato-mortale-si-identifica-col-peccato-grave-ecco-perche/

[135] Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba  “Camminare nella luce dell’amore. I fondamenti della morale cristiana.” Cantagalli 2008 p. 461s

[136]S. Giovanni Paolo II ““Dominum et Vivificantem”, 18.5.1986,” n. 46  , www.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_18051986_dominum-et-vivificantem.html

[137]S. Giovanni Paolo II Lett. Enc. “Dominum et Vivificantem” nn. 46s , www.vatican.va http://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_18051986_dominum-et-vivificantem.html

[138] “Catechismo Tridentino”, ed. Cantagalli, 1992, n.123

[139] S. Alfonso de Liguori “Istruzione e pratica del confessore.” in “Opere di S. Alfonso Maria de Liguori”, Pier Giacinto Marietti, Vol. IX, Torino 1880, pp. 78s https://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PWP.HTM

[140] H. B. Merkelbach in “Summa Theologiae Moralis” Desclée de Brouwer , Brugis – Belgica 1959, t.1 p. 441s

[141] Iª-IIae q. 88 a. 2 https://www.edizionistudiodomenicano.it/Docs/Sfogliabili/La_Somma_Teologica_Seconda_Parte/index.html#862/z

[142] S. Alfonso M. de’ Liguori “Istruzione e pratica del confessore” “Opere di S. Alfonso Maria de Liguori”, Pier Giacinto Marietti, Vol. IX, Torino 1880, pagg. 79s http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PWP.HTM#-70V

[143] H. B. Merkelbach in “Summa Theologiae Moralis” Desclée de Brouwer , Brugis – Belgica 1959, t.1 p. 444s

[144]In “Opere di S. Alfonso Maria de Liguori”, Pier Giacinto Marietti, Torino 1880, Vol. III, pp. 422ss http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_P31M.HTM

[145] Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba “Camminare nella luce dell’amore. I fondamenti della morale cristiana.” Cantagalli 2008

[146] Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba  “La plenitud del obrar cristiano.”Ed. Palabra Madrid 2001 p.188s

[147] Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba  “La plenitud del obrar cristiano.”Ed. Palabra Madrid 2001 p.188s

[148] Gregorio di Nissa “De vita Moysis” II, 2-3 PG. 44,327s; citata in VS n.71

[149] Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba  “Una luz para el obrar.” Ed. Palabra Madrid 2006  p. 332

[150] Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba  “Una luz para el obrar.” Ed. Palabra Madrid 2006  p. 332

[151] Super Heb., c. 4 l.3.

[152] Garrigou-Lagrange, R., De Christo Salvatore,, Torino- Paris, 1945, 472 ss.

[153] III q. 41 a. 1 ad 3m.

[154] III q. 15 a. 2.

[155]S. Tommaso “Somma contro i Gentili”, ed UTET, 2013, ebook, l. III c. 137 a.5

[156] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 78

[157]J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis ..” Marietti, 1956, vol. I p.47

[158] A. Royo Marin “Teologia della perfezione cristiana.” Ed. Paoline 1987 p.411 ss

[159] Super Eph. c.6 l.3-4; “[…]vita nostra[…] est quaedam militiam”, Super II Ad Cor. c. X l. 1; In Iob. c.7.

[160] H. B. Merkelbach in “Summa Theologiae Moralis” Desclée de Brouwer , Brugis – Belgica 1959, t.1 p. 136

[161] Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba  “Camminare nella luce dell’amore. I fondamenti della morale cristiana.” Cantagalli 2008 p. 550ss

[162]  I-II, q. 18, a. 2.

[163] I-II, q. 18, a. 6.

[164]  I-II, q. 18, a. 6.

[165] H. B. Merkelbach in “Summa Theologiae Moralis” Desclée de Brouwer , Brugis – Bel-gica 1959, t.1 p. 136

[166] E. F. Regatillo, M. Zalba “Theologiae moralis summa”. Vol. I  Matriti 1952  p. 177

[167] E. F. Regatillo, M. Zalba “Theologiae moralis summa”. Vol. I  Matriti 1952  p. 177

[168] Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba  “Camminare nella luce dell’amore. I fondamenti della morale cristiana.” Cantagalli 2008 p. 555ss

[169] Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba  “Camminare nella luce dell’amore. I fondamenti della morale cristiana.” Cantagalli 2008 p. 412

[170] II-II q. 33 a. 2, mia traduzione seguendo quella della “Somma Teologica” realizzata dalla ESD in CD Rom del 2001

[171] II-II q. 33 a. 2, mia traduzione seguendo quella della “Somma Teologica” realizzata dalla ESD in CD Rom del 2001

[172] Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba  “Camminare nella luce dell’amore. I fondamenti della morale cristiana.” Cantagalli 2008 p. 412

[173] E. F. Regatillo, M. Zalba “Theologiae moralis summa”. Vol. I  Matriti 1952  p. 178s

[174] L. Melina “Morale tra crisi e rinnovamento.” Ares, Milano, 1993 pp. 41-61

[175] Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba  “Camminare nella luce dell’amore. I fondamenti della morale cristiana.” Cantagalli 2008 p. 413

[176]** “La norma morale di «Humanae vitae»
e il compito pastorale” L’Osservatore Romano, 16 febbraio 1989, p. 1, www.vatican.va ,  http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19890216_norma-morale_it.html

[177] Giovanni Paolo II Esort. Ap. Postsinodale “Reconciliatio et Paenitentia” www.vatican.va, https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_02121984_reconciliatio-et-paenitentia.html

[178] Cf S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I-II, q. 1, a. 3: «Idem sunt actus morales et actus humani».

[179] De vita Moysis, II, 2-5: PG 44, 327-328.

[180] Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba  “Camminare nella luce dell’amore. I fondamenti della morale cristiana.” Cantagalli 2008 p. 413s

[181] Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba  “Camminare nella luce dell’amore. I fondamenti della morale cristiana.” Cantagalli 2008 p. 539

[182] Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba  “Camminare nella luce dell’amore. I fondamenti della morale cristiana.” Cantagalli 2008 p. 540s

[183] Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba  “Camminare nella luce dell’amore. I fondamenti della morale cristiana.” Cantagalli 2008 p. 540s

[184] Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba  “Camminare nella luce dell’amore. I fondamenti della morale cristiana.” Cantagalli 2008 p. 540s

[185] Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba  “Camminare nella luce dell’amore. I fondamenti della morale cristiana.” Cantagalli 2008 p. 540s

[186] Livio Melina, José Noriega, Juan José Perez-Soba  “Camminare nella luce dell’amore. I fondamenti della morale cristiana.” Cantagalli 2008 p. 540s

[187] S. Alfonso Maria De’ Liguori, “Pratica di amar Gesù Cristo”, VII, 3 citato in VS n. 78

[188] Prummer “Manuale Theologiae Moralis”, Herder1961, vol. I p. 75

[189] Prummer “Manuale Theologiae Moralis”, Herder1961, vol. I p. 76-77

[190] I-II a. 7 q. 7 a. 3   https://www.edizionistudiodomenicano.it/Docs/Sfogliabili/La_Somma_Teologica_Seconda_Parte/index.html#107/z

[191]Cfr. Iª-IIae q. 18 a. 10 co.  https://www.edizionistudiodomenicano.it/Docs/Sfogliabili/La_Somma_Teologica_Seconda_Parte/index.html#107/z

[192]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[193]  H. B. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica,  1959, t.1, p. 146ss, 173ss

[194]  H. B. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 173

[195]  H. B. Merkelbach   “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 174

[196]  H. B. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 174

[197]  H. B. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 175

[198]  H. B. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 175

[199]  H. B. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 175

[200]  H. B. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 173

[201]  H. B. Merkelbach   “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 174

[202]  H. B. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 174

[203]  H. B. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 175

[204]  H. B. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 175

[205]  H. B. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 175

[206] L. Cionci “L’imputabilità nel diritto canonico” www.jus.unitn.it http://www.jus.unitn.it/cardozo/Obiter_Dictum/cionci1.htm#Le%20circostanze%20esimenti

[207] L. Cionci “L’imputabilità nel diritto canonico” www.jus.unitn.it http://www.jus.unitn.it/cardozo/Obiter_Dictum/cionci1.htm#Le%20circostanze%20esimenti

[208] L. Cionci “L’imputabilità nel diritto canonico” www.jus.unitn.it http://www.jus.unitn.it/cardozo/Obiter_Dictum/cionci1.htm#Le%20circostanze%20esimenti

[209]S. Alphonsi Mariae de Ligorio: “Theologia moralis” t. II , Romae, Typis Polyglottis Vaticanis MCCCCVII, cura et studio Leonardi Gaudé, l.V c. 1 p. 705-706 www.santalfonsoedintorni.it  https://www.santalfonsoedintorni.it/Libri/Morale2/2Mor5-0-01_a.pdf

[210] D’ Auria: “Imputabilità nel diritto penale canonico.” Editrice Pontificia Università Gregoriana, 1997, p. 41

[211] D’ Auria: “Imputabilità nel diritto penale canonico.”Editrice Pontificia Università Gregoriana, 1997, p. 45s

[212] P. Palazzini: “Dictionarium Morale et Canonicum” Roma, 1962, al v. I, p. 653

[213] B. H. Merkelbach“Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1 pp. 60-95

[214] E. F. Regatillo, M. Zalba “Theologiae moralis summa” BAC 1952 vol. I p. 103-150

[215]E. Colom e A. Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 207ss

[216] “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 61

[217] E. Colom e A. Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 175

[218] E. Colom e A. Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 175

[219] E. Colom e A. Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 175

[220] B. H. Merkelbach,“Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 61-63

[221]B. H. Merkelbach,“Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 66

[222]B. H. Merkelbach,“Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 66

[223]B. H. Merkelbach,“Summa Theologiae Moralis” Brugis 1959, t.1, p. 67

[224] B. H. Merkelbach,“Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 68

[225]  B. H. Merkelbach,“Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 69

[226] B. H. Merkelbach,“Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 69

[227] E. Colom e A. Rodríguez Luño “Scelti in Cristo per essere santi. I. Morale fondamentale”, Edusc 2003 p. 214

[228] Aristotele “Etica Nicomachea” III, 5, 1110b20, traduzione dell’Etica Nicomachea di Claudio Mazzarelli, Milano, 2000.

[229]B. H. Merkelbach in “Summa Theologiae Moralis” Desclée de Brouwer , Brugis – Belgica 1959, t.1, p. 71

[230] E. Colom e A. Rodríguez Luño “Scelti in Cristo per essere santi. I. Morale fondamentale”, Edusc 2003 p. 214

[231]B. H. Merkelbach in “Summa Theologiae Moralis” Desclée de Brouwer , Brugis – Belgica 1959, t.1, p. 71

[232] E. Colom e A. Rodríguez Luño “Scelti in Cristo per essere santi. I. Morale fondamentale”, Edusc 2003 p. 214

[233] E. Colom e A. Rodríguez Luño “Scelti in Cristo per essere santi. I. Morale fondamentale”, Edusc 2003 p. 214

[234] E. Colom e A. Rodríguez Luño “Scelti in Cristo per essere santi. I. Morale fondamentale”, Edusc 2003 p. 214s

[235]  E. Colom e A. Rodríguez Luño “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 207ss

[236]E. Colom e A. Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 207ss

[237]E. Colom e A. Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 208

[238]E. Colom e A. Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 208

[239]E. Colom e A. Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 208

[240] E. Colom e A. Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 208

[241]E. Colom e A. Rodríguez-Luño,  “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pagg. 208s

[242] E. Colom e A. Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 209

[243]Pio XII, Discorso al «Fronte della Famiglia» e all’Associazione Famiglie numerose, 27 novembre 1951; testo citato in  Congregazione per la Dottrina della Fede , “Chiarificazione della Congregazione per la Dottrina della Fede sull’aborto procurato” in  L’Osservatore Romano», Anno CXLIX n. 157 (11 luglio 2009), p. 7. http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20090711_aborto-procurato_it.html

[244] E. Sgreccia, “Manuale di bioetica.” Vol. I, Fondamenti ed etica medica, Vita e Pensiero, Milano 1999,  p. 177

[245] Colom e Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 209

[246]S. Paolo VI, Lett. Enc. “Humanae Vitae” del 25.7.1968, n. 14, www.vatican.va  https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/encyclicals/documents/hf_p-vi_enc_25071968_humanae-vitae.html

[247] B. H. Merkelbach in “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 166

[248] E. Colom e A.  Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 210

[249] B. H. Merkelbach in “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 167

[250] B. H. Merkelbach in “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 166

[251]E. Colom e A.  Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 209

[252]

[253] B. H. Merkelbach in “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1,  p. 72

[254] B. H. Merkelbach,“Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 69

[255]E. Colom e A. Rodríguez Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 208

[256]E. Colom e A. Rodríguez Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 212

[257] Rituale Romanum – Editio Typica 1952  https://www.maranatha.it/rituale/21page.htm

[258] “Diccionario de Teologia Moral” dirigido card. Roberti, Barcelona 1959, p. 931

[259] L. Chiappetta “Il Codice di Diritto Canonico. Commento giuridico-pastorale”, Terza edizione, EDB, Bologna, 2011, vol. 1,  p. 120

[260] B. H. Merkelbach in “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 72

[261] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 pp. 72s

[262] J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis .” Marietti, 1956, vol. I p. 42s

[263] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 pp. 74s

[264] B. H. Merkelbach,“Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica,  1959, t.1, p. 68

[265] B. H. Merkelbach,“Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 69

[266]Colom e Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 208

[267] B. H. Merkelbach,“Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 73

[268]“De libero arbitrio” c. 5 (PL 158, 496)

[269]B. H. Merkelbach,“Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t.1, p. 75

[270]B. H. Merkelbach,“Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t.1, p. 75

[271] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 76

[272]Cf. Concilio Tridentino sess. 14 c. 4 e B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 77

[273] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 77

[274] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 77s

[275]E. Colom e A. Rodríguez-Luño :“Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003, alla p. 218

[276] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 80

[277] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 83

[278] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 84

[279]  Iª-IIae q. 6 a. 8 co.;  B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 84

[280] E. F. Regatillo, M. Zalba “Theologiae moralis summa” BAC 1952 vol. I p. 108s

[281]  Iª-IIae q. 6 a. 8 co.; B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 84

[282] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 81

[283] S. Alfonso Maria de Liguori “Istruzione e pratica pei confessori” in  “Opere di S. Alfonso Maria de Liguori”, Pier Giacinto Marietti, Vol. IX, pp. 67s, Torino 1880 http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PWP.HTM#$70F

[284] L. Chiappetta “Il Codice di Diritto Canonico. Commento giuridico-pastorale”, Terza edizione, EDB, Bologna, 2011, vol. 1,  p. 32

[285] L. Chiappetta “Il Codice di Diritto Canonico. Commento giuridico-pastorale”, Terza edizione, EDB, Bologna, 2011, vol. 1,  p. 163

[286] L. Chiappetta “Il Codice di Diritto Canonico. Commento giuridico-pastorale”, Terza edizione, EDB, Bologna, 2011, vol. 2,  p. 641

[287] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 81

[288]S. Alfonso Maria de Liguori “Istruzione e pratica pei confessori” “Opere di S. Alfonso Maria de Liguori”, Pier Giacinto Marietti, Vol. IX, p. 69, Torino 1880 http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PWP.HTM#$70F

[289]  B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 82s

[290] E. F. Regatillo, M. Zalba “Theologiae moralis summa” BAC 1952 vol. I p. 105;  B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 81

[291] E. Colom e A. Rodríguez-Luño:“Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003, alla p. 363

[292] E. Colom e A. Rodríguez-Luño:“Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003, alla p. 363s

[293] E. Colom e A. Rodríguez-Luño:“Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003, alla p. 364

[294] I-II q. 76 a. 2 traduzione tratta dall’edizione della Somma Teologica in CD Rom del 2001, curata da ESD cioè Editrice Studio Domenicano.

[295] S. Alphonsi Mariae de Ligorio: “Theologia moralis” Romae, Typis Polyglottis Vaticanis MCCCCIX, Editio photomechanica. Sumptibus CssR,1953, t. I p. 147

[296]  B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 82s

[297]  B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 82s

[298] Colom e Rodríguez-Luño :“Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003, alla p. 364

[299] E. F. Regatillo, M. Zalba “Theologiae moralis summa” BAC 1952 vol. I p. 105

[300]J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis ..” Marietti, 1956, vol. I p.47

[301] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 78

[302] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 80

[303] Cf. C. Tridentino sess. 14 c. 4 e B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 78 ss

[304]S. Alphonsi Mariae de Ligorio: “Theologia moralis” Romae, Typis Polyglottis Vaticanis MCCCCIX, Editio photomechanica. Sumptibus CssR, 1953 p. 706 l. V, c. I, n. 3

[305] J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis ..” Marietti, 1956, vol. I p.46

[306]I-II q. 77 a. 6, traduzione tratta dalla  edizione della Somma Teologica in CD Rom del 2001, curata da ESD cioè Editrice Studio Domenicano

[307] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 pp. 79.

[308]IIª-IIae, q. 154 a. 3 ad 1 traduzione tratta dalla  edizione della Somma Teologica in CD Rom del 2001, curata da ESD cioè Editrice Studio Domenicano

[309] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 pp. 79-80; J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis ..” Marietti, 1956, vol. I p.46

[310] J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis ..” Marietti, 1956, vol. I p.46

[311] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 85

[312] I q. 62 a. 8 ad 3 , q. 83 a. 4; B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 85

[313]I  q. 83 a. 4 , traduzione italiana a cura di ESD https://www.edizionistudiodomenicano.it/Docs/Sfogliabili/La_Somma_Teologica_Prima_Parte/index.html#930/z

[314]III, q. 18 a. 4 ad 3m“Ad tertium dicendum quod voluntas Christi, licet sit determinata ad bonum, non tamen est determinata ad hoc vel illud bonum. Et ideo pertinebat ad Christum eligere per liberum arbitrium confirmatum in bono, sicut ad beatos.”

[315] R. Garrigou-Lagrange, “De Christo Salvatore”. Torino-Paris 1945, 326-327.

[316]Leone XIII, Lett. Enc. “Libertas” del 20.6.1888 w2.vatican.va http://w2.vatican.va/content/leo-xiii/it/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_20061888_libertas.html

[317]Leone XIII, Lett. Enc. “ Libertas” del 20.6.1988 w2.vatican.va http://w2.vatican.va/content/leo-xiii/it/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_20061888_libertas.html

[318]Leone XIII, Lett. Enc. “Libertas” del 20.6.1988 w2.vatican.va  http://w2.vatican.va/content/leo-xiii/it/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_20061888_libertas.html

[319]S. Giovanni Damasceno “La fede ortodossa” Città Nuova, Roma, 1998 p. 203

[320]Congregazione per la Dottrina della Fede “Lettera ai Vescovi della Chiesa sulla cura pastorale delle persone omosessuali”, n. 11-12 www.vatican.va 1.10.1986 http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19861001_homosexual-persons_it.html

[321]  J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis .” Marietti, 1956, vol. I p. 40s.

[322]  J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis .” Marietti, 1956, vol. I p. 40.

[323] Concilio di Trento sess. 6 can. 5 in Aa. Vv.. Decisioni dei Concili Ecumenici (Classici della religione) (Italian Edition). UTET 2013. Edizione del Kindle.

[324]  J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis .” Marietti, 1956, vol. I p. 41.

[325]  J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis .” Marietti, 1956, vol. I p. 41.

[326]  J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis .” Marietti, 1956, vol. I p. 41; E. F. Regatillo, M. Zalba “Theologiae moralis summa” BAC 1952 vol. I p. 94

[327] E. F. Regatillo, M. Zalba “Theologiae moralis summa” BAC 1952 vol. I p.92

[328] E. F. Regatillo, M. Zalba “Theologiae moralis summa” BAC 1952 vol. I p.94

[329]  B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1935, t. 1 , p. 89

[330] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1935, t. 1 p. 89

[331]I, q. 83 a. 1 ad 5 traduzione tratta dalla  edizione della Somma Teologica in CD Rom del 2001, curata da ESD cioè Editrice Studio Domenicano

[332] B. H. Merkelbach, “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 89

[333]  E. Colom e A.  Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 164

[334]  Mt 21, 12-13; Lc 22, 44; Gv 11, 33-35.

[335]  E. Colom e A.  Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 164,  Dt 28, 63; Is 30, 27.30; Am 5, 21.

[336] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 pp. 89s

[337] Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1767

[338] E. Colom e A.  Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 165

[339] E. Colom e A.  Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 165

[340]  B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 92

[341]  E. Colom e A.  Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 217

[342] E. Colom e A. Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 208

[343]  B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis”, Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 92

[344]  E. Colom e A.  Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 217

[345]  E. Colom e A.  Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 217

[346] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis”, Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 92

[347]  E. Colom e A.  Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 217

[348]III q. 15 a. 4 traduzione tratta dall’ edizione della Somma Teologica in CD Rom del 2001, curata da ESD cioè Editrice Studio Domenicano

[349]S. Alfonso Maria de Liguori, Selva di materie predicabili in in «Opere di S. Alfonso Maria de Liguori», Pier Giacinto Marietti, Vol. III,Torino 1880, p. 147  http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_P2ZQ.HTM

[350]S. Alfonso Maria de Liguori, “Del gran mezzo della preghiera”, in “OPERE ASCETICHE” Vol. II, pp. 13s, Edizioni di Storia e letteratura, Roma 1962 http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PH4.HTM

[351]V. Volterra “Psichiatria forense, criminologia ed etica psichiatrica” (Italian Edition) (p.20).Elsevier Masson (1 ottobre 2015) Edizione del Kindle

[352] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 93

[353] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 93

[354] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 93

[355] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 94

[356] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 94

[357] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 94

[358] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 94

[359] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 94

[360] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 94s

[361]S. Alfonso Maria de Liguori, “Apparecchio alla Morte cioè Considerazioni sulle Massime Eterne” in “OPERE ASCETICHE” Vol. IX,  Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1965, p. 205s.  http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_P3Z.HTM

[362]CORNELIUS A LAPIDE, “Comment. in Eccli.” III, 27; IX, Parisiis 1859, 133: «Cor durum efficit superbia, et consuetudo crebro peccandi; haec enim, cum sit quasi altera natura, indurat mentem in peccato».

[363]S. Augustinus, “Enchiridion ad Laurentium”, l. I, c. 80: PL 40, 270: «Peccata, quamvis magna et horrenda, cum in consuetudinem venerint, aut parva aut nulla esse creduntur».

[364]S. Hieronimus., “Comment. in Ezechielem,” l. I, c. I, v. 7; PL 25, 22 …

[365]S. Alfonso Maria de Liguori, “Apparecchio alla Morte cioè Considerazioni sulle Massime Eterne” in “OPERE ASCETICHE” Vol. IX,  Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1965, p. 209ss. http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_P40.HTM

[366] S. Thomas a Villanova, Conciones, in fer. VI post dom. I Quadr., concio I, nn. 4-5; I, Mediolani 1760, col. 315

[367]S. Alfonso Maria de Liguori, “Apparecchio alla Morte cioè Considerazioni sulle Massime Eterne” in “OPERE ASCETICHE” Vol. IX,  Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1965, p. 213s. http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_P41.HTM

[368] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 95s

[369] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 96

[370] J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis ..” Marietti, 1956, vol. I p. 49

[371] J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis ..” Marietti, 1956, vol. I p. 49-50

[372] J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis ..” Marietti, 1956, vol. I p. 49s

[373] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 100s

[374] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 100s

[375] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 96s; . J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis ..” Marietti, 1956, vol. I p. 51ss; A. Gunthor “Chiamata e risposta” ed. Paoline 1987 vol. I pag. 589s

[376]Michael B. First “Panoramica sulle malattie mentali” Manuale MSD , www.msdmanuals.com,   https://www.msdmanuals.com/it-it/casa/disturbi-di-salute-mentale/panoramica-sulla-salute-mentale/panoramica-sulle-malattie-mentali

[377]Marco Paolemili, “Psichiatria Forense” mens-sana.biz ,  http://mens-sana.biz/psicologia-giuridica/2384/psichiatria-forense/

[378]Fornari “Psichiatria forense” UTET 2019, vol. I, p. 375s

[379] J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis ..” Marietti, 1956, vol. I p. 51

[380]A. Gunthor “Chiamata e risposta” ed. Paoline 1987 vol. I pag. 589s

[381] ICD 10 pagg. 40-44  https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/246208/9788894307610-V1-ita.pdf?sequence=108&isAllowed=y

[382] Michael B. First , MD, Columbia University “Classificazione e diagnosi delle malattie mentali.” www.msdmanuals.com, https://www.msdmanuals.com/it-it/casa/disturbi-di-salute-mentale/panoramica-sulla-salute-mentale/classificazione-e-diagnosi-delle-malattie-mentali

[383]A. Gunthor “Chiamata e risposta” ed. Paoline 1987 vol. I pag. 590s

[384] A. Gunthor “Chiamata e risposta” ed. Paoline 1987 vol. I pag. 590s

[385] A. Gunthor “Chiamata e risposta” ed. Paoline 1987 vol. I pag. 591

[386] A. Gunthor “Chiamata e risposta” ed. Paoline 1987 vol. I pag. 591s

[387]A. Gunthor “Chiamata e risposta” ed. Paoline 1987 vol. I pag. 592s

[388]A. Gunthor “Chiamata e risposta” ed. Paoline 1987 vol. I pag. 594

[389]Michael B. First , MD, “Panoramica sulle malattie mentali” Manuale MSD www.msdmanuals.com,  https://www.msdmanuals.com/it-it/casa/disturbi-di-salute-mentale/panoramica-sulla-salute-mentale/panoramica-sulle-malattie-mentali

[390] Le Scienze“Una base genetica comune per alcuni disturbi mentali.” 22.6.2018 www.lescienze.it https://www.lescienze.it/news/2018/06/22/news/disturbi_psichiatrici_base_genetica_condivisa-4024046/

[391]  Verneri Anttila e altri “Analysis of shared heritability in common disorders of the brain” www.science.org  22.6.2018 https://www.science.org/doi/full/10.1126/science.aap8757

[392]Marco Paolemili, “Psichiatria forense” mens-sana.biz,   http://mens-sana.biz/psicologia-giuridica/2384/psichiatria-forense/

[393] Ministero della Salute  “Fatti e cifre contro lo stigma.” www.salute.gov.it http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_opuscoliPoster_422_allegato.pdf

[394]Ministero della Salute “Fatti e cifre contro lo stigma.” www.salute.gov.it http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_opuscoliPoster_422_allegato.pdf

[395]Michael B. First , MD, “Panoramica sulle malattie mentali” Manuale MSD https://www.msdmanuals.com/it-it/casa/disturbi-di-salute-mentale/panoramica-sulla-salute-mentale/panoramica-sulle-malattie-mentali

[396] Fornari “Psichiatria forense” UTET 2019 vol. I pag. 370s

[397] Fornari “Psichiatria forense” UTET 2019 vol. I pag. 371

[398] Fornari “Trattato di psichiatria forense” vol. I Utet 2019 pp. 2-5

[399] Fornari “Trattato di psichiatria forense” I vol. Utet 2019 p. 6-7

[400]Fornari “Trattato di psichiatria forense” 1 vol. Utet 2019 p. 6-8   Isabella Merzagora Betsos L’IMPUTABILITA’, p. 1-2 http://www.jus.unitn.it/users/dinicola/criminologia/topics/materiale/dispensa_4.pdf

[401]Mastronardi, Desimoni, Ventura “Imputabilità, coscienza morale e psicopatologia. Profili comparatistici internazionali”, Rivista di Psichiatria 2012;47(4 Suppl. 1):17S-25S https://www.rivistadipsichiatria.it/articoli.php?archivio=yes&vol_id=1140&id=12566

[402]V. Boncristiano “Disturbo di personalità quale causa di non imputabilità del soggetto agente” Altalex 30.12.2005   www.altalex.com, https://www.altalex.com/documents/news/2005/12/29/disturbo-di-personalita-quale-causa-di-non-imputabilita-del-soggetto-agente

[403]Cassazione, SS.UU. penali, sentenza 08.03.2005 n° 9163 n. 5 http://www.ristretti.it/areestudio/giuridici/leggi/capacita.htm;    Mastronardi , Desimoni, Ventura “Imputabilità, coscienza morale e psicopatologia. Profili comparatistici internazionali” Rivista di Psichiatria  2012;47(4 Suppl. 1):17S-25S  https://www.rivistadipsichiatria.it/articoli.php?archivio=yes&vol_id=1140&id=12566

[404]G. Carpino “Il vizio di mente tra diritto e scienza psichiatrica” www.studiocataldi.it/ 15 dic 2016 https://www.studiocataldi.it/articoli/24344-il-vizio-di-mente-tra-diritto-e-scienza-psichiatrica.asp#sdfootnote24sym

[405]G. Carpino “Il vizio di mente tra diritto e scienza psichiatrica”  www.studiocataldi.it/ 15 dic 2016 https://www.studiocataldi.it/articoli/24344-il-vizio-di-mente-tra-diritto-e-scienza-psichiatrica.asp#sdfootnote24sym

[406] G. Carpino “Il vizio di mente tra diritto e scienza psichiatrica”  ”  www.studiocataldi.it 15 dic 2016  https://www.studiocataldi.it/articoli/24344-il-vizio-di-mente-tra-diritto-e-scienza-psichiatrica.asp#sdfootnote24sym

[407]Mantovani F., “L’imputabilità sotto il profilo giuridico”, in: Ferracuti F. (a cura di), Trattato di Criminologia, Medicina Criminologica e Psichiatria Forense, Vol. 13: Psichiatria forense generale e penale, Giuffrè, Milano, 1990, pg. 17. citato in Isabella Merzagora Betsos , Lorenza Pleuteri , “Odia il prossimo tuo come te stesso. L’omicidio-suicidio a Milano e provincia” Franco Angeli, 2005, p. 115

[408] Isabella Merzagora Betsos , Lorenza Pleuteri , “Odia il prossimo tuo come te stesso. L’omicidio-suicidio a Milano e provincia” Franco Angeli, 2005, p. 115

[409] Vittorio Volterra,  “Psichiatria forense, criminologia ed etica psichiatrica” (Italian Edition) (p.35).Elsevier Masson (1 ottobre 2015) Elsevier Masson (1 ottobre 2015) Edizione del Kindle

[410]F. Carrieri-R. Catanesi, La perizia psichiatrica sull’autore di reato: evoluzione storica problemi attuali, in Rivista Italia di Medicina Legale, XXXIII (2001), pp. 15-39.25

[411]G. Ponti  “Compendio di criminologia” Milano, Raffaello Cortina Editore; 1999 cit. in Vittorio Volterra “Psichiatria forense, criminologia ed etica psichiatrica” (Italian Edition) (p.43).Elsevier Masson (1 ottobre 2015) Edizione del Kindle; Vittorio Volterra “Psichiatria forense, criminologia ed etica psichiatrica” (Italian Edition) (p.19).Elsevier Masson (1 ottobre 2015) Elsevier Masson (1 ottobre 2015) Edizione del Kindle.

[412] Volterra, Vittorio “ Psichiatria forense, criminologia ed etica psichiatrica” (Italian Edition) (p.19).Elsevier Masson (1 ottobre 2015) Edizione del Kindle

[413]  Mastronardi, Desimoni, Ventura “Imputabilità, coscienza morale e psicopatologia. Profili comparatistici internazionali” Rivista di Psichiatria  2012; 47(4 Suppl. 1):17S-25S  https://www.rivistadipsichiatria.it/articoli.php?archivio=yes&vol_id=1140&id=12566

[414]Volterra, Vittorio “ Psichiatria forense, criminologia ed etica psichiatrica” (Italian Edition) (p.18).Elsevier Masson (1 ottobre 2015) Edizione del Kindle.

[415]Volterra, Vittorio “ Psichiatria forense, criminologia ed etica psichiatrica” (Italian Edition) (p.17).Elsevier Masson (1 ottobre 2015) Edizione del Kindle

[416] Fornari “Psichiatria forense” UTET 2019, p. 87

[417] Volterra, Vittorio “ Psichiatria forense, criminologia ed etica psichiatrica” (Italian Edition) (p.18).Elsevier Masson (1 ottobre 2015) Edizione del Kindle.

[418]Fornari “Psichiatria forense” UTET 2019, vol. I  p. 83

[419]Cass. Sez. Un. Pen. n. 9163, 8 marzo 2005;  Fornari “Psichiatria forense” UTET 2019, vol . I  p. 86

[420]Cassazione, SS.UU. penali, sentenza 08.03.2005 n° 9163, 17.0  http://www.ristretti.it/areestudio/giuridici/leggi/capacita.htm

[421]Cassazione, SS.UU. penali, sentenza 08.03.2005 n° 9163, 10.2  http://www.ristretti.it/areestudio/giuridici/leggi/capacita.htm

[422]Fornari U. Trattato di psichiatria forense, ed 3. Torino: UTET; 2004. citato in : Volterra, Vittorio “ Psichiatria forense, criminologia ed etica psichiatrica”  (Italian Edition) (p.18).Elsevier Masson (1 ottobre 2015) Edizione del Kindle.

[423]Mastronardi , Desimoni, Ventura “Imputabilità, coscienza morale e psicopatologia. Profili comparatistici internazionali” Rivista di Psichiatria  2012;47(4 Suppl. 1):17S-25S  https://www.rivistadipsichiatria.it/articoli.php?archivio=yes&vol_id=1140&id=12566

[424]Prof. Aguglia: “Istanze e prospettive della psichiatria forense.” PARTE I- La perizia psichiatrica nell’ambito penale http://www.fmag.unict.it/Public/Uploads/links/Psich%20Forense-%20parte%20I.pdf

[425]Marco Paolemili, “Psichiatria Forense”  Mens Sana 15.3.2012  http://mens-sana.biz/psicologia-giuridica/2384/psichiatria-forense/

[426] Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione Pastorale “Gaudium et Spes” del 7.12.1965  n. 22, 38, 41, 45   www.vatican.va https://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19651207_gaudium-et-spes_it.html

[427] Catechismo della Chiesa Cattolica nn. 400-406

[428]Mastronardi, Desimoni, Ventura “Imputabilità, coscienza morale e psicopatologia. Profili comparatistici internazionali” Rivista di Psichiatria, 2012;47(4 Suppl. 1):17S-25S  https://www.rivistadipsichiatria.it/articoli.php?archivio=yes&vol_id=1140&id=12566

[429]  J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis.” Marietti, 1956, vol. I p.139;  E. F. Regatillo, M. Zalba “Theologiae Moralis Summa” BAC 1952 v. I p. 356

[430]  J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis .” Marietti, 1956, vol. I p. 145;  A. Gunthor “Chiamata e risposta.” Edizioni Paoline 1987 vol. I, pp. 372ss

[431]  Concilio di Trento, Sess. 6a, Decretum de iustificatione, canoni 19-20: DS 1569-1570.

[432]  Cfr. anche A. Gunthor “Chiamata e risposta.” Edizioni Paoline 1987 vol. I, p. 372s

[433] Cfr. J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis ..” Marietti, 1956, vol. I p. 182

[434] A. Gunthor “Chiamata e risposta.” Edizioni Paoline 1987 vol. I, p. 374; E. F. Regatillo, M. Zalba “Theologiae Moralis Summa” BAC 1952 vol. I pp. 535ss

[435] Prummer D., “Manuale Theologiae Moralis”, vol. I, Herder 1961, p. 157; cfr. anche A. Gunthor “Chiamata e risposta.” Edizioni Paoline 1987 vol. I, p. 374

[436] Prummer D., “Manuale Theologiae Moralis”, vol. I, Herder 1961, p. 157; cfr. anche A. Gunthor “Chiamata e risposta.” Edizioni Paoline 1987 vol. I, p. 374

[437] Heinrich  Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003 n.1536  e 1568

[438] . B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 325 ss

[439] S. Mester “Incommodum.” in : “Dictionarium Morale et Canonicum” Roma, 1962, vol. II p. 667s

[440] P. Palazzini (a cura), “Dictionarium Morale et Canonicum” Romae : Officium Libri Catholici vol. II, D-K p.668

[441] S. Mester “Incommodum.” in : “Dictionarium Morale et Canonicum” Roma, 1962, vol. II p. 667s

[442] A. Gunthor “Chiamata e risposta.” Ediz. Paoline 1974, v. I p. 374s

[443] S. Mester “Incommodum.” in : “Dictionarium Morale et Canonicum” Roma, 1962, vol. II p. 668

[444] S. Alphonsi Mariae de Ligorio: “Theologia Moralis” Typis Polyglottis Vaticanis MCCCCIX, Editio photomechanica. Sumptibus CssR, Romae, 1953, p. 162s

[445] S. Alfonso M. de Liguori “Istruzione pratica per i confessori.” in “Opere di S. Alfonso Maria de Liguori”, Pier Giacinto Marietti, Vol. IX, Torino 1880 p. 52.

[446]  Sant’Alfonso Maria de Liguori “Confessore diretto per le confessioni della gente di campagna” in «Opere di S. Alfonso Maria de Liguori», Pier Giacinto Marietti, Vol. IX, Torino 1880, p. 668,  http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PC8.HTM#JH

[447] S. Alfonso Maria de Liguori “Istruzione al popolo.” in “Opere di S. Alfonso Maria de Liguori”, Pier Giacinto Marietti, Vol. VIII, Torino 1880, p. 925 http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PVB.HTM#TU

[448] Sant’Alfonso Maria de Liguori “Confessore diretto per le confessioni della gente di campagna” in «Opere di S. Alfonso Maria de Liguori», Pier Giacinto Marietti, Vol. IX, Torino 1880, p.  697 http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PCN.HTM#11S

[449] Sant’Alfonso Maria de Liguori “Confessore diretto per le confessioni della gente di campagna” in «Opere di S. Alfonso Maria de Liguori», Pier Giacinto Marietti, Vol. IX, Torino 1880, p.721  http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PCX.HTM#JG

[450] Prummer D., “Manuale Theologiae Moralis”, vol. I, Herder 1961, p. 158

[451]VS, n. 67 cfr. ibidem  n. 52.102,   ;  S. Tommaso in Super Sent., lib. 3 d. 25 q. 2 a. 1 qc. 2 ad 3; II-II q. 33 a. 2

[452]Esort. ap. “Familiaris consortio” (22 novembre 1981), 33: AAS 74 (1982), 120, www.vatican.va,  https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_19811122_familiaris-consortio.html

[453]Concilio Vaticano II, Costituzione “Sacrosanctum Concilium” n. 59  www.vatican.va 4.12.1963 https://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19631204_sacrosanctum-concilium_it.html

[454] H. Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003 n. 1312

[455] H. Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003 n. 1877

[456]S. Alfonso M. de’ Liguori “Istruzione e pratica del confessore” “Opere di S. Alfonso Maria de Liguori”, Pier Giacinto Marietti, Vol. IX, Torino 1880,  c. XVI p. III  n. 43 p. 383 http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PXT.HTM

[457]S. Alphonsi Mariae de Ligorio: “Theologia moralis” Typis Polyglottis Vaticanis MCCCCIX, Editio photomechanica. Sumptibus CssR,  Romae, 1953, p. 511, n. 501

[458] Giovanni Paolo II Lettera Apostolica in forma di “Motu Proprio” “Misericordia Dei” www.vatican.va 2.5.2002 http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/motu_proprio/documents/hf_jp-ii_motu-proprio_20020502_misericordia-dei.html

[459]Giovanni Paolo II “Lettera al Card. William W. Baum in occasione del corso sul foro interno organizzato dalla Penitenzieria Apostolica” [22 marzo 1996]   www.vatican.va https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/letters/1996/documents/hf_jp-ii_let_19960322_penitenzieria.html

[460]Bertocchi “Comunione ai divorziati? Ma prima serve la confessione” La Nuova Bussola Quotidiana, 14.11.2014  https://www.lanuovabq.it/it/comunione-ai-divorziati-ma-prima-serve-la-confessione

[461] Si veda il III capitolo del I volume del mio libro “Tradimento della sana dottrina attraverso Amoris Laetitia.”; il libro è scaricabile interamente e gratuitamente  a questo mio sito: www.tradimentodellasanadottrina.it , https://www.tradimentodellasanadottrina.it/

[462] T. Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.” 1,a www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[463] Prummer “Manuale Theologiae Moralis”, Herder  1961, vol. III, p. 242

[464]Heinrich Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003, n 1323 .1704. 1706. 1709; Codice di Diritto Canonico c. 987

[465] Van Kol “Theologia Moralis”, Editorial Herder, Barcelona , 1968, t. II, p. 217

[466] Tullio Rotondo “Tradimento della sana dottrina attraverso “Amoris Laetitia”” vol. I pp. 259 ss. https://www.tradimentodellasanadottrina.it/

[467] L. Chiappetta “Il Codice di Diritto Canonico” EDB, Bologna, 2011 vol. I pp.100s  nn. 595.607

[468]Wernz  “Ius canonicum / auctore P. Francisco Xav. Wernz S.J. ad codicis normam exactum opera Petri Vidal S.J.”, Romae, apud aedes Universitatis Gregorianae, 1938 T. I , pp. 467s

[469] Giovanni Paolo II “Discorso agli Officiali e Avvocati del Tribunale della Rota Romana per l’inaugurazione dell’anno giudiziario”  del 21.1.2000 , www.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/2000/jan-mar/documents/hf_jp-ii_spe_20000121_rota-romana.html

[470]  Super Sent., lib. 3 d. 37 q. 1 a. 4; I-II q. 100 a. 8; Quodlibet 4, a. 8

[471]  I-II q. 100 a. 8 ad 2 “Somma Teologica” , traduzione tratta dall’ edizione online, Edizioni Studio Domenicano,  https://www.edizionistudiodomenicano.it/Docs/Sfogliabili/La_Somma_Teologica_Seconda_Parte/index.html#993/z

[472]S. Alfonso M. de Liguori “Istruzione e pratica pei confessori”, in “Opere di S. Alfonso Maria de Liguori”, Pier Giacinto Marietti,Torino 1880 , Vol. IX, p. 54 ss , www.intratext.com, http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PWL.HTM#$6Y9

[473]  J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis .” Marietti, 1956, vol. I p. 145s

[474] Heinrich Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003, n. 1536, Aa. Vv.. Decisioni dei Concili Ecumenici (Classici della religione) (Italian Edition) (posizione nel Kindle 8448ss). UTET. Edizione del Kindle, ; * * “La norma morale di «Humanae vitae» e il compito pastorale” L’Osservatore Romano, 16 febbraio 1989, p. 1 , www.vatican.va , http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19890216_norma-morale_it.html ;  VS, n. 52. 81. Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2072

[475]VS n. 13, 52, 67, 99, 102;  ** “La norma morale di «Humanae vitae»
e il compito pastorale” L’Osservatore Romano, 16 febbraio 1989, p. 1, www.vatican.va ,  http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19890216_norma-morale_it.html  ;  S. Tommaso d’ Aquino in Super Sent., lib. 3 d. 25 q. 2 a. 1 qc. 2 ad 3; I-II, q. 72 a. 6 ad 2; II-II q. 33 a. 2 in c.; De malo, q. 7 a. 1 ad 8 ; Super Rom. c. 13, l. 2; Super Gal., c.6, l.1

[476]Introduzione del cardinale Joseph Ratzinger al numero 17 della Collana “Documenti e Studi”, diretta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, “Sulla pastorale dei divorziati risposati”, LEV, Città del Vaticano 1998, p. 20-29. www.vatican.va http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19980101_ratzinger-comm-divorced_it.html#_ftn1

[477]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[478] T. Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.” 1,c e d www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[479]“Appello alla preghiera perché il Papa confermi l’insegnamento (e la prassi) costante della Chiesa sulla indissolubilità del matrimonio” Chiesa e post concilio http://chiesaepostconcilio.blogspot.com 18-1-2017  http://chiesaepostconcilio.blogspot.com http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2017/01/appello-alla-preghiera-perche-il-papa.html

[480] Si veda ciò che ho detto a riguardo in T. Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.” 1,c e d  www.tradimentodellasanadottrina.it https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/#d_Un_errore_radicale_di_Papa_Francesco_Dio_puo_chiedere_ad_alcuni_di_agire_gravemente_contro_i_comandi_negativi_della_Legge_divina_sue_ripercussioni_sull_invalidita_delle_Confessioni_e_sul_discernimento

[481] S. Tommaso “In decem libros Ethicorum Aristotelis ad Nicomachum Expositio”, Marietti, To r i n o – R o m a 1964,  lib. V n. 1081; Angel Rodríguez Luño “La virtù dell’epicheia. Teoria, storia e applicazione (I). Dalla Grecia classica fino a F. Suárez*” Acta Philosophica vol. 6 (1997), fasc. 2 – pp. 206

[482] Angel Rodríguez Luño “La virtù dell’epicheia. Teoria, storia e applicazione (I). Dalla Grecia classica fino a F. Suárez*” Acta Philosophica vol. 6 (1997), fasc. 2 – p. 215 s

[483]  Super Sent., lib. 3 d. 25 q. 2 a. 1 qc. 2 ad 3; I-II, q. 72 a. 6 ad 2; II-II q. 33 a. 2 in c.; De malo, q. 7 a. 1 ad 8 ; Super Rom. c. 13, l. 2; Super Gal, c.6, l.1

[484]Citiamo il testo latino del Gaetano che si trova in s. Thomae Aquinatis “Secunda secundae Summae Theologiae … cum commentariis Thomae De Vio Caietiani” in “S. Thomae Aquinatis Opera Omnia” V. IX Typographia Poliglotta S.C. De Propaganda Fide, Roma 1891, commento a II-II q. 120 a. 1, p. 469 https://archive.org/details/operaomniaiussui09thom/page/ii/mode/2up?view=theater

[485]S. Alphonsi Mariae de Ligorio: “Theologia Moralis” Typis Polyglottis Vaticanis MCCCCIX, Editio photomechanica. Sumptibus CssR, Romae, 1953, t. I, l.I, t. II, c. IV, d. IV, n. 201 p. 182

[486]  J. Aertnys, C. A. Damen “Theologia Moralis …” Marietti, 1956, vol. I p. 141s

[487]Wernz “Ius canonicum / auctore P. Francisco Xav. Wernz S.J. ad codicis normam exactum opera Petri Vidal S.J.”, Romae, apud aedes Universitatis Gregorianae, 1938 T. I, pp. 71s

[488]“Introduzione” in  Congregazione per la Dottrina della Fede, “Sulla pastorale dei divorziati risposati”, LEV, Città del Vaticano 1998, p. 20-29, www.vatican.va , http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19980101_ratzinger-comm-divorced_it.html#_ftn1

[489]G. L. Müller : “ Indissolubilità del matrimonio e dibattito sui divorziati risposati e i Sacramenti” L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 243, Merc. 23/10/2013, www.vatican.va, http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/muller/rc_con_cfaith_20131023_divorziati-risposati-sacramenti_it.html

[490]C. Ruini “Ruini: la comunione ai divorziati risposati non è possibile. Il magistero è chiaro e non modificabile”, Il Timone, 13 ottobre 2014 http://www.iltimone.org/news-timone/ruini-la-comunione-ai-divorziati-risposati-non-pos/

[491] Si veda ciò che ho detto a riguardo in T. Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.” 1,d  www.tradimentodellasanadottrina.it https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/#d_Un_errore_radicale_di_Papa_Francesco_Dio_puo_chiedere_ad_alcuni_di_agire_gravemente_contro_i_comandi_negativi_della_Legge_divina_sue_ripercussioni_sull_invalidita_delle_Confessioni_e_sul_discernimento

[492] S. Agostino “Commento al Vangelo di Giovanni” Omelia 75,5, traduzione tratta dal sito www.augustinus.it  che pubblica online le opere dell’editrice Città Nuova https://www.augustinus.it/italiano/commento_vsg/index2.htm

[493] De decem praeceptis, proemium http://www.corpusthomisticum.org/cac.html

[494]“Appello alla preghiera perché il Papa confermi l’insegnamento (e la prassi) costante della Chiesa sulla indissolubilità del matrimonio” Chiesa e post concilio  chiesaepostconcilio.blogspot.com 18-1-2017 http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2017/01/appello-alla-preghiera-perche-il-papa.html

[495]  “Dichiarazione di Fedeltà all’insegnamento immutabile della Chiesa” http://www.supplicafiliale.org/ (ultimo accesso maggio 2018); https://www.facebook.com/dichiarazionefedelta/posts/758619864277535?__tn__=K-R (ultimo accesso 7-4-2020); https://lucediverit.wordpress.com/2020/04/07/dichiarazione-di-fedelta-allinsegnamento-immutabile-della-chiesa-sul-matrimonio-e-alla-sua-ininterrotta-disciplina/

[496]Congregazione per la Dottrina della Fede, “Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica circa la recezione della Comunione Eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati”, 14 settembre 1994, nn. 3-4 www.vatican.va

http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_14091994_rec-holy-comm-by-divorced_it.html

[497]Congregazione per la Dottrina della Fede, “Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica circa la recezione della Comunione Eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati”, 14 settembre 1994, nn. 3-4 www.vatican.va

http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_14091994_rec-holy-comm-by-divorced_it.html

[498]Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi , “Dichiarazione circa l’ammissibilità alla Santa Comunione dei divorziati risposati”, 24 giugno 2000, n. 1 www.vatican.va https://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/intrptxt/documents/rc_pc_intrptxt_doc_20000706_declaration_it.html

[499]Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, “Circolare sulla Penitenza”, 20 marzo 2000, n. 9  www.vatican.va       https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccdds/documents/rc_con_ccdds_doc_20000630_circolare-sulla-penitenza%20_en.html

[500]“La Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità” (1 Tim 3, 15) Dichiarazione sulle verità riguardanti alcuni degli errori più comuni nella vita della Chiesa nel nostro tempo, https://www.corrispondenzaromana.it/nota-esplicativa-alla-dichiarazione-sulle-verita-riguardanti-alcuni-degli-errori-piu-comuni-nella-vita-della-chiesa-nel-nostro-tempo-nel-nostro-tempo-la-chiesa-sta-vivendo-una-del/

[501]Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi , “Dichiarazione circa l’ammissibilità alla Santa Comunione dei divorziati risposati”, 24 giugno 2000, n. 1 www.vatican.va https://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/intrptxt/documents/rc_pc_intrptxt_doc_20000706_declaration_it.html

[502]Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi , “Dichiarazione circa l’ammissibilità alla Santa Comunione dei divorziati risposati”, 24 giugno 2000, n. 1  www.vatican.va https://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/intrptxt/documents/rc_pc_intrptxt_doc_20000706_declaration_it.html

[503]  “Dichiarazione di Fedeltà all’insegnamento immutabile della Chiesa” http://www.supplicafiliale.org/ (ultimo accesso maggio 2018); https://www.facebook.com/dichiarazionefedelta/posts/758619864277535?__tn__=K-R (ultimo accesso 7-4-2020); https://lucediverit.wordpress.com/2020/04/07/dichiarazione-di-fedelta-allinsegnamento-immutabile-della-chiesa-sul-matrimonio-e-alla-sua-ininterrotta-disciplina/

[504]  “Dichiarazione di Fedeltà all’insegnamento immutabile della Chiesa” http://www.supplicafiliale.org/ (ultimo accesso maggio 2018); https://www.facebook.com/dichiarazionefedelta/posts/758619864277535?__tn__=K-R (ultimo accesso 7-4-2020); https://lucediverit.wordpress.com/2020/04/07/dichiarazione-di-fedelta-allinsegnamento-immutabile-della-chiesa-sul-matrimonio-e-alla-sua-ininterrotta-disciplina/

[505]“La Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità” (1 Tim 3, 15) Dichiarazione sulle verità riguardanti alcuni degli errori più comuni nella vita della Chiesa nel nostro tempo, www.corrispondenzaromana.it , 10 Giugno 2019,  https://www.corrispondenzaromana.it/nota-esplicativa-alla-dichiarazione-sulle-verita-riguardanti-alcuni-degli-errori-piu-comuni-nella-vita-della-chiesa-nel-nostro-tempo-nel-nostro-tempo-la-chiesa-sta-vivendo-una-del/

[506] Tullio Rotondo: “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Con-fessioni invalide e sacrileghe.”1,f www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[507] Tullio Rotondo: “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Con-fessioni invalide e sacrileghe.”1,c www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[508] Tullio Rotondo: “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Con-fessioni invalide e sacrileghe.”1,e www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[509] Tullio Rotondo: “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Con-fessioni invalide e sacrileghe.”1,e www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[510] T. Rotondo: “Tradimento della sana dottrina attraverso “Amoris Laetitia”2022, Ed. Youcanprint, vol.I  pp. 405 ss.

[511] Tullio Rotondo: “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Con-fessioni invalide e sacrileghe.” www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[512]Marco Tosatti, “Sinodo: come lo manovro…”, La Stampa, I blog di La Stampa, 21 settembre 2014
https://www.lastampa.it/blogs/2014/09/21/news/sinodo-come-lo-manovro-1.37276215 il testo può essere consultato a questo indirizzo https://web.archive.org/web/20220411042650/https://www.lastampa.it/blogs/2014/09/21/news/sinodo-come-lo-manovro-1.37276215

[513]Lorenzo Bertocchi “Kasper: Divorziati risposati, il Papa ha aperto la porta”, La Nuova Bussola Quotidiana 26-04-2016 http://lanuovabq.it/it/kasper-divorziati-risposati-il-papa-ha-aperto-la-porta#.Vzcm7XRyzqA

[514]La Fede Quotidiana “Un vescovo austriaco: “La comunione ai divorziati risposati è una pratica irreversibile”, La Fede Quotidiana 11-1-2017  http://www.lafedequotidiana.it/un-vescovo-austriaco-la-comunione-ai-divorziati-risposati-pratica-irreversibile/

[515] Card. A. Vallini ““La letizia dell’amore”: il cammino delle famiglie a Roma.” 19 settembre 2016 www.romasette.it  http://www.romasette.it/wp-content/uploads/Relazione2016ConvegnoDiocesano.pdf

[516] Conferenza Episcopale dell’ Emilia Romagna “Indicazioni sul capitolo VIII dell’Amoris Laetitia  . Accompagnare, discernere, integrare le tre parole chiave.” 15 gennaio 2018 www.unavox.it http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2382_Notizia_%20Amoris_laetitia_in_Emilia_Romagna.html#DOCUMENTO

[517] Lluís Martínez Sistach “Come applicare l’ Amoris Laetitia”ed. LEV, Città del Vaticano, 2017, pagg. 57 e 62

[518] B. Cupich, “Pope Francis’ Revolution of Mercy: Amoris Laetitia as a New Paradigm of Catholicity”, La Stampa, 9-2-2018   https://www.lastampa.it/vatican-insider/en/2018/02/09/news/pope-francis-revolution-of-mercy-amoris-laetitia-as-a-new-paradigm-of-catholicity-1.33978121 ; Sabino Paciolla “Card. Cupich: “non è nostro indirizzo negare la Santa Comunione agli sposati legati da matrimonio omosessuale”,  10.10.2018 www.sabinopaciolla.com |https://www.sabinopaciolla.com/card-cupich-non-e-nostro-indirizzo-negare-la-santa-comunione-agli-sposati-legati-da-matrimonio-omosessuale/

[519] Tempi.it “Che cosa è a rischio davvero nello scontro sull’Istituto Giovanni Paolo II” Tempi, 2-8-2019 https://www.tempi.it/che-cosa-e-a-rischio-davvero-nello-scontro-sullistituto-giovanni-paolo-ii/ ; Marco Tosatti «Contraccezione un dovere? Intervenga il Papa», La Nuova Bussola Quotidiana, 11-1-2018 https://www.lanuovabq.it/it/contraccezione-un-dovere-intervenga-il-papa; L. Bertocchi: “”Contraccezione? In certi casi un dovere”. Svolta in Vaticano.”, La Nuova Bussola Quotidiana 10.1.2018 https://lanuovabq.it/it/contraccezione-in-certi-casi-un-dovere-svolta-in-vaticano; M. Chiodi “Rileggere “Humanae vitae” alla luce di “Amoris laetitia” 28.1.2018 magister.blogautore.espresso.repubblica.it, http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2018/01/28/rileggere-humanae-vitae-alla-luce-di-amoris-laetitia/

[520] M. Tosatti, “Confusionis Laetitia, cerimonie di gruppo per concedere la comunione ai divorziati risposati”, La Nuova Bussola Quotidiana 16-06-2017  http://www.lanuovabq.it/it/confusionis-laetitia-cerimonie-di-gruppoper-concedere-la-comunione-ai-divorziati-risposati

[521]Annarosa Rossetto “Cardinale portoghese consente a cattolici divorziati e “risposati” di ricevere la Comunione.” www.sabinopaciolla.com 7.2.2020 https://www.sabinopaciolla.com/cardinale-portoghese-consente-a-cattolici-divorziati-e-risposati-di-ricevere-la-comunione/

[522]Cfr. Permanent Council of the German Bishops’ Conference “The joy of love experienced by families is also the joy of the Church” 23.1.2017 katholisch-in-lutherstadt.de  https://www.katholisch-in-lutherstadt.de/fileadmin/redaktion/diverse_downloads/dossiers_2017/2017-ENG_Statement-by-the-German-Bishops-Amoris-laetitia.pdf ; traduzione italiana Conferenza Episcopale Tedesca “La gioia dell’amore vissuto nelle famiglie è anche il giubilo della Chiesa” 23.1.2017,   www.jesidiocesi.it, http://www.jesidiocesi.it/download/scuola_teologia/anno_3/sarti/vescovi_tedeschi.pdf ; Conferenza Episcopale Tedesca “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo Risposta della Conferenza Episcopale Tedesca alle domande riguardanti la ricezione e l’approfondimento della Relatio Synodi nel documento di preparazione alla XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo episcopale del 2015” 20.4.2015  www.dbk.de   http://www.dbk.de/fileadmin/redaktion/diverse_downloads/dossiers_2015/2015-Synode-Lineamenta2015-Antworten-ital.pdf ; La Nuova Bussola Quotidiana “Cardinal Marx apre alle benedizioni delle coppie gay”, La Nuova Bussola Quotidiana del 6-2-2018 http://www.lanuovabq.it/it/cardinal-marx-apre-alle-benedizioni-delle-coppie-gay ; M. Matzuzzi “Benedizione delle coppie gay? Vescovi Usa contro la chiesa tedesca.” Il Foglio 13 febbraio 2018 https://www.ilfoglio.it/chiesa/2018/02/13/news/benedizione-delle-coppie-gay-vescovi-usa-contro-la-chiesa-tedesca-178491/

[523] Charles Jude Scicluna e Mario Grech “Criteri applicativi di “Amoris laetitia”” traduzione italiana di “Criteria for the Application of Chapter Eight of ‘Amoris laetitia’”, istruzione dei vescovi di Malta e di Gozo ai loro sacerdoti  14 gennaio 2017 chiesa.espresso.repubblica.it , http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351437.html . Testo italiano tratto da “L’Osservatore Romano” del 14 gennaio 2017

[524]Sabino Paciolla “Card. Cupich: “non è nostro indirizzo negare la Santa Comunione agli sposati legati da matrimonio omosessuale”” 10.10.2018 , www.sabinopaciolla.com,   https://www.sabinopaciolla.com/card-cupich-non-e-nostro-indirizzo-negare-la-santa-comunione-agli-sposati-legati-da-matrimonio-omosessuale/

[525]L. Moia “Omosessualità, quale bene nella relazione?”, Avvenire 19-2-2019 https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/abusi-nella-chiesa-4

[526] T. Scandroglio “Hollerich e l’omosessualità, quanti errori dal cardinale.” lanuovabq.it 5.2.2022 https://lanuovabq.it/it/hollerich-e-lomosessualita-quanti-errori-dal-cardinale-1  ;  Andrea Monda e R. Cetera “Una Chiesa povera una Chiesa viva.” https://www.osservatoreromano.va/it/news/2022-10/quo-244/una-chiesa-povera-una-chiesa-viva.html

[527]Mia traduzione da Christa Pongratz-Lippitt, “Cardinal Marx: Pope Francis has pushed open the doors of the church”, National Catholic Reporter 28-10-2014    https://www.ncronline.org/blogs/ncr-today/cardinal-marx-pope-francis-has-pushed-open-doors-church ; La Nuova Bussola Quotidiana “Cardinal Marx apre alle benedizioni delle coppie gay”, La Nuova Bussola Quotidiana del 6-2-2018 http://www.lanuovabq.it/it/cardinal-marx-apre-alle-benedizioni-delle-coppie-gay ; M. Matzuzzi “Benedizione delle coppie gay? Vescovi Usa contro la chiesa tedesca.” Il Foglio 13 febbraio 2018 https://www.ilfoglio.it/chiesa/2018/02/13/news/benedizione-delle-coppie-gay-vescovi-usa-contro-la-chiesa-tedesca-178491/

[528] Ansa.it “Vaticano: vescovo Anversa, ‘chiedo scusa alle coppie gay’” 19.3.2021 www.ansa.it https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2021/03/19/vaticano-vescovo-anversa-chiedo-scusa-alle-coppie-gay_d0bb65a4-c719-48fc-8735-0fef2a884035.html

[529] A. Fumagalli “L’amore possibile. Persone omosessuali e morale cristiana.” Cittadella Editrice 2020 pp. 153 ss.

[530]Adriano, Oliva, “Amours” (Theologie) (French Edition) (p.76). Editions du Cerf. Edizione del Kindle

[531] blog.messainlatino.it “Esclusiva Magister: “Müller scrive a Duka: Fernández va contro la dottrina cattolica, e con lui c’è il papa” blog.messainlatino.it 14.10.2023 https://blog.messainlatino.it/2023/10/esclusiva-magister-muller-scrive-duka.html; V. M. Fernández “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.”Medellin / vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) / pp. 449-468 ; E. Pentin “Exclusive: Archbishop Fernandez Warns Against Bishops Who Think They Can Judge ‘Doctrine of the Holy Father’.” 11.9.2023 www.ncregister.com https://www.ncregister.com/interview/exclusive-archbishop-fernandez-warns-against-bishops-who-think-they-can-judge-doctrine-of-the-holy-father; Dicastero per la Dottrina della Fede, Dichiarazione “Fiducia supplicans” sul senso pastorale delle benedizioni 18.12.2023 press.vatican.va https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2023/12/18/0901/01963.html ; Dicastero per la Dottrina della Fede, Dichiarazione “Dignitas infinita” 2.4.2024 www.vatican.va https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_ddf_doc_20240402_dignitas-infinita_it.html;  Dicastero per la Dottrina della Fede “Risposte del Dicastero a S.E. Mons. Negri” 31.10.2023 www.vatican.va https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_ddf_20231031-documento-mons-negri.html ; Dicastero per la Dottrina della Fede “Risposta a una serie di domande, proposte da S.Em. il Card. Dominik Duka OP, riguardo all’amministrazione dell’Eucaristia ai divorziati che vivono in una nuova unione” www.vatican.va, https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_pro_20230925_risposte-card-duka_it.html ; M. Hickson “Cardinal Müller: Some statements by Pope Francis could be understood as material heresy.” 7.11.2023  https://www.lifesitenews.com/news/exclusive-cardinal-muller-says-francis-has-uttered-material-heresy-but-is-still-the-pope/; traduzione italiana “ Card. Müller: Papa Francesco e la sua promozione dell’”eresia della prassi” 8.11.2023 www.sabinopaciolla.com https://www.sabinopaciolla.com/card-muller-papa-francesco-e-la-sua-promozione-delleresia-della-prassi/

[532] Graziano “Concordantia discordantium Canonum.” Pars I , Distinct.83. canon.Error  http://www.columbia.edu/cu/lweb/digital/collections/cul/texts/ldpd_6029936_001/pages/ldpd_6029936_001_00000205.html?toggle=image&menu=maximize&top=&left= ; testo citato da s. Roberto Bellarmino nelle sue Controversie nella parte relativa ai Concili, libro I n. 14

[533] Graziano “Concordantia discordantium Canonum.” Pars I , Distinct.83. canon.Error  http://www.columbia.edu/cu/lweb/digital/collections/cul/texts/ldpd_6029936_001/pages/ldpd_6029936_001_00000205.html?toggle=image&menu=maximize&top=&left=

[534] Tullio Rotondo: “Tradimento della sana dottrina”  2022- il testo può essere scaricato o letto gratuitamente qui https://www.tradimentodellasanadottrina.it/

[535] Si veda quello che ho detto riguardo a tale articolo in questo testo: Tullio Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.” 5  www.tradimentodellasanadottrina.it   https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/#5_Le_significative_affermazioni_del_Cardinale_McElroy_che_illustrano_chiaramente_cio_che_sta_gia_facendo_Papa_Francesco

[536]«AIUTARE A SMUOVERE LE ACQUE» Papa Francesco in conversazione con i gesuiti in Romania, in La Civiltà Cattolica Quaderno 4056 , Anno 2019, Volume II, pp. pag. 521 – 527, 15 giugno 2019 www.laciviltacattolica.it  https://www.laciviltacattolica.it/articolo/aiutare-a-smuovere-le-acque/

[537]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[538]Emanuela Vinai “Card. Kasper: «Comunione ai divorziati. Spero che a favore ci sia una maggioranza»”, Toscana Oggi, 19-10-2015 https://www.toscanaoggi.it/Vita-Chiesa/Card.-Kasper-Comunione-ai-divorziati.-Spero-che-a-favore-ci-sia-una-maggioranza

[539] Mons. H. Aguer ““Fiducia Supplicans” no debe ser obedecida – Mons. Héctor Aguer” 23.12.2023 centropieper.blogspot.com https://centropieper.blogspot.com/2023/12/fiducia-supplicans-no-debe-ser.html

[540]“«Questi non sai che casino ci combinano». Il retroscena di Forte sui lavori sinodali” Il Timone News 4 maggio 2016    http://www.iltimone.org/news-timone/questi-non-sai-che-casino-ci-combinano-il-retrosce/

[541]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016  https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[542] Papa Francesco, Esort. ap. “Evangelii gaudium”. (24 novembre 2013), 44: AAS 105 (2013), 1038.

[543]  V. M. Fernandez “La dimensión trinitaria de la moral II: profundización del aspecto ético a la luz de “Deus caritas est”” [en línea] Revista Teología Tomo XLIII, Nº 89, 2006 Disponible en: https://repositorio.uca.edu.ar/handle/123456789/7796

[544] V. M. Fernandez “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta” in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) / pp. 449-468

[545]N. 1735.

[546]Cfr ibid., 2352; Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Iura et bona sull’eutanasia (5 maggio 1980), II: AAS 72 (1980), 546. Giovanni Paolo II, criticando la categoria della “opzione fondamentale”, riconosceva che «senza dubbio si possono dare situazioni molto complesse e oscure sotto l’aspetto psicologico, che influiscono sulla imputabilità soggettiva del peccatore» (Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia [2 dicembre 1984], 17: AAS 77 [1985], 223

[547]Cfr Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, “Dichiarazione circa l’ammissibilità alla Santa Comunione dei divorziati risposati”, (24 giugno 2000), 2 www.vatican.va https://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/intrptxt/documents/rc_pc_intrptxt_doc_20000706_declaration_it.html

[548]  “Relazione Finale del Sinodo dei Vescovi al Santo Padre Francesco”, n. 85,  press.vatican.va, 24.10.2015 https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2015/10/24/0816/01825.html

[549]Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione “Iura et Bona” www.vatican.va 5.5.1980 http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19800505_eutanasia_it.html

[550]Giovanni Paolo II Esortazione Apostolica “Reconciliatio et Paenitentia” 2.12.1984 n.17 www.vatican.va https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_02121984_reconciliatio-et-paenitentia.html

[551]Giovanni Paolo II Esortazione Apostolica “Reconciliatio et Paenitentia” 2.12.1984 n.17 www.vatican.va https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_02121984_reconciliatio-et-paenitentia.html

[552] Tullio Rotondo: “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Con-fessioni invalide e sacrileghe.”1,c www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[553] Tullio Rotondo: “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Con-fessioni invalide e sacrileghe.”1,e www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[554] Tullio Rotondo: “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Con-fessioni invalide e sacrileghe.”1,e www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[555] T. Rotondo: “Tradimento della sana dottrina attraverso “Amoris Laetitia”2022, Ed. Youcanprint, vol.I  pp. 405 ss.

[556] Tullio Rotondo: “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Con-fessioni invalide e sacrileghe.” www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[557] B. H. Merkelbach,“Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica 1959, t.1, p. 69

[558]E. Colom e A. Rodríguez Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  pag. 208

[559] Marco Tosatti, “Sinodo: come lo manovro…”, La Stampa, I blog di La Stampa, 21 settembre 2014
https://www.lastampa.it/blogs/2014/09/21/news/sinodo-come-lo-manovro-1.37276215  il testo può essere consultato a questo indirizzo https://web.archive.org/web/20220411042650/https://www.lastampa.it/blogs/2014/09/21/news/sinodo-come-lo-manovro-1.37276215

[560]Papa Francesco, “Carta del santo Padre Francisco a los obispos de la region pastoral de Buenos Aires en respuesta al documento “Criterios basicos para la aplicacion del capitulo VIII  de la Amoris Laetitia” , www.vatican.va ,  http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html

[561]Mons. V. M. Fernandez: “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.” in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) / p. 456

[562]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[563]Lorenzo Bertocchi “Kasper: Divorziati risposati, il Papa ha aperto la porta”, La Nuova Bussola Quotidiana 26-04-2016 http://lanuovabq.it/it/kasper-divorziati-risposati-il-papa-ha-aperto-la-porta#.Vzcm7XRyzqA

[564]La Fede Quotidiana “Un vescovo austriaco: “La comunione ai divorziati risposati è una pratica irreversibile”, La Fede Quotidiana 11-1-2017  http://www.lafedequotidiana.it/un-vescovo-austriaco-la-comunione-ai-divorziati-risposati-pratica-irreversibile/

[565] Card. A. Vallini ““La letizia dell’amore”: il cammino delle famiglie a Roma.” 19 settembre 2016 www.romasette.it  http://www.romasette.it/wp-content/uploads/Relazione2016ConvegnoDiocesano.pdf

[566] Conferenza Episcopale dell’ Emilia Romagna “Indicazioni sul capitolo VIII dell’Amoris Laetitia  . Accompagnare, discernere, integrare le tre parole chiave.” 15 gennaio 2018 www.unavox.it http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2382_Notizia_%20Amoris_laetitia_in_Emilia_Romagna.html#DOCUMENTO

[567] Lluís Martínez Sistach “Come applicare l’ Amoris Laetitia”ed. LEV, Città del Vaticano, 2017, pagg. 57 e 62

[568] B. Cupich, “Pope Francis’ Revolution of Mercy: Amoris Laetitia as a New Paradigm of Catholicity”, La Stampa, 9-2-2018   https://www.lastampa.it/vatican-insider/en/2018/02/09/news/pope-francis-revolution-of-mercy-amoris-laetitia-as-a-new-paradigm-of-catholicity-1.33978121 ; Sabino Paciolla “Card. Cupich: “non è nostro indirizzo negare la Santa Comunione agli sposati legati da matrimonio omosessuale”,  10.10.2018 www.sabinopaciolla.com |https://www.sabinopaciolla.com/card-cupich-non-e-nostro-indirizzo-negare-la-santa-comunione-agli-sposati-legati-da-matrimonio-omosessuale/

[569] Tempi.it “Che cosa è a rischio davvero nello scontro sull’Istituto Giovanni Paolo II” Tempi, 2-8-2019 https://www.tempi.it/che-cosa-e-a-rischio-davvero-nello-scontro-sullistituto-giovanni-paolo-ii/ ; Marco Tosatti «Contraccezione un dovere? Intervenga il Papa», La Nuova Bussola Quotidiana, 11-1-2018 https://www.lanuovabq.it/it/contraccezione-un-dovere-intervenga-il-papa; L. Bertocchi: “”Contraccezione? In certi casi un dovere”. Svolta in Vaticano.”, La Nuova Bussola Quotidiana 10.1.2018 https://lanuovabq.it/it/contraccezione-in-certi-casi-un-dovere-svolta-in-vaticano; M. Chiodi “Rileggere “Humanae vitae” alla luce di “Amoris laetitia” 28.1.2018 magister.blogautore.espresso.repubblica.it, http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2018/01/28/rileggere-humanae-vitae-alla-luce-di-amoris-laetitia/

[570] M. Tosatti, “Confusionis Laetitia, cerimonie di gruppo per concedere la comunione ai divorziati risposati”, La Nuova Bussola Quotidiana 16-06-2017  http://www.lanuovabq.it/it/confusionis-laetitia-cerimonie-di-gruppoper-concedere-la-comunione-ai-divorziati-risposati

[571]Annarosa Rossetto “Cardinale portoghese consente a cattolici divorziati e “risposati” di ricevere la Comunione.” www.sabinopaciolla.com 7.2.2020 https://www.sabinopaciolla.com/cardinale-portoghese-consente-a-cattolici-divorziati-e-risposati-di-ricevere-la-comunione/

[572] Permanent Council of the German Bishops’ Conference “The joy of love experienced by families is also the joy of the Church” 23.1.2017 katholisch-in-lutherstadt.de  https://www.katholisch-in-lutherstadt.de/fileadmin/redaktion/diverse_downloads/dossiers_2017/2017-ENG_Statement-by-the-German-Bishops-Amoris-laetitia.pdf ; traduzione italiana Conferenza Episcopale Tedesca “La gioia dell’amore vissuto nelle famiglie è anche il giubilo della Chiesa” 23.1.2017,   www.jesidiocesi.it, http://www.jesidiocesi.it/download/scuola_teologia/anno_3/sarti/vescovi_tedeschi.pdf ; Conferenza Episcopale Tedesca “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo Risposta della Conferenza Episcopale Tedesca alle domande riguardanti la ricezione e l’approfondimento della Relatio Synodi nel documento di preparazione alla XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo episcopale del 2015” 20.4.2015  www.dbk.de   http://www.dbk.de/fileadmin/redaktion/diverse_downloads/dossiers_2015/2015-Synode-Lineamenta2015-Antworten-ital.pdf ; La Nuova Bussola Quotidiana “Cardinal Marx apre alle benedizioni delle coppie gay”, La Nuova Bussola Quotidiana del 6-2-2018 http://www.lanuovabq.it/it/cardinal-marx-apre-alle-benedizioni-delle-coppie-gay ; M. Matzuzzi “Benedizione delle coppie gay? Vescovi Usa contro la chiesa tedesca.” Il Foglio 13 febbraio 2018 https://www.ilfoglio.it/chiesa/2018/02/13/news/benedizione-delle-coppie-gay-vescovi-usa-contro-la-chiesa-tedesca-178491/

[573] Charles Jude Scicluna e Mario Grech “Criteri applicativi di “Amoris laetitia”” traduzione italiana di “Criteria for the Application of Chapter Eight of ‘Amoris laetitia’”, istruzione dei vescovi di Malta e di Gozo ai loro sacerdoti  14 gennaio 2017 chiesa.espresso.repubblica.it , http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351437.html . Testo italiano tratto da “L’Osservatore Romano” del 14 gennaio 2017

[574]Sabino Paciolla “Card. Cupich: “non è nostro indirizzo negare la Santa Comunione agli sposati legati da matrimonio omosessuale”” 10.10.2018 , www.sabinopaciolla.com,   https://www.sabinopaciolla.com/card-cupich-non-e-nostro-indirizzo-negare-la-santa-comunione-agli-sposati-legati-da-matrimonio-omosessuale/

[575]L. Moia “Omosessualità, quale bene nella relazione?”, Avvenire 19-2-2019 https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/abusi-nella-chiesa-4

[576] T. Scandroglio “Hollerich e l’omosessualità, quanti errori dal cardinale.” lanuovabq.it 5.2.2022 https://lanuovabq.it/it/hollerich-e-lomosessualita-quanti-errori-dal-cardinale-1  ;  Andrea Monda e R. Cetera “Una Chiesa povera una Chiesa viva.” https://www.osservatoreromano.va/it/news/2022-10/quo-244/una-chiesa-povera-una-chiesa-viva.html

[577]Mia traduzione da Christa Pongratz-Lippitt, “Cardinal Marx: Pope Francis has pushed open the doors of the church”, National Catholic Reporter 28-10-2014    https://www.ncronline.org/blogs/ncr-today/cardinal-marx-pope-francis-has-pushed-open-doors-church ; La Nuova Bussola Quotidiana “Cardinal Marx apre alle benedizioni delle coppie gay”, La Nuova Bussola Quotidiana del 6-2-2018 http://www.lanuovabq.it/it/cardinal-marx-apre-alle-benedizioni-delle-coppie-gay ; M. Matzuzzi “Benedizione delle coppie gay? Vescovi Usa contro la chiesa tedesca.” Il Foglio 13 febbraio 2018 https://www.ilfoglio.it/chiesa/2018/02/13/news/benedizione-delle-coppie-gay-vescovi-usa-contro-la-chiesa-tedesca-178491/

[578] Ansa.it “Vaticano: vescovo Anversa, ‘chiedo scusa alle coppie gay’” 19.3.2021 www.ansa.it https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2021/03/19/vaticano-vescovo-anversa-chiedo-scusa-alle-coppie-gay_d0bb65a4-c719-48fc-8735-0fef2a884035.html

[579] A. Fumagalli “L’amore possibile. Persone omosessuali e morale cristiana.” Cittadella Editrice 2020 pp. 153 ss.

[580]Adriano, Oliva, “Amours” (Theologie) (French Edition) (p.76). Editions du Cerf. Edizione del Kindle

[581] blog.messainlatino.it “Esclusiva Magister: “Müller scrive a Duka: Fernández va contro la dottrina cattolica, e con lui c’è il papa” blog.messainlatino.it 14.10.2023 https://blog.messainlatino.it/2023/10/esclusiva-magister-muller-scrive-duka.html; V. M. Fernández “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.”Medellin / vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) / pp. 449-468 ; E. Pentin “Exclusive: Archbishop Fernandez Warns Against Bishops Who Think They Can Judge ‘Doctrine of the Holy Father’.” 11.9.2023 www.ncregister.com https://www.ncregister.com/interview/exclusive-archbishop-fernandez-warns-against-bishops-who-think-they-can-judge-doctrine-of-the-holy-father; Dicastero per la Dottrina della Fede, Dichiarazione “Fiducia supplicans” sul senso pastorale delle benedizioni 18.12.2023 press.vatican.va https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2023/12/18/0901/01963.html ; Dicastero per la Dottrina della Fede, Dichiarazione “Dignitas infinita” 2.4.2024 www.vatican.va https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_ddf_doc_20240402_dignitas-infinita_it.html;  Dicastero per la Dottrina della Fede “Risposte del Dicastero a S.E. Mons. Negri” 31.10.2023 www.vatican.va https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_ddf_20231031-documento-mons-negri.html ; Dicastero per la Dottrina della Fede “Risposta a una serie di domande, proposte da S.Em. il Card. Dominik Duka OP, riguardo all’amministrazione dell’Eucaristia ai divorziati che vivono in una nuova unione” www.vatican.va, https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_pro_20230925_risposte-card-duka_it.html ; M. Hickson “Cardinal Müller: Some statements by Pope Francis could be understood as material heresy.” 7.11.2023  https://www.lifesitenews.com/news/exclusive-cardinal-muller-says-francis-has-uttered-material-heresy-but-is-still-the-pope/; traduzione italiana “ Card. Müller: Papa Francesco e la sua promozione dell’”eresia della prassi” 8.11.2023 www.sabinopaciolla.com https://www.sabinopaciolla.com/card-muller-papa-francesco-e-la-sua-promozione-delleresia-della-prassi/

[582] Tullio Rotondo: “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Con-fessioni invalide e sacrileghe.”1,d www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[583] Tullio Rotondo: “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Con-fessioni invalide e sacrileghe.” www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[584]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016  https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[585] Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio (22 novembre 1981), 33: AAS 74 (1982), 121 www.vatican.va https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_19811122_familiaris-consortio.html

[586] Tullio Rotondo: “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Con-fessioni invalide e sacrileghe.”1,c www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[587] Tullio Rotondo: “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Con-fessioni invalide e sacrileghe.”1,e www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[588] Tullio Rotondo: “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Con-fessioni invalide e sacrileghe.”1,e www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[589] T. Rotondo: “Tradimento della sana dottrina attraverso “Amoris Laetitia”2022, Ed. Youcanprint, vol.I  pp. 405 ss.

[590] Tullio Rotondo: “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Con-fessioni invalide e sacrileghe.” www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[591] Giulio Meiattini, “Amoris laetitia. I sacramenti ridotti a morale”, Ed. La Fontana di Siloe, 2019, 2a edizione, p. 35

[592] Marco Tosatti, “Sinodo: come lo manovro…”, La Stampa, I blog di La Stampa, 21 settembre 2014
https://www.lastampa.it/blogs/2014/09/21/news/sinodo-come-lo-manovro-1.37276215  il testo può essere consultato a questo indirizzo https://web.archive.org/web/20220411042650/https://www.lastampa.it/blogs/2014/09/21/news/sinodo-come-lo-manovro-1.37276215

[593] Charles Jude Scicluna e Mario Grech “Criteri applicativi di “Amoris laetitia”” traduzione italiana di “Criteria for the Application of Chapter Eight of ‘Amoris laetitia’”, istruzione dei vescovi di Malta e di Gozo ai loro sacerdoti  14 gennaio 2017 chiesa.espresso.repubblica.it , http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351437.html . Testo italiano tratto da “L’Osservatore Romano” del 14 gennaio 2017

[594]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[595]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[596]L. Moia “Omosessualità, quale bene nella relazione?”, Avvenire 19-2-2019 https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/abusi-nella-chiesa-4

[597]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[598] Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione tratta da questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016  https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[599]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[600] Catechismo Romano, 1, 5, 11: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 64; cf Eb 12,3

[601]“Catechismo tridentino” Catechismo ad uso dei parroci, pubblicato dal Papa S. Pio V per Decreto del Concilio di Trento. Traduzione italiana a cura del P. Tito S. Centi OP, Edizioni Cantagalli, Siena, 1981. n. 62  https://www.maranatha.it/catrident/30page.htm

[602] A. Braccini “Scola: «Il peccato è un’offesa a Dio e una ferita alla Chiesa”  www.chiesadimilano.it 6.6.2016 https://www.chiesadimilano.it/news/chiesa-diocesi/scola-il-peccato-e-unoffesa-a-dio-e-una-ferita-alla-chiesa-71545.html

[603] Tullio Rotondo: “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Con-fessioni invalide e sacrileghe.” www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[604] Tullio Rotondo: “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Con-fessioni invalide e sacrileghe.” 1,d www.tradimentodellasanadottrina https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/#d_Un_errore_radicale_di_Papa_Francesco_Dio_puo_chiedere_ad_alcuni_di_agire_gravemente_contro_i_comandi_negativi_della_Legge_divina_sue_ripercussioni_sull_invalidita_delle_Confessioni_e_sul_discernimento

[605] Giovanni Paolo II, Esort. ap. “Familiaris consortio2 (22 novembre 1981), 33: AAS 74 (1982), 121. www.vatican.va  22.11.1981  http://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_19811122_familiaris-consortio.html

[606] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 80

[607] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 83

[608] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 84

[609]  Iª-IIae q. 6 a. 8 co.;  B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 84

[610] E. F. Regatillo, M. Zalba “Theologiae moralis summa” BAC 1952 vol. I p. 108s

[611]  Iª-IIae q. 6 a. 8 co.; B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 84

[612] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 81

[613] B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 81

[614]  B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 82s

[615] Regatillo Zalba “Theologiae moralis summa” BAC 1952 vol. I p. 105;  B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 81

[616] E. Colom e A. Rodríguez-Luño:“Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003, alla p. 363

[617] E. Colom e A. Rodríguez-Luño:“Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003, alla p. 363s

[618] E. Colom e A. Rodríguez-Luño:“Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003, alla p. 364

[619] I-II q. 76 a. 2 traduzione tratta dall’edizione della Somma Teologica in CD Rom del 2001, curata da ESD cioè Editrice Studio Domenicano.

[620] S. Alphonsi Mariae de Ligorio: “Theologia moralis” Romae, Typis Polyglottis Vaticanis MCCCCIX, Editio photomechanica. Sumptibus CssR,1953, t. I p. 147

[621]  B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 82s

[622]  B. H. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis” Desclee de Brouwer, Brugis-Belgica, 1959, t. 1 p. 82s

[623] Colom e Rodríguez-Luño :“Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003, alla p. 364

[624] Regatillo, Zalba “Theologiae moralis summa” BAC 1952 vol. I p. 105

[625] Giovanni Paolo II, Esort. ap. “Familiaris consortio2 (22 novembre 1981), 33: AAS 74 (1982), 121. www.vatican.va  22.11.1981  http://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_19811122_familiaris-consortio.html

[626] “Collationes in decem praeceptis”, a. 1; IIª-IIae q. 24 a. 12 co.

[627]   Heinrich Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003  nn. 373-380

[628]   Heinrich Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003  nn. 1521ss

[629]   Heinrich Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003  nn. 1530s

[630]  Heinrich Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hunermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003 n.1536  e 1568

[631] Cf Rm 3,22.

[632] “… fides nihil aliud est, quam participatio sive adhaesio veritati. Ipse autem est ipsa veritas, quae negare se non potest.” Super II Tim. c. 2 l.2.

[633] Super Sent. III d. 36 q.1 a.2 in c. “Respondeo dicendum, quod virtutes gratuitae, quantum ad id quod essentialiter se habet ad virtutem, connexionem habent; quantum autem ad id quod accidit virtuti inquantum est virtus, quamvis forte non accidat ei inquantum est talis virtus, non oportet connexionem esse. Ratio autem connexionis ex tribus sumi potest. Primo ex caritate, quae est forma virtutum, cum qua omnes virtutes simul infunduntur. Secundo ex gratia, quae est quasi totum potentiale ad virtutes, ex qua quodammodo fluunt virtutes, sicut ex essentia animae potentiae. Unde sicut omnes potentiae sunt simul, inquantum connectuntur in essentia; ita omnes virtutes gratuitae sunt simul, inquantum connectuntur in gratia. Tertio ex ipsa justitia generali, qua justificatur impius, quae nihil imperfectum relinquit: quia impium est a Deo dimidiam sperare salutem, ut sancti dicunt. Unde cum quis justificatur, omnes virtutes ei simul infunduntur.” S. Th. I-II q. 65 a. 3 in c. “Respondeo dicendum quod cum caritate simul infunduntur omnes virtutes morales. Cuius ratio est quia Deus non minus perfecte operatur in operibus gratiae, quam in operibus naturae. Sic autem videmus in operibus naturae, quod non invenitur principium aliquorum operum in aliqua re, quin inveniantur in ea quae sunt necessaria ad huiusmodi opera perficienda, sicut in animalibus inveniuntur organa quibus perfici possunt opera ad quae peragenda anima habet potestatem. Manifestum est autem quod caritas, inquantum ordinat hominem ad finem ultimum, est principium omnium bonorum operum quae in finem ultimum ordinari possunt. Unde oportet quod cum caritate simul infundantur omnes virtutes morales, quibus homo perficit singula genera bonorum operum. Et sic patet quod virtutes morales infusae non solum habent connexionem propter prudentiam; sed etiam propter caritatem. Et quod qui amittit caritatem per peccatum mortale, amittit omnes virtutes morales infusas.”

[634]A. Royo Marin “Teologia de la perfezione cristiana” Edizioni Paoline 1987 p. 566

[635]A. Royo Marin “Teologia de la perfezione cristiana” Edizioni Paoline 1987 p. 577

[636]San Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 2, a. 9, c: Ed. Leon. 8, 37;  Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c. 3 in  Heinrich Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003  nn. 3010

[637]Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c. 3, in Heinrich Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003  n. 3008

[638]San Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 171, a. 5, ad 3: Ed. Leon. 10, 373

[639]I q. 12 a. 7 ad 1m, traduzione tratta dalla  edizione della Somma Teologica in CD Rom del 2001, curata da ESD cioè Editrice Studio Domenicano

[640]I q. 12 a. 7 in c.,  traduzione tratta dalla  edizione della Somma Teologica in CD Rom del 2001, curata da ESD cioè Editrice Studio Domenicano

[641]I q. 12 a. 7 ad 1m, traduzione tratta dalla  edizione della Somma Teologica in CD Rom del 2001, curata da ESD cioè Editrice Studio Domenicano

[642] II-II q. 2 a.1, traduzione tratta dalla  edizione della Somma Teologica in CD Rom del 2001, curata da ESD cioè Editrice Studio Domenicano)

[643] II-II q. 2 a. 3, traduzione tratta dalla  edizione della Somma Teologica in CD Rom del 2001, curata da ESD cioè Editrice Studio Domenicano)

[644] I-II q. 4 a. 3 ad 1m, traduzione tratta dalla edizione della Somma Teologica in CD Rom del 2001, curata da ESD La cioè Editrice Studio Domenicano

[645] “Comprensione” in “Vocabolario on line” www.treccani.it  https://www.treccani.it/vocabolario/comprensione/

[646] “Comprendere” in “Vocabolario on line” ” www.treccani.it  https://www.treccani.it/vocabolario/comprendere/

[647] Papa Francesco Lett. Enc. “Lumen Fidei”” 29.6.2013 www.vatican.va https://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20130629_enciclica-lumen-fidei.html

[648] Papa Francesco Lett. Enc. “Lumen Fidei”” 29.6.2013 www.vatican.va https://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20130629_enciclica-lumen-fidei.html

[649] Papa Francesco Lett. Enc. “Lumen Fidei”” 29.6.2013 www.vatican.va https://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20130629_enciclica-lumen-fidei.html

[650] Papa Francesco Lett. Enc. “Lumen Fidei”” 29.6.2013 n. 38 www.vatican.va https://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20130629_enciclica-lumen-fidei.html

[651] Papa Francesco Lett. Enc. “Lumen Fidei”” 29.6.2013 n. 51 www.vatican.va https://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20130629_enciclica-lumen-fidei.html

[652] Sant’Anselmo d’Aosta, Proslogion, Prooemium: Opera omnia, ed. F.S. Schmitt, v. 1 (Edimburgo 1946) p. 94

[653] Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum, 5: AAS 58 (1966) 819   www.vatican.va 18.11. 1965 https://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19651118_dei-verbum_it.html

[654] Sant’Agostino, Sermo 43, 7, 9: CCL 41, 512 (PL 38, 258).

[655] Super Sent., lib. 1 d. 48 q. 1 a. 4 expos. “Ad quod dicendum, quod hoc tenet in eis quae naturali cognitione cognoscimus, quae ex sensu principium sumit; sed in his quae per fidem cognoscimus, nostra cognitio ipsi veritati primae innititur. Unde oportet quod a prima veritate, quae est Deus, in ea quae ab ipso sunt procedamus, ad similitudinem cognitionis quam sancti in verbo habebunt, ubi et verbum et res plene cognoscent: cujus cognitionis nos participes faciat ipsum verbum Dei filius, qui hanc cognitionem in nobis per fidem initiavit; cui est honor et gloria per infinita saecula saeculorum. Amen.”

[656]  I-II, q. 110 a. 4 co. “ Sicut enim per potentiam intellectivam homo participat cognitionem divinam per virtutem fidei; et secundum potentiam voluntatis amorem divinum, per virtutem caritatis; ita etiam per naturam animae participat, secundum quandam similitudinem, naturam divinam, per quandam regenerationem sive recreationem.”

[657] “Comprensione” in “Vocabolario on line” www.treccani.it  https://www.treccani.it/vocabolario/comprensione/

[658]Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruz. sulla vocazione ecclesiale del teologo “Donum veritatis” (24 maggio 1990), 16 www.vatican.va http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19900524_theologian-vocation_it.html

[659]S. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica “Veritatis Splendor”, del 6 agosto 1993, n. 110, www.vatican.va http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_06081993_veritatis-splendor.html

[660]Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruz. sulla vocazione ecclesiale del teologo “Donum veritatis” (24 maggio 1990), 16 www.vatican.va http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19900524_theologian-vocation_it.html

[661]Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruz. sulla vocazione ecclesiale del teologo “Donum veritatis” (24 maggio 1990), 16 www.vatican.va http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19900524_theologian-vocation_it.html

[662] Giovanni Paolo II, Esort. ap. “Familiaris consortio” (22 novembre 1981), 33: AAS 74 (1982), 121. www.vatican.va  22.11.1981  http://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_19811122_familiaris-consortio.html

[663] Giovanni Paolo II, Esort. ap. “Familiaris consortio” (22 novembre 1981), 33: AAS 74 (1982), 121. www.vatican.va  22.11.1981  http://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_19811122_familiaris-consortio.html

[664]  M. Pakaluk “Ethicist says ghostwriter’s role in ‘Amoris’ is troubling” Crux 16.1.2017  cruxnow.com https://cruxnow.com/commentary/2017/01/ethicist-says-ghostwriters-role-amoris-troubling/ ; S. Magister , “”Amoris laetitia” ha un autore ombra. Si chiama Víctor Manuel Fernández” chiesa.espresso.repubblica.it http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351303.html

[665] V. M. Fernandez “La dimensión trinitaria de la moral II: profundización del aspecto ético a la luz de “Deus caritas est” in Revista Teología Tomo XLIII, Nº 89, 2006

[666] B. Kiely, “La Veritatis Splendor y la moralidad personal”, en Del Pozo Abejon (ed.), “Comentarios a la “Veritatis Splendor””, Madrid, 1994, p. 737.

[667]G. Irrazàbal, “La ley de la gradualidad como cambio de paradigma”, en Moralia 102/103 (2004) 173.

[668] Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio (22 novembre 1981), 33: AAS 74 (1982), 121. www.vatican.va    http://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_19811122_familiaris-consortio.html

[669]G. Irrazàbal, “La ley de la gradualidad como cambio de paradigma”, en Moralia 102/103 (2004).

[670]G. Irrazàbal, “La ley de la gradualidad como cambio de paradigma”, en Moralia 102/103 (2004) 171.

[671]G. Irrazàbal, “La ley de la gradualidad como cambio de paradigma”, en Moralia 102/103 (2004) 171.

[672] V. M. Fernández , “Vida trinitaria, normas éticas y fragilidad humana. Algunas breves precisiones”  [en línea]. Universitas, 6 (2011) p. 64 Disponible en: https://repositorio.uca.edu.ar/handle/123456789/7827  , consultazione del 15.10.2020

[673]V. M. Fernandez “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.” in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) , http://documental.celam.org/medellin/index.php/medellin/article/view/182

[674] V. M. Fernandez “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.” in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) p. 455s

[675] V. M. Fernandez “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.” in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) p. 455s

[676] V. M. Fernandez “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.” in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) p. 451s

[677] S. Alphonsi Mariae de Ligorio: “Theologia moralis” t. II , Romae, Typis Polyglottis Vaticanis MCCCCVII, cura et studio Leonardi Gaudé, l. V n.3 p. 706

[678]E. Colom e A. Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  p. 212

[679]E. Colom e A. Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  p. 213

[680]E. Colom e A. Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  p. 212

[681]E. Colom e A. Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  p. 212

[682]E. Colom e A. Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  p. 213

[683]E. Colom e A. Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  p. 212

[684]E. Colom e A. Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  p. 212

[685]E. Colom e A. Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  p. 213

[686]E. Colom e A. Rodríguez-Luño, “Scelti in Cristo per essere santi.”, Ed. Edusc 2003,  p. 212

[687]S. Alfonso M. de’ Liguori “Istruzione e pratica del confessore” “Opere di S. Alfonso Maria de Liguori”, Pier Giacinto Marietti, Vol. IX, Torino 1880, pagg. 66ss http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PWP.HTM#-70V

[688]Congregazione per la Dottrina della Fede, “Dichiarazione sull’aborto procurato” del 18.11.1974 www.vatican.va http://www.vatican.va/roman_curia//congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19741118_declaration-abortion_it.html

[689] “Comprensione” in “Vocabolario on line” www.treccani.it  https://www.treccani.it/vocabolario/comprensione/

[690] V. M. Fernandez “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.” in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) p. 455s

[691] “Comprendere” in “Vocabolario on line” ” www.treccani.it  https://www.treccani.it/vocabolario/comprendere/

[692]L. Moia “Omosessualità, quale bene nella relazione?”, Avvenire 19-2-2019 https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/abusi-nella-chiesa-4

[693] V. M. Fernandez “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.” in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) p. 455s

[694]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[695]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[696]S. Alfonso M. de Liguori, “Apparecchio alla morte” in  “Opere ascetiche”  Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1965 Vol. IX, p. 205s  http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_P3Z.HTM#$X9

[697] Amoris Laetitia n. 295 e 301

[698] Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio (22 novembre 1981), 33: AAS 74 (1982), 121. www.vatican.va  22.11.1981  http://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_19811122_familiaris-consortio.html

[699] Amoris Laetitia n. 295 e 301

[700] Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio (22 novembre 1981), 33: AAS 74 (1982), 121. www.vatican.va  22.11.1981  http://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_19811122_familiaris-consortio.html

[701]I q. 12 a. 7 ad 1m traduzione tratta dalla  edizione della Somma Teologica in CD Rom del 2001, curata da ESD cioè Editrice Studio Domenicano

[702]I q. 12 a. 7 in c.  traduzione tratta dalla  edizione della Somma Teologica in CD Rom del 2001, curata da ESD cioè Editrice Studio Domenicano

[703]I q. 12 a. 7 in c. traduzione tratta dalla  edizione della Somma Teologica in CD Rom del 2001, curata da ESD cioè Editrice Studio Domenicano

[704] “Comprensione” in “Vocabolario on line” www.treccani.it  https://www.treccani.it/vocabolario/comprensione/

[705] “Comprendere” in “Vocabolario on line”  www.treccani.it  https://www.treccani.it/vocabolario/comprendere/

[706] “Comprendere” in “Vocabolario on line”  www.treccani.it  https://www.treccani.it/vocabolario/comprendere/

[707] “Comprendere” in “Vocabolario on line”  www.treccani.it  https://www.treccani.it/vocabolario/comprendere/

[708]S. Alfonso Maria de Liguori “Selva di materie predicabili ed istruttive” in «Opere di S. Alfonso Maria de Liguori», Pier Giacinto Marietti, Vol. III, p. 45, Torino 1880   http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_P2Z8.HTM#15P

[709] Mons. H. Aguer ““Fiducia Supplicans” no debe ser obedecida – Mons. Héctor Aguer” 23.12.2023 centropieper.blogspot.com https://centropieper.blogspot.com/2023/12/fiducia-supplicans-no-debe-ser.html

[710]Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruz. sulla vocazione ecclesiale del teologo “Donum veritatis” (24 maggio 1990), 16 www.vatican.va http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19900524_theologian-vocation_it.html

[711]Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruz. sulla vocazione ecclesiale del teologo “Donum veritatis” (24 maggio 1990), 16 www.vatican.va http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19900524_theologian-vocation_it.html

[712]Concilio di Trento sess. 6. c. 6,  Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hunermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003 n. 1525,  B. H. Merkelbach, “Summa theologiae moralis ad mentem D. Thomae et ad normam iuris novi”  Brugis – Belgica ,1962, v. III p. 445

[713]S. Alfonso M. de Liguori, “Apparecchio alla morte” in “Opere ascetiche” Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1965 Vol. IX, p. 205s http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_P3Z.HTM#$X9

[714]“Catechismo Tridentino”, ed. Cantagalli, 1992, n. 335 https://www.maranatha.it/catrident/31page.htm

[715]S. Alfonso Maria de Liguori “Selva di materie predicabili ed istruttive” in «Opere di S. Alfonso Maria de Liguori», Pier Giacinto Marietti, Vol. III, pp. 45, Torino 1880   http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_P2Z8.HTM#15P

[716] Giovanni Paolo II, Esort. ap. “Familiaris consortio”. (22 novembre 1981), 33: AAS 74 (1982), 121. www.vatican.va    http://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_19811122_familiaris-consortio.html

[717] Marco Tosatti, “Sinodo: come lo manovro…”, La Stampa, I blog di La Stampa, 21 settembre 2014
https://www.lastampa.it/blogs/2014/09/21/news/sinodo-come-lo-manovro-1.37276215; il testo può essere consultato a questo indirizzo https://web.archive.org/web/20220411042650/https://www.lastampa.it/blogs/2014/09/21/news/sinodo-come-lo-manovro-1.37276215

[718] Papa Francesco, Discorso del 3.2.2023,  www.vatican.va,https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2023/february/documents/20230203-vescovi-repdem-congo.html ; Papa Francesco “Omelia”, Parrocchia di Santa Maria delle Grazie al Trionfale Venerdì, 17 marzo 2023 https://www.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2023/documents/20230317-omelia-penitenza.html#:~:text=E%20io%20qui%20mi%20rivolgo,il%20silenzio%20della%20vostra%20comprensione. S. Cernuzio “Il Papa ai preti: non siate rigidi in confessionale, pregate per non finire in “discarica” 11.11.2022 www.vaticannews.va https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2022-11/papa-discorso-a-braccio-corso-rettori-formatori-america-latina.html L. Scrosati “Francesco e i seminaristi di Barcellona, il giallo del discorso cambiato.”  9.1.2023 lanuovabq.it https://lanuovabq.it/it/francesco-e-i-seminaristi-di-barcellona-il-giallo-del-discorso-cambia-to#:~:text=Secondo%20quanto%20riportato%20da%20un,di%20pentimento%2C%20dobbiamo%20perdonare%20tutti.

[719] Chiesa e post Concilio “Comunione a Joe Biden, il Vaticano frena i vescovi statunitensi” 11.5.2021 chiesaepostconcilio.blogspot.com https://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2021/05/comunione-joe-biden-il-vaticano-frena-i.html; tg24.sky.it  “Nyt, Vaticano a vescovi Usa: “Non neghino comunione a Biden per sua posizione su aborto”” 15.6.2021  tg24.sky.it  https://tg24.sky.it/mondo/2021/06/15/comunione-biden-vaticano-usa ; Niccolò Magnani “Comunione a Biden, ok Papa: ira vescovi Usa/ “Francesco, l’aborto è sacrilegio!”” 1.11.2021, www.ilsussidiario.net, https://www.ilsussidiario.net/news/comunione-a-biden-ok-papa-ira-vescovi-usa-francesco-laborto-e-sacrilegio/2244042/

[720] M. Pakaluk “Ethicist says ghostwriter’s role in ‘Amoris’ is troubling” Crux 16.1.2017  cruxnow.com https://cruxnow.com/commentary/2017/01/ethicist-says-ghostwriters-role-amoris-troubling/ ; S. Magister , “”Amoris laetitia” ha un autore ombra. Si chiama Víctor Manuel Fernández” chiesa.espresso.repubblica.it 25.5.2016 http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351303.html

[721] V. M. Fernandez “La dimensión trinitaria de la moral II : profundización del aspecto ético a la luz de “Deus caritas est” in Revista Teología Tomo XLIII, Nº 89, 2006

[722]B. Kiely, “La Veritatis Splendor y la moralidad personal”, en G. Del Pozo Abejon (ed.), “Comentarios a la “Veritatis Splendor””, Madrid, 1994, 737

[723]G. Irrazàbal, “La ley de la gradualidad como cambio de paradigma”, en Moralia 102/103 (2004) 173

[724] Giovanni Paolo II, Esort. ap. “Familiaris consortio” (22 novembre 1981), 33: AAS 74 (1982), 121. www.vatican.va    http://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_19811122_familiaris-consortio.html

[725]  Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione tratta da questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016  https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[726] V. M. Fernandez “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.”  in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) http://documental.celam.org/medellin/index.php/medellin/article/view/182

[727] V. M. Fernandez “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.”  in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) p. 455 ,http://documental.celam.org/medellin/index.php/medellin/article/view/182

[728]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[729]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[730] V. M. Fernandez “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.”  in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) p. 455 ,http://documental.celam.org/medellin/index.php/medellin/article/view/182

[731] V. M. Fernandez “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.” in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) p. 455s http://documental.celam.org/medellin/index.php/medellin/article/view/182

[732]S. Alfonso M. de Liguori, “Apparecchio alla morte” in “Opere ascetiche” Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1965 Vol. IX, p. 205s http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_P3Z.HTM#$X9

[733]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[734]Giovanni Paolo II “Discorso ai sacerdoti partecipanti ad un seminario di studio su “La procreazione responsabile”, Sabato, 17 settembre 1983 www.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1983/september/documents/hf_jp-ii_spe_19830917_procreazione-responsabile.html

[735] Región pastoral Buenos Aires “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”. n. 6 in  Papa Francesco, “Carta del santo Padre Francisco a los obispos de la region pastoral de Buenos Aires en respuesta al documento “Criterios basicos para la aplicacion del capitulo VIII  de la Amoris Laetitia” www.vatican.va http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile” Come Gesù 9.9.2016  https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[736]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[737] Región pastoral Buenos Aires “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”. n. 6 in  Papa Francesco, “Carta del santo Padre Francisco a los obispos de la region pastoral de Buenos Aires en respuesta al documento “Criterios basicos para la aplicacion del capitulo VIII  de la Amoris Laetitia” w2.vatican.va, http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html  ;  traduzione italiana Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile” Come Gesù 9.9.2016  https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[738] V. M. Fernandez “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.” in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) , http://documental.celam.org/medellin/index.php/medellin/article/view/182

[739] Marco Tosatti, “Sinodo: come lo manovro…”, La Stampa, I blog di La Stampa, 21 settembre 2014
https://www.lastampa.it/blogs/2014/09/21/news/sinodo-come-lo-manovro-1.37276215; il testo può essere consultato a questo indirizzo https://web.archive.org/web/20220411042650/https://www.lastampa.it/blogs/2014/09/21/news/sinodo-come-lo-manovro-1.37276215

[740] Marco Tosatti, “Sinodo: come lo manovro…”, La Stampa, I blog di La Stampa, 21 settembre 2014
https://www.lastampa.it/blogs/2014/09/21/news/sinodo-come-lo-manovro-1.37276215; il testo può essere consultato a questo indirizzo https://web.archive.org/web/20220411042650/https://www.lastampa.it/blogs/2014/09/21/news/sinodo-come-lo-manovro-1.37276215

[741] Papa Francesco, Discorso del 3.2.2023,  www.vatican.va,https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2023/february/documents/20230203-vescovi-repdem-congo.html ; Papa Francesco “Omelia”, Parrocchia di Santa Maria delle Grazie al Trionfale Venerdì, 17 marzo 2023 https://www.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2023/documents/20230317-omelia-penitenza.html#:~:text=E%20io%20qui%20mi%20rivolgo,il%20silenzio%20della%20vostra%20comprensione. S. Cernuzio “Il Papa ai preti: non siate rigidi in confessionale, pregate per non finire in “discarica” 11.11.2022 www.vaticannews.va https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2022-11/papa-discorso-a-braccio-corso-rettori-formatori-america-latina.html L. Scrosati “Francesco e i seminaristi di Barcellona, il giallo del discorso cambiato.”  9.1.2023 lanuovabq.it https://lanuovabq.it/it/francesco-e-i-seminaristi-di-barcellona-il-giallo-del-discorso-cambia-to#:~:text=Secondo%20quanto%20riportato%20da%20un,di%20pentimento%2C%20dobbiamo%20perdonare%20tutti.

[742] Chiesa e post Concilio “Comunione a Joe Biden, il Vaticano frena i vescovi statunitensi” 11.5.2021 chiesaepostconcilio.blogspot.com https://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2021/05/comunione-joe-biden-il-vaticano-frena-i.html; tg24.sky.it  “Nyt, Vaticano a vescovi Usa: “Non neghino comunione a Biden per sua posizione su aborto”” 15.6.2021  tg24.sky.it  https://tg24.sky.it/mondo/2021/06/15/comunione-biden-vaticano-usa ; Niccolò Magnani “Comunione a Biden, ok Papa: ira vescovi Usa/ “Francesco, l’aborto è sacrilegio!”” 1.11.2021, www.ilsussidiario.net, https://www.ilsussidiario.net/news/comunione-a-biden-ok-papa-ira-vescovi-usa-francesco-laborto-e-sacrilegio/2244042/

[743] Charles Jude Scicluna e Mario Grech “Criteri applicativi di “Amoris laetitia”” traduzione italiana di “Criteria for the Application of Chapter Eight of ‘Amoris laetitia’”, istruzione dei vescovi di Malta e di Gozo ai loro sacerdoti  14 gennaio 2017 chiesa.espresso.repubblica.it , http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351437.html . Testo italiano tratto da “L’Osservatore Romano” del 14 gennaio 2017

[744] S. Agostino di Ippona “De natura et gratia.” 43, n.50 PL 44,271

[745] Heinrich  Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003 n.1536

[746]Heinrich  Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003 n.1536  e 1568

[747] Prummer D., “Manuale Theologiae Moralis”, vol. I, Herder 1961, p. 157;  anche A. Gunthor “Chiamata e risposta.” Edizioni Paoline 1987 vol. I, p. 374

[748] Charles Jude Scicluna e Mario Grech “Criteri applicativi di “Amoris laetitia”” traduzione italiana di “Criteria for the Application of Chapter Eight of ‘Amoris laetitia’”, istruzione dei vescovi di Malta e di Gozo ai loro sacerdoti  14 gennaio 2017 chiesa.espresso.repubblica.it , http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351437.html . Testo italiano tratto da “L’Osservatore Romano” del 14 gennaio 2017

[749] Charles Jude Scicluna e Mario Grech “Criteri applicativi di “Amoris laetitia”” traduzione italiana di “Criteria for the Application of Chapter Eight of ‘Amoris laetitia’”, istruzione dei vescovi di Malta e di Gozo ai loro sacerdoti  14 gennaio 2017 chiesa.espresso.repubblica.it , http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351437.html . Testo italiano tratto da “L’Osservatore Romano” del 14 gennaio 2017

[750]B. Kiely, “La Veritatis Splendor y la moralidad personal”, en Del Pozo Abejon (ed.), “Comentarios a la “Veritatis Splendor””, Madrid, 1994, 737

[751]G. Irrazàbal, “La ley de la gradualidad como cambio de paradigma”, en Moralia 102/103 (2004) 173

[752] Mons. Fernandez “La dimensión trinitaria de la moral II: profundización del aspecto ético a la luz de “Deus caritas est” in Revista Teología Tomo XLIII, Nº 89, 2006  pag.  159

[753] V. M. Fernandez “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.”  in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) p. 455 ,http://documental.celam.org/medellin/index.php/medellin/article/view/182

[754]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[755] V. M. Fernandez “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.”  in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) p. 458ss , http://documental.celam.org/medellin/index.php/medellin/article/view/182

[756]S. Agostino “Commento al Vangelo di Giovanni” Omelia 75,5, traduzione tratta dal sito www.augustinus.it  che pubblica online le opere dell’editrice Città Nuova https://www.augustinus.it/italiano/commento_vsg/index2.htm

[757]S. Alfonso Maria de Liguori, “Protesta per ben morire”, in “Opere Ascetiche” Vol. IX, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1965, p. 452 , www.intratext.com, http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_P2UD.HTM

[758] “Catechismo Tridentino”, ed Cantagalli 1992, n.249  http://www.maranatha.it/catrident/21page.htm

[759]S. Ignazio di Loyola “Esercizi spirituali”, n. 165, mia traduzione seguendo il testo spagnolo e tenendo presente soprattutto questa traduzione messa a disposizione dai gesuiti italiani in internet nel sito gesuiti.it , https://gesuiti.it/wp-content/uploads/2017/06/Esercizi-Spirituali-testo.pdf

[760]“Esercizi spirituali” n. 165s gesuiti.it , https://gesuiti.it/wp-content/uploads/2017/06/Esercizi-Spirituali-testo.pdf

[761] Heinrich  Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003 n.1536  e 1568

[762] D. Tullio Rotondo “Tradimento della sana dottrina attraverso Amoris Laetitia”, Youcanprint, 2022, I vol. p. 588

[763]http://www.aemaet.de/index.php/aemaet/article/view/44/pdf_1 ; Josef Seifert: “La logica pura minaccia di distruggere l’intera dottrina morale della Chiesa?” Corrispondenza Romana, 2017 https://www.corrispondenzaromana.it/wp-content/uploads/2017/08/Testo-Seifert-italiano.pdf?it

[764] Prummer D., “Manuale Theologiae Moralis”, vol. I, Herder 1961, p. 157; cfr. anche A. Gunthor “Chiamata e risposta.” Edizioni Paoline 1987 vol. I, p. 374

[765]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[766] Mons. V. M. Fernández: “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.” in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) / p. 467

[767] Mons. V. M. Fernández: “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.” in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) / p. 453

[768] B. Kiely, “La Veritatis Splendor y la moralidad personal”, en Del Pozo Abejon (ed.), “Comentarios a la “Veritatis Splendor””, Madrid, 1994, p. 737.

[769]G. Irrazàbal, “La ley de la gradualidad como cambio de paradigma”, en Moralia 102/103 (2004) 173.

[770] V. M. Fernandez “La dimensión trinitaria de la moral II: profundización del aspecto ético a la luz de “Deus caritas est” in Revista Teología Tomo XLIII, Nº 89, 2006 , p. 159

[771] B. Kiely, “La Veritatis Splendor y la moralidad personal”, en Del Pozo Abejon (ed.), “Comentarios a la “Veritatis Splendor””, Madrid, 1994, p. 737.

[772] Prummer D., “Manuale Theologiae Moralis”, vol. I, Herder 1961, p. 157; cfr. anche A. Gunthor “Chiamata e risposta.” Edizioni Paoline 1987 vol. I, p. 374

[773] Heinrich  Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003 n.1536  e 1568

[774] S. Mester “Incommodum.” in : “Dictionarium Morale et Canonicum” Roma, 1962, vol. II p. 667s

[775] P. Palazzini (a cura), “Dictionarium Morale et Canonicum” Romae : Officium Libri Catholici vol. II, D-K p.668

[776] S. Mester “Incommodum.” in : “Dictionarium Morale et Canonicum” Roma, 1962, vol. II p. 667s

[777] A. Gunthor “Chiamata e risposta.” Ediz. Paoline 1974, v. I p. 374s

[778] S. Mester “Incommodum.” in : “Dictionarium Morale et Canonicum” Roma, 1962, vol. II p. 668

[779] Heinrich Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003, nn. 717-718

[780]Catena in Mt., cap. 5 l. 17; Super Mt. [rep. Leodegarii Bissuntini], cap. 15 l. 2. ; In Symbolum Apostolorum a. 5 in fine; Super Sent., lib. 4 d. 22 q. 1 a. 4 ad 3

[781]Aa. Vv.. “Decisioni dei Concili Ecumenici” (Classici della religione) (Italian Edition) (posizioni nel Kindle 9200-9202). UTET. Edizione del Kindle.

[782]“Catechismo Tridentino”, ed Cantagalli 1992, n. 248 https://www.maranatha.it/catrident/21page.htm

[783]“Catechismo Tridentino”, ed. Cantagalli, 1992, n. 250 ,  http://www.maranatha.it/catrident/21page.htm

[784]“Catechismo Tridentino”, ed Cantagalli 1992, n. 250 https://www.maranatha.it/catrident/21page.htm

[785]“Catechismo Tridentino”, ed Cantagalli 1992, n. 250 https://www.maranatha.it/catrident/21page.htm

[786]Heinrich Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003, nn. 2061 s, 2160 s.

[787] S. Alphonsi Mariae de Ligorio: “Theologia moralis” Typis Polyglottis Vaticanis MCCCCIX, Editio photomechanica. Sumptibus CssR, Romae, 1953, T. III  p. 454 ss n.450ss

[788] S. Alphonsi Mariae de Ligorio: “Theologia moralis” Typis Polyglottis Vaticanis MCCCCIX, Editio photomechanica. Sumptibus CssR, Romae, 1953, T. III  p. 456  n.451

[789] S. Alphonsi Mariae de Ligorio: “Theologia moralis” Typis Polyglottis Vaticanis MCCCCIX, Editio photomechanica. Sumptibus CssR, Romae, 1953, T. III  p. 456s n.451

[790] Sess.14, de Poenit., cap. 4. –

[791] S. Alphonsi Mariae de Ligorio: “Theologia moralis” Typis Polyglottis Vaticanis MCCCCIX, Editio photomechanica. Sumptibus CssR, Romae, 1953, T. III  p. 456s n.451

[792] III q. 87. a. 1. ad 1.

[793] III q. 87. a. 1. ad 1.

[794] Lib. 6. n. 451. v. II. Requiritur.

[795]S. Alfonso Maria de Liguori, “Istruzione e pratica pei confessori”,  in “Opere di S. Alfonso Maria de Liguori”, Pier Giacinto Marietti, Vol. IX,Torino 1880, pag. 373s Capo XVI, Punto II. Della contrizione, e del proposito , www.intratext.com, http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PXS.HTM

[796]S. Alfonso Maria de Liguori, “Istruzione e pratica pei confessori”,  in “Opere di S. Alfonso Maria de Liguori”, Pier Giacinto Marietti, Vol. IX,Torino 1880, pag. 373s Capo XVI, Punto II. Della contrizione, e del proposito. , www.intratext.com, http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PXS.HTM

[797]S. Alfonso Maria de Liguori, “Istruzione al popolo”, in “Opere di S. Alfonso Maria de Liguori”, Pier Giacinto Marietti, Vol. VIII, Torino 1880, pp. 962-964 , www.intratext.com, http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PVM.HTM

[798] Instr. S. C. de P. F. 29. Apr. 1784 cit. in Bucceroni, “Enchiridion Morale”, Romae, 1900, p. 352

[799] Instr. S. C. de P. F. 29. Apr. 1784 cit. in Bucceroni, “Enchiridion Morale”, Romae, 1900, p. 355

[800] Catechismo Maggiore s. Pio X = S. Pio X “Compendio della Dottrina Cristiana” Ed. Ti-pografia Vaticana, Roma, 1905 nn. 731ss https://www.maranatha.it/catpiox/01page.htm

[801]  H. B. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis”, Desclée de Brouwer , Brugis – Belgica , 1962, III,   p. 420s

[802]  H. B. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis”, Desclée de Brouwer , Brugis – Belgica , 1962, III,   p. 429

[803]Prolusione di S. Em. Rev.ma Sig. Card. Velasio DE PAOLIS, Presidente emerito della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede sul tema: «I divorziati risposati e i Sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza. », 27 marzo 2014, n. 5.2  www.familiam.org,  http://www.familiam.org/pcpf/allegati/8558/Prolusione_De_Paolis.pdf , consultazione del 24.5.2021; vedi anche in “Ius Communionis” 2, 2014, pp. 203-248

[804]Prolusione di S. Em. Rev.ma Sig. Card. Velasio DE PAOLIS, Presidente emerito della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede sul tema: «I divorziati risposati e i Sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza. », 27 marzo 2014,   www.familiam.org,  http://www.familiam.org/pcpf/allegati/8558/Prolusione_De_Paolis.pdf , consultazione del 24.5.2021; vedi anche in “Ius Communionis” 2, 2014, pp. 203-248

[805]“Catechismo Tridentino”, ed Cantagalli 1992, n. 299 https://www.maranatha.it/catrident/25page.htm

[806] Si veda il I volume di questo libro “Tradimento della sana dottrina attraverso “Amoris Laetitia”” pp. 201ss

[807]  H. B. Merkelbach “Summa Theologiae Moralis”, Desclée de Brouwer , Brugis – Belgica , 1962, III,   p. 420s

[808] B. Kiely, “La Veritatis Splendor y la moralidad personal”, en Del Pozo Abejon (ed.), “Comentarios a la “Veritatis Splendor””, Madrid, 1994, p. 737.

[809] Catechismo Maggiore s. Pio X = S. Pio X “Compendio della Dottrina Cristiana” Ed. Ti-pografia Vaticana, Roma, 1905 nn. 731ss https://www.maranatha.it/catpiox/01page.htm

[810]F. Coccopalmerio, Il capitolo ottavo della esortazione post-sinodale Amoris laetitia, Città del Vaticano 2017

[811]F. Coccopalmerio, Il capitolo ottavo della esortazione post-sinodale Amoris laetitia, Città del Vaticano 2017 p. 9

[812]F. Coccopalmerio, Il capitolo ottavo della esortazione post-sinodale Amoris laetitia, Città del Vaticano 2017 p. 17

[813]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[814] I comandi divini non sono soggetti a dispensa, si veda quello che dissi nel I volume  del mio libro “Tradimento della sana dottrina attraverso Amoris Laetitia” al cap. V, n. 5, c; il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2072 afferma: “Poiché enunciano i doveri fondamentali dell’uomo verso Dio e verso il prossimo, i dieci comandamenti rivelano, nel loro conte-nuto essenziale, obbligazioni gravi. Sono sostanzialmente immutabili e obbligano sempre e dappertutto. Nessuno potrebbe dispensare da essi. I dieci comandamenti sono incisi da Dio nel cuore dell’essere umano.”

[815] Concilio di Trento, Sessione VI, can. 18;  Heinrich Denzinger

“Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003, n.1568

[816]“ Discorso ai Membri della Penitenzieria, ai Padri Penitenzieri, e ai partecipanti al corso sul “Foro interno ” del 18.3.1995 , ai Membri della Penitenzieria,, www.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1995/march/documents/hf_jp-ii_spe_19950318_penitenzieria.html

[817] Heinrich Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003, n.

[818]Papa Francesco, “Carta del santo Padre Francisco a los obispos de la region pastoral de Buenos Aires en respuesta al documento “Criterios basicos para la aplicacion del capitulo VIII  de la Amoris Laetitia” , www.vatican.va ,  http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html

[819] V. M. Fernandez “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.”  in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) p. 449-468, http://documental.celam.org/medellin/index.php/medellin/article/view/182

[820]  Heinrich Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003, n.1678

[821]  Rituale Romanum – Editio Typica 1952  in italiano, parte relativa ai “Prenotanda de Sacramento Poenitentiae” n. 2s  in italiano, www.maranatha.it;  https://www.maranatha.it/rituale/21page.htm www.maranatha.it;  https://www.maranatha.it/rituale/21page.htm; Prummer “Manuale Theologiae Moralis”, Herder  1961, vol. III, p. 242; Palazzini “Dictionarium Morale et Canonicum” Romae, 1968, v. IV, pag.165

[822]  Rituale Romanum – Editio Typica 1952  in italiano, parte relativa ai “Prenotanda de Sacramento Poenitentiae” n. 2s  in italiano, www.maranatha.it;  https://www.maranatha.it/rituale/21page.htm www.maranatha.it;  https://www.maranatha.it/rituale/21page.htm .

[823] Si veda su questo punto anche il mio testo “Tradimento della sana dottrina attraverso Amoris Laetitia” vol. I  cap. III il libro è scaricabile interamente e gratuitamente  a questo mio sito: www.tradimentodellasanadottrina.it , https://www.tradimentodellasanadottrina.it/

[824]Van Kol “Theologia Moralis”, Editorial Herder, Barcelona , 1968, t. II, p. 217

[825] Si veda quanto ho affermato a riguardo nel I volume del mio libro: “Tradimento della sana dottrina attraverso “Amoris Laetitia”.” Cap. V , 4 gratuitamente scaricabile e leggibile sul mio sito www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/

[826] I comandi divini non sono soggetti a dispensa, si veda quello che dissi nel I volume  del mio libro “Tradimento della sana dottrina attraverso Amoris Laetitia” al cap. V, n. 5, c; il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2072 afferma: “Poiché enunciano i doveri fondamentali dell’uomo verso Dio e verso il prossimo, i dieci comandamenti rivelano, nel loro conte-nuto essenziale, obbligazioni gravi. Sono sostanzialmente immutabili e obbligano sempre e dappertutto. Nessuno potrebbe dispensare da essi. I dieci comandamenti sono incisi da Dio nel cuore dell’essere umano.”

[827] Si veda quanto ho affermato a riguardo nel I volume del mio libro: “Tradimento della sana dottrina attraverso “Amoris Laetitia”.” cap. V , 4 gratuitamente scaricabile e leggibile sul mio sito www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/

[828]  Tullio Rotondo “tradimento della sana dottrina attraverso “Amoris Laetitia”” vol. I p. 209s; S. Alfonso Maria de Liguori, “Istruzione e pratica pei confessori”, in “Opere di S. Alfonso Maria de Liguori”, Pier Giacinto Marietti,Torino 1880 ,Vol. IX, Capo ultimo, p. 615 www.intratext.com, http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/__PYE.HTM

[829]Pontificio Consiglio per la Famiglia, “Vademecum per i confessori su alcuni temi di morale attinenti alla vita coniugale.” 1997, www.vatican.va , http://www.vatican.va/roman_curia//pontifical_councils/family/documents/rc_pc_family_doc_12021997_vademecum_it.html#_ftnref43

[830] T. Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando l’invalidità di molte Confessioni.” 1,e  www.tradimentodellasanadottrina.it, https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[831] T. Rotondo “Tradimento della sana dottrina attraverso “Amoris Laetitia”” Youcanprint 2022 volumi I e II; T. Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando l’invalidità di mol-te Confessioni.” 1,e  www.tradimentodellasanadottrina.it, https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[832]SIR “Amoris Laetitia: don Costa (Lev), libro card. Coccopalmerio “non è la risposta del Vaticano ai dubbi”,14 febbraio 2017, www.agensir.it,   https://agensir.it/quotidiano/2017/2/14/amoris-laetitia-don-costa-lev-libro-card-coccopalmerio-non-e-la-risposta-del-vaticano-ai-dubbi/

[833]Maurizio Gronchi ,“Pentimento e desiderio del bene. Un commento del cardinale Coccopalmerio all’ottavo capitolo di «Amoris laetitia»”, Osservatore Romano del 14 febbraio 2017 http://www.osservatoreromano.va/it/news/pentimento-e-desiderio-del-bene

[834]Luciano Moia: “Scritto del cardinale Coccopalmerio. «Amoris Laetitia, dottrina rispettata»”, Avvenire, 14-2-2017,  https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/amoris-laetitia-dottrina-rispettata-coccopalmerio

[835]F. Coccopalmerio, Il capitolo ottavo della esortazione post-sinodale Amoris laetitia, Città del Vaticano 2017, p. 21

[836]Giulio Meiattini, “Amoris laetitia. I sacramenti ridotti a morale”, Ed. La Fontana di Siloe,  2018, p. 48s.

[837]Iacopo Iadarola “L’Amoris laetitia nel centenario della Comunione ai risposati”, La Stampa, Vatican Insider, 09 Aprile 2017; Idem “L’ Amoris laetitia nel centenario della Comunione data ai risposati, La Stampa – Vatican Insider (8 aprile 2017)” p. 9, https://www.academia.edu,  https://www.academia.edu/34467610/L_Amoris_laetitia_nel_centenario_della_Comunione_data_ai_risposati_La_Stampa_-_Vatican_Insider_8_aprile_2017_

[838]SIR “Amoris Laetitia: don Costa (Lev), libro card. Coccopalmerio “non è la risposta del Vaticano ai dubbi”,14 febbraio 2017, www.agensir.it,   https://agensir.it/quotidiano/2017/2/14/amoris-laetitia-don-costa-lev-libro-card-coccopalmerio-non-e-la-risposta-del-vaticano-ai-dubbi/

[839]Maurizio Gronchi ,“Pentimento e desiderio del bene. Un commento del cardinale Coccopalmerio all’ottavo capitolo di «Amoris laetitia»”, Osservatore Romano del 14 febbraio 2017 http://www.osservatoreromano.va/it/news/pentimento-e-desiderio-del-bene

[840]Luciano Moia: “Scritto del cardinale Coccopalmerio. «Amoris Laetitia, dottrina rispettata»”, Avvenire, 14-2-2017,  https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/amoris-laetitia-dottrina-rispettata-coccopalmerio

[841]  Heinrich Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003, n.1678

[842] A. Gunthor “Chiamata e risposta.” Ediz. Paoline 1974, v. I p. 374s

[843] S. Mester “Incommodum.” in : “Dictionarium Morale et Canonicum” Roma, 1962, vol. II p. 668

[844] Concilio di Trento, Sessione VI, can. 18;  Heinrich Denzinger

“Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003, n.1568

[845]“ Discorso ai Membri della Penitenzieria, ai Padri Penitenzieri, e ai partecipanti al corso sul “Foro interno ” del 18.3.1995 , ai Membri della Penitenzieria,, www.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1995/march/documents/hf_jp-ii_spe_19950318_penitenzieria.html

[846]Papa Francesco, “Carta del santo Padre Francisco a los obispos de la region pastoral de Buenos Aires en respuesta al documento “Criterios basicos para la aplicacion del capitulo VIII  de la Amoris Laetitia” , www.vatican.va ,  http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html

[847] T. Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.”1,e www.tradimentodellasanadottrina.it , https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/#d_Un_errore_radicale_di_Papa_Francesco_Dio_puo_chiedere_ad_alcuni_di_agire_gravemente_contro_i_comandi_negativi_della_Legge_divina_sue_ripercussioni_sull_invalidita_delle_Confessioni_e_sul_discernimento

[848] T. Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.”1,d www.tradimentodellasanadottrina.it https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/#d_Un_errore_radicale_di_Papa_Francesco_Dio_puo_chiedere_ad_alcuni_di_agire_gravemente_contro_i_comandi_negativi_della_Legge_divina_sue_ripercussioni_sull_invalidita_delle_Confessioni_e_sul_discernimento

[849] T. Rotondo “Tradimento della sana dottrina attraverso Amoris Laetitia” Youcanprint 2022 vol. I cap. IV , testo interamente scaricabile o leggibile gratuitamente a questo link https://www.tradimentodellasanadottrina.it/

[850] T. Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.”1,c www.tradimentodellasanadottrina.it https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/#c_Confessioni_invalide_a_causa_della_cancellazione_della_dottrina_sullassoluta_obbligatorieta_delle_Leggi_divine_negative

[851]L. Melina, “Melina: «Il “bene possibile” rischia di essere il secondo nome del male»” 8.12.2022 https://lanuovabq.it/it/melina-il-bene-possibile-rischia-di-essere-il-secondo-nome-del-male

[852] Concilio di Trento, Sessione VI, can. 18;  Heinrich Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003, n.1568

[853]“ Discorso ai Membri della Penitenzieria, ai Padri Penitenzieri, e ai partecipanti al corso sul “Foro interno ” del 18.3.1995 , ai Membri della Penitenzieria,, www.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1995/march/documents/hf_jp-ii_spe_19950318_penitenzieria.html

[854]L. Melina, “Melina: «Il “bene possibile” rischia di essere il secondo nome del male»” 8.12.2022 https://lanuovabq.it/it/melina-il-bene-possibile-rischia-di-essere-il-secondo-nome-del-male

[855] Il “Testo Base”, presentato nel volume “Etica teologica della vita. Scrittura, tradizione, sfide pratiche”, LEV, Città del Vaticano 2022

[856]L. Melina, “Melina: «Il “bene possibile” rischia di essere il secondo nome del male»” 8.12.2022 https://lanuovabq.it/it/melina-il-bene-possibile-rischia-di-essere-il-secondo-nome-del-male

[857] Heinrich  Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003 n.1536  e 1568

[858] S. Agostino di Ippona “De natura et gratia.” 43, n.50 PL 44,271

[859] Heinrich  Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003 n.1536

[860] Heinrich  Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003 n.1568

[861] “Carta del s. Padre Francisco a los obispos de la region pastoral de Buenos Aires en respuesta al documento “Criterios basicos para la aplicacion del capitulo VIII  de la Amoris Laetitia”, www.vatican.va ,  http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html

[862]“ Discorso ai Membri della Penitenzieria, ai Padri Penitenzieri, e ai partecipanti al corso sul “Foro interno ” del 18.3.1995 , ai Membri della Penitenzieria,, www.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1995/march/documents/hf_jp-ii_spe_19950318_penitenzieria.html ;  Concilio di Trento, Sessione VI, can. 18;  Heinrich Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003, n.1568

[863]Heinrich  Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003 n.1536  e 1568

[864]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[865]Heinrich  Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003 n.1536  e 1568; 1954; 2001; Giovanni Paolo II “Veritatis Splendor” n. 102

[866] Tullio Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confes-sioni invalide e sacrileghe.” 1,d www.tradimentodellasanadottrina.it https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[867] Si veda anche il mio libro “Tradimento della sana dottrina attraverso Amoris Laetitia.”, Youcanprint 2022 , vol. I c. V, 7, b,2 pp. 552ss ; il libro può essere letto o scaricato gratuitamente a questo sito https://www.tradimentodellasanadottrina.it/

[868] Si veda anche il mio libro “Tradimento della sana dottrina attraverso Amoris Laetitia.”, Youcanprint 2022 , vol. I c. V, 7, b,2 pp. 552ss ; il libro può essere letto o scaricato gratuitamente a questo sito https://www.tradimentodellasanadottrina.it/

[869]S. Ignazio di Antiochia “Lettera ai cristiani di Magnesia”, Intr.; Capp. 1, 1 5, 2; Funk 1, 191-195;  Ufficio Letture della XXVI dom. del T. O. www.chiesacattolica.it https://www.chiesacattolica.it/la-liturgia-delle-ore/?data=20201003&ora=ufficio-delle-letture&data-liturgia=20201004

[870] Si veda anche il mio libro “Tradimento della sana dottrina attraverso Amoris Laetitia.”, Youcanprint 2022 , vol. I c. V, 7, b,2 pp. 552ss ; il libro può essere letto o scaricato gratuitamente a questo sito https://www.tradimentodellasanadottrina.it/

[871]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[872] W. Grundmann “δόκιμος” in “Grande Lessico del Nuovo Testamento” 1966, Vol. II,  coll. 408s

[873] F. Buchsel “κρίνω” in “Grande Lessico del Nuovo Testamento”, 1969, Vol. V, col. 1025

[874] Commissione Teologica Internazionale “ Bibbia e morale. Le radici bibliche dell’agire cristiano” 11.5.2008 n. 1.2.1.1-2  www.vatican.va , http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/pcb_documents/rc_con_cfaith_doc_20080511_bibbia-e-morale_it.html

[875] Commissione Teologica Internazionale “ Bibbia e morale. Le radici bibliche dell’agire cristiano” 11.5.2008 n. 3.3.2. 59  www.vatican.va , http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/pcb_documents/rc_con_cfaith_doc_20080511_bibbia-e-morale_it.html

[876]Diadoco di Fotice, “Capitoli sulla perfezione spirituale”(Capp. 6. 26. 27. 30; PG 65, 1169. 1175-1176) Ufficio delle Letture del mercoledì della IV settimana, traduzione curata da editrice LEV www.chiesacattolica.it https://www.chiesacattolica.it/la-liturgia-delle-ore/?data=20210202&ora=ufficio-delle-letture&data-liturgia=20210203

[877]  F. Zorell “Lexicon graecum Novi Testamenti” Editrice Pontificio Istituto Biblico, Roma, 1990 col. 298, voce “διάκρισις”.

[878] Commissione Teologica Internazionale “ Bibbia e morale. Le radici bibliche dell’agire cristiano” 11.5.2008 n. 2.6 ss, in particolare 2.6.2.154  www.vatican.va , http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/pcb_documents/rc_con_cfaith_doc_20080511_bibbia-e-morale_it.html

[879] Commissione Teologica Internazionale “ Bibbia e morale. Le radici bibliche dell’agire cristiano” 11.5.2008 n. 3.3.2. 59  www.vatican.va , http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/pcb_documents/rc_con_cfaith_doc_20080511_bibbia-e-morale_it.html

[880] S. Gregorio di Nissa “L’ideale perfetto del cristiano” PG 46, 283-286; traduzione italiana tratta dall’ Ufficio delle letture del martedì della XII settimana del Tempo Ordinario https://www.chiesacattolica.it   https://www.chiesacattolica.it/la-liturgia-delle-ore/?data-liturgia=20240625&ora=ufficio-delle-letture

[881] Giovanni Paolo II “Omelia a conclusione della V Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi”, 25.10.1980 www.vatican.va , https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/homilies/1980/documents/hf_jp-ii_hom_19801025_conclusione-sinodo.html

[882]Giovanni Paolo II, “Omelia per la conclusione del VI Sinodo dei Vescovi,” 8 [25 Ottobre 1980]: ASS 72 [1980] 1083 www.vatican.va , https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/homilies/1980/documents/hf_jp-ii_hom_19801025_conclusione-sinodo.html

[883]Giovanni Paolo  II, “Omelia per la conclusione del VI Sinodo dei Vescovi”, 8 [25 Ottobre 1980]: ASS 72 [1980] 1083 www.vatican.va , https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/homilies/1980/documents/hf_jp-ii_hom_19801025_conclusione-sinodo.html

[884] Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2013.

[885] Giovanni Paolo II “Udienza generale” del 23 luglio 1988  www.vatican.va http://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/audiences/1988/documents/hf_jp-ii_aud_19880723.html

[886] Giovanni Paolo II  “Omelia a conclusione della V Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi”, 25.10.1980 www.vatican.va,  http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/homilies/1980/documents/hf_jp-ii_hom_19801025_conclusione-sinodo.html

[887] Tullio Rotondo: “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.”1,c; 1,d www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[888] Dai «Trattati» di Baldovino di Canterbury, vescovo (Tratt. 6; PL 204, 466-467) dal sito https://www.chiesacattolica.it, Liturgia delle Ore , Ufficio delle Letture del 4.6.2021 https://www.chiesacattolica.it/la-liturgia-delle-ore/?data=20210604&ora=ufficio-delle-letture

[889]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html ; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[890]Mons. V. M. Fernandez: “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.” in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) / p. 455

[891] Mons. V. M. Fernandez: “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.” in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) / p. 455

[892]Mons. V. M. Fernandez: “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.” in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) / p. 455s

[893]Mons. V. M. Fernandez: “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.” in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) / p. 456

[894]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[895] Tullio Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.” 1, c,d,e,f www.tradimentodellasanadottrina.it https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[896] Tullio Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.” 3,a  www.tradimentodellasanadottrina.it https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/#a_Affermazioni_del_Cardinale_Fernandez

[897] Si veda quello che dicemmo nel I nel I volume del mio libro: “Tradimento della sana dottrina attraverso “Amoris Laetitia”.” cap. III gratuitamente scaricabile e leggibile sul mio sito www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/ ; sinteticamente su questo punto si può vedere quanto afferma il Catechismo Maggiore di s. Pio X nn.731-741.

[898] Si veda quanto ho affermato a riguardo nel I volume del mio libro: “Tradimento della sana dottrina attraverso “Amoris Laetitia”.” cap. V , 4 gratuitamente scaricabile e leggibile sul mio sito www.tradimentodellasanadottrina.it  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/

[899]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[900] Mons. V. M. Fernandez: “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.” in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) / p. 457.459s

[901] T. Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.”1,d www.tradimentodellasanadottrina.it https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/#d_Un_errore_radicale_di_Papa_Francesco_Dio_puo_chiedere_ad_alcuni_di_agire_gravemente_contro_i_comandi_negativi_della_Legge_divina_sue_ripercussioni_sull_invalidita_delle_Confessioni_e_sul_discernimento

[902] T. Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.”1,c www.tradimentodellasanadottrina.it https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/#c_Confessioni_invalide_a_causa_della_cancellazione_della_dottrina_sullassoluta_obbligatorieta_delle_Leggi_divine_negative

[903] Concilio di Trento, Sessione VI, can. 18;  Heinrich Denzinger

“Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003, n.1568

[904]“ Discorso ai Membri della Penitenzieria, ai Padri Penitenzieri, e ai partecipanti al corso sul “Foro interno ” del 18.3.1995 , ai Membri della Penitenzieria,, www.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1995/march/documents/hf_jp-ii_spe_19950318_penitenzieria.html

[905]S. Ignazio di Antiochia “Lettera ai cristiani di Magnesia”, Intr.; Capp. 1, 1 5, 2; Funk 1, 191-195;  Ufficio Letture della XXVI dom. del T. O. www.chiesacattolica.it https://www.chiesacattolica.it/la-liturgia-delle-ore/?data=20201003&ora=ufficio-delle-letture&data-liturgia=20201004

[906] Si veda anche il mio libro “Tradimento della sana dottrina attraverso Amoris Laetitia.”, Youcanprint 2022 , vol. I c. V, 7, b,2 pp. 552ss ; il libro può essere letto o scaricato gratuitamente a questo sito https://www.tradimentodellasanadottrina.it/

[907]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[908] Mons. V. M. Fernández: “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.” in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) / p. 467

[909] Mons. V. M. Fernández: “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.” in Medellin, vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) / p. 453

 

[910] T. Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.”1,e www.tradimentodellasanadottrina.it , https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/#d_Un_errore_radicale_di_Papa_Francesco_Dio_puo_chiedere_ad_alcuni_di_agire_gravemente_contro_i_comandi_negativi_della_Legge_divina_sue_ripercussioni_sull_invalidita_delle_Confessioni_e_sul_discernimento

[911] T. Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.”1,d www.tradimentodellasanadottrina.it https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/#d_Un_errore_radicale_di_Papa_Francesco_Dio_puo_chiedere_ad_alcuni_di_agire_gravemente_contro_i_comandi_negativi_della_Legge_divina_sue_ripercussioni_sull_invalidita_delle_Confessioni_e_sul_discernimento

[912] T. Rotondo “Tradimento della sana dottrina attraverso Amoris Laetitia” Youcanprint 2022 vol. I cap. IV , testo interamente scaricabile o leggibile gratuitamente a questo link https://www.tradimentodellasanadottrina.it/

[913] T. Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.”1,c www.tradimentodellasanadottrina.it https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/#c_Confessioni_invalide_a_causa_della_cancellazione_della_dottrina_sullassoluta_obbligatorieta_delle_Leggi_divine_negative

[914]L. Melina, “Melina: «Il “bene possibile” rischia di essere il secondo nome del male»” 8.12.2022 https://lanuovabq.it/it/melina-il-bene-possibile-rischia-di-essere-il-secondo-nome-del-male

[915] Concilio di Trento, Sessione VI, can. 18; Heinrich Denzinger

“Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003, n.1568

[916]“ Discorso ai Membri della Penitenzieria, ai Padri Penitenzieri, e ai partecipanti al corso sul “Foro interno ” del 18.3.1995 , ai Membri della Penitenzieria,, www.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1995/march/documents/hf_jp-ii_spe_19950318_penitenzieria.html

[917]L. Melina, “Melina: «Il “bene possibile” rischia di essere il secondo nome del male»” 8.12.2022 https://lanuovabq.it/it/melina-il-bene-possibile-rischia-di-essere-il-secondo-nome-del-male

[918] J. Seifert “Sulla Amoris laetitia di Papa Francesco: gioie, domande, tristezze.” Corrispondenza Romana 8.6.2016 , www.corrispondenzaromana.it

[919] T. Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.”1,d www.tradimentodellasanadottrina.it https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/#d_Un_errore_radicale_di_Papa_Francesco_Dio_puo_chiedere_ad_alcuni_di_agire_gravemente_contro_i_comandi_negativi_della_Legge_divina_sue_ripercussioni_sull_invalidita_delle_Confessioni_e_sul_discernimento

[920] T. Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.”1,c www.tradimentodellasanadottrina.it https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/#c_Confessioni_invalide_a_causa_della_cancellazione_della_dottrina_sullassoluta_obbligatorieta_delle_Leggi_divine_negative

[921] Giovanni Paolo II, Esort. ap. “Familiaris consortio”. (22 novembre 1981), 33: AAS 74 (1982), 121. www.vatican.va    http://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_19811122_familiaris-consortio.html

[922] Marco Tosatti, “Sinodo: come lo manovro…”, La Stampa, I blog di La Stampa, 21 settembre 2014
https://www.lastampa.it/blogs/2014/09/21/news/sinodo-come-lo-manovro-1.37276215  il testo può essere consultato a questo indirizzo https://web.archive.org/web/20220411042650/https://www.lastampa.it/blogs/2014/09/21/news/sinodo-come-lo-manovro-1.37276215

[923]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[924]L. Melina, “Melina: «Il “bene possibile” rischia di essere il secondo nome del male»” 8.12.2022 https://lanuovabq.it/it/melina-il-bene-possibile-rischia-di-essere-il-secondo-nome-del-male

[925] www.vaticannews.va “La lettera del Papa a padre James Martin su omosessualità e peccato” 28.1.2023 www.vaticannews.va https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2023-01/papa-francesco-lettera-padre-james-martin-omosessualita.html ; J. Martin “Pope Francis clarifies comments on homosexuality: “One must consider the circumstances.” 27.1.2023  outreach.faith https://outreach.faith/2023/01/pope-francis-clarifies-comments-on-homosexuality-one-must-consider-the-circumstances/?_thumbnail_id=4545

[926] F. Coccopalmerio, Il capitolo ottavo della esortazione post-sinodale Amoris laetitia, Città del Vaticano 2017

[927]L. Melina, “Melina: «Il “bene possibile” rischia di essere il secondo nome del male»” 8.12.2022 https://lanuovabq.it/it/melina-il-bene-possibile-rischia-di-essere-il-secondo-nome-del-male

[928]“ Discorso ai Membri della Penitenzieria, ai Padri Penitenzieri, e ai partecipanti al corso sul “Foro interno ” del 18.3.1995 , ai Membri della Penitenzieria,, www.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1995/march/documents/hf_jp-ii_spe_19950318_penitenzieria.html ; cfr. Concilio di Trento, Sessione VI, can. 18; Heinrich Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003, n.1568

[929]Heinrich  Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003 n.1536  e 1568

[930] Papa Francesco, Discorso del 3.2.2023,  www.vatican.va,https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2023/february/documents/20230203-vescovi-repdem-congo.html ; Papa Francesco “Omelia”, Parrocchia di Santa Maria delle Grazie al Trionfale Venerdì, 17 marzo 2023 https://www.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2023/documents/20230317-omelia-penitenza.html#:~:text=E%20io%20qui%20mi%20rivolgo,il%20silenzio%20della%20vostra%20comprensione. S. Cernuzio “Il Papa ai preti: non siate rigidi in confessionale, pregate per non finire in “discarica” 11.11.2022 www.vaticannews.va https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2022-11/papa-discorso-a-braccio-corso-rettori-formatori-america-latina.html L. Scrosati “Francesco e i seminaristi di Barcellona, il giallo del discorso cambiato.”  9.1.2023 lanuovabq.it https://lanuovabq.it/it/francesco-e-i-seminaristi-di-barcellona-il-giallo-del-discorso-cambia-to#:~:text=Secondo%20quanto%20riportato%20da%20un,di%20pentimento%2C%20dobbiamo%20perdonare%20tutti.

[931] Chiesa e post Concilio “Comunione a Joe Biden, il Vaticano frena i vescovi statunitensi” 11.5.2021 chiesaepostconcilio.blogspot.com https://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2021/05/comunione-joe-biden-il-vaticano-frena-i.html; tg24.sky.it  “Nyt, Vaticano a vescovi Usa: “Non neghino comunione a Biden per sua posizione su aborto”” 15.6.2021  tg24.sky.it  https://tg24.sky.it/mondo/2021/06/15/comunione-biden-vaticano-usa ; Niccolò Magnani “Comunione a Biden, ok Papa: ira vescovi Usa/ “Francesco, l’aborto è sacrilegio!”” 1.11.2021, www.ilsussidiario.net, https://www.ilsussidiario.net/news/comunione-a-biden-ok-papa-ira-vescovi-usa-francesco-laborto-e-sacrilegio/2244042/

[932] Tullio Rotondo “Tradimento della sana dottrina attraverso Amoris Laetitia”. Vol. I-II, Youcanprint 2022-2024 entrambi scaricabili qui  https://www.tradimentodellasanadottrina.it/ ; T. Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.” 2,d www.tradimentodellasanadottrina.it https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/#a_Affermazioni_del_Cardinale_Fernandez

[933] Mons. Aguer non ha parlato precisamente di eresia ma lo hanno fatto altri, parlando degli errori di Papa Francesco, lo ha fatto in particolare il Cardinale Müller cfr. M. Hickson “Cardinal Müller: Some statements by Pope Francis could be understood as material heresy.” 7.11.2023  https://www.lifesitenews.com/news/exclusive-cardinal-muller-says-francis-has-uttered-material-heresy-but-is-still-the-pope/; traduzione italiana “; Card. Müller: Papa Francesco e la sua promozione dell’”eresia della prassi” 8.11.2023 www.sabinopaciolla.com https://www.sabinopaciolla.com/card-muller-papa-francesco-e-la-sua-promozione-delleresia-della-prassi/ ; lo ha fatto mons. Schneider e altri con lui, si veda il paragrafo conclusivo del II volume del mio libro: “Tradimento della sana dottrina attraverso Amoris Laetitia” vol. I, cap. II, Appendice II, pp. 143ss, il libro è scaricabile interamente e gratuitamente  a questo mio sito: www.tradimentodellasanadottrina.it , https://www.tradimentodellasanadottrina.it/

[934]Mons. H. Aguer ““Fiducia Supplicans” no debe ser obedecida – Mons. Héctor Aguer” 23.12.2023 centropieper.blogspot.com https://centropieper.blogspot.com/2023/12/fiducia-supplicans-no-debe-ser.html

[935]Giovanni Paolo II Esortazione Apostolica “Reconciliatio et Paenitentia” 2.12.1984 n.17 www.vatican.va https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_02121984_reconciliatio-et-paenitentia.html

[936] Mons. H. Aguer ““Fiducia Supplicans” no debe ser obedecida – Mons. Héctor Aguer” 23.12.2023 centropieper.blogspot.com https://centropieper.blogspot.com/2023/12/fiducia-supplicans-no-debe-ser.html

[937] Si veda quello che ho detto riguardo a tale articolo in questo testo: Tullio Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.” 5  www.tradimentodellasanadottrina.it   https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/#5_Le_significative_affermazioni_del_Cardinale_McElroy_che_illustrano_chiaramente_cio_che_sta_gia_facendo_Papa_Francesco

[938] Si veda ciò che ho detto a riguardo in T. Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.” 2,d www.tradimentodellasanadottrina.it https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/#a_Affermazioni_del_Cardinale_Fernandez

[939] Cfr. quello che ho detto in questo libro, “Tradimento della sana dottrina attraverso “Amoris Laetitia”.”, nel volume II, cap. VII n. 7;

[940] Marco Tosatti, “Sinodo: come lo manovro…”, La Stampa, I blog di La Stampa, 21 settembre 2014
https://www.lastampa.it/blogs/2014/09/21/news/sinodo-come-lo-manovro-1.37276215  il testo può essere consultato a questo indirizzo https://web.archive.org/web/20220411042650/https://www.lastampa.it/blogs/2014/09/21/news/sinodo-come-lo-manovro-1.37276215

[941] Si vedano i tre volumi di questo mio libro “Tradimento della sana dottrina attraverso “Amoris Laetitia”, Youcanprint 2022-  il libro è scaricabile interamente e gratuitamente  a questo mio sito: www.tradimentodellasanadottrina.it , https://www.tradimentodellasanadottrina.it/

[942]Lorenzo Bertocchi “Kasper: Divorziati risposati, il Papa ha aperto la porta”, La Nuova Bussola Quotidiana 26-04-2016 http://lanuovabq.it/it/kasper-divorziati-risposati-il-papa-ha-aperto-la-porta#.Vzcm7XRyzqA

[943]La Fede Quotidiana “Un vescovo austriaco: “La comunione ai divorziati risposati è una pratica irreversibile”, La Fede Quotidiana 11-1-2017  http://www.lafedequotidiana.it/un-vescovo-austriaco-la-comunione-ai-divorziati-risposati-pratica-irreversibile/

[944] Card. A. Vallini ““La letizia dell’amore”: il cammino delle famiglie a Roma.” 19 settembre 2016 www.romasette.it  http://www.romasette.it/wp-content/uploads/Relazione2016ConvegnoDiocesano.pdf

[945] Conferenza Episcopale dell’ Emilia Romagna “Indicazioni sul capitolo VIII dell’Amoris Laetitia  . Accompagnare, discernere, integrare le tre parole chiave.” 15 gennaio 2018 www.unavox.it http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2382_Notizia_%20Amoris_laetitia_in_Emilia_Romagna.html#DOCUMENTO

[946] Lluís Martínez Sistach “Come applicare l’ Amoris Laetitia”ed. LEV, Città del Vaticano, 2017, pagg. 57 e 62

[947] B. Cupich, “Pope Francis’ Revolution of Mercy: Amoris Laetitia as a New Paradigm of Catholicity”, La Stampa, 9-2-2018   https://www.lastampa.it/vatican-insider/en/2018/02/09/news/pope-francis-revolution-of-mercy-amoris-laetitia-as-a-new-paradigm-of-catholicity-1.33978121 ; Sabino Paciolla “Card. Cupich: “non è nostro indirizzo negare la Santa Comunione agli sposati legati da matrimonio omosessuale”,  10.10.2018 www.sabinopaciolla.com |https://www.sabinopaciolla.com/card-cupich-non-e-nostro-indirizzo-negare-la-santa-comunione-agli-sposati-legati-da-matrimonio-omosessuale/

[948] Tempi.it “Che cosa è a rischio davvero nello scontro sull’Istituto Giovanni Paolo II” Tempi, 2-8-2019 https://www.tempi.it/che-cosa-e-a-rischio-davvero-nello-scontro-sullistituto-giovanni-paolo-ii/ ; Marco Tosatti «Contraccezione un dovere? Intervenga il Papa», La Nuova Bussola Quotidiana, 11-1-2018 https://www.lanuovabq.it/it/contraccezione-un-dovere-intervenga-il-papa; L. Bertocchi: “”Contraccezione? In certi casi un dovere”. Svolta in Vaticano.”, La Nuova Bussola Quotidiana 10.1.2018 https://lanuovabq.it/it/contraccezione-in-certi-casi-un-dovere-svolta-in-vaticano; M. Chiodi “Rileggere “Humanae vitae” alla luce di “Amoris laetitia” 28.1.2018 magister.blogautore.espresso.repubblica.it, http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2018/01/28/rileggere-humanae-vitae-alla-luce-di-amoris-laetitia/

[949] M. Tosatti, “Confusionis Laetitia, cerimonie di gruppo per concedere la comunione ai divorziati risposati”, La Nuova Bussola Quotidiana 16-06-2017  http://www.lanuovabq.it/it/confusionis-laetitia-cerimonie-di-gruppoper-concedere-la-comunione-ai-divorziati-risposati

[950]Annarosa Rossetto “Cardinale portoghese consente a cattolici divorziati e “risposati” di ricevere la Comunione.” www.sabinopaciolla.com 7.2.2020 https://www.sabinopaciolla.com/cardinale-portoghese-consente-a-cattolici-divorziati-e-risposati-di-ricevere-la-comunione/

[951] Permanent Council of the German Bishops’ Conference “The joy of love experienced by families is also the joy of the Church” 23.1.2017 katholisch-in-lutherstadt.de  https://www.katholisch-in-lutherstadt.de/fileadmin/redaktion/diverse_downloads/dossiers_2017/2017-ENG_Statement-by-the-German-Bishops-Amoris-laetitia.pdf ; traduzione italiana Conferenza Episcopale Tedesca “La gioia dell’amore vissuto nelle famiglie è anche il giubilo della Chiesa” 23.1.2017,   www.jesidiocesi.it, http://www.jesidiocesi.it/download/scuola_teologia/anno_3/sarti/vescovi_tedeschi.pdf ; Conferenza Episcopale Tedesca “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo Risposta della Conferenza Episcopale Tedesca alle domande riguardanti la ricezione e l’approfondimento della Relatio Synodi nel documento di preparazione alla XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo episcopale del 2015” 20.4.2015  www.dbk.de   http://www.dbk.de/fileadmin/redaktion/diverse_downloads/dossiers_2015/2015-Synode-Lineamenta2015-Antworten-ital.pdf ; La Nuova Bussola Quotidiana “Cardinal Marx apre alle benedizioni delle coppie gay”, La Nuova Bussola Quotidiana del 6-2-2018 http://www.lanuovabq.it/it/cardinal-marx-apre-alle-benedizioni-delle-coppie-gay ; M. Matzuzzi “Benedizione delle coppie gay? Vescovi Usa contro la chiesa tedesca.” Il Foglio 13 febbraio 2018 https://www.ilfoglio.it/chiesa/2018/02/13/news/benedizione-delle-coppie-gay-vescovi-usa-contro-la-chiesa-tedesca-178491/

[952] Charles Jude Scicluna e Mario Grech “Criteri applicativi di “Amoris laetitia”” traduzione italiana di “Criteria for the Application of Chapter Eight of ‘Amoris laetitia’”, istruzione dei vescovi di Malta e di Gozo ai loro sacerdoti  14 gennaio 2017 chiesa.espresso.repubblica.it , http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351437.html . Testo italiano tratto da “L’Osservatore Romano” del 14 gennaio 2017

[953]Sabino Paciolla “Card. Cupich: “non è nostro indirizzo negare la Santa Comunione agli sposati legati da matrimonio omosessuale”” 10.10.2018 , www.sabinopaciolla.com,   https://www.sabinopaciolla.com/card-cupich-non-e-nostro-indirizzo-negare-la-santa-comunione-agli-sposati-legati-da-matrimonio-omosessuale/

[954]L. Moia “Omosessualità, quale bene nella relazione?”, Avvenire 19-2-2019 https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/abusi-nella-chiesa-4

[955] T. Scandroglio “Hollerich e l’omosessualità, quanti errori dal cardinale.” lanuovabq.it 5.2.2022 https://lanuovabq.it/it/hollerich-e-lomosessualita-quanti-errori-dal-cardinale-1  ;  Andrea Monda e R. Cetera “Una Chiesa povera una Chiesa viva.” https://www.osservatoreromano.va/it/news/2022-10/quo-244/una-chiesa-povera-una-chiesa-viva.html

[956]Mia traduzione da Christa Pongratz-Lippitt, “Cardinal Marx: Pope Francis has pushed open the doors of the church”, National Catholic Reporter 28-10-2014    https://www.ncronline.org/blogs/ncr-today/cardinal-marx-pope-francis-has-pushed-open-doors-church ; La Nuova Bussola Quotidiana “Cardinal Marx apre alle benedizioni delle coppie gay”, La Nuova Bussola Quotidiana del 6-2-2018 http://www.lanuovabq.it/it/cardinal-marx-apre-alle-benedizioni-delle-coppie-gay ; M. Matzuzzi “Benedizione delle coppie gay? Vescovi Usa contro la chiesa tedesca.” Il Foglio 13 febbraio 2018 https://www.ilfoglio.it/chiesa/2018/02/13/news/benedizione-delle-coppie-gay-vescovi-usa-contro-la-chiesa-tedesca-178491/

[957] Ansa.it “Vaticano: vescovo Anversa, ‘chiedo scusa alle coppie gay’” 19.3.2021 www.ansa.it https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2021/03/19/vaticano-vescovo-anversa-chiedo-scusa-alle-coppie-gay_d0bb65a4-c719-48fc-8735-0fef2a884035.html

[958] A. Fumagalli “L’amore possibile. Persone omosessuali e morale cristiana.” Cittadella Editrice 2020 pp. 153 ss.

[959]Adriano, Oliva, “Amours” (Theologie) (French Edition) (p.76). Editions du Cerf. Edizione del Kindle

[960] blog.messainlatino.it “Esclusiva Magister: “Müller scrive a Duka: Fernández va contro la dottrina cattolica, e con lui c’è il papa” blog.messainlatino.it 14.10.2023 https://blog.messainlatino.it/2023/10/esclusiva-magister-muller-scrive-duka.html; V. M. Fernández “El capítulo VIII de Amoris Laetitia: lo que queda después de la tormenta.”Medellin / vol. XLIII / No. 168 / Mayo – Agosto (2017) / pp. 449-468 ; E. Pentin “Exclusive: Archbishop Fernandez Warns Against Bishops Who Think They Can Judge ‘Doctrine of the Holy Father’.” 11.9.2023 www.ncregister.com https://www.ncregister.com/interview/exclusive-archbishop-fernandez-warns-against-bishops-who-think-they-can-judge-doctrine-of-the-holy-father; Dicastero per la Dottrina della Fede, Dichiarazione “Fiducia supplicans” sul senso pastorale delle benedizioni 18.12.2023 press.vatican.va https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2023/12/18/0901/01963.html ; Dicastero per la Dottrina della Fede, Dichiarazione “Dignitas infinita” 2.4.2024 www.vatican.va https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_ddf_doc_20240402_dignitas-infinita_it.html;  Dicastero per la Dottrina della Fede “Risposte del Dicastero a S.E. Mons. Negri” 31.10.2023 www.vatican.va https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_ddf_20231031-documento-mons-negri.html ; Dicastero per la Dottrina della Fede “Risposta a una serie di domande, proposte da S.Em. il Card. Dominik Duka OP, riguardo all’amministrazione dell’Eucaristia ai divorziati che vivono in una nuova unione” www.vatican.va, https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_pro_20230925_risposte-card-duka_it.html ; M. Hickson “Cardinal Müller: Some statements by Pope Francis could be understood as material heresy.” 7.11.2023  https://www.lifesitenews.com/news/exclusive-cardinal-muller-says-francis-has-uttered-material-heresy-but-is-still-the-pope/; traduzione italiana “ Card. Müller: Papa Francesco e la sua promozione dell’”eresia della prassi” 8.11.2023 www.sabinopaciolla.com https://www.sabinopaciolla.com/card-muller-papa-francesco-e-la-sua-promozione-delleresia-della-prassi/

[961] T. Scandroglio “È la Pav o i Radicali? Quegli inciampi eutanasici.” 12.07.2022, lanuovabq.it, https://lanuovabq.it/it/e-la-pav-o-i-radicali-quegli-inciampi-eutanasici; T. Scandroglio “Suicidio assistito, il sì di Paglia schiaffo al Magistero.” 22.4.2023, lanuovabq.it, https://lanuovabq.it/it/suicidio-assistito-il-si-di-paglia-schiaffo-al-magistero ; T. Scandroglio “Gratta gratta, la Pav ritiene leciti eutanasia e suicidio assistito”  lanuovabq.it, 5.8.2024  https://lanuovabq.it/it/gratta-gratta-la-pav-ritiene-leciti-eutanasia-e-suicidio-assistito .

[962] Mons. H. Aguer ““Fiducia Supplicans” no debe ser obedecida – Mons. Héctor Aguer” 23.12.2023 centropieper.blogspot.com https://centropieper.blogspot.com/2023/12/fiducia-supplicans-no-debe-ser.html

[963] S. Magister “Fiducia supplicans”. Il cardinale Sarah: “Ci opponiamo a un’eresia che mina gravemente la Chiesa” 8.1.2024 www.diakonos.be https://www.diakonos.be/fiducia-supplicans-il-cardinale-sarah-ci-opponiamo-a-uneresia-che-mina-gravemente-la-chiesa/

[964] The Frontline TV “Is Pope Francis A Heretic?? – Bishop Athanasius Schneider” https://www.youtube.com/watch?v=ll7ftfLOAd0

[965]M. Hickson “Cardinal Müller: Some statements by Pope Francis could be understood as material heresy.” 7.11.2023  https://www.lifesitenews.com/news/exclusive-cardinal-muller-says-francis-has-uttered-material-heresy-but-is-still-the-pope/; traduzione italiana “ Card. Müller: Papa Francesco e la sua promozione dell’”eresia della prassi” 8.11.2023 www.sabinopaciolla.com https://www.sabinopaciolla.com/card-muller-papa-francesco-e-la-sua-promozione-delleresia-della-prassi/

[966]M. Hickson “Cardinal Müller: Some statements by Pope Francis could be understood as material heresy.” 7.11.2023  https://www.lifesitenews.com/news/exclusive-cardinal-muller-says-francis-has-uttered-material-heresy-but-is-still-the-pope/; traduzione italiana “ Card. Müller: Papa Francesco e la sua promozione dell’”eresia della prassi” 8.11.2023 www.sabinopaciolla.com https://www.sabinopaciolla.com/card-muller-papa-francesco-e-la-sua-promozione-delleresia-della-prassi/

[967]S. Paciolla, “Card. Müller: nessun Papa può proporre alla fede di tutta la Chiesa i suoi soggettivi punti di vista” Il Blog di www.sabinopaciolla.com, 30.10.2020 https://www.sabinopaciolla.com/card-Müller-nessun-papa-puo-proporre-alla-fede-di-tutta-la-chiesa-i-suoi-soggettivi-punti-di-vista/

[968] S. Paciolla “Card. Müller: Vari vescovi tedeschi devono essere processati, condannati e “rimossi dal loro incarico se non si convertono e non accettano la dottrina cattolica” 18.3. 2023 https://www.sabinopaciolla.com/card-Müller-vari-vescovi-tedeschi-devono-essere-processati-condannati-e-rimossi-dal-loro-incarico-se-non-si-convertono-e-non-accettano-la-dottrina-cattolica/ ; Francesco Antonio Grana “Divorziati e risposati, cardinale Burke contro Bergoglio: “No ad aperture”” Il Fatto Quotidiano 12.2.2015 https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02/12/cardinale-burke-contro-bergoglio-ad-aperture-divorziati-risposati-gay/1416543/ ; In una intervista l’allora mons. Fernandez aveva affermato: “When we speak of obedience to the magisterium, this is understood in at least two senses, which are inseparable and equally important. One is the more static sense, of a “deposit of faith,” which we must guard and preserve unscathed. But on the other hand, there is a particular charism for this safeguarding, a unique charism, which the Lord has given only to Peter and his successors.  In this case, we are not talking about a deposit, but about a living and active gift, which is at work in the person of the Holy Father. I do not have this charism, nor do you, nor does Cardinal Burke. Today only Pope Francis has it. Now, if you tell me that some bishops have a special gift of the Holy Spirit to judge the doctrine of the Holy Father, we will enter into a vicious circle (where anyone can claim to have the true doctrine) and that would be heresy and schism.” E. Pentin “Exclusive: Archbishop Fernandez Warns Against Bishops Who Think They Can Judge ‘Doctrine of the Holy Father’.” 11.9.2023 www.ncregister.com https://www.ncregister.com/interview/exclusive-archbishop-fernandez-warns-against-bishops-who-think-they-can-judge-doctrine-of-the-holy-father ; L. Scrosati “Burke e Müller: “Lo Spirito Santo non può contraddirsi” 7.10.2023 lanuovabq.it https://lanuovabq.it/it/burke-e-mueller-lo-spirito-santo-non-puo-contraddirsi?fbclid=IwAR3DTOxSmpILfHyroTmNrAv6c4M9KD2x6af8WvrRq7AsZG41zO9W6_9Cw7Y ; M. Hickson “Bishop Schneider joins Cardinal Müller, calls new dubia ‘highly urgent and meritorious’.”3.10.2023 www.lifesitenews.com https://www.lifesitenews.com/news/bishop-schneider-joins-cardinal-Müller-calls-new-dubia-highly-urgent-and-meritorious/?utm_source=latest_news&utm_campaign=usa&fbclid=IwAR3gF9Tc7k8zLdxHzfnZXpll83YYBOioMeApauiR0Y6X8_8pr7y6zlWOc1c

[969]Mons. C. M. Viganò “Viganò. La “Benedizione” di Coppie Omosessuali in Belgio è Eresia.”  21.9.2022 www.marcotosatti.com https://www.marcotosatti.com/2022/09/21/vigano-la-benedizione-di-coppie-omosessuali-in-belgio-e-eresia/ ; M. Tosatti “Viganò: il Papa e la lobby gay in Vaticano, ambiguità voluta.”  Stilum Curiae 23.10.2020 https://www.marcotosatti.com/2020/10/23/vigano-il-papa-e-la-lobby-gay-in-vaticano-ambiguita-voluta/ ; M. Tosatti “Viganò intervista esclusiva. Il papa e i sodomiti nella Chiesa” 25.7.2020 www.marcotosatti.com https://www.marcotosatti.com/2020/07/25/vigano-intervista-esclusiva-il-papa-e-i-sodomiti-nella-chiesa/ ; “Testimonianza mons. Viganò. Quando arrivò papa Francesco furono rimosse tutte le sanzioni.” 26.8.2018 chiesaepostconcilio.blogspot.com, http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2018/08/testimonianza-mons-vigano-quando-arrivo.html ; R. Cascioli “McCarrick, Viganò sbugiarda il Rapporto vaticano.” 14.11.2020 lanuovabq.it https://lanuovabq.it/it/mccarrick-vigano-sbugiarda-il-rapporto-vaticano ; Mons. Viganò “Monsignor Viganò ai Vescovi del summit. Chiedete chiarezza su nomine e omosessualità. Senza paura” Stilum Curiae 16.2.2019 https://www.marcotosatti.com/2019/02/16/vigano-ai-vescovi-del-summit-chiedete-chiarezza-su-nomine-e-omosessualita-senza-paura-english-text-too/ ;

[970]  Paciolla S., “Weinandy: “La Chiesa non si è mai trovata di fronte ad una situazione come quella in cui si trova ora” www.sabinopaciolla.com, 8.10.2019 https://www.sabinopaciolla.com/weinandy-la-chiesa-non-si-e-mai-trovata-di-fronte-ad-una-situazione-come-quella-in-cui-si-trova-ora/

[971] “Correctio Filialis De Haeresibus Propagatis.” www.correctiofilialis.org, https://www.correctiofilialis.org/it/

[972] “Lettera aperta ai Vescovi della Chiesa cattolica” www.unavox.it http://www.unavox.it/Documenti/Doc1243_Lettera_ai_Vescovi_su_Bergoglio_eretico.html

[973] “Lettera aperta ai Vescovi della Chiesa cattolica” www.unavox.it http://www.unavox.it/Documenti/Doc1243_Lettera_ai_Vescovi_su_Bergoglio_eretico.html

[974] Recensione editoriale del libro realizzato a cura di John Lamont e Claudio Pierantoni intitolato “Defending the Faith Against Present Heresies”, Arouca Press, 2021 https://www.amazon.com/Defending-Faith-Against-Present-Heresies/dp/1989905412 http://aroucapress.com/defending-the-faith

[975]  «Primo Commonitorio» di Vincenzo di Lérins, Cap. 23; PL 50, 667-668; Ufficio delle Letture del venerdì della XXVII settimana del tempo ordinario in Conferenza Episcopale Italiana “Liturgia della Ore secondo il Rito Romano” ed. LEV 1993 (ristampa) vol. IV p. 323s https://www.maranatha.it/Ore/ord/LetVen/27VENpage.htm

[976] Pio IX, Costituzione Dogmatica “Dei Filius”24.4.1870, www.vatican.va , https://w2.vatican.va/content/pius-ix/it/documents/constitutio-dogmatica-dei-filius-24-aprilis-1870.html

[977] Testo tratto da www.totustuus.it,  http://www.totustuustools.net/magistero/p9ineffa.htm

[978]  Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede “Dichiarazione circa la dottrina cattolica sulla Chiesa per difenderla da alcuni errori di oggi”, www.vatican.va 5.7.1973, http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19730705_mysterium-ecclesiae_it.html)

[979]Pio X, Motu proprio “Sacrorum antistitum”, giuramento antimodernista, Heinrich Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003, n. 3541

[980]Commissione Teologica Internazionale “L’interpretazione dei dogmi.” 1990  , www.vatican.va ,  http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_1989_interpretazione-dogmi_it.html  J. H. Newman “An Essay on the Development of Christian Doctrine.”  Longmans, Green, and Co. London New York, Bombay, and Calcutta 1909  Cap. 5, www.newmanreader.org, https://www.newmanreader.org/works/development/chapter5.html

[981] J. H. Newman “An Essay on the Development of Christian Doctrine.”  Longmans, Green, and Co. London New York, Bombay, and Calcutta 1909  Cap. 5,  www.newmanreader.org, https://www.newmanreader.org/works/development/chapter5.html

[982] Tullio Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.” 1, d www.tradimentodellasanadottrina.it https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/

[983] Si veda ciò che ho detto a riguardo in T. Rotondo “Papa Francesco e i suoi collaboratori, attraverso errori o eresie, stanno causando molte Confessioni invalide e sacrileghe.” 2,d www.tradimentodellasanadottrina.it https://www.tradimentodellasanadottrina.it/papa-francesco-e-i-suoi-collaboratori-attraverso-errori-o-eresie-stanno-causando-molte-confessioni-invalide-e-sacrileghe/#a_Affermazioni_del_Cardinale_Fernandez

[984]  Si veda quello che ho detto in questo libro, “Tradimento della sana dottrina attraverso “Amoris Laetitia”.”, nel volume II, cap. VII n. 7

[985]Región pastoral Buenos Aires  “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”  5 de septiembre de 2016 w2.vatican.va , http://w2.vatican.va/content/francesco/es/letters/2016/documents/papa-francesco_20160905_regione-pastorale-buenos-aires.html; traduzione italiana in questo sito: Come Gesù “Papa Francesco – Ai vescovi di Buenos Aires: la vostra interpretazione di Amoris Laetitia è eccellente ed è l’unica possibile”    Come Gesù 9.9.2016 mauroleonardi.it, https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/

[986]F. Coccopalmerio, Il capitolo ottavo della esortazione post-sinodale Amoris laetitia, Città del Vaticano 2017

[987] J. H. Newman “An Essay on the Development of Christian Doctrine.”  Longmans, Green, and Co. London New York, Bombay, and Calcutta 1909  Cap. 5,  www.newmanreader.org, https://www.newmanreader.org/works/development/chapter5.html

[988] J. H. Newman “An Essay on the Development of Christian Doctrine.”  Longmans, Green, and Co. London New York, Bombay, and Calcutta 1909  Cap. 5, sezione 6,1  www.newmanreader.org, https://www.newmanreader.org/works/development/chapter5.html

[989] S. Paciolla, “Card. Müller: nessun Papa può proporre alla fede di tutta la Chiesa i suoi soggettivi punti di vista” Il Blog di www.sabinopaciolla.com, 30.10.2020 https://www.sabinopaciolla.com/card-Müller-nessun-papa-puo-proporre-alla-fede-di-tutta-la-chiesa-i-suoi-soggettivi-punti-di-vista/

[990] G. L. Müller “Non è cambiamento pastorale: è corruzione”, La Nuova Bussola Quotidiana, 26-2-2018 http://www.lanuovabq.it/it/non-e-cambiamento-pastorale-e-corruzione

[991]Congregazione per la dottrina della Fede “Il primato del successore di s. Pietro nel mistero della Chiesa” 31.10.1998  n. 7 , www.vatican.va ,   http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19981031_primato-successore-pietro_it.html

[992] Dichiarazione collettiva dei Vescovi tedeschi, genn.-febbr. 1875: Heinrich Denzinger “Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum” a cura di P. Hünermann, Edizioni Dehoniane Bologna, 2003, n. 3114; Congregazione per la dottrina della Fede “Il primato del successore di s. Pietro nel mistero della Chiesa” 31.10.1998  n. 7 , www.vatican.va ,   http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19981031_primato-successore-pietro_it.html

[993] Congregazione per la dottrina della Fede “Il primato del successore di s. Pietro nel mistero della Chiesa” 31.10.1998 n. 10, www.vatican.va ,  , www.vatican.va ,  http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19981031_primato-successore-pietro_it.html)

[994] S. Magister “Fiducia supplicans”. Il cardinale Sarah: “Ci opponiamo a un’eresia che mina gravemente la Chiesa” 8.1.2024 www.diakonos.be https://www.diakonos.be/fiducia-supplicans-il-cardinale-sarah-ci-opponiamo-a-uneresia-che-mina-gravemente-la-chiesa/ ; M. Hickson “Cardinal Müller: Some statements by Pope Francis could be understood as material heresy.” 7.11.2023  https://www.lifesitenews.com/news/exclusive-cardinal-muller-says-francis-has-uttered-material-heresy-but-is-still-the-pope/; traduzione italiana “ Card. Müller: Papa Francesco e la sua promozione dell’”eresia della prassi” 8.11.2023 www.sabinopaciolla.com https://www.sabinopaciolla.com/card-muller-papa-francesco-e-la-sua-promozione-delleresia-della-prassi/ ; S. Paciolla, “Card. Müller: nessun Papa può proporre alla fede di tutta la Chiesa i suoi soggettivi punti di vista” Il Blog di www.sabinopaciolla.com, 30.10.2020 https://www.sabinopaciolla.com/card-Müller-nessun-papa-puo-proporre-alla-fede-di-tutta-la-chiesa-i-suoi-soggettivi-punti-di-vista/

[995] Mons. H. Aguer ““Fiducia Supplicans” no debe ser obedecida – Mons. Héctor Aguer” 23.12.2023 centropieper.blogspot.com https://centropieper.blogspot.com/2023/12/fiducia-supplicans-no-debe-ser.html The Frontline TV “Is Pope Francis A Heretic?? – Bishop Athanasius Schneider” https://www.youtube.com/watch?v=ll7ftfLOAd0

[996] T. Weinandy “Pope Francis and Schism.” www.thecatholicthing.org   8.10.2019 https://www.thecatholicthing.org/2019/10/08/pope-francis-and-schism/

[997]  Paciolla S., “Weinandy: “La Chiesa non si è mai trovata di fronte ad una situazione come quella in cui si trova ora” www.sabinopaciolla.com, 8.10.2019 https://www.sabinopaciolla.com/weinandy-la-chiesa-non-si-e-mai-trovata-di-fronte-ad-una-situazione-come-quella-in-cui-si-trova-ora/

[998]Recensione editoriale del libro realizzato a cura di John Lamont e Claudio Pierantoni intitolato “Defending the Faith Against Present Heresies”, Arouca Press, 2021 https://www.amazon.com/Defending-Faith-Against-Present-Heresies/dp/1989905412 http://aroucapress.com/defending-the-faith

[999] “Correctio Filialis De Haeresibus Propagatis.” www.correctiofilialis.org, https://www.correctiofilialis.org/it/

[1000] “Lettera aperta ai Vescovi della Chiesa cattolica” www.unavox.it http://www.unavox.it/Documenti/Doc1243_Lettera_ai_Vescovi_su_Bergoglio_eretico.html

[1001] “Lettera aperta ai Vescovi della Chiesa cattolica” www.unavox.it http://www.unavox.it/Documenti/Doc1243_Lettera_ai_Vescovi_su_Bergoglio_eretico.html

[1002]Cfr Inno Akathistos, vv. 111-112; ed. G.G. Meersseman, Der Hymnos Akathistos im Abendland, voi. I, Universitatsverlag, Freiburg Schw. 1958, p. 114

[1003] “Messe della Beata Vergine Maria” , s. Messa “Maria Vergine sostegno e difesa della nostra fede”.   https://www.maranatha.it/MessaleBVM/bvm35page.htm