Prefazione

Prefazione del prof. Rist

I papi sono stati un problema in passato: alcuni erano grossolanamente immorali, altri erano signori della guerra, altri cercavano di fare politica dura con i professionisti e persero in modo umiliante (come Pio XI con Hitler e Paolo VI con i comunisti ungheresi sul destino dell’eroico cardinale Mindszenty). Ma nessun Papa precedente è stato accusato di un tentativo concertato di sovvertire gli insegnamenti cattolici tradizionali. Questa è una nuova caratteristica, propria della scena contemporanea. E sebbene non sia questa la sede per spiegare in dettaglio come il mondo cattolico in Occidente sia inciampato in una crisi così grave, il lettore di questo libro scoprirà che Don Tullio Rotondo registra e spiega una parte importante della questione con chiarezza e precisione; basti quindi solo abbozzare il contesto più ampio.

Nel corso di molti decenni, ma soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica in Occidente sembra sia divisa in tre gruppi, al primo dei quali appartengono i ‘tradizionalisti’ di varie sfumature, non del tutto unanimi, specialmente sulle questioni liturgiche, ma tutti determinati a mantenere gli insegnamenti fondamentali della Chiesa nella fede e nella morale. Il secondo gruppo, spesso soprannominato “liberali”, è composto da coloro che ritengono che l ‘”aggiornamento” della Chiesa tentato nei documenti spesso ingenui e poco chiari – perché guidati da commissioni e compromessi – del Vaticano II sia ancora seriamente incompleto e che la Chiesa debba adottare pezzi molto più grandi dell’ideologia del mondo moderno o postmoderno, specialmente ma non esclusivamente di etica sessuale. Questo desiderio è spesso accompagnato da un rifiuto più o meno aperto del trascendentalismo a favore di un eco-panteismo: come anche da una marcata indifferenza verso la tradizionale pretesa della Chiesa di una visione ultima della verità con la quale possono essere verificate altre verità parziali. Tali credenze “liberali” indicano una fondamentale esitazione circa la divinità di Cristo e la risurrezione e in questo seguono la scia di gran parte del protestantesimo contemporaneo.

Il terzo e più grande gruppo di membri della Chiesa è composto da cattolici “tribal”, spesso provenienti da comunità e famiglie tradizionalmente cattoliche che praticano per abitudine, partecipano alla Messa più o meno frequentemente, suscettibili di non preoccuparsi troppo della moralità cattolica, impegnati in modo acritico – e incoraggiati a rimanere tali da una prevalente incertezza sul significato dell’insegnamento sull’infallibilità papale del Vaticano I – sia per  lealtà all’episcopato sia perché identificano la verità cattolica con gli insegnamenti o le insinuazioni di ogni Papa regnante: in effetti confondendo il Papa con la Chiesa e assumendo che la maggior parte dei vescovi seguirà questo principio.

La conclusione della disputa tra il primo e il secondo dei nostri tre gruppi dipenderà probabilmente in gran parte dall’eventuale comportamento dei “tribalists”. Perché dopo i pontificati più o meno tradizionali di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI ci troviamo ora di fronte al risultato dell’elezione irresponsabile (orchestrata un po’ in modo non canonico ma ancora valida) di Jorge Bergoglio come Francesco I. Dall’inizio del suo pontificato Francesco si è presentato non come il capo di tutta la Chiesa, né come il vescovo il cui ruolo speciale è quello di mantenere gli insegnamenti della Chiesa consacrati dal tempo e di rivedere le proposte per lo sviluppo dottrinale alla luce della tradizione precedente, ma a capo di una fazione decisa a cambiare la dottrina cattolica per diktat diretto dall’alto: con proposte, cioè, avviate nella speranza di cooptare la maggioranza dei “tribalists” abituati a obbedire a qualunque istruzione il Vaticano dia loro, anche se allentano la tensione tra l’insegnamento della Chiesa e lo Zeitgeist (spirito del tempo) postmoderno. È importante sottolineare che tra questi “tribalists” saranno annoverati molti potenti politici “cattolici” e opinionisti la cui influenza diminuirebbe se troppo apertamente – o del tutto – seguissero le credenze morali cattoliche antiquate e cercassero di applicarle nella vita sociale e politica contemporanea.

Francesco non limita le sue operazioni sovversive al diktat. In effetti, il suo approccio più normale è un’ambiguità calcolata, accompagnata dalla riluttanza a spiegare se sta tentando o meno di cambiare l’insegnamento della Chiesa di nascosto. L’esempio più evidente di ciò è stato il suo rifiuto di rispondere, o addirittura di incontrare, i quattro cardinali che gli hanno presentato dubia – esitazioni, interrogativi – sui suoi apparenti insegnamenti morali, soprattutto in Amoris Laetitia. Infatti, nell’organizzare e formulare quel testo, lui e i suoi cortigiani non si sono fatti scrupolo di utilizzare ovvi inganni con parole e fatti, come la “manipolazione” del primo Sinodo sulla famiglia (ben documentata da Edward Pentin) e la successiva pre-confezione e inaccurato impacchettamento delle sue decisioni.

Francesco e i suoi partigiani sperano che la stragrande maggioranza dei “tribalists” accetterà (forse con sollievo) qualunque cosa decida che la Chiesa ora insegna, anzi leggerà le sue dichiarazioni e comportamenti ambigui come una luce verde per ulteriori innovazioni fatte con discernimento. In questo ha avuto un notevole successo; molti anche di coloro – non ultimi tra i vescovi – che sono turbati dalla nuova predicazione si sono sottratti alle proprie responsabilità dicendo a se stessi e agli altri: “In fondo è lui il Papa”.

Tuttavia, un piccolo numero di cardinali e vescovi ha sollevato serie obiezioni ai recenti procedimenti papali e una minoranza di laici si è sentita disgustata e tradita da ciò che è stato fatto alla loro Chiesa, trovando difficile accettare che un uomo apparentemente ostile al cattolicesimo tradizionale sia stato eletto papa con tanta negligenza, consentendo così a lui e ai suoi cortigiani, molti del suo stesso ordine gesuita, di intraprendere il loro percorso sovversivo. Alcuni si sono chiesti se sia stato ricattato o se stia tentando di accontentare i suoi nuovi finanziatori della Repubblica popolare cinese (descritta da uno dei suoi accoliti episcopali come quella che realizza il sistema più vicino alla dottrina sociale della Chiesa cattolica); altri chiedono se è un miscredente (o forse semplicemente un ariano); altri se vede la futura Chiesa come il braccio spirituale delle Nazioni Unite, con il Papa ministro degli Affari Religiosi.

Papa Francesco, tuttavia, tratta tutti questi critici perplessi – anzi tutti i cattolici conservatori – con disprezzo palese, paragonandoli a Erode e simili, mentre elogia e accoglie gli abortisti, tradisce la popolazione cattolica di Cina e Hong Kong e difende i preti pedofili mentre insulta i loro vittime finché le pressioni non lo costringono a desistere.

Gli storici futuri rifletteranno su queste domande e forse un giorno la verità emergerà. Mentre cercano di chiarire cosa è realmente accaduto e perché, avranno bisogno di tutto l’aiuto che possono ottenere per orientarsi nel labirinto della ‘letteratura’ di Papa Francesco, dei suoi sostenitori e dei suoi oppositori, e trarranno vantaggio dalla guida di qualcuno che ha riflettuto a lungo e intensamente sulle ambiguità ecclesiali e ha familiarità con il vasto volume di materiale di dominio pubblico.

Poiché molti dei problemi dell’attuale papato sono stati portati alla luce più chiara del giorno dalla pubblicazione di Amoris Laetitia, sarebbe ovviamente utile se fosse pubblicata una guida attraverso le enormi controversie che quell’esortazione ha generato. E una guida del genere è stata ora compilata – veramente un magnum opus et arduum – da Don Tullio che in più di 1300 pagine ha raccolto i documenti rilevanti e li ha esaminati alla luce di un’ampia conoscenza della Scrittura, come dei Padri e Dottori della Chiesa. Non sorprende che non vorrei accettare tutte le conclusioni che propone, sebbene egli abbia dimostrato la sua tesi generale oltre ogni ragionevole dubbio.

Gli storici della Chiesa cattolica nel ventunesimo secolo troveranno il suo materiale una miniera d’oro per le loro eventuali determinazioni, mentre i cattolici di oggi sui banchi troveranno nel suo libro una risorsa ineguagliabile mentre cercano di districare la rete di arroganza, inganno, ambiguità e insulto che ha caratterizzato quello che ci è stato proposto come rinnovamento teologico dall’alto verso il basso.

JOHN RIST

Professore Emerito di Classici e Filosofia, Università di Toronto, FRSC.

Cambridge 2021.